XI

La X MAS sbarca a terra

Le unità più temute delle forze armate italiane erano costituite da gruppi semi-autonomi, sui quali il controllo di Mussolini era scarso, o nullo addirittura. Egli tentò di spiegare il fenomeno affermando che siffatti corpi volontari erano parte di una tradizione italiana che risaliva al Medioevo. Il più famigerato e feroce era la X MAS al comando del principe Valerio Borghese.

Dennis Mack Smith1

La sera dell’8 settembre 1943, il maresciallo Pietro Badoglio parlò alla radio per annunciare alla nazione che il governo italiano aveva concluso un armistizio con gli Alleati. Non fece alcun accenno ai rapporti dell’Italia con la Germania, ma invitò le forze armate a reagire a ogni forma di aggressione.

Il comunicato colse alla sprovvista la maggior parte degli ufficiali e dei soldati italiani, molti dei quali rimasero per giorni in attesa di ordini che non arrivarono mai. Le unità disseminate sui vari fronti in Europa cominciarono a sbandarsi, mentre i tedeschi, senza indugiare, si adoperarono per disarmare le forze armate italiane secondo il piano Achse. Nei giorni successivi alla proclamazione dell’armistizio, tolsero le armi con la forza, con l’inganno o con il negoziato a circa 800.000 uomini. Requisirono anche un’immensa quantità di materiale, che fu in gran parte spedito in Germania. Constatando che un certo numero di unità opponeva ancora resistenza, Hitler diede l’ordine di fucilare tutti gli ufficiali dei reparti che si rifiutavano di sottomettersi e di deportare i soldati e i sottufficiali nel Reich per impiegarli come manodopera.2

I tedeschi furono in grado di occupare gran parte dell’Italia grazie alla riuscita operazione di disarmo e alla sorprendente efficacia con cui contrastarono lo sbarco alleato a Salerno. L’11 settembre 1943, Hitler in persona emise direttive segrete che dividevano il territorio italiano in una zona d’operazione sul fronte e in due zone d’operazione speciali chiamate Alpenvorland e Adriatische Küsterland. Oltre a ciò, conferì al suo ministro degli Armamenti, Albert Speer, il diritto di sfruttare le risorse economiche dell’Italia settentrionale.3

Obbedendo alle istruzioni ricevute, il grosso della flotta italiana prese il largo per consegnarsi nelle basi alleate. Le corazzate di punta raggiunsero i porti di Malta e Bona, a eccezione della Roma, che fu inseguita dalla Luftwaffe e distrutta da una bomba. Gli spagnoli internarono alcune navi alle Baleari, mentre molte altre furono affondate dagli equipaggi, che scelsero questa via per non arrendersi ai tedeschi o agli Alleati.

La Germania non aveva molte speranze di neutralizzare la flotta italiana con la stessa facilità con cui aveva disarmato l’esercito. In quei primi giorni di settembre, la marina era ancora considerata ben addestrata e molto combattiva e per giunta adesso poteva contare sull’assistenza fornitale dall’imponente dispiegamento di navi e aerei alleati. Pertanto, ai tedeschi non restava che affrettarsi ad agire contro il cervello dell’arma: i comandanti e i quartier generali.4

Riuscirono ad affondare, catturare o danneggiare 386 navi da guerra italiane, per un totale di 292.771 tonnellate. Nei cantieri ne sequestrarono altre 199, pari a 210.653 tonnellate, che andarono a sommarsi al già ricco bottino di guerra. Non si salvò neppure la marina mercantile, che subì pesanti perdite, consegnando in mano tedesca 1214 vascelli, per un totale di 976.902 tonnellate.

Ci furono anche unità navali e marinai che non vollero collaborare con gli Alleati e si sbandarono oppure si unirono ai tedeschi. La più famosa di queste ultime fu la X MAS del principe Valerio Borghese, il cui comando si trovava a La Spezia. Con i tedeschi Borghese raggiunse un accordo fondato sulla diretta cooperazione tra la flottiglia e il Terzo Reich. In quei giorni, nelle istituzioni italiane era venuto a crearsi un vuoto di potere: le forze armate si erano dileguate, il re era in viaggio verso Brindisi con il suo seguito di ministri e alti funzionari e la Repubblica sociale di Mussolini non era ancora stata istituita. Fu in questa situazione che Borghese mosse i suoi passi.

Nelle sue memorie, il principe ricorda di aver appreso dell’armistizio dalla radio e di esserne rimasto sorpreso come tutti. Si affrettò a chiedere notizie al principe Aimone di Savoia, duca d’Aosta e nipote del re, ma questi si mostrò altrettanto stupito e replicò dicendo che probabilmente si trattava di propaganda nemica. Borghese si soffermò a guardare il porto di La Spezia, dove erano ancorate le navi più importanti della flotta, tra cui la Vittorio Veneto e la Littorio.5

Borghese, il duca e altri ufficiali cercarono di contattare Supermarina a Roma, ma solo dopo parecchie ore riuscirono a parlare con l’ammiraglio di divisione Umberto Rouselle, il quale rispose che non c’erano ordini precisi e di rimanere in attesa. Ma gli ammiragli a La Spezia si diedero alla fuga e ad Aimone di Savoia fu ingiunto di imbarcarsi sulla grande torpediniera Indomito per raggiungere il re. Nel suo diario e nelle successive dichiarazioni rese al processo, Borghese disse di non essere riuscito ad avere direttive dal comando della marina e ribadì il concetto che per lui armistizio non significava pace. Era una semplice battuta d’arresto della guerra, pertanto ritenne che fosse suo dovere rimanere sotto le armi, in attesa di nuovi ordini, che non giunsero mai.

