Note

Avvertenza. Le note rimandano alle fonti e alla bibliografia utilizzata. I rimandi in forma di sigla, ad esempio CB o ASV, rinviano alle fonti inedite, elencate a p. 745. I rimandi costituiti da un nome d’autore, del tipo Vargas Hidalgo, o da una parola di titolo, ad esempio Nunziature, rinviano alle fonti edite elencate alle pp. 745-749. I rimandi costituiti da un nome e una data, del tipo Braudel 1976, rimandano agli studi elencati alle pp. 749-758.

Capitolo 1

1 Esistono almeno tre ritratti del Barbaro, uno opera del Tintoretto, il secondo attribuito un tempo al Veronese e oggi a Lambert Sustris (Yriarte 1874, 218-9; Venezia e Istanbul 2006, cat. 10, e cfr. sotto, cap. 2, n. 17), il terzo a un “Alberto de Ollanda” (Venezia e la difesa del Levante 1986, cat. 1). Sull’entità degli investimenti veneziani in Levante allo scoppio della guerra di Cipro: Relazioni, Cavalli 1560, 274-5, e CB, 339r: il capitale dichiarato dai soli mercanti a Costantinopoli è di 130.000 zecchini, ma il Barbaro dà per scontato che sia di più. In generale sul ruolo del bailo: Simon 1985, Coco-Manzonetto 1985 e Dursteler 2006, 25-40; per i tempi di spostamento fra Venezia e Costantinopoli, cfr. Pedani 1994, 48-9.

2 Il testo della capitolazione è in Quarti 53-4.

3 Sull’Arsenale di Costantinopoli, indicazioni assai ampie in tutte le relazioni degli ambasciatori veneziani; vedi in particolare Lybyer 1913, 255 e 270; Relazioni, Renier 1550, 79 (qui la citazione); Navagero 1553, 66-7; Trevisan 1554, 144-6; Michiel 1558, 118 sgg.; Cavalli 1560, 291-2; Garzoni 1573, 419-22; Soranzo 1584, 277; Bernardo 1590, 388; Zane 1594, 399 sgg. Sulle maestranze cfr. Relazioni, Trevisan 1554, 145-6; Michiel 1558, 118 (a pieno regime «il numero di questi potria esser da 900 marangoni et 1500 calafati, oltre quelli della città»); Imber 2002, 140, 293-4. Sull’impiego di maestranze fuoruscite dai domini veneziani, oltre alle fonti citate, Concina 1984, 148; Costantini 2005, 57-60 (che segnala come alle maestranze dell’Arsenale fosse fornito regolarmente vino); Dursteler 2006, 67, 81, 84, 89, e cfr. sotto, cap. 4, n. 18. Sul lavoro degli schiavi all’Arsenale, Relazioni, Michiel 1558, 120; Correr 1578, 241 (quando si fabbrica, il kapudan pascià fornisce anche 6 o 700 schiavi suoi, «tirrando per ciascuno di essi dieci o dodeci aspri al giorno»), e si veda anche la descrizione della vita degli schiavi a Costantinopoli in Viaje de Turquía. Le fonti amministrative ottomane relative all’Arsenale sono assenti per il periodo dal 1530 al 1610 (Cizakça 1981); sugli sviluppi successivi, Mantran 1987, Panzac 2009, 56-63.

4 Buonrizzo 136. «Beve nel mare»: Relazioni, Renier 1550, 79; sulla facilità di tener d’occhio i lavori: Bernardo 1590, 388.

5 CB, 95v, 104r («X maone per portar cavalli, assai commode, et alquanto più grandi delle ordinarie»), 110r. L’informazione è imprecisa giacché, come emerge da tutta la successiva corrispondenza del Barbaro, i turchi non usavano per trasportare cavalli le maone, ma un tipo apposito di imbarcazione, le palandarie: cfr. p. 9 e, sotto, n. 10.

6 CB, 115r.

7 Setton 936. Per la denuncia di mire turche su Cipro già prima del 1569, ampia documentazione tratta dagli archivi veneziani in Setton 925-31; Hill 1948, 878-81; Arbel 1979, 28-9; Arbel 1987, 168-9; Preto 1994, 99-101; Arbel 1995, 55; Panciera 2005, 20; Costantini 2005, 54-5; Capponi 2008, 114-5; Costantini 2009, 43-4, 75 e n.; e cfr. sotto, cap. 3, n. 7. Moltissime indicazioni in Nunziature VIII-IX, passim, a partire dall’accesso al trono di Selim, VIII, 56 (26 ottobre 1566): «si va pur penetrando che questo Selino aspiri al regno di Cipro, et questi signori ne stano in qualche gelosia». Nel 1570 il sultano dirà al gran visir di aver deciso la conquista di Cipro già prima di succedere al trono: CB, 306r; Buonrizzo 141.

8 ASV, SS 76, 20rv; Nunziature IX, 49; Braudel 1986, 1134 n.; Panciera 2005, 20; Costantini 2009, 47; l’avviso del 19 luglio 1569 alle autorità di Cipro in Lamansky 031, dopo il ricevimento di una lettera del Barbaro dell’11 giugno, CB, 120v.

