14

Tyger e la falce smeraldo

«Devi fare meglio, festaiolo.»

La falce vestita di verde brillante, con gli occhi da pazza e i modi bruschi, sforbiciò con un calcio le gambe di Tyger Salazar, che atterrò con violenza sul tappeto. Perché mai chiamavano tappeto quella cosa così sottile, tanto dura e dolorosa quanto il pavimento in teak della terrazza al piano attico in cui si allenavano? Non è che gli importasse un granché, dopotutto: anche con i naniti analgesici al minimo, aveva finito per apprezzare la scarica di endorfine che accompagnava i dolori dell’addestramento. Era addirittura meglio che gettarsi nel vuoto. Certo, lanciarsi dai grattacieli diventava una droga dopo un po’, ma anche il combattimento corpo a corpo… E, a differenza del lancio, il combattimento cambiava ogni volta. Quando saltava da un palazzo, l’unica cosa che cambiava erano gli ostacoli contro cui urtava in caduta libera.

Balzò subito in piedi e riprese a lottare, piazzando dei colpi abbastanza buoni da innervosire Madame Rand. Le fece perdere l’equilibrio, la bloccò a terra e rise, e lei si infuriò ancora di più. Era quello il suo intento. Il punto debole di Madame Rand era la sua irascibilità. Pur cavandosela molto meglio di lui nella brutale arte marziale del Bokator della Vedova Nera, quel suo caratteraccio le faceva perdere subito il controllo e sconfiggerla era facile. Per un istante, pensò che stesse per scagliarsi su di lui e dargliele di santa ragione. Quando la rabbia prendeva il sopravvento, era capace di strappare i capelli, cavare gli occhi e graffiare ogni centimetro di pelle nuda che le capitava a tiro, con quelle unghie che potevano incidere la pietra.

Ma non quel giorno. Quel giorno, si trattenne.

«Basta» disse, mentre indietreggiava per uscire dal cerchio. «In doccia.»

«Ci entra con me?» la provocò Tyger.

«Uno di questi giorni, accetterò la tua offerta e tu non saprai cosa fare» rispose lei con un sorrisetto.

«Dimentica che sono un invitato professionista. Un paio di cose le so.» Poi, si tolse la maglietta sudata, mostrando i muscoli scolpiti in un’ultima provocazione, prima di andarsene con aria disinvolta.

Mentre si faceva la doccia nel suo bagno privato, Tyger ragionò sulla sua invidiabile situazione. Gli era capitata un’ottima occasione. Quando era arrivato, aveva pensato che si trattasse di un normale lavoretto. Ma non c’erano né una festa né degli ospiti, a parte lui. Da allora era passato più di un mese, e il “lavoretto” pareva non finire mai; e comunque, se, come immaginava, si trattava davvero di un apprendistato, sarebbe terminato, prima o poi. Ma nel frattempo, si godeva un attico sfarzoso e tutto il cibo che poteva mangiare. Tutto quello che gli si chiedeva era di fare esercizio e allenarsi. «Devi tirare a lucido il tuo corpo per i giorni che verranno, festaiolo.» Non lo chiamava mai per nome. Era sempre “festaiolo” quando era di buon umore, e “verme” o “rammollito” quando non lo era.

Anche se non gli aveva mai rivelato la sua età, immaginò che avesse venticinque anni, venticinque anni veri. Si riconosceva facilmente una persona più anziana che si era ringiovanita riprogrammandosi sui vent’anni. In quella nuova giovinezza c’era qualcosa di rancido. Ma la falce smeraldo li stava vivendo per la prima volta, ne era convinto.

Ciò di cui non era convinto era che fosse davvero una falce. Sì, aveva un anello, e pareva autentico, ma non l’aveva mai vista uscire per andare a spigolare… e conosceva le falci abbastanza bene per sapere che avevano una quota da rispettare. E poi, non si incontrava mai con altre falci. Non c’erano delle riunioni a cui dovevano partecipare più volte all’anno? Conclavi, li chiamavano. Be’, forse l’isolamento era solo una cosa del Texas. Regole e tradizioni erano diverse dal resto delle Meriche. Non per nulla, era conosciuta come “la regione della Stella Solitaria”.

