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Mentre Sam gli esponeva i dettagli, Jay-Jay annuì e gli fece a sua volta qualche domanda. Alla fine, scoppiò a ridere. «Un bel piano, amico mio. Nascondersi sotto il naso di tutti. Ammesso che riusciamo a trovare dei volontari.» Il suo sguardo si posò su una coppia seduta accanto al jukebox. «Antwan, porta qui la tua signora.»

I due si avvicinarono al bancone.

«Vi andrebbe di guadagnarvi da bere gratis per una settimana?» chiese Jay-Jay ai due.

«In cambio di cosa?» volle sapere Antwan.

«Darci in prestito la vostra roba per qualche minuto», rispose Sam.

Raggiunsero un accordo. Antwan e la sua ragazza gli passarono i loro giubbotti di pelle e i caschi, e Jay-Jay consegnò delle chiavi a Sam. «Trattala molto bene, la mia moto.»

«Come se fosse mia.»

«Sei sicuro di saperla guidare?»

Sam prese le chiavi. «Se dovesse succederle qualcosa, ne avrai una nuova entro la fine della giornata.»

«Mi va bene quella vecchia. È la Harley nera con la pubblicità del mio bar sul telaio della targa.»

Sam diede un’occhiata alla costosa borsetta di Remi: un modo plateale per segnalare la loro presenza. Jay-Jay, però, risolse il problema fornendole uno zaino dentro cui nasconderla. E giusto in tempo, dato che uno dei motociclisti di guardia all’ingresso annunciò che i due uomini erano appena usciti dal negozio di fronte e che stavano osservando il bar.

Jay-Jay fece un cenno. «Chi ha voglia di farsi un giro?»

Tutti i presenti si alzarono, pronti a entrare in azione.

«Visto?» disse a Sam. «I miei amici sono vostri amici.»

«C’è un problema, però. Quegli uomini sono armati», disse Sam.

«Niente paura. Il nostro Bill si assicurerà che siate ben protetti.»

Un biker altissimo si fece avanti, sollevando entrambe le falde del giubbotto. Sulla sinistra, Sam vide una pistola in un fodero ascellare e, sulla destra, un pugnale il cui manico di metallo fungeva anche da tirapugni. Sospettando che Billy non fosse l’unico armato nel locale, fu felice che tutti avessero deciso che i buoni erano lui e Remi.

Rivolgendosi nuovamente al barista, Sam gli strinse la mano per l’ultima volta. «Faremo in modo che ne valga la pena per tutti.»

«E la cosa sarà apprezzatissima. Anche se non necessaria. Stammi bene, amico mio.»

Sam e Remi indossarono i caschi. Remi infilò dentro i capelli. Entrambi si calarono la visiera e uscirono, circondati dagli altri biker. Inforcarono le motociclette e lei si sistemò alle spalle di Sam, cingendogli la vita con le braccia, mentre lui avviava il motore della Harley, per poi inserire la marcia.

Partirono, tra il rombo dei motori. Sam diede un’occhiata allo specchietto retrovisore e vide gli uomini di Avery attraversare la strada in direzione del bar. Uno dei due guardò dalla loro parte.

D’un tratto, entrambi gli uomini iniziarono a correre lungo la strada.

Fine dell’inganno. E del possibile vantaggio per raggiungere la loro auto. Avrebbero dovuto seminarli in moto, e questo non rientrava nel piano di Sam.

A meno che...

Fermò la moto accanto al SUV bianco. Billy fece inversione e gli si accostò, mentre Sam gli chiedeva: «Ti spiacerebbe prestarmi quel pugnale?»

Billy lo sguainò e glielo diede. Come sperato, la doppia lama era affilatissima.

Remi strinse la presa intorno ai fianchi di Sam. «Stanno arrivando», disse. «Non sarebbe meglio usare la pistola?»

«Non preoccuparti.» Si chinò e bucò la ruota destra anteriore, quindi estrasse la lama e ripeté l’operazione, allargando il buco.

Lo pneumatico si sgonfiò con un sibilo.

«Dovrebbe bastare a farci guadagnare un po’ di tempo», disse restituendo il pugnale a Billy. Ripartirono.

Poco prima di svoltare, Sam si guardò indietro e vide gli uomini di Avery fermarsi accanto al SUV: uno dei due sbatté una mano sul cofano per la rabbia.

Sorrise. Finalmente, qualcosa stava andando per il verso giusto. Si rilassò, godendosi quel poco che restava del tragitto verso la loro auto a noleggio.

