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Il ballo

SIMON si riallaccia il grembiule per l’ennesima volta e ispeziona la cucina. «Okay, direi che siamo messi bene. A Esben piace il formaggio? Spero proprio di sì!»

«Perché sei più in ansia tu di me? Gli piacerai un sacco. E anche il formaggio. Anzi, tutti i formaggi.» Lancio un’occhiata al vassoio. «Tutti e nove.»

«Mi sono lasciato prendere la mano?»

«È il minimo che mi aspettavo da te.» Scuoto la testa davanti al piatto di uova ripiene appiccicaticce che ho appena preparato. Ovviamente non ho il talento culinario di Simon e, nonostante tutti gli sforzi, il suo tentativo di insegnarmi qualcosa è fallito miseramente. «Allora», esordisco con una certa cautela, «ora che persino io esco con qualcuno, mi chiedevo quale fosse la tua situazione.»

«In che senso?» Chino sul vassoio, lo scruta dall’alto e continua a rivedere la disposizione.

«Allora, c’è qualcuno? Non hai mai accennato a nessuno.» Mi blocco. «Oh, ma forse non l’hai fatto perché mi comportavo come una megera.»

«Allison!» Lascia perdere i formaggi e mi fulmina con lo sguardo. «Non parlare così di te. Non ho un ragazzo e non esco con nessuno. In realtà, non so di preciso come incontrare gente nuova. Che cosa dovrei fare? Andare per i locali gay alla mia età?»

«Ma se hai solo quarantatré anni! Però non credo che un locale sia una buona idea. Che ne dici dei siti di appuntamenti online…»

Vengo interrotta dal campanello.

«È arrivato! È arrivato!» strilla Simon. «Dov’è l’uva? Oh, fa niente, posso aggiungerla dopo.» Si leva il grembiule e mi guarda, raggiante. «Sei pronta? Sto bene? Devo andare ad aprire io? Vuoi fare un’entrata a effetto?»

Simon è impazzito. «Stai benissimo. Che ne dici se apro io la porta e tu finisci il tuo vino?»

«Sì, buona idea. Arrivo subito.» Beve un gran sorso. «E comunque, il rosso ti dona molto.»

Ho indossato uno degli outfit che Simon mi ha comprato ieri, e devo confessare che questo soffice maglione in mohair rosso mi dà una bellissima sensazione. Abbinato ai pantaloni di pelle nera che Simon ha insistito per farmi prendere, ho un look che otterrebbe di sicuro l’approvazione di Steffi. Mi avvio alla porta, entusiasta delle luci, delle ghirlande e di tutte le decorazioni che adornano la casa. Quando si tratta di fare del proprio meglio, Simon è imbattibile e io lo adoro.

Ho aperto la porta di appena uno spiraglio, che Esben attacca subito a parlare. «È ridicolo, mi dispiace. Mia madre mi ha costretto a mettermi un completo. Io le ho detto che era una follia e che nessuno va a cena a casa della propria ragazza con un completo, ma a un certo punto mi è sembrato più facile obbedire che cercare di convincerla che non siamo più negli anni Quaranta.»

Scusarsi è l’ultima cosa che dovrebbe fare, perché è assolutamente… affascinante. Indossa un completo nero con una camicia rossa e una cravatta multicolore e sono talmente sbalordita che non riesco a rispondere. Né a muovermi, né a fare qualsiasi altra cosa.

«Oddio, sto così male? Mi dispiace. Avrei dovuto buttare dei vestiti in macchina e cambiarmi in un McDonald’s. Allison? Ti prego, di’ qualcosa prima che mi spogli qui sulla soglia per l’umiliazione.»

«Scusa, scusa.» Gli sorrido. «Anche se l’idea è allettante… sei stupendo. Sul serio, adoro tua madre.» Apro completamente la porta e rabbrividisco per il freddo.

«E io adoro quei pantaloni che sembrano cuciti sulle tue gambe.» Mi cinge la vita e avvicina subito la bocca al punto sotto l’orecchio che mi dà i brividi.

