38

L'alba della domenica sorse e fu completamente ignorata. Logan e Samantha vennero a galla verso le dieci e mezza, piacevolmente sfiniti dopo una notte di sesso.

Mentre lei faceva la doccia Logan attaccò il bollitore.

Per colazione croissant, formaggio cremoso, salmone affumicato (di Marks & Spencer), caffè macinato fresco (comprato in un negozietto di Little Belmont Street) e un vasetto polveroso di confettura di ciliegie (scovato in fondo a una credenza della cucina). Logan apparecchiò sul tavolinetto da caffè del soggiorno, poi tolse il lenzuolo che copriva il divano e lo usò per coprire la scaletta nell'angolo.

Samantha uscì dal bagno indossando calzini a strisce fino al ginocchio e una T-shirt nera su cui era raffigurato un orsacchiotto morto, e asciugandosi i capelli rosso vivo con un asciugamano. «Però... pensavo che tu fossi più un tipo da uova e bacon fritto».

«Il mio corpo è un tempio», disse Logan, versando il caffè. «Puoi dirlo», rispose lei, sedendosi a gambe incrociate sul sofà. Non era un brutto modo di passare una tranquilla mattinata: degustare una buona colazione, bere caffè, e leggere i giornali della domenica. Osservare un quadrato di luce che lentamente si muoveva da sinistra a destra sul pavimento e tra i barattoli di pittura. Di tanto in tanto una sbaciucchiata.

E poi il telefono cominciò a squillare.

Logan rimase dov'era, con le labbra appiccicate a quelle di Samantha e con una mano sotto la T-shirt. La segreteria telefonica s'inserì e il telefono smise di squillare. Solo per ricominciare pochi secondi dopo.

Logan imprecò. «Sarà senz'altro...».

Samantha lo tirò a sé. «Lascia perdere».

La segreteria telefonica tornò a inserirsi e il telefono smise di squillare, e poi ricominciò. Samantha sospirò.

«Dai, rispondi». «Miseria ladra!», imprecò Logan sollevando la cornetta. «Chi è?» «Perché non rispondi mai la prima volta?»; era Big Gary. «E tu sei per caso allergico alle segreterie telefoniche?» «Ho la polizia polacca in linea per te».

«Non sono in servizio».

«E io non mi scopo Keira Knightley, ma hai mai sentito lamentarmi?»

«Gary, è la mia domenica libera, e sto...».

«Parli pure, Varsavia», lo interruppe Big Gary.

Sentì una nuova voce, una voce di donna. Sembrava che stesse parlando in un barattolo collegato a un altro barattolo con dello spago. «Pronto? Pronto?».

Logan cercò di fare del suo meglio per non sembrare infastidito come veramente si sentiva. «Sono il sergente Logan McRae. In cosa posso aiutarla?»

«Ieri lei ha chiamato la Centrale di Polizia di Varsavia, vero?». L'accento aveva appena una sfumatura dell'Europa dell'Est, ma l'inglese era perfetto.

«Sì, infatti. Parlo con il sergente maggiore Cyrek Lukaszewski?» «Lukaszewski ha cinquantasei anni ed è un uomo».

E quindi questa non era di certo Lukaszewski.

«Mi chiamo Wiktorja Jaroszewicz». La donna glielo scompose eufonicamente. «Yahr-Oh-SHAY-veetch. E

prima che lei me lo chieda no, non siamo parenti».

Logan non aveva la più pallida idea di chi questa donna non fosse parente. Ma si affidò alla vecchia regola: in caso di dubbio, cambia discorso. «Siete riusciti a scoprire qualcosa sulla Kostchey International Holdings Limited?»

«Sergente, lei ci aveva chiesto qualcosa a proposito di vittime di accecamenti... uomini ai quali sono stati cavati gli occhi e bruciate le orbite? Abbiamo avuto casi del genere anche qui».

Improvvisamente Logan divenne molto più attento. «Davvero?» «Vuole venire a Varsavia a parlare con queste vittime?».

293

Il primo dirigente Bain era seduto alla sua scrivania, ascoltando attentamente Logan McRae che gli riferiva quanto l'agente scelto Wiktorja Jaroszewicz gli aveva detto al telefono. Finnie e Pirie erano seduti sulle sedie dei visitatori, tutti richiamati in Centrale nonostante fosse domenica e tutti vestiti casual, anziché con i soliti scadenti vestiti da lavoro.

«Ricapitoliamo, McRae», disse Bain, con il .sole della domenica pomeriggio che gli faceva brillare la testa calva, «mi stai dicendo che abbiamo lo stesso modus operandi? Occhi cavati e orbite bruciate?».

Logan controllò i suoi appunti. «L'ultimo caso risale al 2004. Secondo l'agente Jaroszewicz questo tipo di aggressione cominciò nel 1974, ma avrebbero potuto esserci dei casi ancora prima. La Jaroszewicz dice che quando al potere c'erano i comunisti, la polizia era più intenta a scovare elementi sovversivi che a risolvere reati comuni. E quando la Polonia conquistò la sua indipendenza sparì anche gran parte dell'archivio della polizia».

