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«Spero che non vi siate dannati troppo l’anima per cercare quelle grotte», disse Lazlo, quando ricevette la chiamata di Sam e Remi per un aggiornamento. «Potremmo avervi mandato su una pista sbagliata.»
«Nient’affatto», ribatté Sam, osservando i poliziotti che si aggiravano sul posto, molti dei quali del reparto armato, gli unici autorizzati in Gran Bretagna a portare pistole. «Perché?»
«È saltato fuori che ci eravamo sbagliati. Si tratta decisamente di una quarta camera, non caverna. Anzi, siamo quasi certi che il tesoro non si trova nemmeno in quella zona. Non so come mai Nigel vi ci abbia mandati. Non ha semplicemente senso.»
Sam e Remi si scambiarono un’occhiata, poi conclusero la telefonata e guardarono Nigel.
«Perché ci ha fatti venire qui?» gli chiese Remi.
Lui staccò lo sguardo da Alexandra, che stava rilasciando la sua deposizione a un investigatore. «È l’unica cosa che mi è venuta in mente: convincerli che avrebbero avuto bisogno di me. Anni fa, avevo visitato le quattro caverne per uno dei miei corsi universitari.» Fece spallucce, sfoderando un sorrisino. «Ho pensato che, se avessi fatto credere a quella gente che il tesoro era lì e fossi riuscito a...»
«Ha funzionato», disse Sam.
Fisk era in arresto. Ivan e Jak erano morti. Alexandra aveva un taglietto sulla fronte prodotto da una scheggia, ma per il resto era incolume.
Remi rivolse al marito un sorriso stanco. «È stata una bella caccia. Siamo giunti a un passo dal risolvere il mistero di re Giovanni e del suo tesoro...»
«Vero. La cosa buona, però, è che abbiamo l’agenda vuota. Perciò, dove vorresti andare in vacanza?»
«Pensavo che l’avessi già programmata tu.»
«In effetti, in un certo senso, l’ho fatto. Dove ci eravamo interrotti?»
«A Carmel.»
Un investigatore fece capolino dall’ingresso della galleria. Qualcuno aveva aperto un varco nell’edera e aveva legato i rampicanti con una corda, facilitando l’accesso. L’uomo chiamò i due agenti di guardia, che lo raggiunsero, e conversarono sommessamente.
Remi li osservò, la testa poggiata su una spalla di Sam. «A proposito, niente male la tua mira là sotto.»
«Anche la tua.»
Un agente li raggiunse, estraendo il suo taccuino. «Per quanto riguarda le vostre pistole...»
«Abbiamo il porto d’armi per visitatori», disse Sam. Le armi da fuoco erano proibite in Gran Bretagna, avrebbero potuto confiscarle in un batter d’occhio. E a Sam piaceva la sua Smith & Wesson. «Dovrebbero essere registrati a Londra.»
«Molto bene, signore. Trasmetterò l’informazione.» Tornò indietro per riferire all’investigatore.
Sam attese che fosse abbastanza distante prima di dire: «Ricordami di chiamare Rube non appena avremo finito». Se c’era qualcuno in grado di far apparire magicamente quei permessi, era Rube Hayward.
Alexandra, che aveva concluso la sua deposizione, si avvicinò a Sam e gli si sedette accanto.
Lui la guardò, incuriosito. «Si è ribellata a Fisk. Perché?»
La donna fece una risata cinica e sollevò una mano, sfiorandosi la piccola benda applicatale sulla fronte da un paramedico. «Non è mai stata mia intenzione fare del male a chicchessia. Mai. Volevo solo trovare questo tesoro per fare un dispetto a Charles. E poi...» Rivolse un’occhiata a Remi. «Sapevo che, una volta ottenuto ciò che voleva, Fisk mi avrebbe fatta uccidere come se niente fosse. Avrebbero nascosto il mio corpo laggiù.» Le si inumidirono gli occhi. Si asciugò le lacrime con il dorso di una mano. «Avrebbe fatto la stessa cosa con voi. Ho solo pensato di dover prendere posizione. Volevo che i miei figli sapessero che finalmente avevo fatto una cosa giusta.» Sospirò, a fatica. «Non importa. Forse Charles non otterrà il tesoro, ma la passerà liscia per aver tentato di ucciderci, come gli riesce sempre.»
«Forse noi possiamo fare qualcosa al riguardo», disse Sam.
«E come?»
«Si fidi di me.» Pensò ai rapporti riservati sul conto di Charles Avery che Archer gli aveva spedito. «Ho un’intera squadra di persone che stanno raccogliendo prove contro di lui in questo preciso istante.»
«Se doveste trovarlo... il tesoro, intendo... fatemi un favore: mandatemi una fotografia. Mi piacerebbe inviarla a Charles.»
«Al momento, non sembra probabile. La mappa è stata decifrata completamente e questo posto era la nostra principale speranza. Si direbbe che siamo in un vicolo cieco.»
«O in un posto migliore», disse Remi.
Alla fine, vennero tutti scortati alla stazione di polizia, dove rilasciarono deposizioni formali. Furono rilasciati dopo qualche ora e, quando Sam e Remi tornarono nella loro camera d’albergo, crollarono sul letto esausti, senza nemmeno preoccuparsi di cenare.
«Ce l’abbiamo fatta!» L’eccitazione nella voce di Lazlo bastò a svegliare completamente Sam.
«A fare cosa?» chiese Remi.
«A completare il cifrario», annunciò Lazlo. «Nella roccia del castello. Al di là della tana della testa di lupo. La quarta camera. Sopra la morte. Sotto la morte. Con il mio ultimo pasto.»
Sam e Remi si guardarono, poi tornarono a fissare il tablet e l’espressione radiosa di Lazlo.
«Fantastico», disse Sam. «E cosa significa esattamente?»
«È l’ubicazione del tesoro. Eccetto la prima parte.»
«La prima parte?»
«Siamo quasi certi che dica che non si trova nel covo di Robin Hood.»
«Sarebbe stato carino saperlo ieri», disse Sam.
«Quindi, ora che abbiamo eliminato il legame con Robin Hood, a che punto siamo?» chiese Remi.
«Pur essendo un’indicazione vaga, crediamo si riferisca al castello di Newark», spiegò Selma.
«Il castello di Newark?» Remi guardò il marito e poi di nuovo il tablet. «Perché lì?»
«Le parole morte, camera e ultimo pasto devono avere a che fare con il luogo in cui è morto re Giovanni.»
«Mi dispiace», disse Sam a Remi. «Sembra proprio che quella vacanza debba attendere.»