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Centrale Operativa della Grampian Polite, lunedì

Il commissario Steel lo stava aspettando davanti all'ufficio del commissario capo Finnie, appoggiata alla parete, a braccia conserte e con le mani sotto le ascelle. Quando Logan uscì, chiudendosi la porta alle spalle, arcuò un sopracciglio e gli chiese: «E allora? Ti ha strapazzato?»

«Dipende...», rispose Logan. «Speriamo che la Buckie Ballad si presenti dove saremo ad aspettarla». Fece una smorfia e si avviò lungo il corridoio. «Non sappiamo ancora che fine abbia fatto Grigor, lo scagnozzo di Kravchenko; stiamo sorvegliando aeroporti, stazioni ferroviarie, autolinee, traghetti, ma nessuna traccia. In questo momento Finnie e Bain se le stanno suonando di santa ragione per stabilire a chi attribuire la colpa della corruzione di Pirie. E alle due devo presentarmi agli Standard di Comportamento Professionale...

quindi molto probabilmente finirà con l'essere colpa mia».

«Dai, adesso non esagerare con questa tua autocommiserazione!», gli diede una pacca sulle spalle, poi lo prese sottobraccio. «Se farai il bravo con lei, la zia Roberta metterà una buona parola per te». «Che porterà a degli splendidi risultati... come quando c'era un posto di commissario!».

«Non ricominciare con quella solfa», la Steel spinse la porta e iniziarono a scendere le scale. «E comunque sia, sei in debito con me per aver fatto soffrire Susan con la faccenda di quel pedofilo. Mi porta ancora il muso, poverina».

La Steel si fermò su un pianerottolo, si rovistò nelle tasche e ne tirò fuori un piccolo contenitore di plastica.

Logan non riuscì a trattenere un lamento. «Come se le cose non andassero già abbastanza male!».

«Dai, Laz! È il minimo che tu possa fare. Invita la tua supertatuata bambola dark e insie...».

«Commissario?», il commissario Beattie veniva su dal terzo piano, con una tazza di tè in una mano e un biscotto al cioccolato nell'altra. «Sì?», rispose la Steel, senza neanche voltarsi.

«Credo di aver scoperto chi ha rubato i soldi dalla sua scatola delle multe!».

«Ah sì? Sentiamo un po', allora, in quale culo dovrò infilare la punta della mia scarpa?».

Con fare circospetto Beattie diede un'occhiata a sinistra e a destra. «È stato il sergente Pirie», disse.

Per un attimo la Steel lo guardò a bocca aperta, stupefatta, poi si diede uno schiaffetto sulle guance, lasciando lì le mani per aumentare l'effetto melodrammatico del gesto. «Oh mio Dio, com'è che non ci ho pensato io?»

«Su, commissario, non se ne crucci così tanto... è solo che spesso io vedo cose che altri...».

«Imbecille!», la Steel gli passò davanti senza neanche guardarlo e continuò a scendere le scale. «Da quando si è sparsa la voce che Pirie accettava bustarelle gli si sta dando la colpa di tutto. Sono spariti i miei soldi?

Colpa di Pirie. Il latte è andato a male? Colpa di Pirie. Un imbecille barbuto è stato promosso commissario?

Colpa di Pirie».

«Ma io...».

«Tu valevi poco come sergente e da commissario vali ancora meno!». Con queste parole la Steel girò l'angolo e sparì giù per un'altra rampa, con la voce che echeggiava per la tromba delle scale. «Lazarus, diamoci da fare perché qui s'invecchia. Dai, muovi le chiappe!».

Logan si affrettò a correrle dietro e passando davanti all'esterrefatto commissario Beattie si strinse nelle spalle.

La raggiunse nel corridoio davanti al suo ufficio. La Steel si fermò con una mano sulla maniglia della porta e si voltò verso Logan, con un sorriso furbo sul volto. «Credo che questo sarà il mio nuovo passatempo», disse. «Stuzzicare Beattie fino a farlo piangere».

Il commissario aveva le spalle alla porta, girò la maniglia e la porta si aprì. Ed è per questo che non riuscì a vedere l'agente Rennie seduto alla scrivania, che saltò subito in piedi. Quando la Steel si girò ed entrò nel suo ufficio, Rennie era alla finestra, facendo finta di osservare qualcosa fuori in strada.

«Cosa ci fai tu qui?».

