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«OK, fate attenzione, adesso». Nella sala coordinamento indagini il vice questore aggiunto Bain posò sulla scrivania il tazzone dal quale stava bevendo e attese che tutti tacessero. Logan era seduto insieme alla Steel due file più indietro, marinandosi nei postumi della ben meritata sbornia della sera prima.
Appena l'ispettore Steel aveva reso noto il nesso con gli articoli sulle vittime, tutti i presenti avevano fatto i salti mortali per pagargli da bere, e Logan non si era tirato indietro.
«Suppongo che siate al corrente», cominciò Bain, «che finalmente abbiamo scoperto il metodo usato dal Carnaro per scegliersi le vittime». Mostrò ai presenti una copia dell'«Aberdeen Examiner» di quella mattina, con l'esclusiva dí Colin Miller in prima pagina; espressioni di soddisfazione, seppur attutite, si levarono da tutti i presenti, facendo arrossire Logan.
Il vice questore aggiunto alzò una mano. «Ma prima che cominciate a stappare lo champagne, pensate un attimo a questa coincidenza; prima delle loro morti, ognuna delle vittime del Carnaro è stata oggetto dí un articolo in un giornale, «Press and Journal», «Evening Express», «Dundee Courier», «Glasgow Herald»,
«Daily Mail», «Scotsman», «Sunday Post»... avete la più pallida idea di quante persone leggono quei giornali?».
E tutto d'un colpo Logan non si sentì così compiaciuto.
«Esatto. Milioni di persone. Questo nesso ci dice come il Carnaro fa le sue scelte, ma è ben lungi dal procurarci il suo nome e indirizzo». La Steel diede una leggera gomitata nelle costole a Logan. «Te lo avevo detto!». Bugia.
«Ma», continuò il vice questore aggiunto interrompendo le espressioni di delusione che si levavano dai presenti, «questo potrebbe aiutarci a capire il modo di pensare di quello stronzo. Che mi porta a parlarvi della seconda voce sulla scaletta: il qui presente dottor Goulding». Fece un gesto con la mano e un uomo in abito grigio che era seduto al suo fianco si alzò.
«Salve, gente; chiamatemi Dave, OK?», accento di Liverpool, naso aquilino, capelli come la pelliccia di qualche animale e una cravatta che faceva pensare a qualcuno che aveva ingerito delle vernici fluorescenti nell'intera gamma di colori e che poi ce le avesse vomitate sopra.
«Il dirigente generale Faulds mi ha chiesto di venire qui e di presentarvi un profilo del Carnaro. Io lavoro da quindici anni con perpetratori di reati di violenza sessualmente motivati; ho frequentato corsi di addestramento dell'FBI all'Accademia di Quantico, Virginia; ho assistito la polizia metropolitana di Londra nel tracciare il profilo di perpetratori di vari reati...».
La Steel si chinò su un fianco e sussurrò all'orecchio di Logan: «...ho abitato nel giardino di un polipo, mi sono vestito da donna, ho fatto sesso con un aspirapolvere, sono innamorato del suono della mia voce...».
«Mi è stato detto di concentrarmi su tre possibili tipologie di riferimento. a): Ken Wiseman è il Carnaro e lavora con un complice; b): Ken Wiseman era il Carnaro, ma gli omicidi che stanno avendo luogo adesso sono solo opera di un imitatore pedissequo; e c): sono sempre stati opera di qualcun altro», si rivolse a Bain. «Possiamo proiettare la prima diapositiva?... Grazie». Si girò e fissò lo schermo, sul quale era proiettata un'immagine dell'autopsia surreale di Thomas Stephen. «Quando ci si trova di fronte a dei predatori sessuali o a dei serial killer, è consigliabile cominciare dalla conseguenza e lavorare a ritroso, retrocedendo verso le cause...».
La Steel si sistemò meglio nella sedia. «Dammi una gomitata se comincio a russare, 0K?».
Fu presentata una lunga spiegazione di come il Carnaro stesse uccidendo delle persone per poter introdurre carne umana nella filiera alimentare; secondo Goulding, questo era tipico di qualcuno che soffriva del complesso del messia squilibrato. Più andava avanti più frequenti erano i colpi di tosse, gli spostamenti sulle sedie e gli sbadigli. Quando arrivò al primo profilo, la testa della Steel ciondolava, arrivando sempre più in basso, fino a quando il mento arrivò a toccarle il petto. Partita.
