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Luka

SUZANNE VEGA

Daniele aprì il pacco e restò un attimo in silenzio.

Davanti ai suoi occhi, la discografia completa dei Beatles, daPlease Please Me aLet It Be nell’ultima, anche se non definitiva, edizione rimasterizzata. Dietro il regalo, un sorriso grande di Rocco.

– So che ne hai già qualcuno, ma nel dubbio te li ho ricomprati tutti. Al limite ho fatto un regalo anche a Yoko Ono.

Senza saperlo, Rocco aveva toccato un tasto su cui Daniele era particolarmente sensibile.

– Non nominarla, ti prego. Non nominarla, quella stronza. Ma quanto mi sta sul culo? È nana, gialla e non ride neanche a pagarla.

– Forse se la paghi ride.

Daniele cercò di sbollire nel minor tempo possibile. Yoko Ono lo rendeva irascibile. La considerava la vera colpevole della fine del gruppo. Teneva addirittura il vinile diDouble Fantasy – il tormentone della sua adolescenza – dentro una custodia anonima, per non vedere il mitico bacio pubblico tra John e Yoko.

– Comunque, stronza a parte, non so davvero cosa dire.

– Comincia con grazie.

– Grazie.

– E adesso baciami.

– No, adesso apri il mio regalo.

Daniele andò sul pianerottolo e tornò con la faccia di chi vuole vincere la gara delle sorprese. Dal cilindro estrasse un gigantesco uovo di Pasqua.

– L’ho fatto fare apposta per te dal mio pasticcere. Non eri tu che da piccolo sognavi di vivere in una casa di cioccolata?

Rocco non parlava, inebetito. Le vere sorprese gli facevano assumere sempre un’aria abbastanza stupida.

– Cosa rimani lì? Aprilo. Questa è solo la scatola. Il vero regalo è dentro.

Rocco ruppe quell’inno al cacao magro come un tagliatore di diamanti. Un pacco morbido e infiocchettato voleva vedere la sua faccia. Erano mutande di Vivienne Westwood. Le stesse su cui si erano soffermati davanti a una vetrina di Londra e che Rocco aveva commentato così: “Se potessi, io metterei le mutande di Vivienne Westwood per una ragione sola. Il nome. Vivienne Westwood”.

La risposta di Daniele sarebbe arrivata poche settimane dopo, anche se l’acquisto era stato fatto all’istante.

– Ma sono quelle che abbiamo visto a Chelsea... Come cavolo hai fatto?

Daniele si stravaccò sulla sedia e appoggiò i piedi sul tavolo, fiero di una sorpresa così gradita.

– Ti ricordi quando ti ho detto che i negozi stavano per chiudere?

– Sì.

– E dovevo ancora comprare il tè e le saponette al cedro e ci siamo divisi i compiti?

– Sissignore.

– Ecco, le saponette erano le tue mutande.

– Ma dàaai. Quindi non sei andato da Lush.

– No.

– Mi spiace.

Daniele si tolse le scarpe, senza muovere i piedi dal tavolo.

– Perché ti spiace?

– No, mi spiace che tu non abbia comprato le saponette al cedro di Lush.

– Ma chi cazzo se ne frega delle saponette al cedro? Mica le volevo sul serio.

Rocco si rese conto che anche all’ingenuità c’è un limite, dio come sono stupido.

– Grazie per avermi riportato alla realtà.

– Allora spogliati.

– Puoi ripetere?

– Ho detto spogliati.

Rocco si avvicinò a Daniele con la bocca socchiusa. La carotide sul collo pulsava a mille. Era bastata una parola per prosciugare le ghiandole salivarie.

Slurp slurp.

I baci si susseguirono morbidi e intensi. Alla luce del piano cottura venne immediatamente imposto il black-out. Daniele afferrò le mani di Rocco e le portò sui suoi pantaloni.

Primo bottone.

Secondo bottone.

Terzo bottone.

Quarto bottone.

Elastico delle mutande, giù.

Bocca di Rocco, giù.

Su.

Giù.

Su.

Giù.

Su.

Giù.

Su.

Giù.

Daniele non aveva mai avuto un pompino così. Mai. Rocco sapeva dilatare perfettamente i tempi per amplificare il piacere, anche se non gliel’aveva mai spiegato nessuno.

