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L’area indicata da Sam sembrava occupata dai resti di una frana, come se un terremoto avvenuto molto tempo prima avesse trasformato la punta rocciosa meridionale dell’isola in un cumulo di detriti scivolato sul fondo dell’oceano. A pochissimi metri di distanza c’era un’altra lunga striscia di detriti che sembrava troppo ordinata per essere stata provocata da un evento naturale. Sicuramente, la zavorra di una nave. Il fatto che i detriti non fossero sparpagliati significava che la nave era colata a picco proprio in quel punto, magari perché troppo danneggiata o perché si era lasciata affondare per non essere catturata.
Remi si avvicinò, per vedere meglio. «Pensi che la frana rocciosa sia avvenuta dopo il naufragio?»
«Possibile», rispose Sam. «Comunque sia, la nave era troppo vicina alla costa per navigare in sicurezza. Troppi scogli sommersi che potrebbero averne segnato il destino, soprattutto con una tempesta in corso.»
«Magari è stato fatto di proposito. Per evitare che finisse nelle mani sbagliate.»
«Un motivo in più per chiedersi a cosa conduca quel disco cifrante.»
Dopo aver dato le ultime istruzioni a Nuno, presero i metal detector, indossarono l’attrezzatura da immersione e si gettarono in acqua.
Scesero in profondità. Come sempre, Remi restò stupita dalla pace e dalla bellezza del mare. Non faceva la minima differenza quante immersioni avesse già fatto: ogni volta, sembrava di scoprire un mondo nuovo, con i pesci tropicali che le sfrecciavano davanti e i colori accesi che si ammantavano di sfumature azzurre e verdi a mano a mano che si andava più a fondo.
Sembrava che quella pila di rocce di zavorra viste sul monitor fosse l’unico indizio della posizione un tempo occupata da una nave, a poco meno di otto metri sotto la superficie. In buona parte, si era da tempo disintegrata.
Prima di esplorare i resti del relitto, studiarono l’acqua tutt’intorno. La costa del Brasile era nota per l’elevato numero di attacchi letali di squali: si verificavano soprattutto nella regione costiera nordorientale intorno a Recife, ma al secondo posto c’era proprio lo stato di San Paolo. Le vittime erano per lo più nuotatori e surfisti, probabilmente attaccati dagli aggressivi squali leuca che erano soliti aggirarsi nelle acque più basse di fronte a spiagge ed estuari. Le acque più calde delle coste equatoriali ospitavano invece lo squalo tigre, molto più grande e altrettanto pericoloso, ma in acque basse come quelle di fronte all’Isola dei Serpenti non era poi così frequente incontrarlo. Almeno, era quello che sperava Remi.
Mentre lei e Sam continuavano a girare in tondo, scorsero diversi barracuda ma nessuno squalo. Iniziarono dunque dall’estremità della pila vicina alla riva e alla frana rocciosa, avanzando con i metal detector puntati sul fondale oceanico. Nessuno dei due si aspettava di trovare qualcosa – per quanto la speranza ci fosse sempre – e il silenzio delle apparecchiature confermò i loro sospetti. L’ubicazione del relitto era ben documentata ed erano sicuramente già stati in tanti a perlustrare la zona. Ciononostante, come ben sapevano Remi e Sam, il fondo dell’oceano era in continuo movimento e svelava i suoi segreti un giorno per nasconderli il giorno successivo.
Studiarono le pietre della zavorra. Sam ne mosse qualcuna, spostandole su un lato, sollevando una nube di sedimenti ogni volta che atterravano. Quella che sollevò a un certo punto era diversa. Acuminata, triangolare e gialla. Puntò la torcia e ne vide altre simili. Frammenti di mattoni gialli. Non la classica zavorra. Forse, qualcosa su cui avrebbero potuto condurre delle ricerche. Remi tenne aperta la sacca da immersione, Sam vi fece cadere dentro la pietra e proseguirono.
Diversi minuti più tardi, lui le diede un colpetto a una spalla e indicò alla sua destra, dove una murena stava sgusciando fuori dalla sua tana tra le rocce. Per un istante, Remi pensò che la stesse prendendo in giro, facendole credere che si trattasse di un crotalo avventuratosi in mare, ma poi lui scosse la testa e tornò a puntare il dito verso l’anfratto buio da cui l’animale era emerso in una nube di limo e vi puntò la torcia. Passarono diversi secondi prima che il limo si posasse, ma fu allora che Remi vide quello che aveva attirato l’attenzione del marito. Forse per il modo in cui quelle grosse rocce erano finite sul fondale o forse perché la murena aveva allargato l’apertura per ricavarne una tana, fatto sta che sotto c’era una cavità poco profonda. Sam ci nuotò sopra e scostò i sedimenti con una mano, rivelando sul fondale la costola di una nave incrostata di cirripedi che in precedenza non era stata visibile.
Questo confermò che la frana probabilmente si era verificata dopo l’inabissamento della nave, forse coprendo parte del relitto.
Ciò significava che, sotto quelle rocce, avrebbe potuto benissimo esserci qualcosa. Sam fece cenno a Remi di controllare. Lei infilò il metal detector nella cavità, senza udire nulla nei pressi dell’apertura, ma a mano a mano che si spingeva all’interno cominciò a percepire chiaramente un ping. Passò il metal detector al marito e puntò la torcia nell’anfratto, agitando una mano per sollevare il limo dal fondale.