Alquanto diversa era la posizione ufficiale del ministero della Marina, che diede istruzioni affinché le attrezzature della X MAS venissero distrutte, istruzioni che, riferì il comandante navale dell’area dell’Alto Tirreno, stavano per essere eseguite. Partendo dal presupposto che un’affermazione del genere poteva venire soltanto da chi aveva ricevuto un resoconto della situazione da parte di Borghese, alcuni autori sono giunti alla conclusione che il principe fosse stato informato di tali disposizioni. Ma l’emissione di ordini alle forze armate per l’armistizio dell’8 settembre è – come la disfatta di Caporetto nella Prima guerra mondiale – uno degli episodi più controversi della storia italiana. Di certo fu una fase di transizione assai confusa e mal gestita, anche se non dai tedeschi!6

Quando più tardi fu preso e interrogato dagli Alleati, Borghese disse che all’origine della sua linea di condotta c’era il convincimento che il suo primo dovere fosse quello di salvare il prestigio italiano, per quanto anche considerazioni di natura strategica avessero giocato un ruolo. Il principe pensava che l’Italia avesse due grandi nemici, la Gran Bretagna e la Germania: la prima perché con i canali di comunicazione che teneva aperti a est ostacolava la naturale espansione di Roma nell’Africa settentrionale e con la morsa in cui stringeva il Mediterraneo costituiva una costante minaccia per la sicurezza italiana; la seconda perché continuava a coltivare antiche aspirazioni di conquista di uno sbocco nell’Adriatico e avanzava pretese su alcuni territori italiani (come l’Alto Adige e Trieste). Nel momento in cui aveva dovuto decidere il suo destino, Borghese aveva ritenuto che gli equilibri di forza sarebbero stati maggiormente salvaguardati schierandosi a fianco dei tedeschi contro l’Inghilterra. Ecco un estratto del verbale ufficiale del suo interrogatorio: «Spiegò che c’erano almeno tre motivi per cui aveva scelto di unirsi ai tedeschi, e cioè che sarebbe stato più facile affrancarsi dall’occupazione tedesca che da quella alleata, che i termini degli accordi di pace sarebbero stati più duri in caso di vittoria degli Alleati e infine che il sentimento antitedesco che si stava diffondendo in Italia avrebbe preservato meglio lo spirito nazionale, mentre l’influenza anglo-americana rischiava di essere un fattore destabilizzante».7

I tedeschi fecero numerosi tentativi di penetrare nella caserma della X MAS, ma, come scrisse Borghese, «li respingemmo tutti malgrado l’enorme sproporzione di forze».8 Nessuno ne ha mai dubitato e, anzi, la fermezza dimostrata dalla flottiglia nella circostanza è stata spesso presa a esempio di ciò che sarebbe stato possibile fare in quei giorni difficili se si fosse potuto contare su unità altrettanto motivate. La Germania era interessata alla X MAS soprattutto perché non aveva, per usare le parole del principe, «alcuna preparazione né conoscenza dei mezzi speciali d’assalto in mare». E le buone relazioni che la sua marina desiderava allacciare con la X MAS miravano appunto all’allestimento di unità dello stesso tipo, non avendo essa abbastanza risorse navali per contrastare la flotta alleata.

Borghese, dal canto suo, ebbe la possibilità di recarsi in Germania, dove il quotidiano «Völkischer Beobachter» diede notizia della sua visita. Il viaggio gli consentì di studiare più da vicino le tattiche usate dai tedeschi nelle operazioni speciali di terra ed è probabile che abbia prestato attenzione soprattutto alle azioni di sabotaggio e incursione dietro le linee nemiche. In seguito lui stesso avrebbe costituito reparti analoghi, tanto da essere considerato dopo la guerra uno «specialista della controrivolta».9

Nelle sue memorie, un ufficiale narra che, la sera del 9 settembre, si tenne una riunione di ufficiali della X MAS in cui si discusse delle azioni da intraprendere, ovvero se continuare a combattere a fianco dei tedeschi. Borghese disse che il giuramento fatto rimaneva valido.10

Il capitano di corvetta Luigi Longanesi Cattani fu incaricato di mettersi al servizio della famiglia del principe Aimone e di fungere da tramite con i tedeschi. Quando però Mussolini proclamò la Repubblica sociale, l’ufficiale, fedele ai reali, espresse la propria contrarietà a continuare a collaborare con la X MAS a tali condizioni. Il principe gli rispose che, fino al termine della guerra, qualsiasi idea personale concernente la forma dello Stato doveva essere messa da parte. In seguito, quando emersero i primi problemi con le autorità fasciste, Longanesi Cattani lasciò definitivamente la X MAS.11

L’11 settembre, Borghese radunò i suoi uomini e spiegò loro le decisioni che aveva preso, aggiungendo che chi non le condivideva era libero di chiedere il congedo. La maggior parte optò per questa soluzione e preferì tornarsene a casa.

