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Don’t Stop Me Now
QUEEN
Dopo trentasei ore di scali, voli e piccole tensioni, Daniele e Roxanne sbarcarono a Sydney. La città li accolse sotto un cielo di fuoco, nel tardo pomeriggio di un giorno d’estate. Il taxi li condusse all’ANA Hotel, l’albergo con la vista più megalomane della baia.
Appena arrivati, Roxanne mobilitò la reception perché le procurassero pillole per il jet-lag. Poi s’informò per il servizio in camera, chiese il menu per la cena e si ritirò, come una vera regina, nelle sue stanze. Si scusò con Daniele per disertare la serata, ma era troppo stanca e Sydney la conosceva benissimo.
– Capisci, è la mia quarta volta. Basta Sydney. Sono venuta pure per il Mardi Gras. E poi domani il volo per Alice Springs è davvero presto.
– Già.
– Se vuoi, chiedi ai camerieri e fatti un giro qui ai Rocks, che è il quartiere più vecchio di Sydney. E poi ti consiglio una puntatina al pub Lord Nelson.
A Roxanne piaceva intervenire anche nella vita privata dei suoi collaboratori. Aveva la necessità di tenere tutto sotto controllo, una forma d’insicurezza che si portava dietro dall’infanzia: le percosse di suo padre, i dispetti delle sorelle. Daniele cercava di accontentarla nei limiti del possibile.
Dentro di sé, in realtà, stava già gongolando. Era solo. Era libero. Quando entrò in camera, rimase senza parole: una parete di vetri gli regalò un’emozione indimenticabile. Il cielo rosso sull’Harbour Bridge e la mitica Opera House. Per un istante, capì cosa si prova a essere cartolina. Posò la valigia senza degnare la stanza neanche di uno sguardo. Aveva occhi solo per la città: ne osservava le insenature, le luci, le auto che correvano contromano. Uno sbadiglio rumoroso gli ricordò che era dall’altra parte del mondo. Viola. Voleva sentire Viola.
– Hellooooo?
– Dani, dove sei?
– A Sydney, cara mia. Non ce l’ho fatta a chiamarti da Singapore. Sono appena entrato in albergo, devi vedere che vista.
– Noooo. Voglio vederli anch’io i canguri.
– Viola, sono a Sydney, in albergo. Downtown. Capisci?
– Vabbè, per me sei sempre in Australia. Che fai adesso?
– Roxanne si è presa le pillole ed è andata a dormire. Quindi dovrò cenare da solo. Ora mi butto sotto la doccia e poi faccio un giro.
– Che invidia.
– Eh sì. Me ne vado fino all’Opera House.
– No, dicevo che invidia per la doccia. Qui stanno facendo dei lavori e siamo senza acqua da dodici ore.
–Bleee... i capelli unti... non ti posso baciare.
– Tu piuttosto vedi di comportarti bene.
Chiusero la telefonata provando a scherzarci su. Viola era contenta. Aveva voglia di gridarlo a qualcuno – non poteva essere felice, sola – così chiamò sua sorella. Venne immeritatamente punita dalla segreteria telefonica. Lasciò comunque un messaggio. In quel momento avrebbe parlato anche con i muri.
– Alice,bonjour c’est moi, ta petite “sorelle”. Cosa ci fai fuori a quest’ora? Vorrai mica farmi credere che sei già all’università? Chiamami che ho voglia di vederti. Baci.
Daniele intanto stava sfogliando avidamente laLonely Planet. Una guida quasi perfetta, ma decisamente inadatta se hai solo una sera per vedere una città. Quasi irritante. Così spulciò qua e là tra le pagine e si fece un itinerario personale. Per verificare quanto fosse fattibile, ne parlò con un cameriere dell’hotel. Uno di quelli che avrebbe svolto con professionalità qualsiasi lavoro gli fosse capitato nella vita. Daniele era convinto che all’estero funzionasse tutto meglio. Il tour cominciò con i Rocks, tanto per tranquillizzare Roxanne. Poi, seguendo il buonsenso di una cartina turistica, si spinse fino all’Opera House. Fu una lunga camminata, che lo aiutò a capire di che pasta era fatta la città. La gente sembrava moltoeasy, come in alcune parti della California, o a Napoli. L’odore, invece, gli ricordava Londra: quel misto di cucina indiana, zucchero filato e hamburger. Per non parlare dei nomi dei luoghi: Hyde Park, Oxford Street, Haymarket. Le origini coloniali di Sydney erano tradite anche da tutti quegli impiegati che, anziché tornare a casa, si catapultavano direttamente nei pub.
Arrivato all’Opera House, si sedette a un caffè. Voleva godersi in santa pace la conchiglia più ammirata di tutta la barriera corallina. Gli sarebbe piaciuto vederla dal mare, da uno dei tanti ferry-boat che animano la costa. Ma non aveva tempo. Così s’incamminò per le strade fiancheggiate dai grattacieli che, di fatto, sono uguali in tutto il mondo. Dopo l’ennesima boutique Versace, finalmente trovò la via del divertimento: Oxford Street. Costellata di night club e ristoranti thailandesi, era tutto un brulichio di etnie differenti, rapper e ragazze in abito da sera, ragazze belle. Dopo una breve sosta in un take-away orientale, entrò allo Stonewall. Un pub che ha un gemello più noto a New York, ma di cui Daniele non aveva mai sentito parlare. Quando vide l’alta percentuale maschile al banco, s’insospettì di essere in un locale gay.Oh my God. Come unET su un altro pianeta, tutti gli lanciavano sguardi di benvenuto. Era più abbronzato degli altri e più bello della media, la mascella dura, la cicatrice circospetta. Il fascino latino alla conquista dell’Oceania. Cominciò la visita come se fosse alla National Gallery. I baristi erano abili prestigiatori dai bicipiti definiti. Servivano molta birra e poco gin tonic. I ragazzi seduti ai tavoli sembravano in attesa dei provini per comporre una nuova boy band. Tutti sani e sorridenti, cresciuti a latte e cereali. Daniele decise di bere qualcosa. Si fece spazio con un paio di “excuse-me” e arrivò a tu per tu con gli alcolici. Ordinò un whisky liscio per sembrare più virile. Si sentiva osservato, ma era una sensazione più legata alla paura che alla realtà. Quando si vide riflesso allo specchio, capì che assomigliava agli altri molto più di quanto credesse. Di quanto volesse. Si voltò attonito. Non vide né maglie rosa, né balli effeminati, né mani che gesticolano troppo, né discussioni più isteriche del solito. Vide invece due ragazzi baciarsi, e questo lo turbò. Si baciavano di gusto, tra gli spintoni della calca, e nessuno ci faceva caso. Li guardò dapprima con apprensione, poi con invidia. Ordinò un secondo whisky. La musica era sempre più alta, i ragazzi sempre più belli. Muscolosi. E sgomitavano intorno a lui. Esisteva un mondo parallelo, quindi. Era la prima volta che lo notava. Avrebbe tanto voluto che Rocco fosse lì.