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Barbara

 

 

Giovedì 2 Giugno 13:20 p.m.

 

«Passami altro olio per favore!» mi chiede Lucrezia tamburellando con le dita sulla mia spalla.

«Lù, sei già talmente unta che rischi di schizzare direttamente in acqua come un’anguilla e inizi già a profumare di carne alla griglia sotto a questo sole cocente!» la blandisco passandole comunque lo spruzzino profumato al cocco.

«Quest’anno voglio diventare mulatta!» afferma tutta allegra spruzzandosi il quarto strato d’olio.

Sorrido ma non aggiungo altro. La mia amica qui presente è più bianca della porcellana e più che mulatta prevedo che lei, entro fine giornata, sarà di uno sfavillante rosso granchio bollito. E stasera mi chiederà in lacrime di aiutarla a spalmarle la crema rinfrescante e idratante.

Come ogni anno.

Ho provato a farle entrare in quella zucca che così si fa del male, che non si abbronzerà mai in questo modo, ma da quell’orecchio non ci sente, così ho deciso di lasciar perdere. Se non lo capisce da sola io non posso mica legarla sotto l’ombrellone nelle ore più calde!

Torno a volgere la mia attenzione al mare e alle leggere onde che si infrangono sul bagnasciuga. Oggi non tira un filo di vento e sulla pelle si percepisce solo il caldo cocente del sole che brucia da matti, e a differenza della mia amica, io mi spalmo un quarto strato di crema fattore protezione 30. Non mi va di ustionarmi.

Io e Lucrezia siamo in spiaggia da nemmeno un’ora, dopo aver fatto una bella colazione al bar, e io ogni dieci minuti controllo il telefono per vedere se Ren mi ha scritto per dirmi che sta per raggiungermi.

Ma niente.

Oramai sono quattro ore, se non di più, che è uscito da casa mia e io inizio a stare in ansia. Sarà normale che ci voglia così tanto per spegnere un incendio?

Oddio non è che invece è successo qualcosa?

Dio ti prego non dirmi che gli è accaduto qualcosa!

Questo pensiero inizia a martellarmi in testa più di un dannato tarlo, facendomi scivolare in uno stato d’ansia sempre più asfissiante.

Cedo e gli scrivo un messaggio.

-Tutto okay? Chiamami appena puoi!-

«Mmm… state insieme da nemmeno un giorno e già non puoi stare sola per più di quattro ore?» mi prende in giro la mia amica, anche se in realtà è davvero molto felice della nuova situazione fra me e Ren. Anzi, le sue prime parole sono state «Alleluia ce l’avete fatta!» seguite da «Ora ti va di raccontarmi nei minimi dettagli com’è lui a letto, dato che mi hai sempre impedito di verificare in prima persona?»

Così sono stata costretta a passare la prima ora e mezza a raccontare alla mia amica bramosa di dettagli tutto quello che abbiamo fatto ieri sera.

Oddio… costretta. Non è che mi sia dispiaciuto poi tanto sbandierarle le super doti del mio super dotato nuovo ragazzo barra migliore amico.

E poi Lucrezia, dopo aver riso e sospirato per almeno un quarto d’ora, ha concluso con una frase che mi fa tutt’ora pensare.

«Beh bimba… sono davvero felice per te! Hai trovato un ragazzo favoloso con il quale hai una forte chimica a letto e non solo! Praticamente avete un’intimità fantastica che solo due grandi amici hanno. Me lo sento, voi starete insieme per sempre!»

Confesso che io sono rimasta ammutolita.

Avrà ragione lei?

Oppure il fatto che non ci sia più niente da scoprire diventerà un problema?

Cioè, una volta che il sesso non sarà più una novità intendo. Confesso che ho davvero paura che possa essere così.

