Capitolo 16
Le vibrazioni del cellulare si propagarono attraverso il comodino fino alla sua testa. Buttò fuori un braccio per farle cessare. Il piccolo bip lo svegliò di colpo.
«Pronto?» disse una voce dal telefono.
Cercò di schiarirsi la voce il più silenziosamente possibile, pur sapendo che era impossibile. «Pronto, sono Nathaniel, chi parla?»
«Buongiorno, mi chiamo Isaac Franklin e chiamo dallo studio legale Hammersmith, Davids e Franklin. Parlo con Nathaniel Wilkins?»
«Sì?»
«La chiamo per conto di un cliente che è interessato al suo lavoro. Con il suo permesso, le farei qualche domanda».
Non di nuovo! A Nathaniel venne voglia di mettere giù il telefono. «Mi dispiace, ma non sono in grado di trovare alieni, Nessie o lo Yeti».
Ci fu un attimo di silenzio.
«Ok. Credo che non siano queste le aspettative del mio cliente. Ma forse potrebbe rispondere ad alcune domande sulla compressione di informazioni?»
Nathaniel si tirò su a sedere sul letto e guardò il numero sul display: non era locale. «Come ha detto?»
«Il mio cliente è molto curioso di come il suo sistema riesce a gestire l’enorme quantità di informazioni generata».
«Può essere più specifico?»
L’uomo fu molto specifico. Nathaniel riuscì a malapena a riflettere tra una domanda e l’altra. Le domande si fecero sempre più dettagliate, molte a proposito di cose a cui quasi non aveva pensato. Aveva idee concrete su come si sarebbe servito della tecnologia? Possedeva del capitale proprio da investire? Quali clausole sulla segretezza sarebbe stato disposto a sottoscrivere? Poteva spiegare come gli era venuta l’idea?
La conversazione finì. Anche con tre ore scarse di sonno, ora Nathaniel era del tutto sveglio. Brividi gli scorrevano attraverso il corpo. Aveva risposto in modo razionale a tutte le domande? Franklin aveva promesso di richiamarlo quella sera stessa alle sette, e aveva pregato Nathaniel di annotarsi le sue eventuali domande, per poterle riguardare insieme. Il cliente voleva avere tutte le informazioni disponibili nel caso si decidesse di procedere a un accordo.
Un accordo.
Più di tutto Nathaniel aveva voglia di mettersi a saltare sul letto, ma non osò farlo. Era troppo bello per essere vero. E se era qualcuno che per l’ennesima volta cercava di prenderlo in giro? No, le domande erano troppo dettagliate, e chiunque fosse quel Franklin, di sicuro non era uno studente.
La giornata fu una tortura. Nathaniel era troppo stanco per star bene, e troppo eccitato per dormire. Fissò l’orologio del computer, che veniva aggiornato da un orologio atomico al cesio da qualche parte nel mondo. Alle sette e due secondi il telefono squillò. Franklin era decisamente puntuale.
«Pronto?»
«Buonasera, sono di nuovo Franklin. La disturbo? Sarò breve».
Fu come se lo stomaco gli si attorcigliasse intorno alla colonna vertebrale. «Sì, volentieri, cioè no, ok. Voglio dire, adesso va benissimo».
«Bene. Il mio cliente ha esaminato le sue risposte, e desidera apportare una piccola modifica. Posso dirle che sono molto interessati sia a lei che al suo prodotto, se così possiamo chiamarlo. Può pure farmi delle domande ora, ma è possibile per lei venire da noi domani? Le spese di viaggio saranno naturalmente rimborsate».
«Venire da voi? Perché? Voglio dire, sì, certo».
«C’è un treno alle nove domattina, se può andar bene. O forse preferisce venire in auto?»
«Be’, la macchina non ce l’ho, quindi...»
«In altre parole, treno. Ha delle domande?»
Nathaniel aprì la bocca per far uscire le parole, ma scosse la testa e si arrestò. Tossì, se non altro per dare l’idea che stesse accadendo qualcosa. «Scusi. Sì, ne ho una: dove devo andare?»