9 CB, 120v-129v, 136r-138r; cfr. Nunziature IX, 49 e 60.

10 Nunziature IX, 70; CB, 125r-126v. Sulla differenza fra maone e palandarie cfr. Pantera 42-3: «Le maone sono navi che s’usano nel Levante [...] sono grandissimi vasi, e s’assimigliano alle galee grosse o galeazze di Venetia, ma non vanno a remi: portano le vele quadre, come le navi, ma per la loro grandezza sono di tardo moto [...]. Di queste si serve il Gran Turco per portar soldati e cavalleria, artigliaria, munitioni, vettovaglia [...]. Le palandarie sono parimente usate nel Levante dai soli Turchi in occasione di trasportare cavalleria, e a poco altro servono». Per la fabbricazione cfr. anche Crescenzio 4: «i Turchi fabricano i suoi passacavalli, e caramuzzali di grossissimi platani, il cui legno s’indura sott’acqua, e torna più forte».

11 Nunziature IX, 51 e 65. La commissione al da Mula, del 3 settembre, in ASV, SS 76, 19. Su di lui cfr. Panciera 2005, 78-9.

12 Sull’Arsenale di Venezia: Lane 1934; Romano 1954; Concina 1984; Venezia e la difesa del Levante 1986; Concina 1990; Concina 1991; Aymard 1991; Davis 1991; Bellavitis 20092; per il confronto con quello di Costantinopoli: Relazioni, Michiel 1558, 119; Cavalli 1560, 291; sulle innovazioni introdotte nel 1569 cfr. anche Nunziature VIII, 363, e Setton 943.

13 Sull’incendio dell’Arsenale, resoconto di prima mano in Nunziature IX, 74-84; per i danni effettivi, Paruta 23; sulle indagini, Preto 1994, 100, 161-2; sul premio ai lavoranti cfr. anche Setton 943 n.; altre fonti in Quarti 61 sg. e Concina 1984, 156. Sulla collocazione della polveriera nell’Arsenale, ivi e Bellavitis 20092, 108-9. I propositi di ampliamento a spese della Celestia avevano suscitato da tempo controversie con il monastero: Concina 1984, 154.

14 Nunziature IX, 60, 76, 82-3; CB, 138r, 154v-156v, 160rv, 173v, 178v-179r.

15 CB, 178v-179r. Sul ruolo del mufti, e specificamente sulla figura di Ebussuud, cfr. Imber 2002, 225-44. L’importanza delle fatva emanate dal mufti è sottolineata in parecchie relazioni di inviati veneziani, che peraltro ne segnalano soprattutto l’aspetto propagandistico, per far accettare dal popolo come giuste le guerre proclamate dal sultano: cfr. Relazioni, Barbaro 1573, 323-4; Garzoni 1573, 432; Zane 1594, 407-8. Sulle pressioni popolari e religiose perché il sultano soccorresse i ribelli di Granada cfr. anche CB, 246r; Buonrizzo 137; Braudel 1986, 1136 n.; Setton 946. Gli avvisi giunti a Genova e a Madrid, e che segnalavano fin da maggio i grandi lavori in corso nell’Arsenale, si orientano anch’essi verso la fine dell’anno a giudicare che la flotta «sia per la Spagna»: Braudel 1986, 1134 n. Su Mahmud bey, cfr. sotto, cap. 2, n. 27, e cap. 9, n. 10.

16 Nunziature IX, 93.

17 CB, 136r-137r, 154v-155r, 156v, 160rv, 173r, 188r, 190r, 205r, 231rv; Nunziature IX, 83, 95, 99, 104.

18 CB, 126r, 160r, 173v, 230v.

19 Nunziature IX, 112-3.

20 Nunziature IX, 118 e 120. Il confronto con CB, 230v-231v, 239r, dà l’impressione che al nunzio non siano state date tali e quali le informazioni contenute nell’ultima lettera del Barbaro, ma piuttosto un’interpretazione basata su informazioni diverse.

21 AV 1566-1570, 46r; Nunziature IX, 123-4; cfr. CB, 246r, 251r-252v, con notevoli discordanze: è verosimile che al pari di altre volte la Signoria abbia ricevuto, e comunicato al nunzio, anche lettere del Grandchamps insieme a quelle del Barbaro. L’invio dei 1000 fanti, con le navi Dolfina, Giustiniana e Leze, venne comunicato ai rettori di Cipro il 25 gennaio; l’8 febbraio si precisava che 500 erano già partiti con la Dolfina, altri 1000 dovevano partire con le navi Giustiniana, Leze e Moceniga, per cui in totale sarebbero stati 1500: ASV, SS 76, 38v e 44v, e Nunziature IX, 130; cfr. sotto, cap. 6, nn. 30-31.