Come si è detto, all’origine dell’accordo stipulato dal principe e dai suoi 1300 uomini con il Terzo Reich c’era l’interesse della Germania per i mezzi speciali d’assalto italiani, in particolare per la flottiglia di Borghese. Nei giorni successivi all’8 settembre, nella base navale di La Spezia fu ammainato il tricolore e issata la bandiera della X MAS. I tedeschi vi arrivarono per avviare i negoziati dopo essere stati raggiunti da un messaggio che diceva: «Comandante principe Borghese, capo della X flottiglia MAS italiana Spezia (mezzi d’assalto), congedato oggi personale inaffidabile, offresi collaborazione». A inoltrarlo era stato il servizio segreto della marina e il Comando navale tedesco intendeva verificare la situazione e acquisire maggiori informazioni sulle intenzioni del principe.12

Questa volontà di chiarimenti era comprensibile, se pensiamo che il 3 settembre, giorno in cui il generale Giuseppe Castellano firmò l’armistizio a Cassibile, Borghese «ebbe colloqui con un rappresentante dell’Abwehr»,13 e che alla proclamazione dell’armistizio la X MAS stava addestrando una quindicina di ufficiali e marinai tedeschi al comando del capitano di corvetta von Martiny.

Il testo dell’accordo siglato con il capitano di corvetta Max Beringhaus, che il 12 settembre assunse il controllo del litorale ligure, è stato pubblicato, attingendo ai ricordi di testimoni, in diversi libri, tra cui uno curato da Mario Bordogna, l’ufficiale di ordinanza di Borghese:

1. La X flottiglia MAS è unità complessa appartenente alla marina militare italiana, con completa autonomia nel campo logistico, organico, della giustizia e disciplinare, amministrativo.

2. È alleata alle FF.AA. tedesche con parità di diritti e di doveri.

3. Batte bandiera da guerra italiana.

4. È riconosciuto a chi ne fa parte il diritto all’uso di ogni arma.

5. È autorizzata a recuperare e armare, con bandiera ed equipaggi italiani, le unità italiane trovantesi nei porti italiani; il loro impiego operativo dipende dal comando della marina tedesca.

6. Il Comandante Borghese ne è il capo riconosciuto, con i diritti e i doveri inerenti a tale incarico.14

Borghese accettò queste clausole fondamentalmente perché era quello che un tempo sarebbe stato definito un condottiero, un capitano di ventura, del genere di quelli che nell’Italia medievale guidavano le bande di mercenari. I tedeschi le accettarono perché avevano bisogno di cooperare con le «armi segrete» della X MAS, che in guerra avevano conseguito risultati più brillanti delle squadre da battaglia di superficie.

Ma Borghese come spiegò la decisione di schierarsi con i tedeschi? In un’intervista dichiarò: «Io, l’8 settembre, al comunicato Badoglio, piansi. Piansi e poi non ho più pianto … Perché quello che c’era da soffrire, lo soffrii allora».15

La situazione era resa ancor più confusa dalla posizione di Mussolini che, fatto arrestare dal re in luglio, era tenuto segregato sul Gran Sasso. Tuttavia, il 12 settembre, durante una delle operazioni speciali più spettacolari della guerra, il colonnello delle SS Otto Skorzeny guidò un commando di paracadutisti che, nonostante la presenza di 100 guardie italiane, liberò il dittatore. Alla fine del mese, Mussolini, con l’appoggio di Hitler, aveva già costituito un nuovo governo nell’Italia settentrionale, l’RSI, meglio nota come Repubblica di Salò.

In quei giorni Borghese si recò prima a Roma, dove incontrò Ferruccio Ferrini, sottosegretario alla Marina della Repubblica di Salò, e poi, il 28, in Germania, per riferire all’ammiraglio Dönitz.

Nel diario di guerra del Comando navale tedesco si dice che l’ammiraglio Eberhard Weichold raggiunse con Borghese un’intesa per il rapido impiego dei reparti specializzati di La Spezia contro gli Alleati. Nell’ottica tedesca, la X MAS era un Freikorps (corpo di volontari), con personale italiano che rimaneva sotto il comando di Borghese, giacché qualsiasi tentativo di costituire un’unità tedesca capace di operare secondo modalità analoghe avrebbe richiesto troppo tempo. Alla fine del conflitto, il generale delle SS Karl Wolff ricorse proprio a quel termine per definire la X MAS.16

Nei documenti tedeschi si accenna anche alla decisione di continuare la guerra a fianco della Germania presa dal comandante Enzo Grossi della base di sommergibili Betasom,17 dove erano ancora operativi il Bagnolini e il Finzi. I due battelli si trovavano a Le Verdon, pronti a partire per Singapore dopo un periodo trascorso in cantiere per riparazioni. Nell’Estremo Oriente incrociavano anche il Cappellini, il Giuliani e il Torrelli, mentre nell’oceano Indiano c’era il Cagni.18

L’armistizio colse di sorpresa anche il capitano di corvetta Mario Arillo, che si trovava a Danzica, sul mar Baltico, per addestrare il suo equipaggio con i sommergibili tedeschi. In guerra, Arillo si era dimostrato in più occasioni un valoroso comandante ed era forse il secondo sommergibilista più noto in Italia. Passati con lui al servizio dei tedeschi, i sommergibili italiani furono utilizzati principalmente come trasportatori e contrassegnati con una S, seguita da numeri da 1 a 9.

