Capitolo Dieci

Il mio telefono vibrò con forza sul bancone.

Era lunedì, due giorni dopo il non-proprio-sesso e pensavo all’imminente appuntamento con Poppy per pranzo. Mentre pulivo il piano cucina, mi tornò alla mente lo spettacolo avvenuto in quel preciso punto, due sere prima.

Non provai neanche a indovinare che cosa dicesse il messaggio. Era del vescovo Bove, il mio capo, che non solo era una frana a mandare messaggi, ma era anche molto insicuro riguardo a quella sua incapacità, perciò sapevo che avrebbe chiamato subito dopo l’invio dell’SMS, per assicurarsi che l’avessi ricevuto (e per tradurmelo).

Come previsto, il telefono squillò poco dopo e la colonna sonora di The Walking Dead risuonò nella cucina. Di solito avrei fischiettato un paio di note, più che felice di parlare con quell’uomo burbero e di sani principi che stava rimettendo la nostra diocesi sulla retta via e che lottava al mio fianco per farlo, ma quel giorno sentivo solo una fastidiosa ansia, come se in qualche modo sapesse cos’avevo fatto qualche sera prima. Come se potesse intuirlo solo sentendo la mia voce.

«Pronto?»

«Andrai alla Convention Clericale Mid-America l’anno prossimo?» Il vescovo andò dritto al sodo. «Ho intenzione di mettere insieme un gruppo e vorrei che te ne occupassi.»

«Non ho ancora deciso» risposi mentre i palmi delle mani iniziavano a sudare, come se fossi stato chiamato nell’ufficio del preside o fermato dalla polizia o una cosa simile. Dannazione. Se ero così nervoso al telefono, cos’avrei fatto quando ci saremmo visti di persona?

«Penso che questo sia finalmente l’anno in cui otterremo la commissione che vogliamo» disse il vescovo. «Lo sai da quanto tempo faccio pressione per questo.»

La commissione che volevamo… quella sugli abusi. Negli ultimi quattro anni, il vescovo Bove aveva sottoposto diverse proposte all’organizzazione sulla formazione continua del clero e ogni volta erano state bocciate. Ma la direzione all’interno dell’organizzazione era cambiata; quell’anno l’incarico era stato dato a persone più giovani e sapevo che a Bove era stato anticipato in privato che avrebbe finalmente ottenuto la tanto controversa commissione.

Ma come avrei potuto stare seduto nella sala conferenze di un hotel, davanti a una marea di preti, con la presunzione di tenere una lezione sui pericoli della sessualità per i sacerdoti che avevano perso la retta via? Guardai in basso verso il bancone, dove ero scivolato dentro al corpo di Poppy. Non fino alla fine. Non fino in fondo, ma abbastanza da avere un orgasmo. Abbastanza perché lo raggiungesse anche lei. Mi sfregai gli occhi cercando di rimuovere la scena dalla mente.

Un voto poteva essere non del tutto violato? Un peccato poteva essere commesso solo parzialmente?

Ovviamente no. E, anche se nessuno lo avrebbe mai saputo, mi rendevo conto di aver distrutto ai miei stessi occhi la mia legittimità e forse era anche peggio che distruggerla agli occhi del mondo. In che situazione ero andato a cacciarmi? Sarei mai stato di nuovo in grado di parlare, di tenere un’omelia, sulle questioni che mi stavano più a cuore?

«Tyler?»

«Se ottieni la commissione, ci sarò» biascicai, mentre mi sfregavo ancora gli occhi. Vedevo le scintille. Sempre meglio che vedere i miei peccati.

«Sapevo che ci saresti stato. Come va alla St. Margaret? E come sta Millie? Ha fatto patire le pene dell’inferno al bibliotecario della diocesi la scorsa settimana, perché aveva messo fuori posto i tuoi resoconti sulle decime trimestrali. Ho sentito che ha fatto scoppiare in lacrime quel pover’uomo.»

«Qui va tutto bene, va davvero molto bene» mentii. «Mi sto preparando per le attività dei giovani in autunno.»

E, sai, sto scopando a metà una fiduciosa proselita.

«Bene. Sono orgoglioso di te, Tyler. Non lo dico mai abbastanza spesso, ma il lavoro che hai fatto in quella città è stato quasi un miracolo.»

Smettila, lo implorai in silenzio. Ti prego, smettila.

«Stai facendo il lavoro di Cristo, Tyler. Sei davvero un esempio.»

Per favore, per favore, smettila.

«Va be’, ti lascio andare. E per la commissione, ti scrivo un messaggio appena so qualcosa.»