Comunque, a caval donato non avrebbe guardato in bocca. Era cresciuto in una famiglia in cui, nel migliore dei casi, era sempre stato considerato un fastidio; non ci vedeva nulla di male a essere al centro dell’attenzione di qualcuno.

E ora era forte. Agile. Un esemplare da invidiare e ammirare. E, se anche fosse stato tutto inutile e la falce smeraldo l’avesse infine congedato senza nemmeno dirgli arrivederci e grazie, sarebbe potuto rientrare nel giro delle feste senza problemi… e con il corpo che si ritrovava adesso, sarebbe stato molto richiesto. Grazie al suo fisico scolpito, lo avrebbero di sicuro considerato una vera delizia per gli occhi.

E se non l’avesse lasciato andare? Avrebbe ricevuto un anello e sarebbe stato mandato a spigolare? Ne sarebbe stato capace? Certo, si era divertito con la sua parte di scherzi pseudo letali, come tutti, no? Sorrideva ancora al pensiero della sua burla migliore: la piscina del liceo era stata svuotata per effettuare la manutenzione, e Tyger aveva avuto la brillante idea di riempirla di acqua olografica. Il tuffatore più bravo della scuola era salito sul trampolino di dieci metri e aveva fatto un perfetto tuffo ad angelo, schiantandosi sul fondo della piscina. Il gemito che aveva emesso prima di morire era stato epico. Era valso i tre giorni di sospensione e i sei fine settimana di servizio sociale che il Thunderhead gli aveva inflitto. Anche il tuffatore, al ritorno dal centro di rianimazione, aveva ammesso che era stato uno scherzo ben riuscito.

Ma morto morto e morto provvisorio erano due cose ben diverse. Avrebbe avuto il fegato di porre fine definitivamente alla vita di qualcuno, e farlo ogni santo giorno? Be’, forse avrebbe potuto ispirarsi alla falce che aveva preso Rowan come apprendista. Maestro Goddard, che sapeva come organizzare grandi feste. Se la cosa era parte delle mansioni, Tyger immaginò che sarebbe stato capace di abituarsi al resto.

Certo, non era del tutto convinto che si trattasse dell’apprendistato per imparare il mestiere di falce. Dopotutto, Rowan era stato respinto e Tyger riteneva improbabile che, ciò in cui aveva fallito l’amico, potesse invece riuscire a lui. E poi, quell’esperienza aveva cambiato Rowan. Era diventato cupo e serio dopo le sfide mentali che aveva dovuto affrontare. Tyger non si era misurato con le stesse prove. Al suo cervello non si chiedeva mai troppo, e la cosa gli stava bene. Non era mai stato il suo organo migliore.

Forse lo stavano addestrando come guardia del corpo di una falce, anche se non riusciva a capire il motivo per cui una falce ne avesse bisogno. Nessuno era così stupido da aggredirne una, quando la punizione era la spigolatura di tutta la famiglia. Se fosse stato così, non era sicuro di volere il lavoro. Tutto quel rigore e nessun potere? Avrebbero dovuto promettergli mari e monti perché accettasse.

«Credo che tu sia quasi pronto» gli annunciò quella sera a cena la falce smeraldo. Il robot aveva appena servito loro una bella bistecca magra, una vera bistecca, non roba sintetizzata. Non c’era niente di meglio delle proteine naturali per irrobustire i muscoli.

«Pronto per l’anello, vuole dire? O ha in mente qualcos’altro?»

La falce smeraldo gli rivolse un sorriso enigmatico che trovò più seducente di quanto non volesse ammettere. Quando era arrivato, non l’aveva trovata attraente, ma qualcosa nella natura intima e crudele del combattimento Bokator aveva cambiato il loro rapporto.

«Se è per l’anello da falce, non ci sono delle prove da superare davanti al conclave?» chiese Tyger.

«Fidati di me, festaiolo. Avrai l’anello al dito senza dover andare a un conclave. Ti do la mia parola.»

Allora, sarebbe diventato una falce! Tyger finì la cena con appetito. Conoscere finalmente il suo destino era stimolante e agghiacciante al tempo stesso.

Thunderhead
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