Rennie cominciò a spiegare. «Ah... non l'avevo vista, commissario... Stavo... stavo cercando il sergente McRae. Sergente, sa che in seguito a una valutazione psicologica Ricky Gilchrist è stato rimesso in libertà, perché a quanto pare fingeva di essere Edipo? Ebbene, ieri sera Gilchrist ha attaccato un barista polacco, in un pub. E prima che i buttafuori riuscissero a toglierglielo dalle mani è riuscito a cavare un occhio a quel povero cristo, con il pollice!».

«Magnifico! Non mi ci mancava che questa!».

«A quanto pare sbraitava che i polacchi non sono altro che dei cani rabbiosi, e che la polizia non avrebbe dovuto metterlo in libertà».

«Sì», disse la Steel. «Continua pure così, versa sale nella ferita! Non credi che Logan abbia abbastanza preoccupazioni? La sua ragazza polacca è mezza morta, è scomparso un sergente del CID, un criminale polacco è a piede libero e abbiamo un pedofilo cieco che ci farà causa per chissà quanto!».

Logan si lasciò cadere su una delle sedie. «Ancora non riesco a capire come Kravchenko sia venuto a sapere che avevamo nascosto Rory Simpson a casa sua», disse rivolgendosi al commissario Steel. «Non è stata di certo Wiktorja a dirglielo».

«Ah...», Rennie arrossì come una barbabietola. «A dire il vero...» - tossì - «...potrei essere stato io... cioè...».

«Cosa?»

«Be', vede... Pirie mi chiese cosa facevo giovedì, e io... diciamo che... sa bene com'è...».

«E tu glielo hai detto»; Logan sprofondò ancora di più nella sedia, coprendosi il viso con le mani. «In nome del cielo...».

Il commissario Steel parlò, con voce stranamente calma. «Laz, hai dieci sterline da prestarmi?».

Logan guardò Rennie tra le dita che aveva sugli occhi. «Tu hai detto a Pirie dove tenevamo Rory Simpson?»

«Non è stata colpa mia!».

«Qualcuno mi presti dieci sterline!».

Rennie tirò fuori il portafogli e diede una banconota al commissario Steel. «Veramente io non sapevo che...».

La Steel gli puntò un indice al petto. «Delle persone sono quasi morte! E Rory Simpson è stato accecato!

Tutto a causa tua, imbecille, stupido pezzo di merda, figlio d'un cane, buono a nulla di un incapace segaiolo!»; e questi epiteti erano solo il riscaldamento, poi Rennie fu sottoposto a un vero e proprio tsunami di improperi, che s'interruppe d'improvviso.

«Dieci sterline». Il commissario si girò e mise la banconota in mano a Logan. «Mettila nella scatola delle multe. E già che ci sei...»; prima che Logan potesse rendersene conto gli aveva messo in mano anche il contenitore di plastica.

«Ma...».

«Niente ma. E in quanto a te...», aggiunse puntando un indice verso Rennie, «ti è andata bene che sono al verde!», e lasciò l'ufficio, sbattendosi la porta alle spalle.

«Mondo cane...!». L'agente Rennie si appoggiò alla scrivania. «E una mia impressione o sta peggiorando?», chiese indicando con un pollice la porta dalla quale la Steel era appena uscita.

Logan non rispose, si limitò a guardare il contenitore di plastica, che rigirava tra le mani.

«Guardi... mi dispiace veramente di averlo detto a Pirie, sa?» «Rennie, cosa stavi facendo dietro la scrivania del commissario?». Rennie arrossì. «Ah... già. Ecco, vede... io avevo... avevo preso in prestito dei soldi dalla scatola delle multe, un paio di settimane fa. Solo in prestito, giuro! E ce li ho rimessi tutti, può controllare se vuole».

«Beattie dice che era stato Pirie a rubare i soldi».

«Davvero? Allora mi posso riprendere i soldi che ci ho appena messo, giusto? Cioè, ora che tutti credono che sia stato Pirie a rubarli, io...».

Logan lo guardò storto.

«No... immagino di no, no».

Ancora silenzio.

Rennie guardò il contenitore che Logan aveva in mano. «Che cos'è?», gli chiese.

«Il commissario vuole che io metta Susan incinta».

«Davvero? Wow! Allora per lei si prospetta una caldissima orgia di sesso lesbico, eh?»

