Capitolo 24
Ryan

Keane si libera dalla presa e barcolla in avanti, sfregandosi con la mano il punto dove l’ho afferrato. «Mio Dio, fratello. Rilassati». Sbuffa e si massaggia il collo. «Ahi».

In risposta, colpisco Keane sulla nuca cinque o sei volte in rapida successione come la pala di un ventilatore e lui si protegge con il braccio muscoloso, ridendo.

«Dio. Che ti succede oggi? Calmati, pazzoide».

Ma non ho finito. Afferro a piene mani la camicia di Keane e mi avvicino al suo viso, ho le vene del collo che pulsano e la mandibola serrata. «Ho visto come la guardavi, idiota. Vedi di tenere gli occhi bassi e l’erezione nei pantaloni mentre te ne vai a ’fanculo, Uccello Pneumatico».

«Stavo solo apprezzando la carrozzeria di quella ragazza, come può fare qualsiasi uomo, visto il bel vestitino leggero che indossa. Non c’è bisogno di…».

Senza preavviso, afferro i capelli biondi di Keane e gli trascino un orecchio vicino alla mia bocca. «È off-limits. Ultimo avvertimento».

Keane mi dà un colpo al braccio e mi spinge via, liberandosi dalla stretta, con il viso rosso e sconvolto. «Gesù, Ry. Ti devi calmare. Sul serio». Si sistema la camicia e i capelli scompigliati. «Ho capito, Capitano. La ragazza è off-limits. No problema, señor».

Annuisco.

Keane mi rivolge un sorriso con le sue fossette. «Ma, solo per curiosità, come mai è off-limits? Solo perché è l’assistente di Josh? Perché, se è per quello, non credo…».

Strappo con violenza la ghirlanda di fiori dal collo di Keane, apro la mano di fronte a lui e lascio che i petali cadano lentamente a terra. «È semplice, Pompinot Noir», sbotto. «È così perché lo dico io».

Keane ride. «Wow, altro che “aloha” per te, eh?»

«Non sto scherzando. È mia. Chiuso il discorso. Roger?»

«Okay, okay. Rabbit». Mi dà un colpetto sulla spalla. «Ma dimmi almeno questo: ci sei già andato a letto o l’hai vista per la prima volta nella hall ed è stato un colpo di fulmine?».

Guardo verso Samantha con la mandibola serrata. Sta parlando con mia cugina Julie e il suo nuovo marito (e, cavolo, è stupenda con quel vestitino). «Non ci sono ancora andato a letto», rispondo, decidendo di lasciar perdere.

Keane alza le spalle. «Be’, Capitano, se è così, non c’è alcun bisogno di sostenere che è off-limits. Certo, non le ho ancora dato una ripassata ma mi piacerebbe…».

Colpisco di nuovo Keane sulla testa, questa volta più forte di prima, trattenendo a malapena l’istinto di tirargli un pugno su quei bei denti. Lui si copre la testa e grida.

«Sto scherzando!», esclama ridendo. «Dài, un po’ di senso dell’umorismo. Era una battuta».

«Non ho alcun senso dell’umorismo quando si tratta di lei, Keane».

«Certo. Cazzo». Keane si massaggia la testa. «Quest’ultima botta mi ha fatto male». Sospira. «Ascolta, dammi un po’ di fiducia: primo, non vado a letto con la prima che passa». Alza le spalle. «Proprio non mi piace. Secondo, non sono così stupido. È chiaro tu sia stato colpito da qualche scintilla o un colpo di fulmine e io non proverei mai a mettermi in mezzo. Sarò anche scemo ma non sono stronzo».

Respiro a fondo e cerco di rilassare i pugni. «Grazie. Scusa se ti ho colpito così forte».

«Nessun problema. La prossima volta lascia stare la mia chioma però,okay?». La scuote come se stesse pubblicizzando uno shampoo. «Sono il mio punto forte».

Gli scompiglio i capelli, gli do uno schiaffetto e lui si scosta, ridendo.

«Smettila! Cosa ti prende? Non ti ho mai visto violento in ventidue anni, compresa la volta in cui mi hai aggredito con la motosega».

«Non era una motosega, idiota, era un aggeggio per tagliare i capelli».

«Come vuoi. Era un oggetto rumoroso e terrificante che puntava dritto alla mia testa. È stato traumatico».

Rido, anche se non vorrei. Maledetto Keane. «Stalle lontano, fratellino, o questa volta userò davvero una motosega».

«Ho già detto che mi farò da parte, imbecille. Davvero, prenditi un Valium o una cosa del genere. Sei fuori di testa, fratello». Mi strizza l’occhio, mi mostra il dito medio e si dirige verso Zander, che è a pochi metri di distanza a parlare con Dax e i suoi due migliori amici (e compagni della band), Colin e Fish. «Forza, ragazzi», li incita Keane, alzando quello che rimane della sua ghirlanda di fiori in aria. «Devo farmene dare un’altra al più presto».

Vedo Samantha in un angolo mentre parla con la stessa donna di prima, quella con la cartellina. Attraverso la hall nella sua direzione, con il cuore a mille e l’uccello sull’attenti.

Quando la raggiungo, la afferro per il braccio senza parlare. Mi avvicino al suo orecchio, assicurandomi che la mia erezione non le si appoggi sul fianco. «Ehi, Argentina», sussurro con voce roca, con il naso che le sfiora i capelli. Respiro il suo profumo e il pene mi diventa di marmo. «In camera mia tra dieci minuti, piccola sociopatica. E non tardare».