Il suono del mio cellulare mi riporta con i piedi per terra ben immersi nella sabbia vellutata e bollente. Lo sblocco già con il sorriso sulle labbra sapendo che sicuramente è Ren che mi sta chiamando per dirmi che finalmente sta arrivando, ma come leggo il nome di Marco, suo fratello, il sorriso mi muore e il gelo inizia a scivolarmi lento dalla punta dei piedi verso l’alto.

Se Marco mi chiama, qualcosa non va.

Con mano tremante rispondo, deglutendo un profondo rospo. «Marco che sorpresa! Come mai mi chiami?» cerco di fingermi tranquilla, ma non ci sono riuscita molto. Infatti Lucrezia scatta immediatamente sull’attenti con le antenne dritte.

«Barbara ciao… ecco…» lo sento sospirare profondamente. «… dio non so nemmeno da che parte iniziare a dirtelo!»

Sento il sangue diventare ghiaccio nelle vene e l’aria che mi viene spremuta brutalmente fuori dai polmoni. Come se un’entità più grossa e più forte di me mi avesse appena afferrata per la vita e spremuta come un tubetto di dentifricio.

«Marco cosa è successo?» chiedo con la voce un po’ stridula scattando in piedi.

«C’è stato un incidente questa mattina mentre Lollo aiutava un ragazzo a uscire da una casa in fiamme e…»

«E cosa? Avanti Marco dimmi cosa è successo ti prego! Sta bene, vero? Ti prego, ti prego dimmi che sta bene!» mentre parlo a macchinetta mi infilo distrattamente le ciabatte e cerco di vestirmi usando una mano sola senza staccare il telefono dall’orecchio. Cosa non proprio facile.

«È in ospedale Barbara. Gli è crollato il soffitto addosso.» mi informa con voce piatta.

Un violento capogiro mi fa perdere l’equilibrio. Se non fosse per Lucrezia, che prontamente mi afferra al volo, sarei caduta a terra facendomi anche piuttosto male.

«A-arrivo subito.» biascico con voce impastata chiudendo la telefonata e raccogliendo trafelata le mie cose.

«Baby che succede?» chiede Lucrezia iniziando a sua volta a raccogliere l’asciugamano e le riviste.

«C’è… c’è stato u-un incidente! Ren è… lui è…» i singhiozzi mi sconquassano dall’interno, iniziando a sgretolarmi la dura corazza che mi serve per non crollare a terra fino a quando non lo rivedrò e saprò che sta bene.

Perché lui deve assolutamente stare bene. Non può azzardarsi ad abbandonarmi!

Le unte e profumate braccia di Lucrezia mi stringono forte, dandomi così modo di concedermi un minuto di sfogo, dove piango a dirotto infischiandomene di tutti i presenti che ci guardano curiosi.

 

Dopo cinque minuti di singhiozzi riesco a formulare le parole Ren e ospedale, così lei mi da una mano a finire di vestirmi e poi mi obbliga a salire nella sua macchina, poiché non vuole che io vada in ospedale da sola in questo stato. Non faccio obbiezioni. A dire il vero non parlo affatto. Sono come entrata in catalessi. Tutto quello che mi succede attorno è offuscato, come avvolto da una fitta foschia.

Penso solo a Ren e alla tremenda paura di perderlo.

Non voglio pensare a questa eventualità! Non posso perderlo! Non proprio ora che abbiamo capito cosa siamo realmente. Non ora che ho scoperto di… di…

«Siamo arrivate.» la voce timida di Lucrezia si fa strada nel mio cervello.

Sollevo lo sguardo sentendomi intontita e guardandomi attorno mi rendo conto di essere davanti all’ospedale. Nemmeno me ne sono accorta!

Le mani mi tremano talmente tanto che Lù è costretta ad aiutarmi a slacciare la cintura di sicurezza, mentre la sento ripetere che devo respirare.

«Respira Baby, vedrai che sta bene e che non si è fatto nulla di che!» mi ripete per aiutarmi a calmarmi, mentre mi guida dentro l’ospedale.

E io?

