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Buttai lo zaino e una confezione da sei di acqua frizzante sul sedile del passeggero. Anche se con tutte le telecamere di sorveglianza appese agli alberi e ai semafori non potevo certo andare a tavoletta, diciamo che arrivai a sfiorare il limite di velocità.

Dov’ero diretto? L’unica meta che avevo in mente era «altrove». Lontano dall’assurdità della mia famiglia e di quella città. In fondo speravo anche di fuggire da me stesso e dalla paura ossessiva che mi attanagliava.

Nel giro di poco arrivai all’Interstate 80, l’autostrada che collega la California al New Jersey. Non sapevo se andare verso est o verso ovest. Poi pensai: Ehi, ricordi l’istruttrice di sci che avevano i ragazzi due anni fa, quando eravamo in vacanza a Vail? Io ed Amy eravamo diventati molto amici... troppo, secondo Megan, anche se, per la cronaca, non era assolutamente vero. Avrei potuto chiamarla. Si sarebbe sicuramente ricordata di me. Poi rinsavii e mi resi conto che no, non si sarebbe affatto ricordata di me.

Ovviamente Bette e Bud erano fuori discussione, e fu così che, con la penosa consapevolezza di non avere amici intimi a ovest del Mississippi, imboccai la I-80 in direzione est. Se non altro avevo un vecchio compagno di università che abitava in un sobborgo di Chicago, e in più ero abbastanza sicuro che un mio cugino che faceva il nefrologo vivesse a Saint Louis.

Fui sorpreso di trovare l’autostrada così trafficata, considerato che erano appena passate le cinque del mattino. Le mie ipotesi: camion che portavano maiali e mucche al macello; autocisterne piene di olio di mais, la specialità del Nebraska; giovani impiegati rampanti diretti ai loro cubicoli a The Store.

Più mi allontanavo, più mi sentivo bene. E più mi sentivo bene, più ero certo che il mio libro, 2020, fosse destinato al successo. Il tempismo è davvero perfetto, pensai battendo i pugni sul volante mentre arrivavo alla periferia di Lincoln.

Prima delle sette stavo per attraversare il confine con l’Iowa. Fu allora che ebbi quella che si potrebbe modestamente definire un’idea geniale: avrei chiamato Anne Gutman, la mia editor alla Writers Place. Certo, me l’aveva messo in quel posto rifiutando il libro sulla musica che avevo scritto con Megan, ma sapevo che Anne aveva fiducia in me, e sapevo pure che avrebbe capito il potenziale del mio manoscritto.

Proprio così. 2020. L’espressione «destinato al successo» continuava a ronzarmi in testa. «Destinato al successo», come 1984. George Orwell immaginava che sarebbero trascorsi altri trentasei anni prima che l’incubo culturale da lui denunciato diventasse realtà.

2020, invece, avrebbe raccontato la realtà presente.

The Store - Edizione Italiana
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