10

Lucky Star

MADONNA

– Daniele, puoi venire un attimo nel mio ufficio?

Ci siamo, pensò il malcapitato account supervisor. Il direttore creativo dell’agenzia lo chiamava a rapporto con tono poco rassicurante. Le ragioni potevano essere varie ed eventuali: ritardo nel ciclo mestruale, proteste del cliente, fine dell’effetto dei sedativi, fine del burro cacao, fine del progetto, multa per sosta vietata. Roxanne era così da quarant’anni. Lunatica come una donna lunatica, vulcanica come le sue origini catanesi, paradossale come la versione inglese del suo nome originario: Rosanna. Capace nella stessa giornata di portarti in paradiso o precipitarti al piano di sotto. Il fascino del potere – fare cose con le parole – era il suo unico, grande difetto.

– Secondo te, ti abbiamo assunto perché sei bello o perché sei bravo?

Daniele si sentì di nuovo alle elementari. Il grembiule nero e macchiato, la maestra acida.

– Perché sono bravo, spero.

– Infatti sei bravo. O meglio, saresti bravo. Ma sei soprattutto bello, è evidente. Due occhi come i tuoi sono più efficaci a convincere il cliente che la campagna funzionerà, vero? Non c’è niente di male, è sempre andata così.

Daniele sgranò, per l’appunto, gli occhi.

– Anche per questo ti ho portato con me a Verona. Volevo che ci fossi anche tu come argomento in riunione. Peccato che tu sia servito solo a quello.

– Non capisco.

– Arrivo al dunque. Sbaglio, o hai già passato ai creativi il brief per la campagna TV di Sweetie?

– Non sbagli.

– Spiegami perché l’hai fatto senza la mia autorizzazione.

– Perché non c’eri. Visto che lo abbiamo rielaborato insieme, pensavo di poterlo già passare per non perdere tempo. Tutto qui. Te ne avrei parlato io tra poco.

Roxanne prese fiato come se dovesse entrare in apnea. Le rughe incazzate, la pelle giallastra – la collera nemica dell’epidermide – la lingua sul piede di guerra.

– I brief importanti li passo io, chiaro?

– Chiaro.

– E poi chi ti ha detto di scrivere questo cappello introduttivo sul mercato natalizio dei dolciumi?

– Veramente sei stata tu, ieri.

Fu come il lampo che precede il tuono.

– Ti prego, ripeti.

– Tu. Sei stata tu.

Roxanne fu sul punto di esplodere, ma riuscì a contenersi. In fondo i suoi scatti d’ira erano fuochi di paglia, dettati esclusivamente dal ruolo che ricopriva, e che gli altri volevano ricoprisse.

Daniele non disse niente. Rimase lì, impalato, la cicatrice scura, a osservare quella tigre in apparenza feroce. La disarmò senza proferire parola. Gli venne una faccia che era un incrocio tra “hai-finito?” e “non-ti-permettere-mai-più”. Il sangue, però, pulsava con grande violenza nelle sue vene furibonde. Gli attacchi per demeriti burocratici lo mandavano in palla, anche se dettati da un protocollo obbligato e necessario. Ma lui sapeva che bastava guardarla fissa, la tigre, perché si calmasse. Il silenzio la mise a disagio. Capì di aver esagerato e tirò un lungo sospiro. Si tolse le scarpe – scarpe da tennis da ragazzina – e le fece cadere sul pavimento. Prese il brief dal cassetto e lo commentò con Daniele come se nulla fosse.

– La Reason-why che hai scritto mi sembra buona. Perché questo Sweetie è veramente il dolce di Natale dei giovani che hanno voglia di cambiare. E mi piace molto anche l’Insight: io sono il dolce che mangio. Ricco, cremoso e denso di significato. Se è questo il brief che hai passato, potrebbero venire fuori delle buone campagne.

Daniele scelse la strada del no comment. Annuì, sapendo che le scuse non sarebbero mai arrivate, vietate com’erano dal regolamento. Dopo aver chiuso la porta, salutò Roxanne con il dito medio e tornò nel suo gremitissimo ufficio. Tutti gli altri account erano al telefono: o esageratamente zerbini con i clienti, o estremamente duri con i colleghi. Tranquillizzò con un gesto la sua vicina di scrivania – i compagni di squadra ti consolano se sbagli il rigore – preoccupata per il ciclone Roxanne, e si mise a rielaborare un nuovo approfondimento per Sweetie.

Una busta lampeggiante sul suo computer gli segnalava una nuova e-mail. Titolo: “Forfait”. Mittente: “Rubens”. Testo: “Ciao Dani, scusa ma domani ti devo paccare a tennis. Mi ha invitato a cena quella Marina che ho conosciuto la scorsa settimana a casa tua. Sai, la tettona. L’amica di quello che secondo te piace a Viola. Se non riesci a trovare uno che mi sostituisca, chiamami. Sorry e a presto, Rubens. P.S. Non è paura di perdere, giuro”.

Daniele rideva davanti al video. Per lo meno una volta al mese Rubens disdiceva la consueta sfida per uscire con una donna. Lui non se la prendeva mai per questo: era una regola non scritta del loro galateo tennistico. Aprì l’agenda fitta di numeri per cercare un degno sostituto dell’amico playboy. Flash. Si fece dare da Viola il numero di Rocco e lo chiamò.

Rocco della “Dentelli&Associati-in-cosa-posso-aiutarla” quasi trasalì. Una chiamata da Daniele proprio non se l’aspettava. Un invito a tennis ancora meno. In fondo si erano appena conosciuti. E lui si era anche baciato la sua ragazza, i rivali s’incontrano solo a duello. Però accettò senza remore, senza paura. Anzi, si sentiva onorato. Dedicò tutto il pomeriggio a convincersi che avrebbe potuto batterlo, uno che rideva così poco. Si sarebbe imbottito di banane e sali minerali. Come un esaltato qualsiasi, si mise subito a provare nell’aria il gesto del servizio quando il dottor Manzoni entrò in ufficio per dare conferma di una riunione.

– Ma che fa, giovanotto, è impazzito?

– No... veramente è che domani devo sfidare mio padre a tennis.

Il dottor Manzoni alzò le sopracciglia in modo talmente marcato da sembrare innaturale.

– E scommetto che ha paura di perdere.

– Un po’.

– Voi giovani mi fate ridere: dalla vostra parte avete la forza, e sottovalutate l’esperienza. Come nella filatelia. I collezionisti inesperti guardano i francobolli con gli occhi. Il vero filatelista sa riconoscerne la bellezza con il cuore.

La retorica fatta persona non era nemmeno così cattiva, vista da vicino. E Rocco sapeva che tirando fuori l’argomento “padre” avrebbe evitato che il dottor Manzoni s’inalberasse. La famiglia era il suo punto debole. Forse perché, malgrado le intenzioni, il suo nido era privo di valori. Quattro figli in grado di farsi espellere dai più prestigiosi collegi svizzeri e inglesi. Una moglie di plastica, rispettata soltanto dalle commesse del centro, e soltanto all’interno della boutique. Di fatto, il dottor Manzoni era solo. Gli faceva compagnia il suo patrimonio dentellato, oltre naturalmente alla storica ira. Lo consolava il fatto che il mondo era pieno di gente ancora più sola di lui.