Un attimo di silenzio fu seguito da una risatina attutita. «Mi perdoni, ho dimenticato di dirglielo. Il nostro ufficio è a Manhattan. Si vede che siamo entrambi alquanto impazienti».
Nathaniel non aveva altre domande. Si fece dare l’indirizzo e lo scrisse su un tovagliolino di carta incastrato nell’angolo di una scatola della pizza. Poi lo cercò subito in rete: non era il quartiere più economico, ma per fortuna era semplice arrivarci in metropolitana. Gli venne in mente che era venerdì. Cosa poteva essere tanto urgente da indurli a volerlo incontrare di sabato?
La sua immagine riflessa lo fissava dalla superficie azzurrognola della porta a vetri. Si aggiustò il collo della camicia e sfilò le braccia dal blazer. Si soffiò la frangia via dagli occhi, cambiò idea a provò a scompigliarsi i capelli con le dita. New York non era tra i posti preferiti di Nathaniel.
Le massicce porte erano sorprendentemente facili da aprire. Un uomo vestito in uniforme era seduto alla reception, e alla vista di Nathaniel accantonò la rivista che stava leggendo. Il suo nome era sulla lista, e il portiere gli aprì l’ascensore.
L’ufficio era al quarto piano. Una piccola targa elegante accanto alla porta gli confermò che era arrivato nel posto giusto. Suonò il campanello. Di lì a poco una serratura elettronica scattò, e la porta si aprì. Un uomo, forse di poco meno di quarant’anni, spalancò del tutto la porta e gli porse la mano tesa. Indossava jeans, sneakers, una T-shirt che pendeva sopra la cintura e sul viso aveva una barba di tre giorni. L’enorme orologio d’oro al polso sembrava quasi rubato.
«Nathaniel, suppongo. Sono Isaac, entri».
Un semplice gruppo di divani con enormi cuscini occupava uno degli angoli. Sul tavolo c’erano giornali e riviste, e una coppetta con piccoli cioccolatini accuratamente confezionati. Le pareti erano decorate con fotografie, manifesti e quadri. Isaac compariva in diverse foto. La stanza non era un’ostentazione, ma lasciava colpito il visitatore, cosa che Nathaniel immaginò fosse l’effetto voluto. Tutto dava un’impressione di professionalità, ma anche di genuino impegno. Gli piacque.
«Il viaggio è andato bene? Nessun problema a trovare il posto?»
«No, tutto bene».
«Posso offrirle qualcosa? Un sandwich, qualcosa da bere?»
«Volentieri una coca-cola, se c’è».
«E un sandwich al prosciutto? Sono buonissimi».
«Sì grazie, va bene anche quello».
Franklin aprì la porta di quella che era la cucina e tornò con coca-cola e sandwich.
«Andiamo nella sala riunioni».
Questa era un grande ufficio d’angolo con vista su Central Park. Un lungo tavolo ovale dominava la stanza. A un lato c’erano due pile di fogli. Franklin si sedette davanti a una di queste e appoggiò il cibo sul tavolo.
«Niente come lavorare di sabato, eh?» Franklin sorrise come per uno scherzo segreto. Scartò il sandwich e ne staccò un bel morso. Nathaniel si sedette. Non poté fare a meno di guardare la prima pagina della pila davanti a lui. La parola ‘contratto’ gli balzò agli occhi.
«Lei è molto più giovane di quel che credessi» disse Franklin. «Ci diamo del tu?»
Nathaniel non sapeva bene cosa rispondere. Aprì la bottiglietta e bevve un sorso fissando il foglio.
Franklin continuò: «Ok, suppongo che tu abbia delle domande. Io posso cominciare spiegandoti un po’ chi siamo noi, e poi ti parlo del nostro cliente, se vuoi».
Nathaniel annuì e scartò il suo sandwich.