«Per coprirsi le spalle nel caso di probabili ripercussioni», commentò Finnie.

«Capisco...». Il primo dirigente Bain unì la punta delle dita, e se le portò alle labbra, poi si rivolse a Finnie.

«Mi dica, commissario capo Finnie, come mai finora nessuno si è preso la briga di contattare la polizia polacca?»

«McPherson avrebbe dovuto farlo già da diverse settimane; Pirie continuava a sollecitarlo, due, tre volte al giorno».

Pirie annuì. «Continuava a trovare delle scuse, diceva che...». «D'altronde, che Ricky Gilchrist sia sotto chiave conta poco; Gilchrist non avrebbe potuto accecare nessuno nel 1974, non era ancora nato. No, qui ci troviamo di fronte a qualcosa d'altro». «Che sia forse qualcosa tramandato in famiglia?», chiese Pirie, guardandosi intorno per cercare approvazione. «Suo padre lavorava nella pesca, chissà mai in quali mari sarà andato a pescare?» «Oppure», disse Logan, «Ricky ha preso le aggressioni polacche come modello da ricalcare».

«Cosa dice il nostro psicologo?»

«Non sfamo riusciti a rintracciarlo, signore. A quanto pare la domenica il dottor Goulding gioca a cricket, e per lui questo è più importante», rispose Finnie, imbronciato.

«Capisco...». Il direttore del CID rimase in silenzio per un po'. «Comunque sia, Ricky Gilchrist ha confessato, vero? E mi dite che sta anche cooperando?»

«Nel miglior modo possibile, signore. Ha persino rifiutato l'assistenza di un avvocato. A quanto pare, si sente fiero di queste sue imprese».

«Comunque sia, voglio che qualcuno vada in Polonia e parli con queste vittime. Per vedere se riusciamo a stabilire un nesso tra loro e Gilchrist. O anche per escluderlo totalmente. L'ultima cosa che vogliamo è qualche viscido penalista della difesa che all'ultimo minuto confonda le acque in tribunale».

Finnie fece per alzarsi. «Domattina prenderò il primo volo per Varsavia e...».

«No, Finnie, lei mi sarà più utile qui, indagando su quella roulotte piena di armi da fuoco. Ora che il caso Edipo è, per così dire, chiuso, quella è diventata la nostra priorità assoluta. Non so di cosa si tratti, ma sento che c'è in ballo qualcosa; e voglio metterci la parola fine, prima che ci troviamo a indagare su sparatorie tra bande rivali su e giù per Union Street».

«Ma...».

«Commissario capo Finnie, ho bisogno di lei qui. Mandi qualcuno di cui si fida».

Pirie si chinò in avanti. «Ci andrò io. Posso...».

«No», lo interruppe Finnie. «Tu devi trovarmi quegli spacciatori a Bucksburn... o te ne sei dimenticato?»; incrociò le braccia e con un gesto del capo indicò Logan. «McRae ha preso Ricky Gilchrist, ed è stato lui a trovare questa traccia polacca. Sarà lui ad andare in Polonia».

«Varsavia?», ripeté Samantha dalla soglia della camera da letto, guardandolo mentre faceva la valigia. «Il punto più lontano dove sono stata mandata io era Thurso(Centro della Gran Bretagna, all'estremità settentrionale della Scozia )... e non è che fosse poi così divertente! ».

«Starò via solo un paio di giorni».

Rovistò in tutti i cassetti: dove diavolo erano finiti tutti i suoi calzini puliti?

Samantha si sedette sull'orlo del letto. «Era successo che un agricoltore un giorno era entrato nell'ufficio postale del paese con un fucile da caccia e aveva sparato in testa a un vecchietto che era li. Poi sparò al cassiere. Dopodiché ricaricò la doppietta e se ne mise le canne in bocca. Sangue e cervella su tutto il soffitto».

Logan provò a guardare nell'armadio. «E adesso la Polonia fa parte dell'Unione Europea, quindi non avrò neanche il vantaggio del duty free».

«Due vecchiette e una ragazza madre col suo bambino erano vicinissime, e videro lo svolgersi dell'intera tragedia. Ne uscirono ricoperte da quello schifo».

«Hai visto per caso un mucchio di calzini da qualche parte?»

«A quanto pare l'unica cosa che l'agricoltore disse, prima di mettersi la doppietta in bocca fu: "Ve lo avevo detto che non c'era niente da ridere! " ; e poi BANG!».

Possibile che tre dozzine di calzini sparissero così?

«Ci volle un sacco di tempo per ripulire il locale».

