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Strade

SUBSONICA

Atterrati ad Alice Springs, nel vero cuore dell’Australia, Daniele e Roxanne si sentironoin the middle of nowhere. Una cittadina anonima e squadrata, dove la popolazione aborigena aveva timidamente cercato di integrarsi con gli australianiDOC. Il risultato era stato un aumento percentuale dell’alcolismo.

Questo dal racconto dell’autista incaricato di portarli sul set. Era un provinciale verace, tutto barba e capelli, di età indefinita e indefinibile. Chiacchierò la maggior parte del tempo con Daniele mentre Roxanne dormiva, rannicchiata sui sedili posteriori. Dall’alto della jeep, Daniele osservava passanti e paesaggio. Il viaggio sarebbe durato almeno tre ore. A causa dell’accento inverosimile, il livello di comprensione tra i due era abbastanza basso. Ma Daniele fu abilissimo a rifugiarsi in vari “I see” e “you know”, che lo aiutavano nelle situazioni più complicate. In fondo, voleva soprattutto godersi quell’ologramma in movimento: un deserto rosso e stopposo, tempestato di arbusti bruciati dal sole. L’aria era secca, il vento rendeva il cielo ancora più blu. Dopo un’ora, fecero una sosta in un ranch tipoLa casa nella prateria, annegato nel colore e inchiodato al passato. Bevvero tè caldo con una fetta di torta all’uvetta. In castigo dietro un recinto, i canguri li guardavano attoniti. Daniele era già pronto ad accarezzarli quando l’autista lo fermò.

– Don’t do that. They can be very dangerous.

Un aggettivo che avrebbe fermato anche un principiante del solito corso in edicola. Così emerse la prima sorpresa del quinto continente: i miticikangaroo sono meno buoni di quello che sembrano.

Roxanne si lagnò a lungo per lo stuolo di mosche che le giravano intorno. Come una bandita un po’ blasé, si era messa un foulard intorno alla faccia. La strada sembrava ancora lunga, ma il viaggio era talmente fuori dal tempo – le visioni alterano le percezioni terrene – che non se ne accorsero neppure.

Ripresa la marcia, il deserto ricominciò a correre come un immenso campo in terra battuta.

Dall’altra parte del mondo, intanto, Rocco e Rubens erano due pari al terzo set. Ci stavano dando dentro come due esaltati. Avevano sancito la sfida via mail – parole educate, tra chi non si conosce e vuole diventarsi simpatico – e si erano permessi anche qualche battuta su Marina. Soprattutto della versione pettegola che fa la gattamorta dai microfoni diPink Link inFM.

La partita venne interrotta, come al solito, dai due giocatori dell’ora successiva. Questa volta, però, fu meglio così. Era bello che un match di tennis potesse finire in parità e la vittoria, per una volta, fosse spartita tra i contendenti.

Dopo la doccia, Rubens invitò Rocco a bere qualcosa in un nuovo locale, lo Stardust: gente figa e fighetta, ma poca. Ordinarono bombe alcoliche al banco – bevi, bevi e tutto sarà più facile – si fecero i complimenti per come avevano giocato e tornarono all’unico argomento comune di cui potevano parlare senza tabù: Marina. Da buon amico, Rocco ne esaltava le qualità, lasciando ai difetti qualche uscita sporadica. Rubens giocava a fare il duro, ma tradiva qua e là qualche debolezza. Era molto più buono di quanto volesse far credere.

Rocco decise di fidarsi, e ruppe il ghiaccio sull’argomento che più gli stava a cuore.

– E così sai tutto.

– Di te e Daniele, dici? Sì, Viola mi ha raccontato. Povera. La prima sera era distrutta. Non l’avevo mai vista così. Poi ne ho parlato anche con Daniele.

Rocco prese uno stuzzicadenti e cercò di farci stare sei olive verdi una dietro l’altra, un piccolo gioco di morte di chi è teso e pensa che gli altri non lo notino. Riuscito eroicamente nel tentativo, le mangiò tutte insieme. Parlò con la bocca piena quasi senza pensarci.

– E adesso lei come sta?

– Meglio, direi. Anzi, l’ho vista veramente bene. Anche se non sempre il modo in cui ti poni rispecchia il tuo vero stato d’animo.

Rocco ripeté l’operazione con ancora più energia. Ma gli occhi divennero all’improvviso tristi, senza nessuna possibilità di fermarli. Rubens lo notò.

– Non fare così. Devi comunque prenderti le tue responsabilità. Potevi tirarti indietro, e non l’hai fatto. Quindi, non provare a sembrare vittima, perché vittima non sei. Guarda me, adesso: posso avere tutte le donne che voglio, e invece me ne piace una che è meno bella di molte altre. E meno giovane. E meno ricca. L’ho incontrata per caso, è vero, ma quello ci succede sempre. Sono stato però io a volerla, a fare in modo che ciò accadesse. Capisci cosa voglio dire?

– Sì, anche se è un po’ duro da buttare giù. Ora sono ancora più preoccupato per Viola. Vorrei chiamarla, spiegarle. Non so neanch’io cosa vorrei dirle.

– Ecco, non dirle niente. Il momento arriverà da sé, ma potrebbe anche non arrivare. Adesso deve ancora abituarsi all’idea, e non deve essere un cazzo facile.

Rocco si sentì rincuorato, ma solo a metà.

– So cosa significa.