22 Nunziature IX, 125 e 127; CB, 258r-260v, con informazioni assai più dettagliate: stavolta effettivamente il nunzio venne tenuto all’oscuro dei particolari, se non della sostanza. La delibera del Senato del 31 gennaio in ASV, SS 76, 39 sgg. e AV 1566-1570, 47v-48r.

Capitolo 2

1 Cfr. Relazioni, Michiel 1558, 104. La fama di scarsa liberalità di Selim si era rafforzata con il suo accesso al trono, quando non aveva distribuito le gratifiche attese dai soldati (Nunziature VIII, 61). Sull’ideologia della monarchia ottomana è utile la cronaca di Tursun Bey; qui «la pioggia degli emolumenti», 19, e anche la cit. coranica, 46.

2 Contarini (1v) è uno dei tanti contemporanei che attribuiscono a Selim la volontà di entrare in guerra per poter fondare «il suo Almarato, overo hospitale all’usanza loro con moschea, e scuole»; così anche il domenicano cipriota Angelo Calepio, fatto prigioniero a Nicosia, che vide la moschea in costruzione ad Adrianopoli nel luglio 1572 e la giudicò più superba di quella di Solimano a Costantinopoli (Calepio 93r). Cfr. CB, 95v, 129r (dove è registrata appunto la voce secondo cui il sultano voleva dotarla «delle entrate de Cipro») e 168r.

3 Relazioni, Renier 1550, 75; per il trono, Badoer 1573, 358.

4 Relazioni, Navagero 1553, 76; Michiel 1558, 104; Ragazzoni 1571, 97; Garzoni 1573, 401; Badoer 1573, 361.

5 Relazioni, Anonimo 1571-73, 176; Badoer 1573, 360-1; Santa Croce 1573, 183; Barbaro 1573, 318; Garzoni 1573, 401.

6 Nunziature IX, 197 e 342; Relazioni, Santa Croce 1573, 183.

7 Relazioni, Ragazzoni 1571, 97.

8 Il discorso di Ibrahim bey al Senato in Pedani 1994, 181; su questo importante personaggio cfr. sotto, cap. 3, n. 5.

9 Bellingeri 2001, 14.

10 Sul funzionamento del divan, cfr. Relazioni, Trevisan 1554, 117-9; Imber 2002, 154 sgg. La citazione in Relazioni, Garzoni 1573, 431. Una miniatura che rappresenta una seduta del divan, presieduta dal gran visir Mehmet pascià e seguita da Selim, in Fleischer 1986.

11 Sul sistema del devs¸irme, cfr. Metin Kunt 1982, Imber 2002, 134-42; notazioni interessanti in Relazioni, Renier 1550, 78 («tanti gioveni fatti homeni si può dire, perché ora li pigliano grandi»); Navagero 1553, 48-53; Trevisan 1554, 128-31 («siccome prima era tenuta per grande e vera gravezza, di modo che li padri e madri tenevano ogni mezzo acciò non gli fossero levati, così ora pare che sia riputata quasi un particolar favore»); Garzoni 1573, 396; Santa Croce 1573, 189-90. Belle testimonianze di prima persona in Bennassar 1991, 274-80.

12 Lybyer 1913, 85-6; Relazioni, Cavalli 1560, 283; Barbaro 1573, 315-7; Bernardo 1592, 358 (e cfr. anche Moro 1590, 360); Venier 284; Nunziature VIII, 143. Sul tema ampia trattazione in Preto 1975, 163-232. Sul Cavalli, personaggio fra i più importanti dell’oligarchia veneziana all’epoca, che menzioneremo ancora, Preto 1979, 128, e Simon 1984.

13 Le citazioni sono tratte dalle Relazioni riportate sotto, nn. 15-17. La bibliografia moderna in lingue occidentali non è abbondante; oltre alle rispettive voci nell’Encyclopédie de l’Islam, cfr. Fleischer 1986 (soprattutto su Lala Mustafà), Samardjitch 1994 – ma cfr. la recensione di G. Veinstein in «Turcica», 27 (1995), 304-10 –, e Dursteler 2006, 127. Si noti che i visir di Selim possono essere stati in realtà, in quel momento, sei; la cronologia delle nomine è estremamente incerta (cfr. Fleischer 1986, 53 n.); solo i cinque che presentiamo qui, però, sono descritti dagli inviati veneziani ed ebbero un ruolo attivo nella guerra di Cipro.

14 Relazioni, Barbaro 1573, 317, 330; Soranzo 1584, 283. Per i figli di Mehmet, cfr. Ragazzoni 1571, 80-1; Anonimo 1571-73, 168; CB, 220v: 29 ottobre 1569, Mehmet «per cominciar a dar grado à suoi figlioli con quei dissegni che sogliono far i padri, ha fatto elegger sanzacco di Cherzech il suo maggior figliolo» (nato di schiava prima del suo matrimonio con la sultana, cfr. 141r, 22 luglio 1569: è morto il figlio nato da poco a Mehmet, e «questa morte li ha penetrato il cuore, vedendo non poter allevar figlioli colla sultana sua moglie, essendogliene già nasciuti cinque con lei, et morti tutti; che ognuno di essi che fosse vivuto, sarebbe stato a bastanza per il stabilimento della sua grandezza», e cfr. CB, II, 227r). Per il figlio di Lala Mustafà, Garzoni 1573, 408; per quello di Pialì, Pedani 2010, 204, e la voce Piyâle Pas¸a nell’Encyclopédie de l’Islam.