Logan non poteva biasimarla; anche lui stava facendo degli sforzi enormi per tenersi sveglio. Il dottor chiamatemi-Dave Goulding si era auto convinto di essere uno di loro; e continuò a parlare a ruota libera ancora e ancora e ancora...
«Ovviamente», disse a un certo punto del suo monologo, «ciò che maggiormente mi preoccupa del quadro C è la mancanza di escalatíon. Venti anni è un periodo troppo lungo per le operazioni di un singolo individuo; col passar del tempo l'eccitamento sessuale dovrebbe diventare sempre più difficile da mantenere vivo; e il brivido che prova nell'uccidere e nello smembrare svanisce molto più rapidamente.
Quindi deve uccidere di nuovo, e continuare a farlo, fino a quando verrà fermato, o avrà fatto una strage».
Logan alzò una mano. «E se la motivazione non fosse di tipo sessuale?».
Lo psicologo puntò allo schermo alle sue spalle; pezzi di carne, sul tavolo della sala operatoria dell'obitorio.
«La motivazione è sempre sessuale. Spesso non lo sembra, ma lo è, sempre. Quest'uomo uccide, fa a pezzi, mangia; e questi sono solo degli stimoli alla sua immaginazione», si accigliò, «probabilmente per pratiche masturbato-rie. Non c'era alcun segno che Tom Stephen fosse stato sessualmente penetrato prima o dopo il decesso, e non vi erano tracce di sperma nella testa».
Il che dipingeva un quadro stupendo.
«E se il sesso non fosse il fattore determinante?»
«Il sesso è sempre il fattore determinante», rispose Goulding sorridendo. «Il Carnaro è un classico esemplare di necrofilo». «Ma lei ha detto che non fa sesso con i cadaveri; quindi, come...». «Per eccitarsi sessualmente a molti necrofili basta semplicemente l'immagine della morte. Il Carnaro uccide per produrre un cadavere sul quale lui ha il potere assoluto. Per lui l'assassinio è la fine che giustifica il mezzo; è qualcosa di accessorio, di secondario. Non infierisce sessualmente sul cadavere, perché non è questo che stimola ed eccita la sua fantasia. Il Carnaro pratica la necrofagia – lo smembramento e l'ingestione di un cadavere.
La necrofagia è una sotto-categoria molto affascinante della necrofilia».
«Ma...».
Il vice questore aggiunto lo guardò storto. «Sergente, se hai altre domande ti consiglio di parlarne col dottor Goulding dopo il briefing. Andiamo avanti».
«Mi dispiace», disse Faulds quando si ritrovarono nell'ufficio casistica, «ma non immaginavo che sarebbe stato così...».
«Palloso?», la Steel si era seduta nella sedia di Logan, con le mani intorno a un tazzone di caffè.
«Stavo per dire "accurato", ma ci può stare anche palloso». Logan strappò l'involucro di una merendina. «E
ci può stare "condiscendente"? Oppure "testa di cazzo"?»
«Comunque sia, credo che il dottor Goulding abbia disegnato un profilo abbastanza interessante. Sarà meglio che cominciamo a spulciare la nostra lista di possibili persone sospette e a vedere se riusciamo a identificarne qualcuna».
Il che portò a tre ore di ipotesi e congetture con la lavagna bianca e i pennarelli.
Logan: «E Catherine Davidson? Potrebbe starci che i suoi resti non sono mai stati trovati perché era lei a commettere tutti gli omicidi?».
Steel: «Che trovata geniale! Vediamo come si identifica col profilo; oh, no, aspetta, la Davidson è una donna! Avanti un altro!». Faulds: «E Jamie McLaughlin? Il suo amico è finito in prigione, come tutti sappiamo, ma Jamie finisce con lo scrivere libri per bambini. È un elemento dotato di creatività. Vive da solo. Ai tempi della prima serie di assassini portò a termine una ricerca molto approfondita. Perché non potrebbe essere lui? Un figlio che sta rivivendo la morte dei suoi genitori, più di una volta?».
Logan: «Come avrebbe fatto a entrare nel mattatoio per liberarsi dei resti?».
E l'intera mattinata passò così; presentando delle ipotesi e poi facendole a pezzi.
Finalmente Faulds spinse indietro la sedia, si stiracchiò e disse. «Pranzo?».
«Oggi è mercoledì; alla mensa c'è merluzzo e patate fritte». «Oddio, sono stufo di patate fritte. Possibile che quassù non abbiate mai sentito parlare di insalata?»
«E cosa c'è che non va con le patate fritte?», saltò su la Steel.