Io mi muovo perché me lo dice lei. Al momento sono completamente in cortocircuito. Le immagini che mi si parano davanti dell’ingresso dell’ospedale, il via vai di barelle, infermieri e medici, è come se non fossero la mia realtà. È come se stessi guardando un film senza sonoro del quale non riesco bene ad afferrare il punto.

Percepisco la mia amica parlare con qualcuno, ma non capisco di cosa, né con chi. Continuo a fissare dritto davanti a me, con la vista tremolante, mentre la paura mi sta divorando velocemente dall’interno, come un bruco che scava dentro una mela.

«Barbara!»

Riconoscerei questa voce ovunque.

È quella classica voce tenera e calorosa che ti fa pensare alle torte appena fatte e alle ninnenanne. È il tipo di voce che hanno, o dovrebbero avere, tutte le mamme.

Come vedo Carla, la mamma di Lorenzo, comparirmi davanti, con il suo sorriso amorevole e i suoi occhi neri così familiari, io mi lascio andare e mi fiondo nel suo abbraccio morbido, singhiozzando come una bambina piccola spaventata che ha appena visto un mostro sotto il proprio letto.

«Piccola che succede?» chiede preoccupata accarezzandomi la schiena da sopra il vestitino prendisole.

«Co-come che succede?» singhiozzo affondando il volto nel suo abbraccio, respirando il suo buonissimo e rilassante, profumo di lavanda.

«Suvvia tesoro! Tutti questi singhiozzi per una gamba rotta, una mora e un bernoccolo?» ridacchia stampandomi un piccolo bacio sulla fronte con tanto di schiocco.

«Ma lui…» mi blocco tirando su col naso, scansandomi lievemente da Carla. «Ga-gamba rotta? Hai detto gamba rotta?» chiedo fissandola confusa.

«E un bel bernoccolo in testa. Ha anche due costole incrinate, ma nulla di serio fortunatamente! Dovrà solo riposarsi per un mese e sarà come nuovo!» sorride allegra squadrandomi poi con un sopracciglio sollevato. «Perché scusa, tu non lo sapevi?»

Nego con la testa, mentre sento Lucrezia sospirare più rilassata accanto a me.

«Marco non mi ha detto che si era solo rotto una gamba! A-anzi mi ha lasciato intendere che… sì, insomma…» mi asciugo brusca il viso.

Se becco quel cretino di Marco, giuro che lo strangolo con le mie stesse mani!

Gli occhi di Carla si induriscono e sento un profondo ruggito da leonessa fuoriuscirle dal fondo della gola. «Marco… dovevo immaginarlo che quel disgraziato aveva qualcosa in mente quando ha insistito per chiamarti lui, mentre visitavano Lorenzo. Ma ora mi sente! Non mi interessa se ha più di trent’anni, giuro che lo piego sulle mie ginocchia e lo prendo a sculacciate davanti a tutti!»

Come una furia si volta e prende a marciare a passo di carica verso il corridoio del reparto di ortopedia, con me e Lucrezia dietro curiose.

Come scorgo il resto della famiglia Tommasi e li vedo sorridere e parlare tranquilli, mi rilasso ancora di più, anche se il ghigno soddisfatto sulla faccia scolpita e contornata da una barba ispida di un paio di giorni di Marco, mi fa crescere ancora di più la voglia di prenderlo a calci nel sedere come quella volta che mi ha baciata solo per far ingelosire la tipa che gli piaceva.

«Barbara ciao!» mi saluta felice Enzo, il padre di Ren abbracciandomi stretta.

«Ciao Enzo!» ricambio stampandogli un bacio sulla guancia paffuta e perfettamente sbarbata.

«Eravate al mare? Mi spiace avervi rovinato la giornata libera!» si affetta a dire accompagnandoci verso gli altri, dove Carla sta già strigliando ben benino un per nulla contrito Marco, il quale non smette di sghignazzare un attimo.

«Ma figurati! Come sta Ren a proposito?» chiedo legandomi meglio i capelli impiastrati di sale, sabbia e crema solare.