Secondo i programmi dei tedeschi, Grossi doveva discutere con il Marine Gruppe Westen della riorganizzazione della marina italiana e quindi recarsi a Berlino con il capitano di vascello Sesto Sestini e il principe Borghese prima di riferire a Mussolini.19

Il 5 ottobre, il comandante Grossi partì con Borghese per far visita al Duce. Questi, confinato nella villa di Salò sul lago di Garda, ricevette i due ufficiali e colpì Borghese per le sue «dimensioni umanissime». Mussolini era addolorato per la resa della flotta, «costata al popolo italiano tanti sacrifici».20

Nel frattempo, diversi gruppi di militari sbandati e volontari organizzati in partiti politici cominciarono a opporre una resistenza armata all’occupazione tedesca, ingaggiando una lotta sanguinosa soprattutto contro il nuovo governo fascista. In alcune zone comparvero forme iniziali di resistenza spontanea, che talora si traducevano nel favorire la fuga di soldati alleati dai campi di prigionia.

L’Italia divenne così ostaggio di una guerra civile che dilagò al Nord e al Centro della penisola, mentre gli eserciti tedeschi e anglo-americani si fronteggiavano nei cieli, nei mari Tirreno e Adriatico e soprattutto sul fronte del Sud, dove infuriavano i combattimenti. Furono regolati conti che attendevano da tempo di essere saldati, mentre i vecchi fascisti si trovavano a fronteggiare coloro che avevano represso per oltre vent’anni. In breve, il fascismo, con i suoi valori appartenenti ormai a un’altra epoca, si ritrovò a lottare per sopravvivere contro i nuovi ideali democratici e le Nazioni Unite del futuro.

A livello politico nacque il CLN (Comitato di liberazione nazionale), un movimento clandestino che raggruppava uomini e donne di diversa estrazione politica, dai democristiani ai socialisti, dai comunisti ai membri del Partito d’azione.21 Fu fondato a Roma, ma dopo la liberazione della capitale, nel giugno 1944, il distaccamento del Nord cambiò nome in CLNAI (CLN dell’Alta Italia) e prese sede a Milano. Il CLN acquisì il controllo delle bande partigiane che si erano già costituite, non soltanto fornendo loro denaro, armi ed equipaggiamento, ma anche fungendo da canale attraverso il quale gli Alleati facevano pervenire aiuti. Risulta, dunque, evidente che i raggruppamenti partigiani potevano sopravvivere unicamente se associati a uno dei partiti che facevano capo a questa organizzazione. È un punto importante per comprendere la dinamica delle operazioni di guerriglia/controrivolta e i rapporti tra la X MAS di Borghese e la Resistenza.

C’erano due tipi principali di raggruppamenti partigiani: unità militari sbandate e unità organizzate dal CLN. Di queste ultime, il gruppo più consistente era rappresentato dai garibaldini, o comunisti, che mobilitavano circa il 40 per cento dei combattenti. Seguivano le brigate socialiste Matteotti e compagini varie che si rifacevano ai partiti di ispirazione cristiana.22

Borghese rimase estraneo al ritorno di Mussolini al potere, dal momento che fin dall’inizio spese tutte le proprie energie per ricostruire la flottiglia. Al suo appello risposero migliaia di marò (come venivano chiamati gli uomini della X MAS), i quali accorsero ovunque vi fosse un punto di raccolta lungo la costa. Molti erano volontari, richiamati alle armi dalle gesta compiute dalla flottiglia e, soprattutto, dalla fama di colui che la comandava.

Ma che cosa spinse tanti giovani ad arruolarsi? Tipico è forse il caso di Luigi Del Bono, un medico della marina il quale, vedendo il manifesto che invitava all’arruolamento, raccontò di aver pensato che la guerra fosse perduta e che l’onore della marina italiana dovesse essere difeso. I suoi dubbi, aggiunse, sparirono, come i suoi scrupoli, e quindi firmò l’adesione alla X flottiglia MAS della Repubblica sociale italiana.23

In altri casi, la molla decisiva fu o la speranza di trovare una sistemazione nel caos, un letto dove dormire, una disciplina, un salario oppure il semplice fascino dell’avventura. Secondo Ferruccio Parri, capo del CLN e futuro capo del primo governo italiano del dopoguerra, in molti furono allettati dalla paga e dalle buone condizioni di vita; tra costoro c’erano anche minorenni. Si arruolavano e godevano nel fare sfoggio di armi e nell’incutere paura, nel farla da padroni e nel saccheggiare.24

Stando alle testimonianze di alcuni veterani, a formare il nucleo della nuova X MAS furono i sommergibilisti e i marinai. Certo, non era obbligatorio essere soldati di marina per entrare nella flottiglia. Lo dimostra il fatto stesso che venissero accettati esclusivamente volontari, cosa che dava a Borghese la garanzia di disporre di uomini fortemente motivati, nelle migliori condizioni di morale e di spirito.25

Venne approvato anche un nuovo codice di comportamento, con le seguenti norme:

1. Rancio unico per ufficiali, sottufficiali e marinai.

2. Panno della divisa uguale per tutti.

3. Sospensione d’ogni promozione sino alla fine della guerra, fatta eccezione per le promozioni per merito di guerra sul campo.

