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Seduta su un bracciolo del sofà, con una sigaretta che lentamente le si consumava tra le dita, Tracey stava raccontando a Logan quanto era accaduto.
Cominciando dal momento in cui Colin McLeod il Viscido era entrato nell'appartamento e aveva cominciato a prendere Harry Jordan a martellate in testa.
«Mentre lo picchiava con quel martello Colin continuava a gridare e a bestemmiare, sai? Qualcuno gli aveva detto quello che Harry aveva fatto a Kylie e questo lo aveva mandato in bestia. E Harry piangeva e gridava
"non picchiarmi, non picchiarmi! "». Fu presa da un brivido, aspirò dalla sigaretta e ricominciò a mordicchiarsi le dita. «E Colin continua a picchiarlo, e c'è sangue dappertutto...».
Logan si accovacciò vicino al corpo esanime di Harry. «Vuoi farmi credere che Colin McLeod ha ucciso Harry Jordan solo perché Harry ha riempito di sberle la sua puttanella preferita?».
Tracey lo guardò storto, attraverso una nuvola di fumo. «Le cose non stanno così, sono più complicate!
Colin ama Kylie, se ne è persino fatto tatuare il nome su un braccio. Le ha voluto bene sin da quando lei andava a scuola...».
«E sei certa di aver visto Colin che prendeva a martellate Harry?». Tracey si morse il labbro inferiore e annuì. «S-sì. E lo hanno visto anche Emma e Laura. Sembrava... sembrava impazzito, tanto era fuori di sé».
«E dove sono adesso Emma e Laura?».
Tracey non alzò gli occhi dalla moquette. «Se la son data a gambe. Temevano che Colin sarebbe tornato.
Hanno detto vaffanculo a tutto questo e sono scappate a Edimburgo».
«E Kylie?»
«Kylie non ha visto niente», rispose Tracey, indicando con un cenno del capo la camera da letto dall'altra parte del corridoio. «Da quando Harry l'ha picchiata, Kylie non è uscita da quella stanza». Logan si chinò e diede un'altra occhiata alla testa maciullata di Harry.
Meglio farlo subito, si disse. Appena arrivato, il dottore oppure il patologo avrebbe ufficialmente dichiarato che Harry era morto; ma essendo Logan il primo tutore dell'ordine sulla scena del crimine, doveva accertarsi delle condizioni della vittima. La pelle del viso cominciava a diventare appiccicosa, col sangue che si coagulava. Nonostante fosse sicuro della sua morte, Logan doveva attenersi alla procedura regolamentare; si infilò un paio di guanti di lattice e lo toccò, cercando un battito.
Sotto i suoi polpastrelli Logan sentì qualcosa, come il tenue battito di un'ala di farfalla.
Harry Jordan era ancora vivo.
Alfa Uno Nove fu la prima ad arrivare, seguìta a ruota da un'ambulanza. Logan assegnò agli agenti in divisa il compito di cominciare a chiedere informazioni porta a porta, mentre i paramedici legavano il corpo martoriato di Harry Jordan su una barella.
Quando arrivò Finnie, lo stavano mettendo nell'ambulanza, con le luci blu e bianche che scintillavano nella pioggia. E quando partirono, a sirene azionate, il commissario capo li salutò con un gesto della mano.
Dopodiché si diresse lungo il vialetto di accesso alla palazzina, fino a dove Logan sostava al riparo, sotto un archetto antistante l'ingresso. Tutti gli appartamenti della palazzina e del vicinato avevano le luci accese, con tante facce alle finestre che osservavano la tragedia che aveva avuto luogo sulle porte delle loro case. E
tra non molto sarebbero apparsi anche i primi omaggi floreali; la classica dimostrazione di pubblico dolore.
Finnie posò una mano sulla spalla di Logan e lo graziò di un ampio sorriso. «Credi che ce la farà?»
«Ne dubito; ha subìto un forte trauma al cervello».
«Francamente parlando mi farebbe più comodo incastrare Colin McLeod per omicidio; ma se Harry non tira le cuoia dovremo accontentarci di accusarlo di tentato omicidio. Bene», disse battendo insieme le mani;
«vediamo se diventi il primo della classe o se dovrai andarti a sedere nell'angolino degli asinelli. Ricerche porta a porta?»
«In corso; tre squadre da due busseranno a ogni appartamento della strada».
«Testimoni?»
«Uno: una prostituta che lavorava per Harry Jordan. Ce n'erano altre due, ma sono fuggite a Edimburgo. Ho chiesto alla polizia di Lothian e Borders di tenere gli occhi aperti su quelle due». Finnie annuì. «Ricerca di Colin McLeod?»
«In corso; finora niente».
«Mandati?»
«Ho già chiamato il procuratore; se ne sta occupando lei, insieme al giudice McNab. Abbiamo il mandato di cattura per Colin McLeod, e il mandato di perquisizione per la sua casa, la sua auto e per quel che resta del Turf'n Track».
Il sorriso di Finnie divenne leggermente meno intenso. «E per le case di sua madre e di suo fratello?»