Qualcosa di scuro apparve per un attimo sotto la luce, prima che la sabbia vi si ridepositasse. Remi infilò una mano a coppa nella sabbia e tirò fuori l’oggetto. Dapprima, pensò che fosse una moneta, pesante e con punzonature grezze. Una linguetta spuntava su un lato, facendola quasi assomigliare a un ciondolo. A un esame più attento, si rese conto che era un sigillo di piombo, di quelli che spesso venivano usati per chiudere rotoli di tessuto trasportati da navi mercantili.
Sam ne fotografò entrambi i lati. Remi lo infilò nella sacca e diede un’occhiata all’orologio subacqueo per essere certa che non avessero perso la cognizione del tempo. No, restavano ancora venti minuti, così proseguirono nell’esplorazione. Sam indicò uno squalo che stava nuotando ai margini della loro zona d’immersione. A giudicare dal muso piatto e sottile e dalle strisce sui fianchi, si trattava di un giovane esemplare di squalo tigre. Sembrava lungo poco più di due metri. Remi fece un cenno al marito per fargli intendere che lo aveva visto, indugiando un momento a guardarlo. Lo squalo non pareva interessato a loro: nuotava con calma, evidentemente appagato dal pasto che doveva aver consumato altrove.
Sam nuotò sopra la frana rocciosa, individuando qualcosa con il metal detector nella pila di sassi. Si rivelò un piombo da pesca. Cambiò direzione e si mosse lungo il margine dei sassi.
Remi non aveva finito di esplorare l’anfratto roccioso e decise di approfittarne prima che tornasse la murena. Il metal detector suonò alla sua sinistra, sul fondo, perciò lei allungò una mano per smuovere la sabbia, ma senza trovare nulla. Lì dentro c’era qualcosa, però, qualcosa che emetteva un segnale forte.
Sam le fece cenno che era ora di andarsene. Pensando che si trattasse con ogni probabilità di un amo, Remi stava per rinunciare, ma poi puntò la torcia tra le rocce a sinistra, scostò la sabbia con una mano e tastò qualcosa di liscio.
Fece cenno a Sam di raggiungerla, indicando le rocce sottostanti.
Lui la bloccò, puntando il dito verso l’alto, chiaramente preoccupato che, se non avessero fatto attenzione, avrebbero rischiato di causare loro stessi una piccola frana. Con un cenno, lei gli indicò di aver capito. Avrebbe fatto attenzione. Se solo fosse riuscita a spostare alcune di quelle rocce, avrebbe raggiunto l’oggetto. Riuscì ad estrarne una e la mise da parte, poi un’altra che rotolò giù sul fondo della pila. Diverse altre rocce scivolarono di lato, ma non sembravano volersi spostare ulteriormente. Quando Remi accese la torcia e la puntò, la vide: una piccola palla di cannone. Delusa, si protese verso il basso per raccoglierla.
Avvertì un colpetto a una coscia e si girò di scatto: di sicuro Sam la stava prendendo in giro per la grande scoperta che aveva fatto.
Ma non era Sam.
Un grosso squalo tigre le girava intorno, stavolta si trattava di un esemplare lungo ben più di due metri e mezzo. Scese sul fondale, zigzagando, trasformandosi da elegante nuotatore in predatore aggressivo nel momento in cui si lanciò contro di lei.
Remi indietreggiò verso le rocce, muovendo le pinne, e colpì il muso dello squalo con il metal detector. L’animale si girò ma poi tornò ad attaccare. Remi strinse la palla di cannone, sperando di potergliela sbattere contro il muso. La palla colpì lo squalo e poi le cadde di mano. Remi si riparò a colpi di pinna contro le rocce, facendone rotolare giù parecchie. Le rocce sotto di lei si mossero e poi caddero, una dopo l’altra, rendendo opaca l’acqua cristallina.
Remi, persa in una nube di limo e sabbia, si allontanò mentre le rocce franavano, preoccupata di non sapere dove si trovasse lo squalo.
Con il cuore che le martellava, fece dietrofront, facendo roteare freneticamente il metal detector. Una sagoma scura le andò incontro. Lei strinse lo strumento, pronta a colpire, ma dalla nube di sedimenti spuntò Sam.
Remi allungò un braccio per afferrargli una mano, sentendosi percorrere da un’ondata di sollievo quando lui indicò lo squalo che si stava allontanando alla ricerca di una preda più facile.
Avrebbero dovuto riprovarci l’indomani. Remi si voltò per studiare i danni provocati dalle rocce a quel che restava del relitto.
Appena l’acqua si schiarì, il suo sguardo si posò su un cerchio scuro, grosso più o meno come un piattino. Era mezzo sepolto nel limo e in posizione precaria, tra rocce e sabbia.
Anche Sam lo vide. Studiò le rocce, indubbiamente preoccupato che il minimo movimento potesse farle finire ancora più in basso, e indicò a Remi di restare di guardia mentre lui smuoveva lentamente la sabbia sotto l’oggetto fino a farlo sgusciare fuori, lasciando intatta la pila di rocce.
Le consegnò il disco e Remi provò un brivido di eccitazione alla prospettiva che potesse essere il disco cifrante. L’entusiasmo si spense quando capì che era solo un piattino di latta. Sam ne fotografò entrambe le facce. Lei lo infilò nella sacca da immersione e diede un’occhiata all’orologio. Avevano ancora pochi minuti di aria. Avrebbero dovuto concludere l’immersione. Lui le rivolse il gesto dei pollici in su e iniziarono la risalita.
Non appena furono riemersi, Remi si tolse il boccaglio. «Niente male, Fargo!»
Sam aveva l’aria tutt’altro che entusiasta.
«Cosa c’è che non va?» gli chiese.
«Resta dietro di me», disse lui, indicando il gommone.
Quando Remi si voltò, vide Nuno proteso sulla fiancata, con una pistola in mano. Puntata contro di loro.