15 Relazioni, Cavalli 1560, 295; Ragazzoni 1571, 98; Anonimo 1571-73, 172; Garzoni 1573, 403-7; Badoer 1573, 365-6; Correr 1578, 255-6 (qui un dettaglio in più su Ahmet pascià: «et perché fa professione di poeta, si ha posto il nome di Semps, che vuol dir Sole»).

16 Relazioni, Ragazzoni 1571, 99; Badoer 1573, 366; Garzoni 1573, 408; Barbaro 1573, 331; Santa Croce 1573, 192; Correr 1578, 255; Buonrizzo 156.

17 Relazioni, Cavalli 1560, 295; Ragazzoni 1571, 98 (lo stesso episodio in CB, II, 143r-148v: «non essendo lui nato villano»); Garzoni 1573, 405-7; Barbaro 1573, 319-20; Badoer 1573, 364; Soranzo 1576, 209; Correr 1578, 254. Sul ritratto, attribuito un tempo al Veronese, cfr. sopra, cap. 1, n. 1. Il dispaccio del Cavalli da Skopje in Lamansky 064.

18 CB, 155rv, 229v, 275, 350r-351v; Buonrizzo 142, 153, 156-7; Relazioni, Barbaro 1573, 330-1; Barbaro 1573b, 390-1 («alienissimo da quella guerra»); Badoer 1573, 366; Contarini, 2v-3r; il dispaccio del Facchinetti sulla promozione di Mustafà in Nunziature VIII, 350. Per un’analisi dal punto di vista dell’entourage di Lala Mustafà, cfr. Fleischer 1986.

19 Relazioni, Barbaro 1573, 319; Garzoni 1573, 407; Pedani Fabris 181.

20 Su Sciaus (Siyavus¸) cfr. Relazioni, Soranzo 1584, 283-4; Bernardo 1590, 340-1, e cfr. sotto, cap. 3, n. 14. Sul muto Rara, CB, II, 120v.

21 Su Nur Banu, cfr. Bellingeri 1985; Arbel 1992; Pedani 2010, 199-201; cfr. Relazioni, Badoer 1573, 362; Garzoni 1573, 403; Santa Croce 1573, 182 e 188; su Gazanfer, Dursteler 2006, 119-23, Pedani 1997, 68-70 e Pedani 2010, 194-6.

22 CB, 278rv, e II, 223v; Relazioni, Anonimo 1571-73, 165; Garzoni 1573, 380; Antelmi 1576, 199; Zane 1594, 424-7; Fresne-Canaye 268. Sulla vicenda, e in particolare sull’Abensantio, vedi Lucchetta 1997, 7-13. Il combattimento in cui venne catturato il Cigala è descritto dettagliatamente in Doria 152-5; cfr. anche le ampie voci di G. Benzoni, Cicala, Scipione, e Cicala, Visconte, in DBI, e Montuoro 2009. Eccellente descrizione dell’educazione nel Serraglio e delle uscite in Relazioni, Navagero 1553, 42-7.

23 Su Michele Cantacuzeno cfr. Relazioni, Anonimo 1571-73, 167; Santa Croce 1573, 184 e 186. Sull’interminabile processo mosso da «questo tristo Cattacusino ribaldo, et che sa ogni cativa arte», al governo veneziano per il recupero del suo credito, che secondo i veneziani era già stato pagato, cfr. CB, 187r, 201r-202v, 205v-206r, 212v-213v, 218v-220v, 226v, 237v-238r, 245v, 250rv, 266v, 273v-274r, 355rv, e II, 84v e 234v.

24 Su João Migues alias Josef Nasi, o Nacì, la bibliografia è vasta e diseguale. Cfr. almeno Inalcik 1969b, 122-3; Ravid 1983; Arbel 1987; Pedani 1994, 153-9; Arbel 1995, 56-63. Per il suo governo a Nasso, Slot 1982, 88-97 e Vatin 2004. Informazioni e pettegolezzi interessanti in Relazioni, Buonrizzo 1565, 66; Ragazzoni 1571, 91; Barbaro 1573, 334 e 343; Badoer 1573, 361; Antelmi 1576, 199.

25 Arbel 1987, 167; Simon 1984, 987-92; Arbel 1995, 13-28, 55-76.

26 A mettere in giro questa voce contribuirono gli inviati francesi Grandchamps e Du Bourg: Charrière II, 735-6 e III, 87. Nell’ottobre 1569 il segretario Buonrizzo ascoltò dal primo una versione leggermente diversa: che l’impresa di Cipro era stata molte volte sollecitata dal Migues, «sperando esso di esserne fatto beglerbei», ossia governatore, prima di capire che in quanto ebreo non poteva aspirare a quell’incarico (CB, 207v-209r). Le voci che vedevano la sua mano dietro l’incendio dell’Arsenale vennero trasmesse a Filippo II pochi giorni dopo l’evento (Braudel 1986, 1134 n.). Per la vera e propria paranoia antiebraica a Venezia in quegli anni, cfr. Arbel 1987, 170-2; per l’episodio d’un supposto complotto ebraico per aprire Famagosta ai turchi, ordito dal Nasi e denunciato nel 1568, Arbel 1979, 28-9.