Logan li trovò nascosti sotto il letto, al riparo dalla polvere e dalla pittura. Ne mise quattro paia nella valigia, insieme a vestiti sufficienti fino al ritorno. «Scusami...», disse andando oltre Samantha verso il bagno, dove cominciò a preparare la borsa dei suoi articoli da toilette.

«Allora», disse lei osservandolo mentre cercava il tubo di dentifricio, «sono quasi le sei e mezza. Cosa facciamo per cena?» «Non so... un take-away?»

«Potremmo fare un giro dei club... divertirci, sai?».

Il beauty-case finì nella valigia. «Non posso permettermi di far tardi; domattina ho un briefing alla sette».

«Oh...».

«Mi dispiace». Tirò la cerniera della valigia e la tolse dal letto. Poi cominciò a cercare il passaporto.

Samantha giocherellò con l'orlo del telo antipolvere di fortuna che copriva l'armadio. «Hanno ricominciato a parlare della chiusura del laboratorio. A quanto pare sposteranno il tutto in quella nuova sede che stanno costruendo a Dundee».

Logan interruppe il suo rovistare. «Chi è l'idiota al quale è venuta questa idea? Come credono che potremo lavorare, senza laboratorio?»

«Qui resterebbero un paio di tecnici, per i primi interventi sulla scena del reato; ma non saremmo altro che delle scimmie passacarta. Prendilo, impacchettalo e spediscilo a Dundee».

«E tu?»

«Chissà? Non hanno ancora parlato di esuberi...».

Logan interruppe la sua ricerca e l'abbracciò, dandole un bacio.

Più tardi, dalla finestra aperta della camera da letto, si udiva il suono di canti di ubriachi nella strada sottostante. Logan era sdraiato con il piumone ammucchiato intorno alle ginocchia. Samantha gli era sdraiata vicino, su un fianco, con la testa sul petto; con un dito stava seguendo le linee delle cicatrici che Logan aveva sulla pancia.

Si chinò in avanti e gliene baciò una. Logan guardò il soffitto, accigliato. «Samantha?»

«Mmm...». Un altro bacio.

«Perché hai... cioè, com'è che sei così affascinata... dalle mie cicatrici? È una cosa che mi dà i brividi».

Samantha s'irrigidì. «Cosa?»

«Richiamano qualcosa di macabro?».

Si mise a sedere di scatto. Niente più baci. «Non riesco a credere che tu abbia potuto dire una cosa del genere».

Logan la guardò; la luce della finestra sembrava incorniciare la silhouette di Samantha, dando una sfumatura dorata ai suoi capelli rossi e facendole sembrare la testa in fiamme. «Ma dimmi... è così?»

«Cioè... che io... che io non sono normale. Che sono stramba. È questo che intendi, vero?»

«Samantha, non ho detto niente del genere».

«Ma lo pensi, vero?».

Logan afferrò l'orlo del piumone e lo tirò su, coprendosi fino ai capezzoli. «Ogni volta che siamo nudi, tu giochi con le mie cicatrici. E la cosa comincia a preoccuparmi, ok?»

«Sei proprio una merda, McRae». Si passò una mano sul viso e scese dal letto. «Non riesco a crederci».

Logan accese la luce del comodino; Samantha si stava infilando le mutandine. «Devo andare».

«Dai, Samantha, non fare così. Io...».

«Dov'è il mio reggiseno?»

«Oh, in nome del cielo! Mi dispiace, ok?»

«Come ho potuto pensare che tu fossi diverso dagli altri?». Prese la sua T-shirt dal pavimento e se la infilò.

Poi raccolse i pantaloni di pelle e gli stivali, si girò e uscì dalla camera da letto, sbattendosi la porta alle spalle.

Logan si lasciò cadere sul letto, si coprì il viso con le mani ed emise un lungo lamento: «AAAAAAAAAHH!».

Possibile che non riuscisse a mettersi con qualcuna che fosse carina, piacevole e allo stesso tempo normale? No, si metteva sempre con quelle che finivano con il farlo star male.

La porta della camera si riaprì; Samantha era tornata.

«Vuoi sapere il perché? Vuoi veramente saperlo?»; lasciò cadere per terra i pantaloni di pelle e si avvicinò al letto. Prese una mano di Logan e la sbatté su quel tatuaggio tribale che le partiva dall'interno della coscia sinistra e andava in su, su fino allo stomaco. «Ecco, lì... senti? Sì, proprio lì».

«Cosa? Non sento niente, e...».

«No, non lì, idiota. Qui, ecco».

Tutta una serie di cicatrici, dai dieci ai quindici centimetri di lunghezza. Alcune curve, altre dritte, altre a zig-zag. Tessuto di cicatrici, nascosto sotto l'inchiostro nero del tatuaggio; ecco cos'erano quelle che Logan aveva creduto smagliature. Poi Samantha gli tirò via la mano e s'infilò i pantaloni. «Ecco perché».

E se ne andò, sbattendo nuovamente la porta. Ma questa volta non ritornò.

Il collezionista di occhi
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