Mentre ci abbracciamo, il regalo che ha in mano mi sbatte contro la schiena. Nel breve periodo in cui siamo stati lontani, ho sentito tantissimo la sua mancanza, tuttavia ci sono Simon e il filetto alla Wellington ad aspettarci e così, anziché spingere Esben contro il muro, lo prendo per mano e lo conduco in soggiorno. Sforzandosi di assumere un’aria disinvolta, mio padre sta appoggiando un vassoio di salmone affumicato sul tavolino accanto al folle assortimento di formaggio e allo scempio delle uova preparate da me.

Si alza e ci rivolge un sorriso caloroso. «Considerando che Allison è più luminosa di quell’orribile Babbo Natale gonfiabile dall’altro lato della strada, tu devi essere Esben.»

«Simon!» lo riprendo, e scoppio a ridere.

Esben gli stringe la mano. «È un vero piacere conoscerla, signore. Ho sentito parlare molto bene di lei.» Accenna al sacchetto che ha in mano. «Mia madre le manda questo. Penso sia un soprammobile.»

«Che pensiero gentile. E quella laggiù», fa un cenno in direzione della confezione di velluto sulla credenza, «è per i tuoi genitori. È una bottiglia di un vino rosso della California di cui vado matto.»

La California. Mi viene subito in mente Steffi. Sarà meglio che la crociera sia stupenda, perché vorrei tanto che fosse qui con noi.

Sedendosi, Esben lancia un’occhiata al tavolino. «Oh, un vassoio di formaggi! Fantastico.» Poi, con gran piacere di Simon, si china e lo esamina dall’alto. «Bella mise en place. Non vorrei rovinare il suo capolavoro ma, se non sbaglio, quello è del Saint-André, giusto?»

Simon mi guarda con un sorriso compiaciuto. «Certo! Prego, serviti pure.» Passa un piatto a Esben e io mi godo lo spettacolo di loro due che si scambiano commenti sui formaggi. Sapevo di non avere nulla di cui preoccuparmi.

La cena di Simon si rivela l’ennesimo successo culinario ma, soprattutto, noi tre parliamo senza sosta. Questo tavolo non ha mai sentito tante risate prima.

Tuttavia, al momento del dessert si presenta un piccolo intoppo. Seguendo le indicazioni di Simon, ero stata incaricata di preparare il trifle. È composto da strati di panna montata, frutti di bosco con lo zucchero, mousse alle noci e scaglie di cioccolato, e ha un aspetto stupendo. Appoggiata allo schienale della sedia, osservo i due uomini della mia vita assaggiare il dolce che ho fatto con tanto amore, ma mi basta vederli mangiare un boccone per capire che c’è qualcosa che non va. Da bravi gentiluomini, si sforzano entrambi di fingere, però è inutile.

«Cosa c’è?» domando. «Cosa c’è che non va? Ho fatto tutto quello che hai detto tu, Simon!»

Lui si asciuga la bocca e, per un attimo, tiene il tovagliolo davanti alle labbra, per ricomporsi. «C’è un problemino. Con il sale.»

«Il sale? Non ci ho messo il sale!»

Assaggio il dolce. È disgustoso e sputo all’istante nel tovagliolo. «Oddio!» Li guardo con aria dispiaciuta, ma sono entrambi troppo occupati a ridere a crepapelle.

Esben beve un gran sorso di acqua. «Era… era proprio un bellissimo trifle però.»

«Già», conferma Simon. «Dal punto di vista estetico, era inappuntabile. Visto che adesso siamo senza dolce, che ne dite di avventurarci nel North End? In questo periodo dell’anno è pieno di addobbi.»

Esben si illumina. «Scommetto di sapere a cosa sta pensando! Andiamo da Mike’s

«Questo ragazzo è forte», commenta Simon, guardandomi. «Ci vuole proprio un po’ di cheesecake al cioccolato!»