«Perché non andiamo a farci un bel sushi?», disse Logan infilandosi la giacca. «C'è un posticino dalle parti del mercato che è mica male».
«Non è mica roba fritta, eh?», rispose Faulds alzandosi. «Perché io... Oh, ispettore Insch... David... sono molto, molto dispiaciuto per il lutto che ti ha colpito».
L'ispettore Insch era sulla soglia del loro ufficio, con addosso un cappotto che sembrava una tenda, sul suo vestito blu. «Avrei bisogno del sergente McRae per un paio d'ore, signore».
«Veramente», disse Faulds, «stavamo andando a colazione; perché non vieni con noi?»
«Mi farebbe molto piacere, signore, ma ho una tabella di marcia piuttosto compressa. Ho un piromane in trasferimento a Barlinnie oggi pomeriggio; il sergente McRae partecipò alle indagini che condussero al suo arresto, e gradirei la sua presenza quando interrogherò quello stronzo».
«Capisco...». Faulds si girò verso Logan. «Credo che abbiamo fatto una buona mattinata di lavoro, quindi se vuoi andare con l'ispettore, sono sicuro che riusciremo a cavarcela anche senza di te». Logan guardò dal dirigente generale a Insch e di nuovo a Faulds, e vide il suo pranzo a base di sushi che svaniva all'orizzonte.
«Ma certo, signore».
Craiginches: l'ispettore era seduto a un tavolino sgangherato in una delle salette per interrogatorio della prigione, demolendo lentamente una grossa confezione di caramelle alla liquerizia. Logan si era appoggiato a una parete, ascoltando tutti i suoni di una prigione all'ora del rancio che si udivano dal corridoio, mentre aspettavano che qualcuno portasse lì Ray Williams dalla mensa.
«Sai una cosa», disse Insch, «c'è stato un tempo in cui adoravo fare il poliziotto, quando credevo di essere utile alla comunità. E invece adesso...». Dalla busta tirò fuori una caramella alla liquerizia e noce di cocco, se la rigirò tra le dita e se la mise in bocca. «Miriam vuole il divorzio. Se ne vuole andare in Canada, e porterà le bambine con sé...».
«Mi dispiace».
«E solo perché non ho preso Wiseman prima che...».
Ray Williams – quando finalmente arrivò — era un elemento viscido ed evasivo, alto un metro e ottanta e pieno di brufoli. A vederlo si capiva subito che non sarebbe neanche stato in grado di scrivere la parola
"verità", figuriamoci conoscerne il significato. Rimase seduto dall'altra parte del tavolino, muovendosi continuamente, mentre Insch gli chiedeva se sapeva qualcosa a proposito di uno stabilimento abbandonato a Dyce, nel quale si era sviluppato un incendio per combustione spontanea. L'ispettore stava conducendo l'interrogatorio con una certa alacrità, ma Logan lo conosceva troppo bene e sapeva che il cuore dell'omone era altrove.
Dopo un po' l'ispettore controllò l'orologio e si allontanò, ritornando cinque minuti dopo con tre bicchieri di polistirolo pieni dí qualcosa che con molta fantasia avrebbe potuto essere definito caffè. Non era da Insch portare i caffè, ma Logan non se ne lagnò. Poi continuarono con le bugie di Williams. No, non aveva la più pallida idea di come le sue impronte fossero finite su quella tanica di benzina. E quegli stracci inzuppati di benzina... Chi, ispettore, io? No, guardi che si sbaglia!
Qualcuno bussò alla porta, e una guardia carceraria si affacciò e disse all'ispettore che il loro appuntamento delle tredici stava aspettando nella saletta a fianco. Logan non aveva la più pallida idea di cosa stesse dicendo la donna, ma Insch la ringraziò e le disse che sarebbe arrivato tra cinque minuti. «Puoi riportare questo coso brutto in cella; sono stufo di vedermelo davanti».
«OK, signore. Dai, Williams, alzati».
«Non sono brutto!».
«Ti sei mai guardato allo specchio?»
«Ma lui non ha il diritto di chiamarmi brutto, giusto?»
«OK», disse Insch, mentre le loro voci si allontanavano lungo il corridoio. «Facciamola finita». Si alzò e si toccò le tasche del cappotto. «Dovremmo... oh, merda! Ho lasciato la cartella in macchina!». Si girò verso Logan. «Vammela a prendere; è sul sedile posteriore e dovrebbe esserci anche un pacchetto di caramelle, di quelle morbide; portami anche quelle».