Si fermò per un attimo di respiro. Daniele ne approfittò. Lo portò di forza in camera da letto e gli bloccò le braccia. Lo sdraiò. Rocco si lasciò sdraiare. Poi si lasciò baciare. Baciare. Baciare. Baciare. Baciare. Baciare. Baciare. Dappertutto. L’amplesso fu potente, ma confuso. Rocco non capiva da che parte del corpo arrivassero gli stimoli. Daniele si rese veramente conto che stava amando un uomo quando tra le mani non trovò più un paio di tette.

Rocco venne senza neppure toccarsi. Daniele gli andò dietro subito dopo. Urlò, disorientato.

Il ritorno alla lucidità fu strano per entrambi.

Una seconda prima volta. Senza i traumi degli esordi, ma con lo stesso stupore di avercela fatta. Di esserci riusciti.

Era stata più dura di tutte le scopate della loro vita messe insieme. Due corpi maschili non sono nati l’uno per l’altro. Può unirli solo il desiderio, se c’è, e la volontà di esaudirlo. E questo per Rocco e Daniele era stato assolutamente naturale. Le barriere opposte dai corpi avevano stimolato nuovi meccanismi. Dinamiche fino allora sconosciute, che portavano a conoscere se stessi attraverso il piacere dell’altro.

Quella sera avevano scoperto un nuovo modo di amare.

– Buon Natale, Daniele.

– Buon Natale e buon anno, Rocco. Domani parto. Io e Viola passiamo qualche giorno in Toscana, in un agriturismo. Gliel’avevo promesso.

Daniele cominciò a rivestirsi rapidamente. Rocco rimase sul letto a guardarlo, se parti ti perdo, non puoi lasciarmi così, adesso.

– E quindi?

– Quindi abbiamo festeggiato Natale e Capodanno in una volta sola. Hai dello spumante?

– No. Ho il solito vino rosso.

– Meglio. Sarà un brindisi più ruspante.

Rocco si mise i primi boxer che trovò nel cassetto e andò in cucina per ammortizzare il colpo. L’annunciata partenza era stata un piccolo trauma. Daniele poteva esistere solo quando era con lui. Se lo ripeté tre volte, mentre cercava i bicchieri e li riempiva fino all’orlo. Tornò in camera attento soprattutto a non rovesciare il vassoio.

– È stato il Natale più hard della mia vita.

– Per me invece è stato un cenone con zampone e lenticchie. Auguri, Rocco.

Lo guardò un attimo sornione. Poi aggiunse:

– Sono contento che ci siamo trovati.

Rocco bevve senza parlare, temendo che qualsiasi reazione potesse rovinare tutto. Chiese a Daniele se voleva altro vino. Ma era troppo tardi e la serata andava bene così. Rocco prese la collezione dei Beatles e la mise dentro un sacchetto. Daniele si sistemò il cappotto davanti allo specchio e si avviò alla porta.

Si salutarono più come amici che come amanti. Di fatto, lo erano sotto moltissimi aspetti. Non avevano ruoli stabiliti dal galateo della società. Daniele ci pensò – un pensiero leggero, nato per passare il tempo – durante tutto il viaggio di ritorno. Cosa poteva guadagnare a uscire con un uomo anziché una donna? Cominciò a stilare tra sé un lungo, personalissimo elenco:

– non devi aspettarlo mentre si trucca;

– non devi fronteggiare sbalzi ormonali;

– non devi offrirgli sempre la cena;

– non devi passarlo a prendere tutte le volte;

– non devi riaccompagnarlo tutte le volte;

– non devi portare le borse più pesanti del Conad;

– non devi comprare il test di gravidanza;

– non devi trattenere i rutti;

– non devi lasciargli l’ultima porzione di tiramisù;

– non devi sentirlo mentre si sta fonando;

– non devi dire che la tua segretaria è un cesso;

– non devi mangiare il Philadelphia Light;

– non devi fare il corso prematrimoniale;

– non devi fare regali alla suocera;

– e, soprattutto, non devi porti il dubbio se è venuto o no.

Daniele cominciò a ridere. Pensando alla storia con Rocco, si era sempre soffermato sui tabù e mai sui vantaggi. In effetti, la loro era una relazione paritaria fin dalla nascita. Forte come un’amicizia, passionale come la tifoseria calcistica all’ultima di campionato. Uno strano mix, su cui aleggiava però sempre il fantasma di Viola. Una donna. Una donna fighissima. Un punto di riferimento su cui Daniele non aveva nessuna voglia di scherzare. Poteva raccontarsi tutte le controindicazioni possibili, ma per nessun maschio al mondo sarebbe riuscito a sostituirla. Avrebbe voluto sostituirla.

A questo pensava, e un po’ si commosse, mentre non vedeva l’ora di abbracciarla di nuovo.