Sono sulla riva di uno wadi, rivolto a nord. La mia Hilux è parcheggiata nel letto asciutto del ruscello. La luna si riflette sulla vernice nera. È una luna cornuta, scavata fino alle estremità. Oltre l’altopiano, accoccolata sulle pendici delle colline, c’è la FOB di Sharana. Di notte si vedono solo le sue torrette. Gli americani si trincerano dietro un cerchio di luci. Mentre tutti dormono, loro sono gli unici a far andare i generatori.

Scendo a piedi nel letto dello wadi. La luna proietta ombre sottili sul terreno asciutto. Il suolo qui si spacca con facilità ed è ricoperto di sassi. Camminando lo smuovo. I miei passi liberano l’aroma umido di vecchie inondazioni, mi ricordano che lì spesso scorrono acque violente che portano via tutto, tranne le pietre più forti.

Però lo wadi, prima o poi, torna ad asciugarsi.

Mi tiro una coperta di lana sulle spalle e mi sdraio sul sedile posteriore della Hilux. Chiudo gli occhi.

Immagino come sarà il mondo dietro il loro muro perimetrale. Ci sarà un americano a cui gli afghani vanno a rendere conto. Così ho sentito dire. Chiederò di lui. Gli dirò che ha un problema, che ha perso il controllo della situazione. Mr Jack aveva deciso di lavorare con Gazan, per controllarlo. Adesso io sono diventato Gazan. Quando tornerò a Gomal, il comandante Sabir farà in modo che abbia armi procurate con i fondi che il loro governo gli passa per lo Special Lashkar. Io sarò lo strumento di cui si servirà per fare pressione sul villaggio e costruire il suo avamposto. Gli americani non possono esercitare un influsso diretto in questo senso. Devono passare per forza da me. E io gli offrirò il mio aiuto perché loro hanno due cose che voglio, cose che Sabir non può darmi.

Senza nessuno che si prenda cura di lei, Fareeda morirà. Chiederò a loro la medicina che Mr Jack procurava ad Atal. Lui aveva dedicato la sua vita a prendersi cura di lei. Anch’io, adesso. Tornerò a Gomal e mi metterò a capo degli uomini di Gazan perché lei possa vivere.

E, con l’aiuto degli americani, mi libererò di Sabir. Prenderò il suo posto. Nella sua posizione, la guerra mi farà prosperare e riuscirò dove Gazan e Atal hanno fallito. Metterò da parte abbastanza da uscirne, un giorno, e portare con me le persone a cui voglio bene.

Pensando a tutto ciò che posso offrire agli americani, scivolo lentamente nel sonno. Sono sporco e ho freddo, solo nello wadi.

Poi, alle prime luci del mattino, sono di nuovo sveglio, circondato dal profumo della terra umida e violenta.

Ha cominciato a piovere.

Mi inginocchio tra i sassi, dove si raccolgono pozze d’acqua. Mi lavo le mani e il viso.