«Bene! Grazie al cielo non si è fatto nulla di che, anche se ci ha fatto prendere un bello spavento.» ridacchia appoggiandosi una mano al petto.

«Ci credo!» posso solo immaginare cosa devono aver passato loro quando hanno ricevuto quella telefonata. Sicuramente quello che ho sentito io è un decimo del loro.

«A proposito Enzo, lei è Lucrezia. Mia amica e collega. Lù loro sono la famiglia di Ren.» faccio le presentazioni ricordandomi all’improvviso delle buone maniere ora che non ho più il cervello offuscato dall’angoscia.

«Ciao Lucrezia! È bello dare un viso a questo nome finalmente!» la saluta Carla mentre continua a tirare le orecchie del suo primogenito, il quale si dimena come una carpa fuori dall’acqua.

«Salve! Piacere mio!» li saluta lei, anche se la vedo mangiarsi con gli occhi Luca.

E come darle torto? È un ragazzone alto, più di Ren, forse è vicino ai 2 metri. Capelli biondi rasati, due enormi occhi marroni simili a quelli di Ren, ma forse i suoi sono più come due pietre d’ambra e ha decisamente un fisico muscoloso, merito degli allenamenti da militare.

E comunque nemmeno lui sembra del tutto indifferente al fascino esuberante della mia amica!

«Ehm… ciao ragazze!» ci saluta Marco massaggiandosi l’orecchio arrossato.

Io assottiglio lo sguardo. «Brutto idiota! Ma come ti è venuto in mente di farmi credere che Ren fosse mezzo moribondo?» sbraito cercando di non alzare troppo i toni. Dopotutto siamo in ospedale!

«Che hai fatto?» gli chiede allibito il padre.

Il ragazzo si passa una mano fra i corti ricciolini castani, sconvolgendoli un po’. «Dai! Era solo un modo per essere sicuro che venisse qui! Sono due settimane che non si rivolgono la parola e Lollo era sempre di pessimo umore. Siete insopportabili quando litigate ragazzi!» cerca di spiegarsi con quella sua solita aria da cucciolotto. È bravo in questo! Un po’ come Ren. Si vede che sono fratelli. E non solo perché sono quasi due gocce d’acqua fisicamente.

«Sei un idiota!» lo colpisco al petto, mentre lui continua a fissarmi con i suoi occhi grigi malandrini.

33 anni e non credo che crescerà mai!

«Però ha funzionato, no? Ora sei qui e potete fare pace!» ammicca con le sue sopracciglia castane.

Assumendo un’aria di superiorità, mi appunto le mani sui fianchi. «Per tua informazione avevamo già fatto pace, quindi non c’era bisogno di farmi venire un infarto!» lo informo assottigliando ancora di più lo sguardo minaccioso.

«Oh!» esclama sorpreso. «Beh… meglio così!» si scrolla tranquillamente le spalle, liquidando in questo modo la faccenda.

Vorrei dirgliene ancora quattro, ma so che con lui è meglio lasciar correre, tanto non la spunterei.

«Dai, vallo a salutare. Ha già chiesto di te quattro volte da quando è qui!» mi ammicca malizioso Luca. «Noi facciamo compagnia alla tua amica qui al bar!»

Al suono di quelle parole vedo delle vere e proprie stelline negli occhi di Lucrezia. Cercando di non scoppiare a ridere annuisco e mi avvio nella camera dove riposa Lorenzo.

Lentamente mi affaccio e lo vedo proprio nell’ultimo letto accanto alla finestra. Tiene gli occhi chiusi con il volto leggermente voltato dalla parte opposta alla mia.

Guardo meglio e oltre a lui c’è solo un altro letto occupato, con un signore tutto preso a guardare qualcosa sul suo portatile con le cuffie alle orecchie.

Prendendo un bel respiro varco la soglia, sentendomi improvvisamente nervosa.