4. Reclutamento esclusivamente volontario.

5. Pena di morte per i militari della X MAS che vengano riconosciuti colpevoli, da regolari tribunali, di furto, saccheggio, diserzione, codardia di fronte al nemico.26

Di fronte alla riorganizzazione della X MAS, le forze armate e la popolazione ebbero reazioni contrastanti, da attestazioni di stima per la disciplina imposta ad accuse di arroganza e disobbedienza.27

I volontari della X MAS non erano tenuti a prestare giuramento di fedeltà alla Repubblica di Salò, il che fu causa di tensioni che, come vedremo, sfociarono nell’arresto di Borghese nel gennaio 1944.

In novembre, la flottiglia aveva ormai raccolto un numero di volontari tale da poterne mandare circa 5000 in Germania a addestrarsi in vista della formazione della divisione San Marco, che nelle intenzioni doveva essere un reparto di marina. In dicembre, Mussolini ordinò al sottosegretario alla Marina il distaccamento in Piemonte di altri 1000 di volontari della X MAS per combattere i partigiani. Sempre in quel periodo, l’arma (non Borghese) cercò di costituire un corpo speciale di fanteria di 9000 uomini, ma i tedeschi non apprezzarono questo genere di iniziative autonome.28

Ferruccio Ferrini, sottosegretario alla Marina dell’RSI, propose di inviare i volontari a combattere alla testa di sbarco di Anzio, anziché a Cuneo contro i «ribelli». Fu solo il 24 febbraio 1944 che Borghese riuscì ad assumere il controllo del suo battaglione, chiamato Maestrale.29

La X MAS aveva un proprio reparto sommergibili. Oltre ad alcuni CB del battaglione Longobardo che si trovavano a Pola, nel gennaio 1944 l’Aradam era già pronto a partire. Recuperato in fondo al porto di Genova, era stato dotato di cilindri per «maiali», ma fu affondato nel capoluogo ligure il 1° settembre 1944, nel corso di un imponente raid aereo condotto da B17 che, con altri bombardamenti, causò la perdita di parecchi battelli. Nel caso specifico dell’Aradam, è lecito supporre che la Regia Marina del Sud fosse a conoscenza del suo riarmo per trasportare gli SLC dietro le linee alleate. In ogni caso, il 23 ci fu un nuovo attacco con B26 che annientò definitivamente la marina dell’RSI, ormai in grado di contare solo su navi leggere, dopo l’affondamento di un incrociatore, di due cacciatorpediniere e del sommergibile Ambra, riportato a galla all’indomani dell’armistizio.

Il reparto navale di superficie della X MAS fu trasferito nei pressi di Sesto Calende. Il gruppo degli «uomini gamma» intitolato a Licio Visintini, l’ufficiale caduto a Gibilterra, fu invece dislocato a Valdagno, vicino a Vicenza, dove gli assaltatori subacquei si allenavano insieme a marinai tedeschi in una piscina olimpica coperta della Marzotto, l’azienda tessile che confezionava le divise.30 Altre esercitazioni pratiche si svolgevano nei dintorni dell’isola di San Giorgio, con la vecchia petroliera Tampico. La X MAS formò anche un reparto antisommergibili, consistente in sette navi da guerra di piccola stazza e in una corvetta requisita ai francesi. Recuperò poi altre imbarcazioni che, con alcuni MAS, andarono a costituire un reparto MAS.

Secondo le stime alleate, nei 600 giorni di vita dell’RSI, la X MAS preparò circa 50.000 uomini, senza contare le migliaia che passarono alla divisione San Marco e ai vari reparti specializzati nati con il nuovo assetto organizzativo. Ma la vera forza della flottiglia era un mistero perfino per il suo comandante. A coloro che lo avevano arrestato spiegò di aver usato ogni mezzo possibile per nascondere la vera entità del contingente anche al governo repubblicano. In tal modo, il potere della flottiglia fu sopravvalutato un po’ da tutti.31

Nella sua voluminosa storia sulle relazioni italo-tedesche, Friedrich W. Deakin ha scritto che ciò che più interessava a Borghese erano le azioni antipartigiane sul confine orientale e le attività di spionaggio e sabotaggio a sud del fronte appenninico, una tesi confermata da numerose fonti.32 La X MAS aveva acquisito una buona competenza in tutti e tre i settori e dato vita al battaglione Vega, un prolungamento dell’NP (Nuotatori paracadutisti), a proposito del quale Sergio Nesi, un veterano dell’organizzazione, ha detto che aveva il classico compito, già sperimentato più volte, di farsi sopravanzare dal nemico e poi condurre attività di spionaggio e sabotaggio.33

In effetti, le attività di intelligence del gruppo di Borghese erano solidamente supportate: dopo l’8 settembre era stato costituito un servizio interno di spionaggio e controspionaggio con due uffici centrali, uno informativo e uno politico. Il servizio utilizzava il battaglione NP per le azioni di sabotaggio dietro le linee, il battaglione Vega per le missioni di spionaggio e il comando operativo O, istituito nel maggio 1944, per le operazioni di polizia.34

Nell’inverno 1943-44, i tedeschi fermarono gli Alleati sulla linea di Cassino, a sud di Roma. È bene tuttavia ricordare che la campagna di liberazione anglo-americana fu soltanto una delle guerre che dilaniarono l’Italia tra il 1943 e il 1945: parallelamente a essa si combattevano una guerra civile, una guerra di resistenza contro i tedeschi e un’altra che mirava a frenare l’avanzata dei comunisti iugoslavi di Tito, e la penisola era diventata terreno fertile per la lotta partigiana. Per meglio comprendere le operazioni della X MAS in quegli anni è necessario dare uno sguardo al mondo dei servizi segreti. Se le azioni militari convenzionali si trascinavano a fatica, quelle speciali e di guerriglia erano spesso condotte in modo fulmineo. Varie organizzazioni operavano nel disordine generale con l’obiettivo non solo di vincere il conflitto, ma anche di garantirsi la posizione più vantaggiosa in vista del dopoguerra e del ruolo che il paese avrebbe esercitato nel futuro assetto mondiale.