27 Charrière III, 70-1; CB, 104r, 175v, e cfr. 338v: «ben so ch’egli è senza un aspro». Una curiosa dichiarazione di Mahmud bey e dei dragomanni dell’ambasciata di Francia sulle rappresaglie contro i mercanti francesi, praticate a richiesta «Ioannis Micque iudei, nunc dicti Joseph Nací», e sui relativi negoziati tra «dominus illustrissimus Mehemet Bassà primus vesirus potentissimi imperatoris monsulmanorum sultam Selim» e il Grandchamps ambasciatore «potentissimi imperatoris Galie» si legge in CB, 164. Sul viaggio di Mahmud bey cfr. sotto, cap. 9, n. 10.

28 CB, 327v-328r, 331r, 338r (febbraio-marzo 1570). Sull’odio di Mehmet per il Nasi cfr. Relazioni, Ragazzoni 1571, 91 e Barbaro 1573, 343.

29 Il 17 settembre 1569, il Barbaro raccolse a casa del Migues la voce «che l’Armata uscirà certo, et che sopra vi anderà per locotenente generale Pialì bassà, et per capitano Schiaus favoritissimo del Signor, et che vi anderà anco esso Gio. Miches», e che la flotta avrebbe attaccato la Spagna oppure Malta: CB, 188. L’8 marzo 1570 il Barbaro riferisce invece che Lala Mustafà voleva che il Migues lo accompagnasse a Cipro: CB, 338v.

30 Nunziature IX, 205 e 207. Nel 1571 esce a Venezia un Dialogo de Selin con Giosuf ebreo, in cui Selim rimprovera il Nasi di averlo spinto alla guerra (Arbel 1987, 168-9). A titolo di esempio di un’intera storiografia coeva sul ruolo di «Giovan Miches marrano a Costantinopoli», cfr. Contarini 2r.

31 CB, 306r, 327v; Buonrizzo 141.

Capitolo 3

1 Le citazioni sono tratte da Kâtib Çelebi, in Bellingeri 2001, 12, tranne il riferimento ai dadi, che è in Piri reis: Bausani 1979, 181. Per la visione ottomana di Venezia cfr. Bellingeri 1985; Costantini 2009, 6-8; Pedani 2010, 250-6; dell’Italia, Bausani 1979; dell’Europa cattolica, Veinstein 2001. Sul nomignolo di “pescatori”, effettivamente corrente nelle fonti ottomane, Bausani 1979, 181; Hale 1990, 141; Pedani 2010, 250; e cfr. sotto, cap. 16, n. 28.

2 Sugli acquisti dei pascià a Venezia: Gökbilgin 1979; Pedani 1994, 93-4; Raby 2007; Costantini 2009, 29; Pedani 2010, 101-9; tra le fonti, Relazioni, Ragazzoni 1571, 96; Barbaro 1573, 312 e Garzoni 1573, 401; CB, 116v-117r, 121v-122v, 169r, 227v, 272v. Pochi anni prima l’ambasciatore francese Nicolay era stato accolto a Costantinopoli con moscato greco e «un gran quarto di formaggio piacentino» (Nicolay 120, e cfr. Pedani 1994, 61). Sulle assicurazioni: Simon 1984, 986.

3 La fine del commercio dei grani è presentata come una svolta gravida di conseguenze nei rapporti tra Venezia e l’impero ottomano da Braudel 1986, 628-45; cfr. Relazioni, Cavalli 1560, 290; Barbaro 1573, 313-4, nonché Donà 104.

4 CB, 164v-165r, 184v-186v, 206r, 211rv, 223v, 235rv, 248v-249v, 265r; Nunziature IX, 120. Sul coinvolgimento dei dignitari ottomani e dei giannizzeri nel commercio illegale con Venezia cfr. Simon 1984, 1003-4; Dursteler 2002, 114-24, e 2006, 163-9. Costantini 2009, 34, rileva che la campagna di Cipro fruttò a Lala Mustafà 600.000 aspri: la somma, pari a 10.000 zecchini, non è così rilevante da poter essere considerata come una motivazione importante per il pascià.

5 Relazioni, Navagero 1553, 106; Nunziature VIII, 78-91, 111. Su Ibrahim, personaggio così ben documentato nella corrispondenza diplomatica che meriterebbe una biografia, cfr. particolari anche pittoreschi in Pedani 1994, ad ind.; Nunziature IX, 64; Serrano III, 129; Charrière III, 85 e passim; cfr. anche Veinstein 2001, 60 e Pedani 2010, 140-1.