Più lo guardo, lì, disteso su quello schifo di letto d’ospedale, con la gamba ingessata dal piede al ginocchio sorretta da quella strana struttura e una fasciatura alla testa… più rivivo tutta l’angoscia che mi ha soffocata fino a pochi minuti fa.

Per la prima volta mi rendo realmente conto che fa un lavoro rischioso che potrebbe fargli ancora più male di così. Potrebbe portarmelo via per sempre.

Fino a questo momento mi sono sempre focalizzata solo su quanto è fico avere un amico pompiere e su quanto sono sexy. Mai una volta ho pensato che avrei potuto perderlo. Quanto sono sciocca!

Inevitabilmente sento nuovamente i mie occhi bruciare.

Avrei potuto perderlo oggi e io non gli ho mai detto chiaro e tondo quello che provo per lui e tutto per paura. Che cosa stupida la paura!

Cercando di respirare a fondo, giusto per non crollare immediatamente, arrivo ai piedi del suo letto quando Ren si accorge della mia presenza, voltandosi lentamente verso la mia parte.

Come i nostri occhi si incrociano, sul suo viso si apre uno smagliante sorriso pieno di gioia. «Allora ti hanno avvisata!» esclama felice. Felicità che gli scivola via non appena focalizza le mie lacrime. «Bamby tutto okay?» domanda sistemandosi meglio sullo scomodo letto.

Nuovamente incapace di parlare, nego con la testa asciugandomi le guance con le mani, mentre mi avvicino a lui.

«Sto bene piccola! Ho solo un leggero mal di testa e una gamba fratturata!» cerca di rincuorarmi allungando una mano verso di me per dirmi di avvicinarmi ancora di più.

Tirando su col naso mi getto direttamente fra le sue braccia, affondando con il viso nel suo collo, respirando in pieno il suo profumo fresco nel tentativo di rilassarmi un po’.

Ren mi cinge le spalle cullandomi un po’ nel suo caldo abbraccio. «Sto bene!» mormora ancora con le labbra appoggiate sulla mia testa.

«Ma hai una gamba rotta!» singhiozzo aggrappandomi alla sua t-shirt.

«Tempo un mese e sarà come nuova!» lo sento sorridere.

«Potevi morire!» piagnucolo ancora incontrollabile.

«Ma non è successo.» replica tranquillo, senza smettere di coccolarmi, sfiorarmi, annusarmi. «Mi piace il profumo della tua pelle dopo qualche ora di mare! Il misto tra salsedine, crema solare, sole e sudore è davvero eccitante!»

Mi scosto da lui, guardandolo attraverso un muro spesso di lacrime.

Ren ridacchia divertito afferrando un fazzoletto da sopra il suo comodino. «Hai un enorme moccio che ti sbuca dal naso!» mi informa passandomi il suddetto fazzoletto.

Lo afferro, mi soffio rumorosamente il naso e poi, con un altro fazzoletto, cerco di asciugarmi la faccia.

«Ma poteva succedere! Potevi morire Ren!» protesto alterandomi un po’, colpendolo sul petto con un pugno.

«Ahi! Non si picchia un malato! Che ragazza manesca!» si finge offeso massaggiandosi il punto da me colpito.

«Ren io sono serissima.» lo ammonisco.

Lui prende un piccolo respiro. «Bamby…»

«Sì, sì! Lo so che questo è il tuo lavoro, ma io sono una persona tremendamente egoista e non voglio che il ragazzo che amo rischi la sua vita per salvare un perfetto sconosciuto! Chi se ne frega di lui? Quindi la prossima volta potresti evitare di fare l’eroe? Anzi, se ti riesce, perché non fai proprio il vigliacco e vai il più lontano possibile dal pericolo?»

Solo una volta finita la mia invettiva mi rendo conto che Ren mi sta fissando con gli occhi caramello sgranati e il viso arrossato.

«Ren che succede? Ti senti male? Hai la febbre?» domando allarmata. «Aspetta, vado a cercare un dottore e…» mi afferra per una mano, bloccandomi accanto a lui.

