Una famiglia normale

Borgaro-Torino, estate 1995

Frequento l’istituto tecnico Bodoni, a Torino, dove studio da perito grafico. Quando ho preso la licenza di scuola media non avevo le idee chiare, ma di una cosa ero certo: non avrei intrapreso studi letterari o scientifici. Avvertivo in me infatti una vena creativa che va ben oltre queste forme di sapere (sono curioso e interessato a tutto) e ho pensato che dedicarmi alla grafica potesse essere una buona strada per far esplodere questa mia peculiarità. Così sono ormai tre anni che tutte le mattine in periodo scolastico prendo il 60 che mi porta a Torino da Borgaro − dove abito in una casa popolare, in via Lattes, 3 −. Una volta a Torino, raggiungo con un altro mezzo, il 52, il grande edificio della scuola, in via Ponchielli, 56, che spicca con i suoi muri rivestiti di mattone paramano. Da quest’anno con me, sui pullman, c’è anche mio fratello Claudio che ha scelto di frequentare il mio stesso istituto.

È un viaggio… Passo sui mezzi pubblici quasi un’ora, prima di arrivare a scuola, e va da sé che mi devo alzare molto presto la mattina per giungere puntuale al suono della campanella. Nel tragitto, così, c’è tutto il tempo per qualche ripasso di lezioni, ma anche, e soprattutto, per chiacchierare con gli amici.

Siamo abituati in famiglia a viaggiare… Papà – si chiama Melchiorre e non ha ancora compiuto 50 anni – dopo aver fatto per diversi anni l’operaio in ferrovia, si è rimesso a studiare. È un uomo determinato, volitivo, quando individua un obiettivo. E ha preso un diploma che gli ha permesso un bel salto di carriera. Ora fa il macchinista, il che lo obbliga però a orari di lavoro impossibili e ad assentarsi molto da casa.

Ha cominciato presto, papà, a percorrere lunghe distanze. Nel ’65, quando aveva 18 anni, è venuto a cercare fortuna al Nord, dalla sua Messina, approdando poi al lavoro in ferrovia. Proprio qui, a Torino − grazie al Cielo per me − ha conosciuto quella che sarebbe diventata la mia mamma: Angela, Angela Manicone, più giovane di lui di appena un anno e mezzo, figlia della terra di Puglia, nata a Ischitella, nel Gargano.

Si sono incontrati in una sala da ballo. Me l’ha raccontato, un giorno, papà: «L’ho notata e molto gentilmente le ho chiesto, “vuol ballare, signorina?” Abbiamo cominciato così io e tua mamma».

Dopo non molto tempo, il 25 luglio del 1973, questo uomo del Sud dai capelli folti e moro, e questa donna bruna e dagli occhi azzurri come il mare da cui proviene, si sono sposati. Mamma faceva la disegnatrice di biancheria intima, uomo e donna, per una ditta che aveva il negozio sotto i portici del più grande mercato all’aperto di Torino, a Porta Palazzo. Ma ha smesso di lavorare quando sono nato io. Queste sono le mie radici.

Mamma non ha preoccupazioni che per noi, i suoi figli. Mi sono rimaste nella mente, come un ricordo indelebile, alcune frasi di uno scambio di battute che lei un giorno, al tempo delle mie elementari (avrò avuto sì e no sette-otto anni), fece con un’altra mamma, una sua amica, dopo aver preso me e mio fratello da scuola. Mamma è seduta in macchina al posto di guida, vede l’amica e tira giù il finestrino. Non so di che cosa stiano parlando, ma a un certo punto sento chiaramente queste parole: «Io, per i miei figli, darei la vita, senza pensarci per un secondo!»

Mamma, prima che io nascessi ha perso due vite nel suo grembo, a causa di aborti spontanei. Lo so. E so che ne ha tanto sofferto. Poi, il destino ha detto “basta patimenti” ed è arrivata la mia ora, l’8 settembre del 1978. Poi è toccato a mio fratello, il 21 marzo dell’80…

Ora ho diciassette anni, sono ancora tanto giovane, ma mi riesce di capire questi genitori, anche se sono distante mille anni luce dai loro ideali. L’ascolto della musica, specialmente di certe canzoni di alcuni cantautori italiani, mi ha affinato lo sguardo, mi ha fatto capire che non basta vivere di cose materiali… Mi stanno stretti gli ideali di mamma e papà, di cui pure godo: comprarsi la casa, dedicarsi alla famiglia, trascorrere le domeniche scandite dai soliti ritmi, e fino a poco tempo fa andare alla messa, al catechismo, fare il chierichetto, e le solite vacanze estive per metà dai nonni paterni a Messina e per l’altra metà da quelli pugliesi, sul Gargano… Tutto bene, tutto bello, tutto normale, vita normale… ma io cerco aria nuova, voglio essere libero, cerco una libertà che neanche so bene che cosa significhi e dove sia, ma sento che ci deve essere. La desidero e la sento cantare dai miei cantautori preferiti: De Andrè, Gaber, Guccini, De Gregori…