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Dopo l’appuntamento annullato, forse Sarah avrebbe dovuto lasciar perdere Ethan.

Ma un cuore disperato seduce la mente. Così, a due settimane dalla delusione della sera dei jeans neri e della maglietta color lampone, due settimane fatte di noiose lezioni di scienze e cene davanti al computer, Sarah ci riprovò. Sabato mattina si alzò più presto del solito, alle sei e trentadue, e si vestì come se, invece che al ricovero, dovesse andare a una festa. Indossò una camicetta scollata e una gonna attillata al punto giusto. Passò molto tempo a truccarsi, consultando addirittura qualche sito che dava consigli per usare fard e ombretto. Era a disagio, perché tante volte aveva criticato il trucco pesante di sua madre (la accusava di esagerare per mettersi in mostra), però si giustificava dicendosi che uno come Ethan avrebbe potuto avere tutte le belle ragazze che voleva, perfino più truccate e con camicette anche più scollate. Se voleva conquistarlo doveva cambiare alcune abitudini.

A ogni modo Lorraine dormiva ancora.

Così Sarah scivolò fuori di casa, prese la macchina di sua madre e andò al ricovero, convinta della propria decisione almeno fin quando un paio di barboni le fischiarono dietro esclamando: «Sei uno schianto, signorina!». Lei arrossì e si inventò una storia su qualcosa che doveva fare dopo il lavoro, e d’un tratto si sentì ridicola. Cosa le era saltato in mente? Conciarsi in quel modo non faceva per lei. Per fortuna si era portata un maglione, e se lo infilò all’istante.

E poi entrò Ethan, con due scatoloni sotto le braccia. Colta alla sprovvista, Sarah raddrizzò la schiena e si passò una mano tra i capelli.

«Gin Lemon» disse lui, facendole un cenno con la testa.

Gli piaceva o no il suo look?

«Ciao, Ethan» rispose lei, cercando di sembrare naturale, ma ancora una volta sopraffatta dall’emozione.