«Hammersmith, Davids e Franklin è un piccolo studio legale specializzato soprattutto in brevetti e in contratti legati ai brevetti. In altre parole abbiamo una grande esperienza con partner che desiderano collaborare allo sviluppo tecnologico, e alla ricerca e raffinamento del prodotto. Non siamo una grossa azienda: con la nostra segretaria siamo solo in quattro, ma ci consideriamo tra i migliori del ramo. Puoi vedere le nostre referenze, se lo desideri». Franklin staccò un altro piccolo morso del suo sandwich lanciando a Nathaniel un foglio attraverso il tavolo. «Al mio cliente non piace molto ricevere attenzione, e desidera perciò porre alcune condizioni legate alla riservatezza. Il foglio davanti a te è un accordo che stabilisce che tutto ciò che verrà detto in questo incontro deve essere tenuto segreto, a meno che entrambe le parti non siano d’accordo nell’annullare il contratto».
«Aha?» Nathaniel prese il foglio e cominciò a leggere. C’erano diversi riferimenti a leggi di cui non aveva mai sentito parlare, ma in sostanza c’era scritto che lui si impegnava a mantenere segreto l’accordo.
«Posso rifiutarmi?»
«Non se vuoi sapere che cosa ti offrono».
Fu il modo in cui Franklin disse ‘offrono’ che spazzò via gli ultimi dubbi. Franklin si tolse una penna dalla tasca interna e l’appoggiò sul tavolo. Nathaniel firmò, ripiegò le dita intorno alla penna e spinse il foglio verso Franklin.
«Bene, allora possiamo cominciare. Prima di tutto devo dire che il mio cliente paga anche perché tu possa usufruire dei miei servigi. Puoi domandarmi qualsiasi cosa legata all’argomento di cui tratteremo, e io mi sono impegnato a risponderti in modo neutrale».
Nathaniel diede qualche colpetto con la penna sul bordo del tavolo e poi si fermò. «Non sarà un po’ strano?»
Franklin si appoggiò all’indietro e annuì. «In che senso?»
«Come posso fidarmi di te? Non mi intendo di diritto, ma in realtà non posso rivolgermi a terzi per un parere senza rompere l’accordo che ho appena firmato, giusto?»
«Giusto. Hai ragione, è un tantino insolito, ma il mio cliente mi ha chiesto di dirti e di fare questo. Se mi fai una domanda, io ti rispondo, e starà a te decidere se credermi o meno. A essere sincero non è questa l’unica cosa strana».
«Ah, no? E cos’altro c’è?»
Franklin si schiarì la voce. «Ci sono diverse cose che mi hanno sorpreso. Per cominciare, ci hanno fatto avere un abbozzo di contratto che non era da meno di quello che avremmo potuto scrivere noi, e questo già la dice lunga. Può sembrare un vanto da parte nostra, ma se lo desideri puoi controllare quello che sto dicendo. E poi il contratto è... come posso dire? ‘Eccentrico’ forse è un termine adeguato. Io non ho mai visto niente del genere». Scosse piano la testa.
Nathaniel lo guardò, aspettando che continuasse.
«Il contratto dice che verrà creata una società per la promozione della tua ricerca. A te spetta il cinquanta percento delle azioni, e in cambio tu lavorerai per la società per tre anni. Come dipendente riceverai un salario annuale di duecentocinquantamila dollari più un compenso una tantum di cinquecentomila dollari. Il capitale iniziale della società è di un milione di dollari, stanziati dal mio cliente, con possibilità di aumento. Tu sarai l’unico impiegato e potrai gestire la tua ricerca come meglio credi. Farai un rapporto scritto al mio cliente ogni mese. Un revisore di conti terrà la contabilità. Il consiglio di amministrazione sarà composto da noi più due persone esterne. Puoi leggere il contratto tu stesso, è quello che trovi davanti a te».
Nathaniel guardò la pila di fogli come se questa stesse per morderlo. Le cifre gli turbinavano in testa.
«Non capisco» disse, attirando lentamente a sé i documenti. «Sanno qual è l’oggetto della mia ricerca?»
«Certamente».
«Ma conoscono i miei ultimi risultati?»
«Ho trasmesso loro tutte le informazioni che mi hai dato. Sanno perfettamente in cosa stanno investendo».
«E non ci sono svantaggi di alcun tipo?»
Franklin sfogliò rapido il contratto. «Ci sono naturalmente delle condizioni. Alcune possono essere considerate svantaggiose».
«E quali sono?»