6 Nunziature IX, 298.

7 Jennings 1993, 11; Pedani 2003 e 2005b; Costantini 2009, 14-26. Le lamentele di Mehmet pascià col bailo, a fine 1567, e i conseguenti ordini della Signoria alle autorità cipriote in Setton 931. Ma le proteste ottomane per l’assistenza che i corsari ricevevano a Cipro erano di più antica data: già nel 1559 il pascià del Cairo se ne lamentava col console veneziano, e minacciava: «causerò la guerra, et finalmente tanto opererò ch’el Signor farà l’impresa di Cypro» (Poumarède 2004, 462-5).

8 Relazioni, Ragazzoni 1571, 101.

9 CB, 268v-269v, 272rv, parzialmente edito in Lamansky 033. Iseppo peraltro replicò, o almeno così assicurò al Barbaro, che in caso di guerra Venezia avrebbe certamente liberato dalla servitù tutti i contadini dell’isola, «li quali combatterebbero gagliardamente a favor di lei». Sull’ostilità della popolazione cipriota al dominio veneziano torneremo più oltre: cfr. sotto, cap. 14, nn. 11-16, 30-33, 41.

10 Le difficoltà politico-militari che nell’estate-autunno 1569 impedirono al governo ottomano di prendere una risoluzione definitiva erano seguite da vicino in Occidente: cfr. CB, passim; Nunziature IX, 95 e gli avvisi pubblicati da Vargas Hidalgo 593, 606, 610-1. Sulla conquista di Tunisi, Braudel 1986, 1141-3, e Vargas Hidalgo 1998, 101-3.

11 CB, 127r-129v. Chiecaia, pronunciato apparentemente cecaia, è la traslitterazione allora corrente del titolo ottomano di kahiya, o kahya, equivalente al persiano-ottomano kethüda, che in questo contesto era tradotto talvolta «maggiordomo» (cfr. Viaje de Turquía 131), e indicava il luogotenente o amministratore-capo di un alto funzionario.

12 Sul “divan a cavallo” (at-divan) del luglio 1569, cfr. CB, 136r-137v, 156rv, 160r, e Nunziature IX, 60.

13 Braudel 1986, 1134 n. Sull’incendio di Costantinopoli, durato dal 28 al 30 settembre, e sugli altri incendi verificatisi a ottobre, CB, 192v-195r, 203v-204v, 212r; Charrière III, 89; Nunziature IX, 94-5, 99; sul timore di un attentato all’Arsenale, ivi, 166 e per le relative contromisure avviso in Vargas Hidalgo 591; sulle fonti ottomane, cfr. Fleischer 1986, 56-7.

14 CB, 137v, 156v, 168r, 188r, 195r, 239v; Charrière III, 89.

15 CB, 192v-195r; Fleischer 1986, 57.

16 Sull’ufficio di kapudan pascià cfr. Imber 2002, 297-302 e The Kapudan Pasha 2002; molte le informazioni di parte veneziana, a partire dalle relazioni di Benedetto Ramberti nel 1534 e Alvise Gritti nel 1537, in Lybyer 1913, 255 e 270, e continuando con Relazioni, Trevisan 1554, 136; Garzoni 1573, 419 e 425 (qui la cit. nel testo); Antelmi 1576, 197; Soranzo 1584, 278 (fino a Lepanto «si soleva dar il carrico di capitano del mare per il più a giovani grati al Signor et cavati dal Seraglio, come si fa delli agà de i gianizzari»); Moro 1590, 36.

17 Su Müezzin-zade Alì le informazioni non sono numerose; secondo Scetti 108, che combatté a Lepanto, era «un turco nativo proprio di Costantinopoli, molto amato dal Gran Soldano Selim, chiamato Ali Bascia». Le notizie più dirette, scritte quando era ancora vivo, in Buonrizzo 136, 155 e 157, e CB, 120v, 154v, 168r, 242v, 246v, 267r. L’inesperienza marittima di Alì venne regolarmente citata dai cronisti ottomani successivi per spiegare il disastro di Lepanto: Yildirim 2007, 534-5, 546, 550. Altre informazioni, dal cronista ottomano Peçevi, in Capponi 2008, 214. La visita di Alì a Famagosta è riferita da Valderio 934-5, e cfr. CB, 242rv.

18 Buonrizzo 157; CB, 120v-121r, e per la testimonianza degli schiavi, Caracciolo 39.

19 Sulle posizioni di Pialì pascià a favore di un’offensiva nel Mediterraneo occidentale e le sue speranze d’essere fatto «Bassà dell’armata», cfr. CB, 120v, 156v, 188r; avvisi in Vargas Hidalgo 591 e 593, e Buonrizzo 136 sg.

20 CB, 104r, 115v, 154v, 231v, 246v; Buonrizzo 136; Vargas Hidalgo 591, 593-4 e 597.

21 Sulla tendenza inevitabile di ogni kapudan pascià ad appoggiare le iniziative bellicose cfr., in data appena posteriore, Relazioni, Antelmi 1576, 197, e Correr 1578, 242.