«Rennie, piantala. Non sono dell'umore giusto, ok?»

«Non capisco perché debba prendersela così tanto. È solo un po' di sperma, diavolo!».

«Non è così semplice come sembra».

«Allora non vuole essere un papà, eh?».

Logan posò il contenitore sulla scrivania. «Francamente, no». Rennie strizzò le labbra per alcuni istanti, poi prese il contenitore. «Allora lo farò io», disse.

«Cosa? No, il com...».

«La smetta! Ci ha quasi rimesso la pelle per colpa mia! Il minimo che ío possa fare è masturbarmi in un contenitore»; si diresse verso la porta, con un passo stranamente atletico e con una mano in tasca. «Le farò vedere io chi è un buono a nulla, incapace e segaiolo!».

Quando la Steel fu di nuovo nel suo ufficio, Rennie era già tornato e se n'era riandato, lasciando un latteo ricordo di sé nel contenitore. Non volendolo toccare, Logan gli aveva detto di posarlo sul davanzale della finestra, affinché il sole lo tenesse caldo.

La Steel aprì la finestra e lo guardò intensamente. «Dimmi che questo è quello che io credo che sia, vero?», lo prese in mano e lo osservò attentamente. «Non avresti potuto produrne un po' di più?»

«Ascolti, lasci perdere... lo butti via, non è...».

«No!», se lo strinse al petto. «No, non pensare che io sia un'ingrata, anzi... è perfetto! Sinceramente!».

Prese la giacca dalla spalliera della sedia e si diresse verso la porta. «Se qualcuno mi cerca digli di andare a quel paese, ok? Ho un bambino da mettere in cantiere!». E uscì, ma tornò dieci secondi dopo. Si avvicinò a Logan e gli piantò un bacione su una guancia. «Grazie!».

Logan la guardò allontanarsi contenta come una Pasqua, con lo sperma di Rennie. Aveva provato a dirglielo, nessuno avrebbe potuto dire che non ci aveva provato...

Se ne tornò nell'ormai vuoto ufficio del CID. Napier e i suoi Standard di Comportamento Professionale potevano andarsene a farsi fottere... la strigliata avrebbe potuto aspettare fino a domani. Qualcuno aveva attaccato un post-it sullo schermo del suo PC; ancora un altro messaggio da parte del dottor Goulding che gli offriva il suo aiuto per alcuni casi ancora da risolvere, ma che Logan interpretò correttamente come un'offerta di aiuto per lui.

La bottiglia di whisky Knockdhu era ancora esattamente dove Logan l'aveva lasciata, nello stesso cassetto dove c'era anche il bicchiere di plastica che aveva usato all'ospedale per rilevare le impronte digitali di Krystka Gorzalkowska.

Per un attimo ebbe un leggero ripensamento: se cominciava con l'accettare la bottiglia, che cosa sarebbe seguìto?

Tirò fuori il bicchiere dalla bustina di plastica nella quale lo aveva conservato; con dita tremanti tolse la stagnola dal coperchio della bottiglia e si versò una buona misura di whisky. Gli sembrò di aver versato fuoco liquido nel bicchiere.

Brindò al post-it del dottor Goulding. «E questo è solo l'inizio», disse. Il whisky gli scivolò giù per la gola come nettare, arrivò nello stomaco e mandò dolci ondate di calore nelle più recondite parti del suo corpo, calmando i tremori. Roba finissima. Scolò il bicchiere prima che arrivasse qualcuno e gliene chiedesse un assaggio, poi andò su Internet per vedere quanto costasse una bottiglia di Knockdhu invecchiato trent'anni.

«Cristo...», sussurrò. Un capitale!

Pensò che veramente avrebbe dovuto telefonare a Wee Hamish Mowat per ringraziarlo. Sarebbe stata buona educazione. Dirgli qualcosa come "Grazie per quel costosissimo whisky: c'è qualcosa che io possa fare in cambio per lei?".

E poi lo sguardo gli cadde sul post-it; invece di telefonare a Wee Hamish Mowat avrebbe potuto telefonare al dottor Goulding, per consentire allo psicologo di andare a scavare e rovistare nei suoi problemi, come un dentista con un dente cariato.

Wee Hamish Mowat o d dottor Goulding?

Whisky o mal di denti?

Tirò fuori il cellulare e cominciò a comporre il numero.

Il collezionista di occhi
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