«C’è una condizione assoluta che devi accettare; né tu né il mio cliente avete il permesso di pubblicare informazioni sul tuo lavoro, senza prima avere l’autorizzazione scritta di entrambi».
«E perché?»
«Non lo so».
«È normale?»
Franklin scosse rassegnato la testa. «Quando si crea una società come questa, è normale che una delle parti si assuma un rischio maggiore, e quindi desidera anche averne il controllo. In questo caso, visto che l’investimento è di diverse decine di milioni, a te viene dato tanto controllo quanto al mio cliente, cosa a dir poco inaudita».
«Diverse decine di milioni?!» Nathaniel sentì di aver parlato a voce troppo alta.
«Sì, forse ho dimenticato di dirlo. La ditta ha anche accesso permanente ai satelliti».
Non poteva essere vero.
«Accesso permanente ai satelliti??? Per me?»
«Sì, fa parte del contratto, a pagina quattro».
«Ma... ma è ridicolo!»
Franklin non sembrò condividere il bisogno di ridere.
«Significa che ho tutto quello di cui ho bisogno per completare la ricerca!»
«Sì, l’intenzione è questa».
Nathaniel quasi balzò in piedi. «Non capisco. Io per quel che mi riguarda so che funzionerà, ma chi mai è pronto a investire cifre simili in qualcosa che non si sa ancora se avrà un esito?»
«Il mio cliente è un’organizzazione chiamata Rilchned. Forse ne hai sentito parlare?» Franklin pronunciò il nome in un modo che a Nathaniel ricordò il francese.
«No, non credo. Cosa fanno?»
«Rilchned è un’organizzazione che lavora perlopiù con investimenti, brevetti e opere di beneficenza. Il nome non è conosciuto al di fuori del mondo della finanza, dato che in generale preferiscono mantenere un profilo pubblico basso. Hanno molti brevetti, e assegnano ogni anno ingenti somme a scopi diversi».
«E allora chi possiede l’organizzazione?»
«Si possiede da sola. Non c’è alcuna proprietà legata a persone fisiche. Si può essere soci, e da quello che ho capito è piuttosto difficile entrarci. Ci sono statuti che si è tenuti a seguire, e c’è un consiglio di amministrazione. Più di questo non so».
«Posso incontrarli?»
«Nel contratto è stata inserita una clausola che dice che potresti essere costretto ad andare a Parigi per incontrarli, ma normalmente tutte le informazioni verranno trasmesse via mail o per telefono. Anche io sarò disponibile a rispondere a eventuali domande per un certo periodo di tempo».
«Quante clausole ci sono in tutto?»
Franklin aprì la sua copia del contratto. «Possiamo vedere assieme tutti i punti».
Ci impiegarono meno tempo di quello che Nathaniel aveva creduto. Non c’erano così tante frasi complesse come si era aspettato, e le poche che non capiva gliele spiegò Franklin. Non ebbe bisogno di riflettere nemmeno su un’unica domanda. Per tutto il tempo ebbe la sensazione che quel contratto fosse troppo bello per essere vero, ma non trovò nulla scritto nei fatidici caratteri piccoli. E questo lo preoccupava. Gli davano tutto ciò che voleva e molto di più, a condizione che tutto venisse tenuto segreto, fino a che le parti non si fossero messe d’accordo sull’utilizzo della tecnologia. Entrambe le parti avevano pieno diritto di veto.
«Perché insistono tanto sulle restrizioni per l’utilizzo?» domandò Nathaniel.
«Be’, di tutta la tecnologia si può abusare. Considerano la tua particolarmente potente, così desiderano una garanzia contro l’abuso. Perlomeno questo è ciò che hanno detto».
Nathaniel aveva rimuginato su molti modi in cui utilizzare la tecnologia per individuare le persone, ma non aveva mai valutato la possibilità di abuso. Ciononostante non dubitava che fosse possibile.
«C’è una cosa» disse.
«Sì?»
«Non è forse un po’ troppo vantaggioso per me questo contratto?»