Simon ci porta con la sua auto nel North End, il quartiere italiano di Boston. È una zona davvero affascinante e, questa sera, resto ammaliata dall’atmosfera d’altri tempi. Dagli archi sopra le strade pendono delle ghirlande, i lampioni sono ricoperti di luci e, a un angolo, superiamo un Babbo Natale che raccoglie donazioni.

Seduti a un tavolino di Mike’s Pastry, fisso il piatto che ho davanti, sbalordita dalle dimensioni della fetta di torta con mousse al cioccolato che sembra sfidarmi. «Mettetevi in posa con la vostra fetta gigante», dico. «Devo postare questo momento.»

«Ho creato un mostro dei social», Esben spiega a Simon. «Mi dispiace.»

«Zitti! E sollevate i piatti!» Scatto una decina di foto, poi vado su Twitter, Instagram e Facebook per postarle e registrarmi nel locale. Aggiungo gli hashtag #ilmiopapàsinglecioffrelacena #ilmioragazzoesben e #dessertporn. Una volta caricata la foto su Facebook, vedo una strana notifica. «Aspetta. Esben, cos’è questa? Dice di attivare l’opzione che si chiama ‘Amici nelle Vicinanze’.» Gli faccio vedere il telefono.

«Ecco.» Lui prende il suo e, nel giro di qualche secondo, mi mostra lo schermo. «Una volta attivata questa opzione, quando sei in giro, puoi registrarti da qualche parte e scoprire fra i tuoi amici chi si trova nei dintorni. Io non la uso granché, perché molti dei miei contatti non li conosco davvero.» Digita qualcosa e compare una lista di sei persone. «Vedi? C’è qualcuno non lontano. Questa persona è piuttosto vicina.» Controlla meglio. «Anzi, più che vicina: si è registrata da Mike’s

«Chi è?» m’informo.

Aggrotta la fronte. «Christian Arturo. Qualche volta commenta i miei post.» Clicca sul profilo del ragazzo e sfoglia alcune fotografie.

«Che figo», sussurro.

Esben sposta di scatto il cellulare. «Ehi!»

«Non preoccuparti, sembra un po’ troppo giovane.»

«Già, qui c’è scritto che va al liceo.» Esben si guarda intorno e sorride. «Eccolo.»

Tuttavia, il suo sorriso si spegne all’istante non appena vede bene il ragazzo seduto dall’altra parte del locale. Christian è ancora più bello rispetto alle foto, con i capelli e la carnagione scuri messi in risalto dalla camicia bianca. A una seconda occhiata, noto che ha una camicia elegante e che sullo schienale della sedia è appesa la giacca di uno smoking. Se ne sta accasciato, con un cannolo intatto di fronte, ed emana una tristezza che mi fa venire voglia di abbracciarlo.

«Torna alla sua pagina», dico sottovoce.

Chini sul telefono di Esben, tutti e tre leggiamo gli ultimi post di Christian.

«Doveva… doveva andare al ballo d’inverno», spiega Esben. «Ha affittato uno smoking… sarebbe stata una grande serata… invece gli hanno dato buca per via di un’intossicazione alimentare.»

«Oh, no. Che brutto.» Simon lancia un’occhiata furtiva al ragazzo. «Sembra così depresso.»

Esben è ancora incollato al telefono, ma intuisco subito che sta riflettendo sul da farsi. Ho il sospetto che la sua esitazione dipenda dalla presenza di Simon, quindi lo incalzo.

«Esben?» Gli sfioro una spalla. «Va’ a prenderlo.»

Mi sorride. «Mi conosci fin troppo bene, vero?»

Per un attimo Simon ha un’espressione confusa, però, non appena Esben si alza e attraversa il locale, capisce le sue intenzioni. «Il tuo ragazzo è davvero straordinario.»

Osserviamo Esben raggiungere il tavolo di Christian, stringergli la mano e accomodarsi per un attimo. Io e Simon continuiamo a mangiare, senza staccare gli occhi da loro. Dopo pochi minuti, i due vengono verso di noi.

