67
«Come immaginavo. Perché non rispondi alle mie chiamate?». Non era Kravchenko, ma la Steel. «Dove diavolo sei?»
«Altens».
«Altens? Dovresti essere qui a farti prendere a calci da Napier, invece di vagabondare per la fottutissima Altens!».
«Sono con Pirie, e stiamo seguendo una traccia sulla Kostchey International Holdings Limited». Riprese a camminare. La BMW nera era parcheggiata oltre il blocco di uffici in fase di costruzione, vicino a un paio di bancali di mattoni forati e di tegole; nessun segno dell'autista.
E neanche nessun segno di Pirie.
«Cosa le hanno fatto? L'hanno sospesa?»
«Scherzi? Non possono appioppare niente al commissario Roberta Steel, io sono più antiaderente di una padella di Teflon! Mi scivola tutto addosso. Ma quegli stronzi mi hanno costretta a telefonare alla polizia di Varsavia per dir loro che la tua amica Wiktorja è scomparsa».
Logan diede un'occhiata attraverso una delle finestre dell'ufficio, cioè attraverso il buco sul quale il telaio della finestra sarebbe stato montato. Niente, solo dei sacchi di cemento e una betoniera. «E allora?»
«A quanto pare Wiktorja non lavora più per loro».
Là dove sarebbe stata montata la porta d'ingresso c'era un enorme spazio aperto; Logan entrò, impolverandosi le scarpe con il terriccio che costituiva il pavimento. Solo una serie di stanze vuote. «Lo so».
Una rampa di scale prefabbricate portava al primo piano; Logan le salì e si trovò in altre stanze non finite, con pareti di mattoni forati, vani di porte e cataste di scatole di laterizi.
Ma dove diavolo era finito Pirie?
«Come sarebbe a dire "lo so"?»
«Lo so, perché Wiktorja me lo ha detto».
Dal piano terra si udì un rumore.
«Te lo ha detto lei?».
Logan si affacciò al buco nel pavimento dove terminava la rampa di scale, aprì la bocca per chiedere chi fosse e poi la richiuse subito, imprecando molto, molto sottovoce. La persona che stava camminando al piano terra, dirigendosi verso l'ingresso del blocco di uffici aveva la stazza di un giocatore di rugby, con lineamenti spigolosi e capelli che sul davanti si stavano diradando, ma che erano folti e rigogliosi con un taglio mullet sul retro. Era Grigor, lo scagnozzo di Kravchenko.
Figlio di una cagna dalle budella marce.
A quanto pare l'informatore di Pirie aveva dato loro una notizia esatta: a differenza di tutte le altre aziende, solo la Kostchey International Holdings Limited non era andata via una settimana prima, infatti erano ancora qui.
«Come sarebbe a dire "Wiktorja me lo ha detto"?».
Logan si tirò indietro dall'apertura delle scale, cercando di seguire il rumore dei passi di Grigor; a quanto pareva si stava dirigendo verso il vano della porta.
«Pronto?».
Logan sussurrò, cercando di non farsi sentire. «Sono qui!». «Chi è qui? Logan, hai bevuto ancora?»
«Ho appena visto il tirapiedi di Kravchenko, qui al piano terra». Logan cercò di seguirne i movimenti dal piano di sopra, allungò il collo per dare un'occhiata dal vano della finestra in fondo al corridoio e vide Grigor che era uscito dal blocco di uffici ed era nel piazzale, a parlare rapidamente in polacco al cellulare.
Era enorme, e probabilmente anche armato.
Merda. Dove diavolo era Pirie quando ne aveva bisogno? E improvvisamente Logan ebbe la sensazione di sapere esattamente dove fosse Pirie: malmenato in qualche angolo, con le mani legate dietro la schiena aspettando la visita di Kravchenko e del suo coltello dell'esercito svizzero.
Provò a dare un'altra occhiata dalla finestra. «Temo che Pirie potrebbe essere ferito», disse alla Steel.
«Ci mancava anche questa! Dov'è?».
Fuori Grigor stava ancora parlando al telefono, con le spalle all'edificio, guardando la rete metallica.
Logan tornò ad abbassarsi. «Non lo so... non l'ho più visto da quando sono arrivato qui. Vado a dare un'oc...».
«No! Non ti muovere! Manderò una squadra di agenti armati». «Mi è venuta un'idea».
«Logan, niente idee!».
Logan rientrò nell'ombra, tirò fuori dalla tasca la sua radiolina Airwave e l'accese. Il piano superiore era disposto attorno alla tromba delle scale in modo quasi simmetrico, con uffici vuoti su entrambi i lati. Ne scelse uno a caso, ingombro di impalcature, sacchi di cemento e scatole di chiodi, e infilò la radio nell'angolo più lontano, dietro una catasta di tavolette di legno.