«Sei proprio sicuro?»

«Va bene, ti chiamo. Arrivederci, Tyler.»

Chiusi la chiamata e fissai il telefono per un minuto. Mi ero svegliato ricordando a me stesso che quello era il giorno in cui avrei ricominciato da capo. Da quel giorno sarei stato casto. E che, da quel momento in avanti, sarebbe stato perfino più facile. E allora, perché mi sentivo come se i miei peccati mi stessero ancora perseguitando? Come se mi stessero ancora col fiato sul collo?

Perché non li hai confessati, Tyler.

Ero un idiota. Avrei dovuto farlo fin dall’inizio. Mi sedevo su un lato del confessionale ogni settimana, perché non mi era venuto in mente di dovermi spostare sull’altro lato? Di dover andare in cerca dell’assoluzione e della legittimità di cui ogni persona aveva bisogno?

La settimana successiva. Il giovedì sarei andato a Kansas City a far visita al mio confessore, un uomo con cui avevo frequentato il seminario, poi mi sarei fermato a cena da mamma e papà e tutto sarebbe andato molto meglio.

Provai una piccola ondata di sollievo dinanzi a questo piano. Sarebbe andato tutto bene.

La mattina precedente Poppy era venuta a messa e mi aveva cercato per organizzare i nostri programmi per il pranzo del giorno successivo. Avevo avuto voglia di pranzare con lei in quel medesimo momento, o mangiarmela per pranzo, ma era corsa via subito dopo esserci messi d’accordo e in seguito ero stato assediato dalla solita folla di chi si soffermava alla fine della messa. Voleva provare a mantenere le distanze? E, se era così, lo desiderava lei? O pensava di farmi un favore?

Immaginare che si sarebbe comportata in questo modo, pragmatica e sbrigativa, ogni volta che ci saremmo visti, mi faceva sentire davvero infelice.

Ed era un atteggiamento sciocco, visto che era ciò che avevo voluto o, meglio, che avrei dovuto volere. In realtà, desideravo entrambe le vite, quella in cui eravamo prete e credente e quella in cui eravamo un uomo e una donna e, per ogni istante trascorso senza la mia bocca sulla pelle di Poppy, la mia forza di volontà veniva meno, fino a che mi ritrovai con la sgradevole consapevolezza che avrei preferito sopportare qualsiasi colpa o punizione, pur di toccarla di nuovo.

Questi pensieri offuscavano ancora la mia mente, mentre prendevo le mie cose e camminavo per due isolati fino alla vineria più vicina. Mi aspettavo di trovare Poppy da sola, ma rimasi piacevolmente stupito nel vederla chiacchierare animatamente con Millie nel pergolato, con una bottiglia di vino bianco ghiacciato sul tavolo.

Poppy mi salutò con la mano. «Ho invitato Millie, va bene?»

«Certo che va bene» intervenne Millie prima che io potessi rispondere. «Questo ragazzo sa appena dire l’ora, figuriamoci preparare il budget per un progetto importante.»

Finsi di essere imbronciato con lei. «Ti informo che ho una pila di Post-it e di tovaglioli di carta molto organizzata in questa borsa.»

Millie emise un sospiro, come se avessi confermato una delle sue peggiori paure. Diedi un’occhiata a Poppy: una parte molto immatura di me si voleva assicurare di averla fatta ridere, ma mi pentii di averlo fatto quando mi resi conto di quanto fosse meravigliosa. Indossava dei jeans azzurri aderenti e una maglietta tutt’altro che ampia, di un cotone sottile che mi ricordava quella che aveva avuto addosso sabato sera… e attraverso la quale le avevo succhiato i capezzoli. I capelli erano legati in una treccia morbida che le ricadeva su una spalla, gli occhi sembravano più verdi che castani, sotto la luce del sole che filtrava attraverso la vite che copriva il pergolato, e le labbra avevano di nuovo quel rossetto rosso che era il suo marchio di fabbrica. Perché doveva essere sempre così dannatamente sexy?

«Siediti, ragazzo mio, prima che il Riesling si riscaldi» mi disse Millie. «Allora, Poppy, spiega a Padre Bell quello che mi hai appena detto.»

Presi una sedia in ferro battuto e mi accomodai, già sudato per il caldo di inizio settembre. Millie versò tre bicchieri di vino fresco e lo accettai volentieri, lieto di avere qualcosa che mi distraesse da Poppy.