«Allison, Simon, questo è Christian. L’ho invitato a unirsi a noi.»

«Ma certo, ci fa molto piacere.» Simon scosta la sedia accanto a sé e, chiaramente sbalordito, Christian si siede.

«Ciao», ci saluta con timidezza. «Grazie. Sono contento di conoscervi. Io, ehm…» lancia a Esben un’occhiata nervosa, «io seguo Esben. È una situazione stranissima. Sei un grande, amico. Non riesco a credere che tu sia venuto da me, e che adesso sono qui al tuo tavolo.» Mi guarda. «Tu sei la sua ragazza Allison. E tu sei il padre di Allison, giusto? Conosco bene gli hashtag che usi.»

Sono lusingata, mentre Esben è in imbarazzo, come sempre quando qualcuno gli rivolge dei complimenti. «Mi dispiace per il ballo di stasera.»

«Già. Chissà che delusione. La tua accompagnatrice è stata male?» gli domando.

«Cavolo, Allison», commenta Christian. «Di persona sei ancora più carina. Voi due siete la mia coppia preferita in assoluto.» Si mette a ridacchiare. «Comunque sì, mi ha chiamato dieci minuti prima che uscissi di casa. Non volevo deludere mia madre, perché lei era eccitata per lo smoking, il ballo e il resto, e così sono venuto qui. A cercare un po’ di conforto in un cannolo.» Sospira. «Direi che la serata non sta procedendo come avevo immaginato.»

«Non volevi andarci da solo?» gli chiede Simon.

«Be’, no…» Christian cambia posizione, a disagio. «In realtà… be’, avrei dovuto andare con un ragazzo.» Si prepara a vederci strabuzzare gli occhi e, constatando che non è così, sembra ancora più sconvolto. «Okay, è evidente che la cosa non vi crea problemi. Si chiama Doug e mi piace sul serio e, a quanto pare, io piaccio a lui e… questa doveva essere la nostra grande serata perché, be’…» Si tormenta le mani. «A scuola lo sanno tutti che sono gay e nessuno ha niente da ridire, però non ho fatto ufficialmente coming out, okay? Stasera sarebbe stata la sera giusta. Più che altro per me stesso, i miei non sapevano che non sarei andato con una ragazza. Doveva essere una grande serata, mi seguite? Volevo partecipare al ballo d’inverno e ballare con un ragazzo sotto le luci scintillanti e… non lo so. Probabilmente è stupido. È soltanto un ballo.»

«Non è affatto stupido», ribatte Simon. «Era importante per te, ed è importante che tu potessi divertirti e fare coming out. Dio, avrei tanto voluto avere anch’io questa possibilità», aggiunge con una risata. «Per voi giovani le cose sono molto più semplici rispetto a quando avevo la vostra età.»

Christian si rilassa. «Ah sì? Forse ha ragione. I ragazzi a scuola sono gentili, nonostante sia comunque snervante. In senso buono, certo, però ero carico all’idea di uscire con Doug e di confessarlo apertamente una volta per sempre. Avrei proprio voglia di farlo. Per me stesso.»

«Puoi farlo lo stesso questa sera», propone Esben. «O qualcosa di simile. Se vuoi.»

«Cosa intendi?» Christian raddrizza la schiena. Esben ha risvegliato il suo interesse.

Sorrido, perché ho una mezza idea di cosa abbia in mente il mio ragazzo. «Rimettiti il papillon», dico. «E la giacca dello smoking.» Nel frattempo, Christian si riallaccia la camicia sbottonata.

Non appena è pronto, Esben lo prende per mano. «Andiamo.»

«Dove?»

«A un ballo. Una specie.»

Esben lo accompagna fuori dal locale, con me e Simon alle calcagna.

«Che cosa sta architettando?» mi chiede Simon esaltato.

«Una cosa stupenda. Sta’ a guardare.»

