Con la mente nella musica
Borgaro, 1995
Trascorro ore e ore ad ascoltare e a “respirare” la musica dei miei cantautori preferiti… Non a casa − magari nella mia stanza, come capita a tanti ragazzi della mia età − ma nell’appartamento di un amico molto più grande di me che è diventato nel nostro giro di ragazzi un punto di riferimento, quasi fosse un prete da oratorio. Silvio Zingarelli è per noi molto di più. È un uomo, un artista. Lavora come fotografo per una grande azienda industriale, ma si è preso, chissà perché, la briga di educare alla cultura, alla cinematografia, alla fotografia e alla musica noi ragazzotti di una cittadina dell’hinterland torinese.
Ha girato il mondo, Silvio, anche l’Oriente, forse alla ricerca di un significato per la vita. Ma da come si è appassionato a noi (e non equivocamente) sembra che questo significato l’abbia trovato nel tentare di educare questa massa di ragazzi che siamo noi e che frequenta il suo appartamento in via Norvegia, a pochi passi da casa mia. Come se avesse creato un cenacolo culturale.
Grazie al suo influsso ho letto di tutto: dalle poesie di Baudelaire a quelle di Neruda, dalle opere di Machiavelli a quelle di Boccaccio… L’educazione alla musica è per lui fondamentale: ci ha comprato chitarre, persino una balalaika, e io ho cominciato a strimpellare…
A casa sua ci sono tante musicassette con le canzoni dei miei cantautori preferiti. Ne ho presa una: canta Gaber. Parla di un tema che infuoca i miei pensieri:
La libertà non è star sopra un albero
Non è neanche il volo di un moscone
La libertà non è uno spazio libero
Libertà è partecipazione.
Vorrei essere libero/ libero come un uomo/. Come un uomo che ha bisogno di spaziare con la propria fantasia/ e che trova questo spazio solamente nella sua democrazia/. Che ha il diritto di votare e che passa la sua vita a delegare/ e nel farsi comandare ha trovato la sua nuova libertà.
La libertà non è star sopra un albero
Non è neanche avere un’opinione
La libertà non è uno spazio libero
Libertà è partecipazione.
L’altro giorno, invece, ho ascoltato chissà quante volte il Don Chisciotte di Guccini. Anche mio fratello Claudio, che si è aggregato al gruppo di amici che gravita attorno a Silvio Zingarelli, si è stupito. «Perché ti piace così tanto questa canzone?», mi ha domandato. «Fratello, perché parla di un’impresa che sembra impossibile ma che tenacia e idee fanno sì che si realizzi».
Gliel’ho fatta riascoltare:
Ho letto millanta storie di cavalieri erranti,
di imprese e di vittorie dei giusti sui prepotenti
per starmene ancora chiuso coi miei libri in questa stanza
come un vigliacco ozioso, sordo ad ogni sofferenza.
Nel mondo oggi più di ieri domina l’ingiustizia,
ma di eroici cavalieri non abbiamo più notizia;
proprio per questo, Sancho, c’è bisogno soprattutto
d’uno slancio generoso, fosse anche un sogno matto:
vammi a prendere la sella, che il mio impegno ardimentoso
l’ho promesso alla mia bella, Dulcinea del Toboso,
e a te Sancho io prometto che guadagnerai un castello,
ma un rifiuto non l’accetto, forza sellami il cavallo!
Tu sarai il mio scudiero, la mia ombra confortante
e con questo cuore puro, col mio scudo e Ronzinante,
colpirò con la mia lancia l’ingiustizia giorno e notte,
com’è vero nella Mancha che mi chiamo Don Chisciotte...
«Claudio, che ne dici? Slanci generosi… sogni matti… toccherà un giorno anche a noi?»