Logan si staccò dal muro e cercò di non sembrare troppo infastidito dall'essere usato come fattorino. «Sì, signore».
La cartella era sul sedile posteriore, ma non c'era alcun segno di caramelle. Logan si mise la cartella sotto il braccio e tornò verso la prigione. Dopo aver firmato di nuovo il registro d'ingresso e mentre si dirigeva verso le salette d'interrogatorio sentiva lo stomaco che gli brontolava. Diavolo di un Insch, ma non potevi aspettare fino a dopo pranzo?
Sentì le voci di due uomini che urlavano, il suono attutito da una porta in fondo al corridoio. Uno di loro gridò: «BASTARDO!», e poi si sentì il fragore di qualcosa che si fracassava contro un muro. «TI AMMAZZO!».
Cristo... quella era la voce di Insch.
La cartella sfuggì dalle mani di Logan e il contenuto si sparse per terra; solo che non era piena di dichiarazioni e di rapporti, bensì di locandine di un'impresa di pompe funebri. "PORTEREMO CON CU-RA LA TUA CREATURA NEL SUO NUOVO MONDO".
«Oh, che idiota...».
Corse verso il salottino, afferrò la maniglia e la girò.
Chiusa dall'interno.
La porta subì uno scossone, quando qualcosa o qualcuno vi fu sbattuto contro dall'altra parte. Logan provò con un calcio, gridando: «HO BISOGNO DI AIUTO, QUI, SUBITO!». La porta non cedette.
Provò di nuovo e questa volta la porta esplose verso l'interno. Il tavolino era stato letteralmente strappato dal pavimento; i bulloni che avrebbero dovuto tenerlo fisso erano stati divelti, e adesso giaceva su un fianco, circondato da attrezzature audiovisive, anch'esse ridotte in frantumi. Un enorme pugno rosa si sollevò da dietro il tavolino e poi scese di nuovo verso il basso.
Logan si precipitò dietro il tavolo.
Lì c'era Insch, a cavalcioni di Wiseman, che gli teneva ferme le braccia con le ginocchia; aveva una mano alla gola di Wiseman e lo stava strozzando. Un altro pugno e la testa di Wiseman rimbalzò dal pavimento; il sangue cominciò a sgorgargli dal naso.
Un altro pugno, altro sangue.
Alzò il braccio per dargliene un altro, ma Logan lo afferrò in tempo, e lo tirò indietro. Andarono entrambi a sbattere nel muro, proprio mentre due guardie carcerarie entravano correndo dalla porta spalancata.
Wiseman tossì, mandando un piccolo spruzzo di sangue nell'aria, che gli ricadde sul viso. Si portò entrambe le mani, con i polsi ancora ammanettati, al viso e vomitò.
Insch si dimenava, braccia e gambe, cercando di rialzarsi, ma Logan gli si era avvinghiato addosso come un polipo.
«Si calmi!».
«TI AMMAZZO!», un piede passò vicinissimo alla testa di Wiseman, «LO AMMAZZO!».
Le due guardie carcerarie gli si buttarono addosso e in tre riuscirono a trascinarlo in un angolo e a metterlo faccia a terra, girandogli le braccia dietro la schiena.
«LASCIATEMI STARE!».
Barcollando, Logan si rialzò.
Wiseman giaceva su un fianco, tossendo sangue e frammenti di denti. Aveva il viso malconcio; naso appiattito, un occhio rosso paonazzo, gonfio e quasi chiuso, un labbro spaccato e un taglio sulla fronte.
Insch gridò ancora. «LO AMMAZZO, QUELLO STRONZO!». Logan si girò verso le guardie. «Fatelo tacere!».
Una di loro puntò i piedi contro il muro, per contenere Insch che continuava a dimenarsi. «Cosa crede che stiamo cercando di fare?». Logan si avvicinò di nuovo a Wiseman e vide che le spalle gli sussultavano, come se fosse in preda a un forte tremore. E non c'era da sorprendersi, vista la ripassata che Insch gli aveva dato...
Ma non gli ci volle molto per accorgersi che Wiseman stava ridendo. Quello stronzo stava effettivamente ridendo. Sputacchiando sangue, il macellaio riuscì a dire. «Ciccione, ti sei inculato, lo sai? Mi senti? Ti sei INCULATO!».
E aveva ragione. Questa era una cosa dalla quale Insch non sarebbe venuto fuori indenne. Si era veramente inculato, nel vero e assoluto senso della parola.