Sul viso di Christian si leggono il dubbio e l’impazienza, ma si lascia condurre da Esben fino in fondo all’isolato, verso il terzetto di musicisti che abbiamo superato prima. Ha cominciato a nevischiare e una quindicina di persone è riunita ad ascoltare della musica italiana molto romantica.

Esben si ferma davanti a Christian. «Non è il ballo d’inverno a cui dovevi partecipare, ma abbiamo la musica, le lucine e io indosso un completo. Sarebbe un vero onore se mi concedessi il primo ballo.»

Dopo quella che pare un’eternità, Christian risponde con voce rotta e dolcissima. «Mi piacerebbe molto. Dio, mi piacerebbe moltissimo.» Si sistema tra le braccia di Esben. «Dici che a qualcuno importerà?» Sbircia rapidamente la folla, ma nessuno ha ancora tirato fuori un forcone. «Possiamo… possiamo scattarci una foto? Potrei…» Fatica a trovare le parole per esprimersi. «Magari potresti metterla online e io potrei fare un coming out grandioso», spiega con un coraggio che ammiro.

«Come vuoi. Questa è la tua serata. Faremo delle foto e un video, poi potrai scegliere che cosa usare.» Esben mi rivolge un cenno con la testa e comincia a muoversi piano piano.

Prendo il telefono e scatto alcune foto, poi filmo il loro primo ballo, un momento cruciale nella vita di Christian. Per l’ennesima volta, sono colpita dalla capacità di Esben di mostrarsi tanto premuroso e sincero con uno sconosciuto. Sono ipnotizzata da lui e da questo ballo. Nel vederli, la cantante sorride e un’altra coppia inizia a ballare. Con il passare dei minuti, Christian appoggia una guancia sulla spalla di Esben. Ha il viso rigato di lacrime, ma il suo sorriso le rende bellissime. Esben incontra il mio sguardo e, se il mio cuore e la mia fiducia non fossero già stati completamente suoi, di certo se li sarebbe accaparrati in questo istante. Ballano tre canzoni e, appena Christian risolleva con calma la testa, ci sono altre sei coppie che danzano strette strette sul marciapiede gremito di gente. I musicisti fanno una pausa e, mentre tutti applaudiamo, la cantante ne chiede uno speciale per i ballerini. Parte uno scroscio di acclamazioni. Esben costringe Christian a girarsi e gli solleva una mano in aria, come per festeggiare una vittoria. Gli applausi diventano più forti e il sorriso di Christian brilla più di qualsiasi altra cosa io abbia mai visto.

Simon mi stringe il braccio. «Che ragazzo. Mi avrebbe fatto comodo un tipo come Esben quando ero più giovane.»

Sono le stesse parole che ho usato anch’io. Probabilmente, a tutti farebbe comodo un tipo come Esben.

Christian guarda il mio dolce ragazzo e scuote la testa, incredulo. «Grazie. Grazie di cuore. Non mi dimenticherò mai di questo momento. E nemmeno di te.»

«Grazie a te. È stata la prima volta che ho ballato con un ragazzo.» Esben lo abbraccia. «Sono davvero felice per te. Adesso postiamo il tuo coming out. Dimmi cosa vuoi che scriva.»

«Dove hai trovato questa creatura? È davvero unico nel suo genere», mi sussurra Simon.

«È stato lui a trovare me», rispondo. «È stato lui a trovare me.»

La mattina di Natale, Simon mi ricopre di regali, ma il mio preferito è l’ultimo che apro. Rovisto nel sacchetto pieno di carta velina blu con sopra delle stelline bianche e, nel tirare fuori una tiara dorata come quella di Wonder Woman, faccio un sorriso raggiante. «Oddio, Simon! Si abbina ai bracciali che mi hai dato! La adoro!»

«Ti piace sul serio?»

Annuisco e la indosso subito.