«Mi stai ascoltando?».
Logan uscì dalla stanza dove si trovava e andò in quella di fronte, fermandosi per prendere un pezzo di legno. «Ok», disse, «mi chiami sulla mia Airwave».
«Neanche per sogno. Vuoi ammazzarti? Dovrai farlo senza il mio aiuto».
«Voglio solo che lei chiami la mia fottutissima Airwave!». «No».
«Ok, mi farò chiamare da Rennie».
Ci fu una pausa punteggiata da alcune imprecazioni e poi: «Ok, ok... Ma ti costerà la gravidanza di Susan...».
Nell'altra stanza la radiolina di Logan cominciò a squillare; un gorgheggio elettronico, a volume massimo; Logan diede un'occhiata dal vano della porta... dai vieni, vieni... BINGO! Grigor si stava precipitando su per le scale.
Logan si tirò indietro, ascoltando i passi dell'omone sul pavimento in cemento armato, e sentì Grigor che entrava nell'altro ufficio. Cercando di non fare nessun rumore, Logan avanzò silenziosamente nel corridoio, impugnando il pezzo di legno come una mazza da baseball.
Grigor si muoveva cautamente nella stanza, si dirigeva verso l'angolo lontano, impugnando una pistola, e tenendola puntata verso l'origine del suono. Quando arrivò alla catasta di scatole si fermò, rimase immobile per un attimo e poi diede un'occhiata dietro il mucchio.
Logan attese che si chinasse per raccogliere la radiolina e poi cercò di decapitarlo con il pezzo di legno che aveva in mano. Lo colpì poco sopra l'orecchio, e l'omone cadde a terra. La pistola gli cadde di mano, andando a sbattere contro dei tubi delle impalcature che erano accatastati lungo una parete.
Quel colpo avrebbe dovuto metterlo KO, o almeno così credette Logan.
Ma lo stronzo si stava rialzando...
Grigor si sollevò in ginocchio e poi in piedi. Logan lo colpì in testa ancora una volta, ma l'omone barcollò solamente. Perdeva sangue da un taglio di circa dieci centimetri sulla fronte. «Moj e jaja! Pierdolona sukinsyn...».
«Ma di cosa diavolo sei fatto?».
Il volto di Grigor era contorto, mostrava i denti e sibilava oscenità in polacco mentre cercava la pistola sul pavimento. E poi si lanciò buttandosi verso i tubi allineati lungo la parete.
Logan provò un altro colpo con il pezzo di legno, e questa volta mancò il bersaglio; Grigor non era solo forte, era anche veloce. Era piegato in due e scagliava tubi a destra e a sinistra, cercando la pistola, con il fondo schiena sporgente; e quindi Logan lasciò cadere il pezzo di legno e fece del suo meglio per mandare i coglioni di Grigor in orbita con un calcio. Da dietro il calcio non ebbe lo stesso effetto che avrebbe avuto se fosse stato sferrato da davanti, ma produsse lo stesso un urlo di dolore. Se sei in dubbio... mira ai coglioni.
Grigor crollò a faccia in giù nei tubi di ferro, tenendosi i coglioni con una mano e sempre cercando la pistola con l'altra.
Logan prese dal mucchio un giunto angolare, di quelli usati per tenere insieme un tubo verticale e uno orizzontale, che pesava quanto un pacco di zucchero. «Ehi, brutto!», gridò.
«Kurwa mac...»; Grigor smise di cercare la pistola e afferrò uno dei tubi metallici. Si lasciò cadere sulla schiena, e cercò di colpire Logan agitando violentemente il tubo davanti a sé. Logan se lo sentì passare a pochi centimetri dalla punta del naso, poi lo sentì che picchiava contro una parete e cadeva dalle mani di Grigor.
Saltò addosso all'omone, lo afferrò per la gola e gli diede un colpo in fronte con il giunto metallico che aveva in mano. THUNK. La pelle si lacerò, rilasciando uno spruzzo di sangue nell'aria di quel pomeriggio d'estate.
«SEI», lo colpì di nuovo, «IN», un altro colpo, «ARRESTO!», disse, dandogli un ultimo colpo.
Logan si lasciò cadere a sedere, respirando affannosamente, sentendo il peso del giunto nella sua destra.
Grigor non si muoveva più. La testa dell'omone sembrava una salsiccia scoppiata, ma respirava ancora.
Logan lo sistemò nella posizione laterale di sicurezza e poi gli ammanettò le mani dietro la schiena.
Dopodiché andò in un angolo della stanza e vomitò.