«Allora, per iniziare,» esordì lei «non so cosa facciate per raccogliere fondi o cosa abbiate fatto in passato, non voglio calpestare i piedi a nessuno…»

«Non accadrà» promisi.

«Ma ditemelo, se dovesse succedere. Dopotutto questo è il vostro progetto.»

«È il progetto della chiesa» precisai. «E visto che sei venuta alla St. Margaret, direi che ora il progetto è anche tuo.»

Lei arrossì, compiaciuta, tracciando dei cerchi intorno al bordo del suo iPad mentre parlava. Ricordavo cosa avevo pensato di lei in precedenza, che fosse nata per fare volontariato, una persona che amava aiutare. Li vidi nei suoi occhi, l’eccitazione e l’intento, mentre riprendeva a spiegare. «Ho notato che a Weston c’è un elevato numero di festival stagionali, cosa non rara per una città dormitorio» disse. «E ho visto sul sito della chiesa che pubblicizzate il fatto che le porte siano aperte ai visitatori durante queste manifestazioni. Avete mai fatto altro?»

«Direi di no» rispose Millie.

«E quanti visitatori avete di solito?»

Provai a ricordare. «Tre? Quattro?»

Poppy annuì, come se avessi dimostrato la sua tesi. «Penso che le sagre siano l’occasione perfetta per portare più donatori, se ne approfittiamo nel modo giusto. L’edificio ha più di centocinquant’anni e il genere di fascino antico che richiama le persone qui. Quello e l’alcol. Quindi l’idea è di mettersi sul marciapiede e offrire il vino locale e il whiskey della distilleria, tenendovi alla larga dai soliti articoli che vendete. Non entreranno a comprare libri di ricette o rosari, verranno per vedere. E darete l’alcol gratuitamente, così, senza rendersene conto, si sentiranno in debito verso di voi.»

Riuscii a vedere la Poppy manager, mentre elencava tutti i punti con velocità ed efficienza, rigirando la penna digitale tra le dita. Vidi la ragazza benestante, che aveva frequentato la scuola privata, che si era laureata alla Dartmouth, che aveva diretto riunioni in grandi sale e ottenuto vittorie aziendali.

«Dovete fare in modo che la chiesa diventi una destinazione per le persone che gironzolano da queste parti. Questo è il primo passo. Ma, soprattutto, dovete attrarre i giornali locali e le stazioni televisive di Kansas City, per far sì che la storia della St. Margaret diventi una notizia di interesse locale, il genere di storia che può diventare facilmente virale su Twitter e Facebook. La chiesa rappresenta la salvaguardia della tradizione del Midwest, dovete enfatizzare questo aspetto nei progetti di ristrutturazione, mantenere le finestre antiche, restaurare i pavimenti in legno originari e riparare l’antica muratura in pietra. La gente adora questo genere di cose. E poi, punto tre, o meglio punto zero, perché questa parte va fatta prima di tutto il resto, chiedete un finanziamento su Kickstarter per la ristrutturazione, così che, quando le storie verranno trasmesse e i post condivisi, ci sia un link che le persone possano seguire. Amplierete il vostro impatto sulla raccolta fondi dalla zona di Weston all’intera metropoli di Kansas City e magari anche più lontano.»

Quella donna era davvero troppo intelligente. «Perché non limitarsi alla raccolta su Kickstarter e alla faccenda delle notizie?»

«Perché» rispose Poppy sporgendosi in avanti «avete bisogno di portare le persone in chiesa, affinché vedano con i loro stessi occhi, vengano a conoscenza della sua storia e della potenziale ristrutturazione. Vi serve che tornino a casa e che ne parlino, dandovi la spinta. È più probabile che saranno proprio loro a iniziare a condividere e twittare, ad aiutare a superare la prima fase di stallo, perché si sentiranno coinvolti, avendo speso tempo ed energie alla St. Margaret. Saranno i vostri seguaci. Dovete insegnare a loro, per poi dire: “Andate e fate lo stesso.”»

«Hai letto la Bibbia» riscontrai con approvazione.

Sorrise. «Solo un po’. Millie mi ha invitata all’incontro Vieni e Vedrai della prossima settimana. Quel verso era sul retro del volantino.»

Gli incontri Vieni e Vedrai erano per quelli interessati a unirsi alla Chiesa e in quel momento toccò a me nascondere una reazione di felicità. Nonostante tutto quello che tra noi era andato nel verso sbagliato, lei era ancora sinceramente interessata a esplorare il cammino della fede.