«Bene», dice lui contento, «perché… aspetta…» Fruga alle sue spalle e recupera un altro pacchetto da dietro l’albero. «Ne ho presa una anche per me!»

Con le tiare in testa, facciamo colazione con waffle con panna montata e fragole fresche e appena finiamo gli do una scatola con un ultimo pensierino, che spero lo renda felice.

Simon toglie il coperchio e vede la foto incorniciata. «Allison…» Il suo viso si riempie di gioia e si porta una mano al cuore. «La mia dolce e generosa ragazza. Ti sei scattata la foto con Babbo Natale per me.»

«Sì.»

«Significa… significa molto per me. Grazie, piccolina.»

«Questo è il Natale più bello della mia vita. Sei il re delle vacanze, Simon», gli dico, e lo penso veramente.

«Solo per queste parole, ti meriti un secondo bicchiere di champagne.»

Facciamo cin cin e sentiamo scoppiettare le bollicine.

Quella sera, quando Simon è a letto e in casa regna il silenzio, io ed Esben ci mettiamo sul divano a guardare fuori dalla finestra i grossi fiocchi che cadono dal cielo. Sembra di stare in una palla di vetro con la neve.

«Ti ho preso una cosa.» Allungo una mano tremante dietro di me.

Lui sorride e la appoggia tra noi. «Perché sei spaventata?»

«Non lo so. Aprila e metti fine alla mia tortura.»

Lui scoppia a ridere e rovista tra la carta velina. «Oh, Allison…» dice in tono tenero mentre estrae una clessidra d’argento. Incise in alto ci sono le parole: Bastano solo 180 secondi. La capovolge e insieme osserviamo la sabbia scorrere da un lato all’altro del contenitore di vetro. «È perfetta.» Mi bacia finché la sabbia non finisce.

A questo punto, mi fa l’occhiolino, gira di nuovo la clessidra e riprende a baciarmi.

Poi Esben si appoggia allo schienale del divano e io mi sdraio con la testa sulle sue gambe e mi lascio accarezzare i capelli mentre guardo il cielo invernale. Si sente il vento soffiare e calmarsi, a intermittenza.

Esben mi appoggia sulla mano una scatolina. «Questo è per te.»

«Ma mi hai già dato…»

«Sssh. Aprilo.»

All’interno c’è un braccialetto d’argento decorato con pietre brillanti ed Esben me lo allaccia subito. Impiego un minuto per capire che cos’ho davanti agli occhi, per distinguere il disegno creato dalle pietre arancioni, turchesi, gialle, rosse, rosa e blu scuro. Non appena vedo la forma che mi circonda il polso però, intuisco perché me l’ha regalato.

«È una fenice», dico.

«Già», conferma lui. «Perché, proprio come vuole la leggenda, tu sei rinata dalle tue ceneri.»

Mi raddrizzo e lo guardo dritto negli occhi. «Mi hai aiutato tu. Mi hai aiutato tantissimo, Esben.» Ammirando il suo regalo, così pieno di sentimento e significato, resto senza parole. «È bellissimo. Esben… non so che cosa dire.»

Lui mi scruta a lungo, con uno sguardo appassionato e intenso che non gli ho mai visto prima. «Di’ soltanto che mi ami. Ti prego. Perché io ti amo talmente tanto che, quando siamo lontani, mi sento mancare il fiato. So che te l’ho detto quando ero ubriaco e non avrei dovuto, anche se lo pensavo sul serio. Però te lo ripeto adesso: ti amo.»

Non ho alcun bisogno di riflettere per rispondergli. «Ti amo anch’io. Non so più nemmeno cosa significa non amarti.»

«Bene, perché non ne hai bisogno.»

Sei giorni più tardi, salutiamo l’anno nuovo nel centro di Boston.

Tra i clacson, le urla e il freddo pungente, Esben mi ripete all’infinito che mi ama e, nonostante il caos dei festeggiamenti, io riesco a sentirlo forte e chiaro come se fossimo le uniche persone presenti. E rispondo con le stesse parole.