– Tu pensi di sapere cosa vuol dire ma per te è comunque diverso. Tu non stavi con nessuno. La situazione nel tuo caso è stata anomala fin dall’inizio.

Rocco era spiazzato dalle parole di Rubens, cazzotti pesanti e diretti, verità più chiare perché raccontate da chi assiste alla partita di poker e ha visto le giocate di tutti, senza dimenticare niente.

Dodici ore più in là, anche Daniele sarebbe stato fiero di lui. Continuava a guardare quell’immensa distesa monocorde che sembrava non arrivare a niente. Di colpo, l’orizzonte gli concesse finalmente la visione di Ayers Rock, il monolito alle origini del mondo.

Da lontano, gli sembrò un gigantesco panettone rosso. Uno spettacolo che toglieva senso alla storia e alla civiltà. Daniele pregò l’autista di fermarsi, svegliò Roxanne dalla catalessi e la invitò a godersi lo show.

– Spero che il set sia sull’altro lato della montagna, che ha una luce migliore. Devo subito informare Ralph.

Così se ne uscì davanti all’ottava meraviglia che gli aborigeni chiamano Uluru. Schiava di un ruolo da cui, per riuscire a liberarsi, ci voleva un coraggio che lei non aveva. Ci voleva una vita che non aveva vissuto. Daniele fece due passi in mezzo agli arbusti. Solo davanti al miracolo, tirò fuori dalla tasca il telefonino. La tentazione era forte, troppo forte. Lo sapeva che avrebbe fatto la figura di quelli che, durante i concerti, chiamano l’amico del cuore per condividere in diretta la canzone finale. Però lì non c’erano testimoni, nessuno lo avrebbe potuto criticare né prendere in giro. Chiese scusa agli dèi aborigeni e scrisse un messaggio a Rocco: “Sono in paradiso. Ti aspetto”.

L’aveva appena inviato, che Roxanne e l’autista cominciarono a gridargli un fastidioso “hurry up”. Era tardi – per loro il tempo esisteva ancora – e la casa di produzione li stava aspettando per fare il punto della situazione.

Il luogo in cui alloggiarono era a pochi chilometri dalla montagna: tanti bungalow mimetizzati nella natura, attrezzati di ogni tipo di comfort. Ralph Bagutta abbracciò Roxanne e Daniele come se fossero vecchi parenti.

– Benvenuti nella terra dei canguri. Il set è perfetto, la modella spaziale. Il primo shooting sarà domattina alle sei: ho scelto di girare a est. Quindi stasera niente follie. E poi qui è veramente un mortorio.

Daniele sorrise, lecchino. Si prospettava una sera tranquilla. La notte prima aveva dormito un paio d’ore – esperienza curiosa e formativa – e c’era ancora il fuso orario da smaltire. Cenò con tutta la troupe di segretarie, producer, stylist, assistenti e contro assistenti. Poi si ritirò nel silenzio della sua capanna. Faceva freddo. Viola. Voleva di nuovo Viola.

– Ciao, sono io.

– Ehi! Come stai?

– A pezzi ma bene. Ayers Rock è veramente un posto magico. Devi vedere il cielo: non ho mai visto così tante stelle tutte insieme. E tu, che fai?

– In questo momento sto facendo colazione sulla Promenade des Anglais.

– A Nizza?

– Sono venuta a trovare Alice. Non avevo voglia di starmene da sola, così ho deciso di preparare l’esame da mia sorella.

– Hai fatto bene. Salutamela, e dille di finirla con le diete salutiste.

– Va bene. Quando puoi, chiama.

– Lo farò. Cià.

Daniele tornò alle sue stelle. Si spalmò sulla sdraio del terrazzo e riprese a guardarle. Le facce di Viola e Rocco apparivano a intermittenza. Ciascuno gli mancava, a modo suo. Rocco rappresentava il fuoco e la trasgressione, il corpo da scoprire, l’eros. Viola era la tenerezza e l’amore, il futuro, i bambini possibili. Tutti e due insieme lo mandavano in bomba.

Si eccitò e si fece una sega.

Dormì di sasso fino alla terribile sveglia telefonica: “this is your wake up call” ripetuto tre volte.

Nella sala della colazione erano già tutti agitati. Roxanne beveva il suo caffè americano al tavolo con Ralph. Chiese subito a Daniele di aspettare il responsabile marketing di Sweetie. Sarebbe arrivato nel giro di un’ora direttamente dall’Italia. Daniele mantenne la calma – potevi dormire, avresti potuto dormire ancora, cazzo – la cicatrice ingrugnita, gli occhi bassi. Finse subito di essere operativo. Si consolò con una colazione degna dell’esercito: uova e pancetta, succo d’arancia, pane tostato con Marmite, pomodori fritti, caffè, Maalox.

Roxanne, Ralph e l’intero entourage corsero sul set. La modella australiana era già lì da un’ora per il trucco.

Daniele aspettò il signor Casassa Mont guardando l’alba su Uluru. Vedendo sorgere il sole, capì perché era una montagna sacra per gli aborigeni. L’arrivo delcheesecake in persona ruppe l’idillio. Daniele rivestì immediatamente i panni dell’account supervisor. Tranquillizzò il cliente sulla situazione set, lo fece condurre in camera e attese che facesse un paio di chiamate.

Cominciava a fare un gran caldo. La montagna era di fuoco.