 

 

«C’è mancato poco», disse Remi, salutando i biker con una mano, dopo che furono al sicuro a bordo della loro macchina.

Sam si immise sulla strada, arrabbiato per la piega presa dagli eventi. «Troppo poco. Non so cosa mi sia passato per la testa quando ho deciso di portarti qui.»

Remi stava inserendo la loro destinazione, l’albergo, sul navigatore e alzò gli occhi. «Che intendi dire?»

«È stato stupido venire a mangiare, sapendo che quella gente era in giro.»

«La colpa è anche mia. Di certo, non mi hai vista protestare.»

«Però posso ragionare meglio.»

«Intendi dire che io, invece, no?» Remi sospirò. «Prima di tutto, non avevamo motivo di ritenere che si sarebbero messi a cercarci porta a porta. Sarebbe stato molto più vantaggioso ed efficiente appostarsi vicino alla nostra auto. È quello che avremmo fatto noi. In secondo luogo, le cose sono finite bene, quindi smettila di darti la colpa.»

Remi aveva ragione. Questo faceva dubitare dell’intelligenza degli uomini di Avery: non che fossero, perciò, meno pericolosi. Anche se quel tragitto fu molto meno movimentato, tennero gli occhi incollati agli specchietti. Nessun segno del SUV, né di altre automobili sulle loro tracce. Ciononostante, una volta giunti in albergo, Sam annullò il soggiorno e raggiunsero un altro albergo, dove si registrarono sotto un nome diverso, poi si organizzarono per restituire la macchina a noleggio e farsene mandare un’altra. Non aveva senso concedere agli uomini di Avery il vantaggio di sapere dov’erano e quale automobile guidavano.

 

 

Dopo essersi sistemati nella camera del loro nuovo albergo, Sam posò il telefono sul tavolino dal piano di vetro, inserì il vivavoce e si rilassò sul divano.

Selma rispose al primo squillo. «Speravo che mi avreste chiamata. Ho pensato che foste a tavola e non volevo disturbarvi.»

«Servizio in camera», disse Sam. «Abbiamo optato per una cosa tranquilla, dopo aver rischiato di restare a pancia vuota a pranzo.»

«Oh.»

«Gli uomini di Avery sono già qui. Ci hanno seguiti dall’autonoleggio. Penso che non abbiano ancora trovato quello che cercano, di qualunque cosa si tratti.»

«Cosa glielo fa pensare?» chiese Selma.

«È l’unica spiegazione plausibile del perché abbiano sprecato tempo a darci la caccia. Hanno potuto cercare per una giornata intera, forse di più, prima del nostro arrivo. Se avessero trovato quello che volevano, se ne sarebbero andati.»

«Forse agli uomini di Avery piace portare rancore», commentò Remi, sedendosi accanto a Sam.

«Sicuramente.» Sam si appoggiò allo schienale, poi si rivolse a Selma: «Cosa dobbiamo cercare esattamente?»

«Manifesti di carico navali e atti processuali. Mentre noi tentavamo di decifrare il codice sulla mappa, Pete e Wendy hanno cercato informazioni sulla nave inabissatasi davanti all’Isola dei Serpenti. Come detto, una parte di ciò che abbiamo decifrato ci ha spinti a sospettare che appartenesse a una flotta più numerosa partita dalla Giamaica. Abbiamo ristretto ulteriormente il campo. Ho bisogno che passiate in rassegna le note di carico dal 1694 al 1696. Se individuiamo l’armatore della flotta, saremo molto più vicini a scoprire dove si trova il disco cifrante originale. E, se siamo davvero fortunati, potrebbe essere proprio lì in Giamaica.»

«E dove le troviamo queste informazioni?» chiese Sam.

«Al Jamaica Archives and Records Department di Kingston. Vi manderò tutte le indicazioni.»

«Grazie, Selma. Salutaci tutti a casa.» Sam chiuse la comunicazione e poi sollevò il bicchiere di vino. «A una mattina di ricerca produttiva.»

Remi sfiorò il bordo del bicchiere di Sam con il suo. «Per lo meno, è un edificio pubblico. Sarà dotato di ogni dispositivo di sicurezza.»

Un fulmine balenò all’esterno, illuminando il balcone in controluce. Pochi secondi dopo, un tuono rombò nel cielo, mentre l’occhio della tempesta infuriava sopra di loro.

«Un avvertimento o un presagio?» chiese Remi.

Pirati
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