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Era deciso: avrebbe visto Ethan la sera di Natale
da Dunkin’ Donuts, perché sapeva che sarebbe stato aperto. L’appuntamento era venuto fuori per caso, anche se Sarah preferiva considerarlo un segno del destino.
Non era riuscita a contattarlo via SMS. Ma uscendo dal negozio di orologi era passata davanti all’ennesimo raduno di gente in attesa della fine del mondo, e siccome qualunque scusa era buona per chiamare Ethan, aveva composto il suo numero d’impulso. Il suono della sua voce le aveva fatto balzare il cuore nel petto. «Non indovinerai mai cosa ho davanti» si era affrettata a dire.
«Chi è?»
«Sarah.»
Pausa. «Ciao, Sarah. Credevo di aver premuto… Questo telefono funziona da schifo.»
«Indovina da dove chiamo.»
«Non lo so.»
«Dal gazebo di quei tizi che aspettano la fine del mondo, a Washington Square Park.»
«Sono fuori.»
«Di brutto! Comunque sono convinti che il mondo finirà la settimana prossima, e io ho qualcosa che voglio darti, quindi meglio farlo subito.»
«Aspetta, cosa dicono sulla fine del mondo?»
«Non lo so, è una cosa indiana, o religiosa… una di quelle robe da scoppiati.»
Aveva letto qualcosa sull’argomento, ma non voleva sembrare troppo intelligente. Essere intelligente non aiutava di certo ad avere successo con i ragazzi, giusto?
«Allora, quando possiamo vederci? Voglio darti questa cosa.»
«Non dovevi disturbarti, Sarah.»
«Che c’è di strano? È Natale, no?»
«Sì, ma…»
C’era stato un silenzio imbarazzato, e Sarah aveva sentito una stretta allo stomaco.
«Non ci vorrà molto.»
«Okay» aveva detto lui.
«Non possiamo metterci molto se il mondo sta per finire, no?»
«Be’, si capisce.» E invece sembrava non capisse affatto.
Si misero d’accordo per incontrarsi la sera di Natale da Dunkin’ Donuts (lui doveva comunque andare a una festa lì vicino), lei chiuse la comunicazione e fu felice di avere qualcosa in programma. Provò a ignorare il tono distratto di Ethan, convincendosi che il telefono non era un buon barometro degli stati d’animo. E poi comunque l’orologio gli sarebbe piaciuto un sacco. Nessun altro gli avrebbe fatto un regalo così speciale.
Ripensò a lui che la baciava. Lui la voleva. Qualcuno la voleva. Si ripromise che questa volta sarebbe stata più rilassata, gli avrebbe lasciato fare di più. Anche quello gli sarebbe piaciuto. E a lei piaceva pensare come farlo felice.
Diede un’occhiata alla folla riunita in piazza: qualcuno reggeva cartelli che parlavano del giorno del giudizio, altri indossavano abiti dal significato religioso. Un set di casse poggiate su un tavolo diffondeva una canzone:
Perché il sole brilla ancora?
Perché il mare si muove verso la riva?
Non sanno che è la fine del mondo
perché tu non mi ami più?
Le sembrò deprimente. E anche un po’ cinica, viste le circostanze. Eppure la voce triste della cantante la catturava, e Sarah restò ad ascoltare:
Perché gli uccelli cantano ancora?
Perché le stelle illuminano il cielo?
Non sanno che è la fine del mondo?
Prese un opuscolo dal tavolo. Sulla copertina c’era scritto: «La fine si avvicina. Cosa farai nel tempo che ti rimane?».
Be’, era solo mercoledì. Lei avrebbe perso un po’ di peso.