Secondo una delle fonti più attendibili, il generale Ambrogio Viviani, ogni forza armata costituì un proprio servizio segreto clandestino, così come ogni partito politico organizzò le proprie attività di intelligence. I partigiani provenienti dalle file dell’esercito formarono il Fronte clandestino militare in cui operava il tenente colonnello Giovanni De Lorenzo, un nome che ritroveremo negli anni successivi. Lo stesso discorso può essere fatto per la parte opposta, dove le varie forze di polizia (carabinieri, guardia di finanza, pubblica sicurezza) agivano in maniera simile e dove l’OVRA (Opera vigilanza repressione antifascismo), l’efficientissima polizia segreta fascista, non cessò mai di essere attiva. Interessante è soprattutto la posizione dei carabinieri, i quali rimasero operativi sia nel Nord, agendo sotto traccia, sia nel Sud. A Bari costituirono subito uno speciale contingente R al comando del generale Giuseppe Pièche (attivo anche durante la guerra fredda) e diversi loro elementi prestarono servizio nel CIC (Counter-Intelligence Corps) statunitense.35

Stando a quel che emerge da questo quadro riassuntivo, non stupisce che anche la X MAS di Borghese avesse il proprio servizio informazioni. Uno dei suoi bersagli nel Nord era l’ammiraglio di divisione Maugeri, capo del SIS, il quale dopo l’armistizio rischiò più volte l’arresto mentre si trovava a Roma.36

I leader dell’RSI non vedevano affatto di buon occhio l’indipendenza ostentata dal principe, né il suo rifiuto di giurare fedeltà al governo repubblicano. Per stessa ammissione di Borghese, all’interno della X MAS era proibito accettare reclute provenienti dal nuovo Partito fascista repubblicano e vigeva una regola non scritta che impediva ai marò di svolgere attività politiche.

Di conseguenza, la GNR (Guardia nazionale repubblicana) al comando di Renato Ricci cominciò a sorvegliare le mosse di Borghese, trasmettendo regolari rapporti a Mussolini.37 Il Duce doveva avere ragioni anche personali per diffidare della X MAS. Secondo Ricciotti Lazzero, «Mussolini non ama quell’ufficiale di marina, troppo giovane, troppo intraprendente, troppo esuberante e vitale, e soprattutto imprevedibile, di fronte al quale si sente superato».38

Le tensioni tra la flottiglia e i mussoliniani continuarono ad acuirsi, fino a esplodere il 13 gennaio 1944, quando Borghese fu convocato nel quartier generale del Duce e lì arrestato. Fu preso in consegna nell’anticamera dal colonnello Fortunato Albonetti della GNR, su direttiva di Mussolini e ordine di Ricci, quindi trasferito nella fortezza di Brescia, dove venne interrogato da una commissione d’inchiesta.

Per capire le motivazioni all’origine di questo gesto bisogna ricordare che la X MAS di Borghese era l’unica forma di marina permessa dai tedeschi alla repubblica di Mussolini, come risulta dalla risposta che Dönitz diede all’ammiraglio Antonio Legnani, sottosegretario alla Marina dell’RSI. Solo la X MAS poteva impiegare mezzi navali con equipaggi italiani battenti bandiera italiana. Le altre navi avevano equipaggi misti, come misto era il personale delle batterie costiere.

La marina dell’RSI, dunque, non era altro che un gruppetto di uffici e di funzionari dietro cui c’era poco o nulla. Ciò spiega come mai, quando Legnani morì in un incidente, il nuovo sottosegretario, Ferruccio Ferrini, fece di tutto per ricondurre Borghese sotto il suo controllo. La causa scatenante dell’arresto del principe fu la richiesta, da parte della GNR, di 2000 uomini da destinare ad azioni antipartigiane, richiesta che fornì a Ricci e Ferrini l’occasione per regolare una volta per tutte la questione.