«Co-cosa hai detto?» balbetta sempre più agitato.

Lo guardo perplessa. «Quando? Quando ti ho chiesto se stai male?»

«No… prima!» aumenta la presa sulla mia mano, portandosela vicino al petto, mentre persiste nel guardarmi con occhi spalancati e super brillanti.

Prima?

Ci rifletto un attimo. «Quando ho detto che non me ne frega nulla degli altri? Perché ti stupisci? Lo sai che sono un po’ stronza a volte!» scrollo le spalle.

Ren scuote piano la testa, attirandomi ancora di più vicina a lui. «Prima ancora. Hai detto che sai che questo è il mio lavoro, ma non vuoi…?» mi guarda con sguardo sempre più immenso e profondo.

Faccio per ribattere, quando le parole da me liberate nell’aria tornano a svolazzarmi davanti agli occhi felici come due fringuelli.

«Non voglio che il ragazzo che amo…»

Il ragazzo che amo. Che amo. Amore.

Oh porca la trota salmonata!

Gli ho sul serio detto che lo amo senza rendermene conto? Cioè… a stento l’ho capito io e che faccio? Lo urlo così? Dopo nemmeno ventiquattro ore che stiamo insieme?

«Oh!» è l’unica cosa che mi esce. Sento la faccia scottarmi e abbasso imbarazzata lo sguardo sulle mie ginocchia nude.

Ren mi risolleva il mento con un dito, incatenando nuovamente i nostri sguardi. Il suo è talmente infinito da imprimermisi fin dentro l’anima, togliendomi completamente il fiato.

«Hai seriamente pronunciato la parola amore?» domanda tremendamente serio.

«Ecco… io…» balbetto agitata.

«Bamby, tu mi ami?» chiede ancora inarcando un sopracciglio, mandandolo a sbattere contro la benda bianca.

«I-io… ecco… Ren io…» prima o poi riuscirò a dire qualcosa cavolo!

Il sorriso torna a splendere sul suo viso prima di attirarmi piano a lui e sfiorarmi delicato le labbra con le sue. «Anche io ti amo Bamby!» sussurra baciandomi ancora.

«Da-davvero?» mi aggrappo ferrea con le mani alle sue spalle, mentre dalla voce trapela tutta la mia incredulità.

«Certo! In fondo credo di essere sempre stato innamorato di te, solo che non l’avevo capito.» mi bacia un angolo della bocca. «Ma nei giorni in cui non ci siamo parlati, mentre cercavo di riflettere su noi, su cosa fare e come comportarmi, ho realizzato che ti amo e ti amavo da tanto e che non ero disposto a lasciarti andare via. Ero pronto anche a reprimere tutto e essere semplicemente il tuo migliore amico se tu non mi volevi come io volevo te, ma ieri sera, quando ti ho vista… ho capito che anche tu sentivi lo stesso, o almeno un po’… però non sono riuscito a dirti che ti amo perché temevo di farti scappare, convinto che tanto avrei avuto tutto il tempo del mondo per farlo.

«Ma oggi, quando mi sono ritrovato sotto tutte quelle macerie, con la paura che per me fosse davvero giunta la fine, mi sono detto che ero stato proprio un coglione a non avertelo mai detto e che semmai fossi sopravvissuto non avrei più passato un giorno senza ricordarti cosa sei per me. Ti amo Barbara. Da impazzire!» conclude baciandomi l’altro angolo della bocca.

Io sono un vero brodo di giuggiole al momento!

Il cuore mi sfarfalla felice all’interno del petto, inseguito da uno sciame gioioso di farfalle impazzite.

Mai come in questo momento capisco quanto grandi e profondi sono i miei sentimenti per lui.

Che scema e cieca sono sempre stata! Avevo la mia felicità a portata di mano e non me ne sono mai accorta!

Gli cingo il collo e prendo a divorarlo di baci, con tutto l’amore e la passione che mi brucia dentro, mordendo, graffiando e assaggiando ingorda le sue labbra e la sua lingua.