«Mi sembra un’idea fantastica» dissi. «Di fatto, abbiamo esaurito tutti i mezzi convenzionali, e penso che i nostri parrocchiani siano a secco di fondi. Lo fai sembrare così facile, però… quanto ci costerà offrire vino gratis? E come faccio anche solo a mettermi in contatto con i giornalisti?»

Poppy tirò via il tappo dalla sua penna con i denti e iniziò a buttar giù appunti sul suo iPad. «Me ne occupo io. Le vinerie locali offriranno il vino, è facile. E le nuove stazioni televisive non vedono l’ora di partecipare a eventi simili, sarà sufficiente scrivere una email o poco più, cosa che farò questa settimana. E organizzerò anche il Kickstarter. Vedrete, non ci vorrà poi così tanto lavoro.»

«Sembra parecchio» ammisi. «Voglio dire, credo tu abbia ragione e desidero farlo, ma sembra davvero tanto.»

«Va bene, sembra tanto, ma ti assicuro che non è così. Soprattutto se mi occupo io dell’organizzazione. Tutto quello che dovrai fare è essere affascinante e mostrare la tua mandibola squadrata alle telecamere.»

Millie mi diede un caloroso colpetto sul braccio. «Quello gli viene bene. È la nostra arma segreta.»

Poppy posò lo sguardo su di me. «Sì, lo è.»

Trascorremmo il resto dell’ora a pianificare, a decidere su quale evento avesse più senso concentrarci per trovare finanziatori (l’Irish Fest) e chi avrebbe fatto cosa (quasi tutto Poppy, ma io e Millie acconsentimmo a essere reclutati quando e dove necessario e demmo a Poppy i nostri indirizzi email e i numeri di telefono personali).

A fine incontro, Millie salì sulla sua berlina e si diresse verso casa; io e Poppy tornammo a piedi verso la chiesa.

«Oggi non potrò venire a confessarmi» disse all’improvviso. «Ho una videoconferenza. Spero non sia un problema.»

«La maggior parte dei cattolici si confessa una volta all’anno. Va tutto bene.» Ma ero un po’ deluso (ovviamente per le ragioni sbagliate).

«Mi chiedevo…»

«Sì?» domandai speranzoso.

«Suonerà stupido. Lascia perdere.»

Stavamo attraversando la strada principale, da un marciapiede all’ombra a uno ancora più ombreggiato, e tutto intorno a noi c’era il fruscio della brezza tra le foglie, il canto degli uccelli e il lontano rumore delle macchine. In quel momento avrei voluto dirle che avrei fatto qualsiasi cosa per lei, che le avrei dato tutto pur di rimanere per sempre in quella bolla di pace di inizio autunno, solo noi due, attorniati dalla natura gentile che rendeva così facile sentirsi amati da Dio.

Ma non potevo.

Così, le dissi: «Non credo che tu possa farmi una domanda stupida, signorina Danforth.»

«Aspetta che la faccia prima di giudicare, Padre» ribadì con un tono a metà tra una risata e un sospiro.

«Sono cattolico. Giudicare è il mio forte.»

Mi guadagnai così una bella risata. Mentre ci avvicinavamo, osservò la facciata della chiesa composta da mattoni a vista, poi raddrizzò le spalle, come se cercasse di decidere se buttarsi e domandare. «Il fatto è questo. Voglio farla… questa cosa di seguire il Signore. Penso che sia la prima scelta giusta da quando sono scesa dal palco della Dartmouth. Ma non ho nessuna preparazione teorica in merito. So che mi devo presentare a messa e che dovrei leggere la Bibbia e questo è piuttosto semplice. Ma pregare… mi sento sciocca, impacciata. Non l’ho mai fatto prima d’ora e non sono sicura di farlo nel modo corretto.» Si voltò verso di me. «Ecco, vorrei sapere se mi puoi aiutare con la faccenda delle preghiere.»

Avrei dovuto dirle che pregare non era un esame, che il Signore l’avrebbe ascoltata indipendentemente da quanto bene o con quanta eloquenza avrebbe pregato, che contava anche solo rimanere seduti in silenzio. Oppure, che noi cattolici avevamo delle preghiere stabilite per aggirare questo genere di cose. Ma poi un soffio di brezza le spostò un ciuffo di capelli sul viso e, senza pensarci, allungai le dita e glielo spostai dietro all’orecchio. Al mio tocco, lei socchiuse gli occhi e, maledizione, maledizione, maledizione, dimenticai del tutto cosa dovevo dire.

«Questa sera» mi uscì, invece. «Dopo l’incontro con il gruppo maschile. Vieni a trovarmi e ci lavoriamo su.»