La tensione tra il sottosegretario alla Marina e la X MAS precipitò con l’arrivo a La Spezia di due ufficiali dell’arma, i capitani di vascello Nicola Bedeschi e Gaetano Tortora, inviati per assumere il comando dei battaglioni di terra della X MAS con il proposito di raggrupparli nel reggimento San Marco e sottrarli all’autorità di Borghese. Poiché questi non ne era informato e la cosa apparve come un colpo di mano per metterlo da parte e sottrarre la X MAS al suo controllo, il 9 gennaio, i comandanti dei battaglioni Maestrale ed NP, combattenti esperti, arrestarono entrambi gli ufficiali e li consegnarono alla GNR.39

Sospettando un ammutinamento, i tedeschi inviarono autoblindo che fecero irruzione nella caserma, ma si trovarono puntati contro i cannoni antiaerei della X MAS e dovettero ritirarsi. Intanto, la notizia dell’arresto di Borghese suscitò una forte reazione emotiva tra gli uomini della flottiglia, che, come ha ricordato uno di loro, il 13 gennaio 1944 vennero a sapere che i nuovi fascisti, gelosi della X MAS, avevano invitato il comandante a Salò e l’avevano arrestato.40

Le accuse contro il principe andavano da quelle di antifascismo e antimussolinismo a quella di aver tenuto contatti con gli Alleati e i partigiani. Borghese venne incolpato anche di preparare un’azione militare contro il Duce con 50.000 effettivi armati. Evidentemente, la X MAS non era reputata abbastanza fascista, come peraltro testimoniano un’informativa che individuava in Borghese il capo segreto dei partigiani democristiani e voci secondo cui si era incontrato a Lugano con un conte e un lord inglesi e un giornalista americano.41

In quel periodo, Borghese si era comportato in modo assai diverso dagli altri alti ufficiali e gerarchi fascisti, rifuggendo il lusso e pranzando in compagnia dei suoi ufficiali, di ritorno dalle zone in cui prestavano servizio. Al ristorante La Candida di Lonato, vicino a Brescia, avevano discusso abbastanza liberamente della situazione bellica. Mussolini era stato così raggiunto da dicerie secondo cui non facevano il saluto di rito al Duce in apertura delle loro riunioni e ne pronunciavano il nome di rado. Per coloro che cercavano di mettere il comandante della X MAS in cattiva luce, questa era stata un’ulteriore prova della sua slealtà.42

A La Spezia, gli ufficiali Nino Buttazzoni e Rodolfo Ceccacci reagirono all’arresto del loro capo organizzando una marcia contro il carcere di Brescia, con l’intenzione non solo di liberare il prigioniero, ma anche di rovesciare la Repubblica di Salò e Mussolini. Stando a Guido Bonvicini, un veterano della X MAS, i tedeschi avrebbero dato il loro assenso a un eventuale colpo di Stato, ma Borghese fece pervenire un messaggio in cui invitava tutti a rimanere tranquilli e a continuare a lavorare con impegno per il bene del paese, in attesa di nuovi sviluppi.43

A sostenere il principe in quel frangente c’era il fatto che la flottiglia aveva condotto a Napoli il primo raid dietro le linee alleate.

L’atteggiamento autonomo di Borghese era guardato con sospetto anche dai tedeschi, perlomeno da alcuni di loro. Nella seconda metà di ottobre del 1944, il comandante della marina tedesca in Italia riferì che vi erano sempre più numerosi rapporti sull’esistenza di contatti tra gli ufficiali della marina italiana e gli ufficiali che militavano dalla parte opposta. Naturalmente, tali contatti furono oggetto di una sorveglianza speciale.44

L’informativa su Borghese trasmessa dalla GNR a Mussolini conteneva una tale quantità di accuse che il maresciallo Rodolfo Graziani commentò che occorreva ridurre la X MAS al lumicino. Il 20 gennaio, il generale Federico Magrì fu inviato al comando della X MAS a La Spezia e il rapporto che fece a Mussolini al termine della missione fu anch’esso negativo. Pur riconoscendo che il morale degli uomini era alto, dichiarava tuttavia che l’addestramento era inadeguato, che i volontari erano indisciplinati e che le regole della flottiglia erano troppo divergenti da quelle delle forze armate più tradizionali. Queste dichiarazioni colpirono i gerarchi, che non amavano Borghese in quanto era al di fuori del sistema militare regolare. Oltre all’adozione di misure punitive per coloro che andavano fomentando la rivolta, essi proposero a Mussolini di scorporare il reggimento San Marco dalla X MAS e di limitare le attività di quest’ultima a puri compiti di assalto navale. Il rapporto di Magrì è interessante perché fa luce sull’organizzazione e sulle diverse personalità che la componevano. 45

Borghese inviò a Mussolini una lettera in cui chiedeva di essere rilasciato, sulla base del fatto che non era ancora stata depositata alcuna accusa nei suoi confronti e che comunque nessuno dei capi di imputazione era tale da richiedere l’apertura di un’inchiesta formale. A favore della sua liberazione si mossero in molti, da ultimo il comandante Grossi, che passò un giorno e mezzo a discutere del caso con Mussolini. Questi era preoccupato soprattutto della lealtà di Borghese, ma quando, in seguito a un incontro con Graziani, si convinse che non era in atto alcun complotto per un colpo di Stato, ordinò la scarcerazione del detenuto. Il 25 gennaio il principe uscì di prigione e trovò ad attenderlo la moglie Daria, che era venuta a Brescia con Grossi. L’inchiesta sulla X MAS, tuttavia, proseguì.46

Alla fine, il caso si sgonfiò. Ferrini, il sottosegretario alla Marina, fu destituito dal suo incarico. Per punizione, i due battaglioni della X MAS responsabili dell’arresto di Bedeschi e Tortora furono mandati al fronte, anche se di fatto lasciò La Spezia soltanto il Maestrale che, a differenza dell’NP, non aveva compiti di incursione dietro le linee nemiche.