Ren reagisce immediatamente spingendosi ancora più a fondo nella mia bocca, intensificando ancora di più questo contatto che esprime tutto il nostro amore e tutta la nostra paura.

«Credo sia meglio fermarci qui.» ansima con la fronte appoggiata contro la mia. «Ancora un secondo e ti spoglio per metterti a cavalcioni sopra di me e prenderti fino a quando entrambi non saremo completamente esausti!» sussurra strofinando il naso contro il mio.

«Mmm… sembra molto promettente!» mi mordo il labbro inferiore sentendomi fortemente eccitata.

«Ma non siamo soli, in più siamo in ospedale, quindi è meglio se raffreddiamo i bollenti spiriti, non trovi?» ridacchia malizioso.

«Peccato! Perché mi è appena venuta una gran voglia di spogliarti e passare la mia lingua su tutto il tuo corpo nudo, partendo dalla bocca, passando per il collo, giocando per un po’ con il tuo piercing, fino a farti gemere di piacere, per poi scendere verso l’ombelico e da lì…»

«Okay, okay, okay! Basta così!» mi interrompe tappandomi la bocca. «Sono già pericolosamente eccitato e se per caso ora passa un medico per visitarmi non ci faccio una bella figura!» dice con gli occhi pieni di lussuria, mentre il volto è sempre più rosso dall’eccitazione.

Inevitabilmente scoppio in una piccola risata.

«Sì, sì… ridi! Tanto non sei tu quella con un enorme tendone da circo sotto l’ombelico!» cerca di sistemarsi le coperte come meglio può per mitigare l’ingombrante risultato del nostro bacio e delle mie parole.

Stuzzicante!

«Guarda che anche io sono tutta un bollore. Vuoi sentire?» ammicco con fare sensuale, mentre di nascosto gli posiziono una mano sotto al mio prendisole, proprio in mezzo alle cosce.

«Cristo!» geme a denti stretti scattando sul letto. «Tu mi farai morire!» ringhia attirandomi a lui per darmi un bacio travolgente, mentre mi sposta da una parte il costume per potermi sfiorare meglio, raccogliendo con la bocca il mio gemito di perfetta estasi.

«Ti amo Ren!» ansimo contro le sue labbra.

Ora che ho sdoganato, senza volerlo, questo mio tabù, ho scoperto che mi piace dirlo! Mi piace la musicalità della parola amore associata al suo nome, la trovo pura perfezione!  Forse è per questo che prima non mi piaceva dirlo. Non la rivolgevo alla persona giusta!

«Anche io ti amo!» sorride contro la mia bocca tornando a baciarmi, quando una specie di squittio ci distrae.

Lentamente ci stacchiamo e ci giriamo verso la porta, dove troviamo l’intera famiglia Tommasi, più Lucrezia, che ci guardano con occhi sbarrati e bocche spalancate in un enorme e raggiante sorriso.

Beccati!

Senza dare troppo nell’occhio, Ren sfila la mano da sotto il mio vestito, fingendo di averla sempre tenuta sulla mia gamba. Fortuna che per come sono seduta dalla loro angolazione non si vedeva dove era in realtà!

Peccato però! Sarò costretta a concludere da sola una volta a casa con il mio fedele vibratore, giusto per placare i miei bollenti spiriti!

«Oddio!» squittisce Carla.

Ecco chi aveva emesso il medesimo verso poco fa!

«Da quand’è che voi due state insieme?» esclama allegra correndo verso di noi, seguita a ruota da tutti gli altri.

«Da ieri.» sospira Ren intrecciando le dita con le mie.

«Che bello, che bello, che bello!» esulta oramai fuori controllo sua madre.

«Mamma abbassa la voce che siamo in ospedale!» protesta lui arrossendo ancora di più sugli zigomi.