«Il procuratore dice che il giudice McNab non autorizzerà i mandati di perquisizione per queste due case senza una giusta causa; e che siamo stati fortunati ad aver ottenuto quello che abbiamo senza aver dovuto esibire prove».
Per un buon minuto Finnie soppesò quanto Logan gli aveva riferito. «In tal caso ti darò un 7. Ma adesso credo sia giunto il momento di andare a far visita a un uomo che va in giro con un martello in tasca, non credi?».
La macchina del CID si fermò all'orlo del marciapiede, con i fari che illuminavano la pioggia cadente, facendola sembrare tanti chiodi che cercavano di infilarsi nell'asfalto della strada. Il sergente Pirie spense il motore e gli occupanti dell'auto si trovarono al buio, ascoltando la pioggia che veniva giù a catinelle.
Un tenue filo di luce filtrava dalle tendine delle finestre del numero civico quattordici; la casa di Colin McLeod.
Tre auto più giù, una Vauxhall lampeggiò.
«Ok»; Finnie controllò l'orologio e prese la radiolina, schiacciando il pulsante TRANSMIT. «Ascoltate bene, tutti voi. Le squadre dovranno intervenire al mio segnale, simultaneamente, su entrambi i lati della casa.
Questa è la miglior occasione che abbiamo mai avuto di mettere Colin McLeod al fresco, quindi cerchiamo di comportarci come dei professionisti e di non fare cazzate, ok? Bene... avete tre minuti per mettervi nelle posizioni assegnate». Poi si appoggiò allo schienale, aspettando.
«Signore», chiese Logan chinandosi in avanti dal sedile posteriore. «Non crede che avremmo fatto meglio a portarci dietro una squadra armata?»
«Ho già abbastanza idioti di cui occuparmi; non voglio dover pensare anche...».
«Ma ieri il commissario McPherson ha trovato quell'enorme deposito di armi; potremmo finire nel bel mezzo di una guerra armata per il controllo del narcotraffico».
Il sergente Pirie disse la sua. «Logan ha ragione, capo. Colin il Viscido potrebbe essere armato con Dio solo sa cosa».
«Colin McLeod è un essere malvagio e violento, che non esita a far uso di martelli, cacciaviti, pinze e magari anche una saldatrice. Ma se voi due avete paura, statevene pure nell'autopattuglia e appena possibile vi farò portare un bicchiere di latte caldo e qualche biscotto. Vi piacerebbe?»
«No, signore».
Uscirono dall'auto, nella pioggia. Pirie andò al bagagliaio della vettura e prese un miniariete, rosso vivo. Si affrettarono verso la porta di casa, poi Finnie diede il segnale.
«Pirie, vai».
Pirie gridò: «POLIZIA!», e lanciò l'ariete contro la serratura della porta. BOOM. Non successe niente, e quindi ci riprovò ancora una volta, e poi ancora, e ancora, ma invano. «Porta antieffrazione, in PVC, brutti stronzi...»; ancora un colpo. Altri tre, e finalmente la serratura cominciò a cedere, ma il sergente ansimava per lo sforzo, con il sudore che si mischiava alla pioggia. «Dai, apriti brutta stronza d'una porta!».
BANG! La porta cedette spalancandosi con uno schianto e lasciando il meccanismo di chiusura intatto. Si udì subito la stridente sirena di un antifurto, e la luce blu sulla scatola affissa sopra la porta cominciò a lampeggiare.
Entrarono subito, Finnie in testa, poi Logan e poi Pirie, ansimante. La Squadra Due entrò dalla porta della cucina, sul retro: «Nessuno da questa parte».
Finnie si fermò nell'ingresso e urlò, sovrastando il frastuono della sirena antifurto: «Colin McLeod, ho un mandato di perquisizione per questa casa; vieni fuori e con le mani in alto!».
Logan diede un'occhiata al soggiorno: poltrone e divani in pelle e dall'aspetto costoso, un'enorme televisore al plasma attaccato al muro; stampe di jack Vettriano incorniciate alle pareti, un tavoli-netto da caffè in quercia, scolpito a mano...
Pirie si affacciò sulla soglia. «Wow!», esclamò. «E c'è ancora chi dice che il crimine non paga!». Si avvicinò a un mobile a parete e ne aprì gli sportelli, rivelando un bar ben fornito, pieno di bicchieri, alcolici e vini.
«Credi sia il caso di prendere in custodia preventiva un paio di queste bottiglie di malto?».
Finnie era ancora nell'ingresso: «Qualcuno spenga quella fottutissima sirena!», gridò.
Pirie chiuse la porta del soggiorno, eliminando gran parte del frastuono. «Secondo te, McLeod è ancora qui?»
«Non credo. A meno che non metta l'allarme prima di andare a letto».
«Il capo non ne sarà per niente lieto».
«Che paura, ferma le rotative, blocca la prima pagina!». Logan s'infilò un paio di guanti e cominciò a rovistare tra le cose di Colin McLeod. «Forse sarebbe il caso di chiamare quelli della Scientifica e fargli esaminare la lavastoviglie. Se io dovessi ripulire un martello sporco di sangue, comincerei da lì».
