L’azzardo

Chivasso, marzo-maggio 2008

«Victoria, il conto in banca si sta prosciugando, ci sono ancora diecimila euro. Il lavoro che sto facendo per la Fiat a Mirafiori sta finendo e i guadagni sono minimi. Se andiamo avanti così credo che avremo un’autonomia per tre-quattro mesi…»

«Daniele, come pensi di fare?»

Sono seduto sul divano del soggiorno, abbiamo appena terminato di cenare nella nostra nuova casa a Chivasso, comprata con non pochi sacrifici. Ho 29 anni e sono sposato da poco più di due con Victoria. Ho sulle ginocchia la mia piccolina. Gemma deve ancora compiere due anni.

La osservo con un misto di tenerezza e di preoccupazione, mentre lancio anche uno sguardo rattristato a Victoria, alla quale ho dovuto spiegare la situazione che sto vivendo sul lavoro. Né più né meno di quella di mio fratello Claudio e di mio cugino Rocco, poco più giovani di me, che si sono affiancati a me nel lavoro di programmatori di robot nella produzione industriale e come operatori autonomi.

Sono ormai due anni che non lavoro più come dipendente; questa condizione, sulla carta, dovrebbe rendermi più libero nella ricerca di nuovi contratti, ma il problema è complesso: da alcuni mesi il mercato dell’automazione, specie nell’automotive, è pressoché fermo.

Spiego tutte queste cose a Victoria: le ho fatto il quadro completo della situazione, almeno per quello che pare a me essere, ma la assicuro:

«Non starò con le mani in mano. Da stasera comincio a inviare curriculum a raffica. In Italia, in Europa, soprattutto in Germania. Conosco il mio settore, posso partire da un discreto numero di aziende di cui ho i riferimenti. Victoria, ce la faremo».

Sono stato di parola. Quella sera stessa, messa a letto Gemma e riordinata un po’ la casa con Victoria, ho cominciato a mandare e-mail un po’ dovunque per offrirmi come programmatore di robotica. Prima di passare all’azione, ho fatto un lavoro sistematico, coscienzioso, puntuale: ho selezionato imprese, ho individuato i relativi indirizzi di posta elettronica e ho inviato il mio curriculum con la candidatura a lavorare per loro.

Sono passati diversi giorni da allora, e continuo a passare le notti a mandare e-mail. Ne avrò mandate alcune centinaia, ma l’iniziativa non ha ancora sortito effetti. Solo qualche risposta, e nelle diverse lingue, della serie: «La ringraziamo, terremo conto della sua candidatura, se avremo necessità la contatteremo». E il lavoro a Mirafiori latita. Con Claudio e con Rocco discutiamo spesso sul da farsi e a volte, anche senza parlare, è come se vedessimo sulle nostre teste un grosso punto interrogativo, come nei fumetti.

Anche loro si sono messi a mandare in giro curriculum. Ognuno per conto suo, cercando a destra e a manca, dove ognuno ha contatti o conoscenze, anche minimi... Tentar non nuoce… Ma a me è venuta un’idea. Un azzardo. E se invece di propormi come consulente professionale – come ho fatto finora con la prima sventagliata di e-mail − mi presentassi come titolare di un’azienda di servizi? Magari mi prendono sul serio. Già, però, io un’azienda non ce l’ho… Sì, però posso inventarmela…

Maggio. Mi sono messo d’impegno, ho giocato d’azzardo, sì, lo riconosco, ma si tratta di un azzardo ragionevole, perché le capacità professionali per fare quello che ho scritto le ho. Ho comprato dei tool che ho trovato sul Web e mi sono fatto da solo un sito Internet aziendale. Di un’azienda, la mia, che ovviamente non esiste. L’ho chiamata, senza pensarci troppo, “Manganorobot”. Un nome inventato sul momento… ma mi è sembrato sufficientemente chiaro ed efficace.

Nel descrivere questa fantomatica azienda ho scritto tutto quello che sognerei di fare, non quello che ho fatto e faccio tutt’oggi. C’è la sezione risorse, dove, in realtà, ho messo un elenco di persone che operano nel settore e che conosco personalmente. E poi ce n’è un’altra, dedicata interamente ai servizi offerti dalla “mia azienda”, cioè quelli che ho svolto fino a oggi nelle mie attività da dipendente e da consulente con partita Iva e, in più, quelli che vorrei sviluppare da imprenditore… e altro ancora. Insomma un bel sito aziendale.

Un sito solo in italiano? Nooo, non basta. Ho fatto vedere a Victoria il mio lavoro, so che potrà aiutarmi a dare una veste internazionale alla “mia azienda”. Così, mentre io mi sono occupato di creare la versione in inglese, mia moglie, che conosce ben cinque lingue, si è messa all’opera per tradurre i testi in tedesco, russo e spagnolo. Lei è veramente un bel mix di lingue e culture.

Ora che il sito si presenta in cinque lingue è molto più professionale, sembra davvero quello di un’azienda vera e propria. Con questo strumento mi sento pronto ad andare anche alla conquista del mondo… con la mia Manganorobot: con i suoi servizi, con il suo personale, con la sua organizzazione... Che non esistono!

Sono io la Manganorobot, niente più che io e la mia “brillante” idea. Chissà che cosa succederà?

Non ho lasciato nulla al caso, anche per attrezzarmi a presentare di persona la “nostra” attività: ho fatto fare delle belle brochure cartacee che ricalcano perfettamente la descrizione dell’azienda fatta su Internet. «Victoria, stasera comincio. Mando la proposta di lavoro come Manganorobot a tutti gli indirizzi di posta elettronica che ho utilizzato per offrirmi da solo». Ma mi si avvicina la mia bimba:

«Papà, giochi con me?»

Ho guardato Gemma e il cuore si è sciolto…. Giocheremo insieme, mamma riordinerà la cucina, e poi a nanna. Mentre tu dormirai io mi attaccherò al computer in cerca di fortuna!