«È che sono così felice che finalmente voi due vi siate messi insieme! Sono anni che ci spero!» corre ad abbracciarmi stretta. «Così saremo realmente una grande famiglia!» continua stampandomi tre baci sulle guance.

Adoro questa donna! È stata più una madre per me Carla Tommasi che la mia! Anche se in questo momento vorrei sotterrarmi per l’imbarazzo per tutta questa situazione.

 

E così, fra domande imbarazzanti, commenti prematuri su nipotini e matrimoni, siamo rimasti a fare compagnia all’infortunato fino alla fine dell’orario di visite. Ci hanno persino raggiunto tutti i suoi colleghi non appena hanno potuto staccare dal turno, compresa la famiglia che ha contribuito a salvare, la quale è arrivata con un enorme cesto regalo pieno di prelibatezze da forno, cioccolatini e un mazzo di gigli bianchi. Che dolci! E fra una chiacchiera e l’altra ci siamo divertiti a riempirgli il gesso di firme.

Lùgli ha semplicemente scritto Al pompiere più sexy del mondo- che scema!

I suoi fratelli hanno scritto una serie infinita di oscenità, battute idiote e disegnini degni di un ragazzino di 13 anni. Io mi vergognerei ad andarci in giro con un gesso simile ora! Mentre io sono stata la più discreta, disegnandogli solo un cuoricino vicino alla caviglia. Alex si è limitato a scrivergli: -Guarisci presto coglione, così posso prenderti a calci!- e così via gli altri colleghi.

Sicuramente abbiamo rallegrato e animato il reparto di ortopedia dell’ospedale di Cattolica!

«Io intanto scendo, ti aspetto in macchina.» mi informa Lucrezia avviandosi alla porta.

«Okay, arrivo subito!» replico continuando a tenere la mano intrecciata a quella di Ren.

«Alla prossima Lorenzo!» lo saluta uscendo allegra. Ha quell’espressione beata da che ha conosciuto Luca. Dovrò darle il suo numero immagino!

«Ciao Lucrezia!» ricambia Ren volgendo poi la sua completa attenzione a me, sorridendomi felice. «Direi che ora lo sanno tutti!» esclama sfiorandomi la punta del naso con un dito.

«Già! Il più è fatto!» ricambio il sorriso mordicchiandogli il dito. «A che ora ti dimettono domani?» chiedo baciandogli la mano intrecciata alla mia.

«Nel pomeriggio, dopo altri controlli.»

«Allora ti verrò a prendere e ti porto a casa mia. Nel frattempo stasera vado a prendere un po’ di cambi e ti preparo il beauty.»

Ci ho pensato prima. Con la gamba ingessata avrà bisogno di aiuto! Non può stare da solo!

«A casa tua?» mi sembra perplesso.

Annuisco vigorosamente. «A te serve una mano fino a quando avrai il gesso e io posso anche lavorare da casa il più delle volte, quindi non ammetto obbiezioni!» uso un tono tremendamente perentorio.

«E chi obbietta? Non vedo l’ora che tu mi faccia da infermiera!» sghignazza tenendosi la punta della lingua fra i denti.

«Immagino!» sospiro scuotendo la testa. «Ora vado. Tu hai tutto per passare la notte qui? Lettore musicale, qualcosa da leggere…» mi chino per stampargli un bacio.

«Ho tutto, tranquilla. Ci sentiamo per messaggio?» mi accarezza il mento.

«Certo! A domani.» gli lancio un occhiolino.

«A domani Bamby!»

Un mese sotto lo stesso tetto, ventiquattro ore su ventiquattro.

Il nostro massimo sono otto giorni durante le superiori. I suoi erano andati in vacanza e i suoi fratelli non c’erano quasi mai. Marco non si sa cosa facesse e Luca era già in accademia. Dopo tre giorni non ci sopportavamo più molto.

Spero non ci accada anche stavolta!

Anche se credo che il sesso ci darà una grande mano a evitare grosse litigate inutili! E poi sarà un ottimo banco di prova per vedere se funzioniamo o meno come coppia!