22 Buonrizzo 136-8; cfr. anche CB, 115r, 121r, 251v.

23 Fleischer 1986, 55; Buonrizzo 136 (e 142 per l’ultimo dissenso fra Mehmet e Mustafà); CB, 231v, 236r. Paruta 16 confonde il viaggio ad Adrianopoli col «divano a cavallo» di qualche mese prima.

24 Vargas Hidalgo 594; CB, 239rv.

25 CB, 115r, 173v, 221v-222r, 239v, 241v; Vargas Hidalgo 594.

26 Vargas Hidalgo 597; un rapporto analogo in ASG, 2170; cfr. Braudel 1986, 1134 n. e 1153 n.; per l’attività di disinformazione del kapudan pascià, cfr. CB, 246v; ASV, SS 76, 39; Buonrizzo 137-8.

Capitolo 4

1 CB, 246rv, 251v, 262v; Buonrizzo 136-7; Vargas Hidalgo 597; Nunziature IX, 120, 123-4. Sulla distinzione tra “bastarde” e “sottili” cfr. Pantera 45: «Le galee sono di due sorti, cioè bastardelle e sottili: le bastardelle hanno la poppa dalla parte esteriore divisa, come doi spicchi d’aglio, però sono in quella parte alquanto più capaci delle sottili, e più reggenti. Le sottili hanno la poppa unita, e perciò più stretta, ma vanno meglio a remi, come le galee bastardelle vanno meglio a vela. Nel resto sono del tutto simili l’una all’altra». Sulle galere capitane, o “di fanò”, cfr. Tenenti 1962, 34 e 45, e Aymard 1974, 73-5. Sulla galera sultana, CB, 258v-259r: «Sono circa XV giorni ch’io fui sopra detta galea per vederla; la qual è grande di 29 o 30 banchi, et vogherà ad un remo per banco, et 4 homini per remo». A titolo di confronto, la Capitana di Marcantonio Colonna nel 1570 era una bastarda da 28 banchi a 5 remi per banco (cfr. sotto, cap. 6, n. 18); quella di Gian Andrea Doria aveva 26 banchi e 5 rematori per banco (Vargas Hidalgo 623); quella di Savoia 25 banchi e 5 rematori per banco (Lo Basso 2003, 376).

2 Buonrizzo 136-7; CB, 246v, 251r-252v, 254v, 258r, 260r; Nunziature IX, 120 e 127. Per le maone ordinate in precedenza a Nicomedia, il cui numero oscilla fra 10 e 12, cfr. CB, 104r, 115v, 126rv. Il Barbaro, 261r, allega copia degli ordini inviati ai cadì (ed. in Quarti 76-7).

3 Queste valutazioni, e queste stime numeriche, si ritrovano tanto prima, quanto dopo Lepanto: cfr. Tenenti 1962, 63; Buonrizzo 154 («l’altra volta che fui a quella Porta [...] facevano conto che si potevano armar circa 40 et forse 50 galee de schiavi che erano bonissime et espeditissime galee, et il nervo dell’armata»); Relazioni, Renier 1550, 80; Garzoni 1573, 421 («S’armano inoltre, da diversi, circa quaranta galere fornite di uomini tutti pagati dai loro padroni con mille trecento aspri per uno, e queste sono le migliori, anzi le sole buone di tutta l’armata turchesca»); Barbaro 1573, 307; Soranzo 1576, 206 («Havevano nel tempo ch’ero a Constantinopoli schiavi per armar 35 fin 40 galere [...] essendo queste il nervo principale dell’armata del Turco»); Correr 1578, 239; Soranzo 1584, 277; Moro 1590, 354-5; Zane 1594, 403-4; Donà 1596, 357-8. Cfr. CB, 239r: il sultano ha ordinato al capitano del mare di fare l’inventario «di quante galee si potessero armar qui in Constantinopoli di schiavi, et d’altri che siano soliti servir al remo, perché, come Vostra Serenità deve saper, questi rais di galera tengono molti schiavi, de quali mentre che stanno qua se ne vagliono in farli lavorar per conto loro con non poco utile; et quando si arma li mandano a servir in galea, et loro tirrano quella paga che danno li homini descritti nel paese che non vi vogliono andare».

4 Buonrizzo 154. Cfr. Relazioni, Garzoni 1573, 421 («Altre venti galere si armano di persone vagabonde»); più ottimisti, altri osservatori a metà Cinquecento ne prevedevano una trentina (Tenenti 1962, 63; Dursteler 2006, 68), ma alla stessa epoca un autore spagnolo osservava che il sultano «per ogni galera ha bisogno di centosessanta uomini, e non può averne più di tre o quattromila, di quei morlacchi e zaccali [per il termine, cfr. p. 59 e, sotto, n. 8] che vengono a Costantinopoli per affittarsi come rematori» (Viaje de Turquía 427). Questi galeotti stranieri reclutati a Costantinopoli erano chiamati tecnicamente “marioli” (Relazioni, Navagero 1553, 67-8; Bernardo 1590, 329). Erano soprattutto cretesi (Relazioni, Cavalli 1560, 293-4: «Vi sono [...] quando bisogna, altri scapoli [per il termine, cfr. p. 102] che vivono alle taverne, e sono cristiani, Candiotti per il più»; Moro 1590, 354; Bernardo 1592, 335-43). Non pochi erano condannati che avevano dovuto lasciare i domini veneziani per sfuggire alla giustizia, data l’estrema frequenza delle condanne al bando, a Creta e altrove: Dursteler 2006, 68-72.