Franklin si alzò e aprì una finestra, poi restò in piedi dietro la sedia. Esitò un attimo. «Avevo consigliato a Rilchned di modificare l’accordo, ma non ne hanno voluto neanche sentir parlare. Ho domandato il perché, ma non desideravano discutere. Vogliono te e la tua ricerca. È evidente che si fidano di te e della tua capacità di produrre risultati che giustificheranno il loro investimento».
Nathaniel si contorse sulla sedia. «E se non sarò all’altezza delle aspettative?»
«Sei assunto per tre anni. Se non potrai mostrare dei risultati dopo quel periodo, si rescinde il contratto».
«Ok. C’è anche un’altra cosa che mi chiedo: la mia ricerca è pubblica, dato che costituisce parte della mia tesi di dottorato presso l’università. Come si può evitare che qualcuno faccia uso improprio di quello che trovano lì?»
«Quell’aspetto è già risolto. Verrà stilato un accordo con l’università. Tutte le parti hanno già approvato il contenuto».
Nathaniel non aveva mai sentito nulla di simile, ma gli venne il sospetto che certa gente all’istituto avrebbe accettato volentieri del denaro per sbarazzarsi del suo progetto. Sorrise pensando a come avrebbero reagito il giorno in cui si fossero accorti di cosa avevano fatto.
«Tu che cosa mi consigli di fare?»
Franklin inclinò leggermente la testa da un lato. «Suppongo che tu abbia delle alternative, ma non posso immaginarmi che siano migliori di questa».
«Posso prendermi del tempo per riflettere?»
«Certo: hai una settimana per decidere. Nel frattempo puoi telefonare quando vuoi, ma apprezzerei molto non venir svegliato di notte» rispose Franklin e strizzò un occhio.
Conclusero l’incontro, e Nathaniel ricevette una busta di plastica per metterci dentro i suoi fogli.
«Un’ultima cosa» disse Franklin quando furono sulla porta. «È davvero possibile realizzare quello su cui hai fatto ricerca?» Sulla fronte gli era apparsa una profonda ruga.
«Sì, certamente. Altrimenti perché saremmo qui?»
Franklin rise brevemente. «Già, perché?»
Nathaniel lasciò l’ufficio con le sue carte, un’altra coca-cola e un sandwich. Sapeva di non aver ancora realizzato pienamente quel che gli era successo. Era solo qualcosa che era accaduto, come tutto il resto. Uscì in strada e guardò le persone intorno a sé. Quella nota sensazione lo pervase di colpo, e tutti i sensi confluirono assieme a formare un ricordo. Doveva solo firmare, e avrebbe potuto mantenere se stesso e tutta la sua famiglia per lungo tempo. Una ragazza gli passò davanti, e lui non poté trattenersi dal sorriderle. Lei ricambiò il sorriso. Nathaniel sentì come quel sorriso gli si propagava a tutto il corpo. Libertà economica. Il suo nome sulla bocca di tutti.
Forse New York stava cominciando a piacergli.
Franklin entrò nel suo ufficio e si mise al computer. Trovò la mail e compose il numero di telefono che gli era stato inviato. Ci volle molto tempo prima che dall’altro capo gli giungesse un suono, e mentre faceva squillare il telefono Franklin aprì il mobile bar e si versò uno scotch. Alla fine una voce maschile disse ‘pronto’, con inconfondibile accento tedesco. Il tedesco di Franklin era così così, ma per principio cercava sempre di parlare la lingua del suo interlocutore.
«Guten Abend, sono Isaac Franklin, desidererei parlare con Herr Kolkrabe».
L’uomo rispose con voce profonda: «Ah, Guten Tag. L’aspettavo. Com’è andato l’incontro con Wilkins, abbiamo un accordo?»
«Al momento non ancora, ma non vedo alcun motivo per cui non dovrebbe firmare. Sembrava propenso».
«Come ha reagito al contratto?»
«Con un misto di gioia, shock e incredulità, si può ben dire. Comprensibilmente».
«Bene, mi faccia sapere quando il contratto sarà firmato».
Franklin aveva cominciato a dire qualcosa, quando sentì un clic all’altro capo e tutto ciò che rimase fu una nota prolungata. Prese un gran sorso dal suo bicchiere e si sedette sul divano. Strano contratto, strana gente, ma quanto a pagar bene, niente da eccepire.