Nel frattempo, proseguivano le operazioni militari. Il Maestrale cambiò nome in Barbarigo e si mise in viaggio verso Anzio su vecchi autobus civili, giungendo a destinazione il 3 marzo. Lì il comandante Umberto Bardelli trovò ad attenderlo una sgradita sorpresa: il collega tedesco della 715a divisione di fanteria, il colonnello Friedrich von Schellerer, stava aspettando singoli «rimpiazzi» da inquadrare nei propri reparti, non un battaglione completo. I tedeschi, infatti, diffidavano del dispiegamento compatto di unità italiane in ragione del loro forte spirito di corpo. Ciononostante, dopo lunghe trattative, Bardelli ottenne che le compagnie del battaglione, sia pure sparpagliate sulla testa di sbarco, restassero unite.

I contrattacchi tedeschi e l’atteggiamento cauto degli Alleati avevano fermato l’avanzata sulla spiaggia. Alle compagnie del Barbarigo, dunque, furono affidate attività di pattugliamento, che però, condotte sotto la pioggia battente e i tremendi bombardamenti nemici, finirono per rivelarsi piuttosto ardue. L’esperienza, comunque, servì a temprare i marò, che in seguito furono addestrati dai tedeschi ai combattimenti anticarro e all’uso del lanciarazzi controcarro Panzerfaust, tutte cose che tornarono loro utili, viste l’approssimazione con cui venivano condotte le esercitazioni a La Spezia e l’alta preparazione delle truppe alleate.

Dopo alcuni attacchi di scarso peso, il 23 maggio 1944, il VI corpo americano lanciò l’offensiva. Gli ci vollero tre giorni per penetrare le difese tedesche e travolgere la testa di sbarco. La già sfinita 715a divisione di fanteria subì ingenti perdite, mentre il Barbarigo fu annientato quasi per intero.47

In seguito alcuni battaglioni di Borghese furono rimandati sulla linea del fronte, com’era loro desiderio. Concluse le operazioni al confine orientale contro i partigiani di Tito, gli uomini della X MAS si ritirarono nel Veneto, dove furono in parte impegnati in azioni di antiguerriglia, una forma di combattimento che non amavano particolarmente. Ciò valeva soprattutto per il battaglione NP, composto da uomini ben addestrati, tra i quali il malcontento sfociò in rivolta. Nel processo che seguì, il battaglione fu dichiarato non colpevole e di lì a poco ricevette l’ordine di andare al fronte a fermare gli Alleati.

Nel febbraio 1945, la X MAS fu riorganizzata in due gruppi di combattimento, entrambi composti da tre battaglioni più alcuni reparti di artiglieria. Il primo era formato dai battaglioni Barbarigo, Lupo ed NP e alla fine di marzo del 1945 fu inviato nella zona di Imola contro gli Alleati. Ad appoggiarlo c’era il battaglione di artiglieria San Giorgio. Il secondo gruppo era invece costituito dal 2° reggimento, battaglioni Valanga, Sagittario e Fulmine. Quest’ultimo battaglione includeva la compagnia dei Volontari di Francia, di cui facevano parte perlopiù figli di immigrati italiani oltralpe.

Con la guerra ormai vicina all’epilogo, i gruppi di combattimento non ebbero molte occasioni di prendere parte a operazioni belliche. Uno dei pochi interventi che fecero fu nel settore della 162a divisione tedesca (Turkestan), dove dovettero chiudere una breccia aperta da reparti di truppe speciali inglesi ai primi di aprile del 1945. Per contrastare le ultime offensive degli Alleati in Italia furono impiegati anche i due battaglioni al fronte, NP e Barbarigo. Durante la ritirata dal Po e dall’Adige, il comandante del Barbarigo aprì gli ordini segreti di Borghese che dava disposizione di tagliare i contatti con i tedeschi e di tentare di raggiungere il confine orientale per proteggerlo dagli iugoslavi. Tuttavia, il giorno 29, il Barbarigo fu circondato da unità corazzate alleate vicino a Padova e si consegnò agli inglesi, i quali concessero l’onore delle armi a una delle ultime unità combattenti della repubblica fascista in dissoluzione.

Gli uomini dell’NP ripiegarono verso Venezia, venendo in contatto con i vecchi camerati del Sud. Preferendo non usare le armi contro gli amici di un tempo, proseguirono per la città lagunare, dove in un primo momento si arresero al CLN locale guidato dall’ammiraglio di divisione Franco Zannoni. Ma lo stare disarmati tra le milizie partigiane non li faceva affatto sentire a loro agio, tanto più che non ne conoscevano le intenzioni. Così, i nuotatori-paracadutisti d’élite imbracciarono di nuovo i fucili e attesero le truppe alleate che si stavano avvicinando, per arrendersi definitivamente a loro.

Le molteplici sfaccettature della guerra nell’Italia settentrionale all’indomani dell’armistizio suscitarono passioni che sono ancora oggi avvertibili. E in mezzo al vortice si trovò la X MAS, con Borghese nei panni di condottiero a guidarla su tutti i fronti: in missioni speciali in mare come da vecchia tradizione, in spietate azioni di controrivolta e in violente battaglie. Non rimane ora che esaminare alcune operazioni in dettaglio, per comprendere come e perché la X MAS di Borghese, con i reparti e i volontari che si riunirono sotto il suo vessillo, abbia lasciato un segno tanto profondo in questo periodo buio della storia.