«Guarda che Finnie non è poi così male», commentò Pirie, sistemandosi sul bracciolo di un divano e osservando Logan che continuava la sua ricerca. «Anzi, quando lo conosci bene, è una persona abbastanza piacevole».
«Non mi dire! Allora, come spieghi il fatto che alla Centrale tutti lo odiano?»; la parte inferiore del bar era piena di scatole di scarpe. Logan ne tirò fuori una e l'aprì; era piena di vecchie fotografie.
«Ti ricordi quando ti dissi che non gli piacevi? Veramente...» , si strinse nelle spalle , «ti stavo solo stuzzicando. In effetti il capo ha un'alta opinione di te».
Logan guardò alcune delle fotografie. Un bambino, piccolo e brutto, insieme a un uomo, alto e brutto.
L'uomo aveva le basette lunghe e indossava uno spesso maglione, su un paio di pantaloncini corti; il bambino era in costume da bagno. Davanti a una piscina all'aperto, a Stonehaven. Sul retro della foto, in una calligrafia perfetta c'era scritto a biro «TONY E COLIN , ESTATE 1975».
«Se quanto dici è vero, allora Finnie ha un modo molto strano di dimostrare ciò che crede...»; la scatola era piena di foto della famiglia McLeod. Compleanni, Natali, vacanze, eventi sportivi della scuola... con i colori lentamente sbiaditi in un grigio-arancione.
«Dai, Logan, perché credi che Finnie ti porti con sé in ogni intervento? Perché è convinto che se continuerà a tenerti sotto la sua protezione, andrai avanti. Tu faresti davvero una buona carriera, se solo non continuassi a commettere cazzate».
«Grazie, grazie infinite». La scatola successiva era piena di foto di matrimonio: Simon McLeod, nel giorno delle nozze con una bella ragazza dai capelli rossi, scomparsa tre anni dopo il matrimonio. Le fotografie del ricevimento erano spettacolari: rappresentavano il fior fiore della malavita di Aberdeen, tutti con l'abito della festa, quello che tenevano per sposalizi, funerali e per presentarsi in tribunale.
Logan rimise a posto le foto e si avvicinò a una segreteria telefonica. «Se per te è lo stesso credo di poter fare a meno della protezione di Finnie, grazie infinite».
«Ascolta: quando Finnie va su tutte le furie, cerca di fare il finto tonto. Questo è proprio quello che farei io se...».
Fu interrotto proprio dal commissario capo Finnie che entrò adiratissimo nel soggiorno e guardò il bar, che Logan aveva lasciato aperto. Nell'ingresso alle sue spalle la sirena continuava a ululare, e Finnie dovette alzare la voce per farsi sentire. «McLeod non è in casa. E quindi, se voi signorine avete finito con il vostro piccolo cocktail party, potreste ricominciare a fare il vostro lavoro e aiutarmi a cercare quel fottutissimo martello?». Fece una pausa, osservando Logan che stava esaminando la segreteria telefonica. «Sempre che per te non sia troppo fastidioso, sergente».
Secondo il display della macchina, Colin aveva tre messaggi registrati. Logan schiacciò il pulsante PLAY; ma dovette alzare il volume al massimo, per poterli ascoltare.
«PRIMO MESSAGGIO: KSSSSSSSH... COLIN, SONO DUNK, OK? HO BISOGNO CHE TU MI CHIAMI, OK? PERÒ
CHIAMAMI PRIMA DELLE SEI, IO E SHAZ USCIAMO». Beeeep.
Finnie sbatté la porta, quasi eliminando il suono della sirena. «Oh, spiacente, sergente, non mi ero reso conto che eri duro d'orecchio... ho detto TROVAMI, QUEL - MARTELLO!».
«SECONDO MESSAGGIO: PEZZO DI MERDA!». una voce d'uomo, quasi biascicante. «TI AMMAllERÒ... MI SENTI? EHI, COLIN, MI SENTI? NESSUNO LA FA FRANCA CON HARRY JORDAN! NESSUNO, CAPITO?». Beeeep.
«TERZO MESSAGGIO: COLIN, SONO MAMMA. ALLORA STASERA VIENI A CENA DA ME, OK? I DOTTORI HANNO DETTO CHE DOMANI SIMON TORNERÀ A CASA, E FAREMO UNA FESTA PER TIRARGLI UN PO' SU IL
MORALE. NE PARLEREMO QUANDO SARAI QUI, OK? CIAO!».
Beeeep.
«FINE DEI MESSAGGI».
«Ecco qua», rispose Logan quando la segreteria telefonica tacque. «Abbiamo ascoltato una telefonata minacciosa che Harry Jordan ha fatto prima dell'aggressione; e, grazie alla mamma di Colin, adesso sappiamo anche dov'è».
Finnie lo guardò a lungo, accigliato; poi alzando l'indice di una mano, disse: «E uno!». E, dopo un brusco dietrofront, uscì dal soggiorno.