5 Faroqhi 2004, 108.

6 Secondo il nunzio, a fine novembre il bailo comunica «che fin d’allhora s’erano commandate solamente le ciurme di Constantinopoli per 60 galere» (Nunziature IX, 120). In realtà il Barbaro (CB, 239r) non menziona la cifra; devono essere stati gli interlocutori veneziani del nunzio a calcolare, sulla base delle relazioni dei baili precedenti, che le «ciurme di Constantinopoli» corrispondevano a 60 galere.

7 Buonrizzo 154. Sulla scarsità di schiavi e il costo della manodopera, l’11 maggio 1569 il bailo segnalava che «ogni vil homo si paga tre, et quatro marcelli al giorno, et ogni minimo schiavo che sia sano, è stimato qua cento et più cecchini» (CB, 100r).

8 Sul sistema di reclutamento, basato sull’imposizione straordinaria (avariz-i Divaniye), cfr. Fontenay 1981; Veinstein 1983; Imber 2002, 306-8; Agoston 2005, 118-9; Panzac 2009, 34-7. Sulla cattiva qualità delle ciurme cfr. Relazioni, Renier 1550, 80 («tollendosi della Natolia zente molto greza et villana, sariano molto triste galee»); Buonrizzo 154 («armate di zaccali, et altri galioti descritti, che sono per il più pessime zurme»); sul termine spregiativo zaccali, cfr. Santa Croce 1573, 182, e Tenenti 1962, 64; Soranzo 1576, 206 («Per armare il resto delle galere hanno modi commodissimi et facilissimi perché tutto il popolo in ogni parte è sottoposto a questa fattione di andar in galera [...] di modo che galeotti non gli possono mancare ma, eccetto li schiavi, son sempre tutte le altre galere armate di gente nova, non andando in galera il secondo anno chi vi è stato il primo, onde, et perché li rais non vi usano diligenza di sorte alcuna, le galere non possono esser buone, et si vede che prima che tornino a disarmar sono morti per la maggior parte»); Bernardo 1590, 330 («gente inesperta e malissimo atta alle cose di mare»), e il giudizio di un capitano greco in Vargas Hidalgo 676. Sul reclutamento in eccesso cfr. Relazioni, Michiel 1558, 120, e Garzoni 1573, 420-1.

9 Vargas Hidalgo 597; CB, 239r (26 novembre: all’ordine di ritrovare i registri dei galeotti si è aggiunto «che fusse osservato nelli libri quali populi furono con l’ultima armata angariati di essi galiotti, et quali non»), 259v-260r; Buonrizzo 139. La cifra di un uomo ogni 15 famiglie per la coscrizione del 1570 in Imber 2002, 306-8. Il Barbaro (CB, 260v) trascrisse anche il modello della circolare inviata ai cadì; il salario previsto era per i turchi «aspri 106 per testa, et alli christiani 80», ed era esplicitamente ingiunto al cadì «di non portar in luogo di homini aspri, perché sarai castigato», e di non esentare i coltivatori di «beni di Chiesa, o della Mecca, o d’altri, perché habbiamo comandato che anco da detti si piglino per questa causa homini», anche se bisognava comunque badare «che a niuno sia fatto contra la nobil ragione, prestando all’eccelso mio segno degna fede» (ed. in Quarti, 75-6).

10 Ad esempio, nel 1552 un uomo ogni 23 fuochi (Veinstein 1994); in altre occasioni, sotto Selim II, un uomo ogni 20 o 22 fuochi (Fontenay 1981, 901). La proporzione, cresciuta paurosamente dopo Lepanto (Imber 2002, 306-8), tornerà a scendere alla fine del secolo (Relazioni, Bernardo 1592, 335-43: «un galeotto sopra ogni quindici o venti case»). Il brano citato nel testo è in Viaje de Turquía, 426.

11 «Hanno i Turchi tre sorte di moneta per spendere, la maggiore è d’oro, cioè ducato, che chiamano sultanino, il quale vale 60 aspri, ornato di qua et di là col nome di quel Signore che in quel tempo tiranneggia. Vi è poi lo aspro, che è d’argento, con lettere pur arabe, et si chiama aspro perché è bianco» (Relazioni, Santa Croce 1573, 188): aspro vuol dire «bianco» in greco, così come il nome turco della moneta, akçe. Il cambio di 60 aspri per ducato menzionato dal Santa Croce riflette la tendenza alla svalutazione dell’aspro, che in molti conteggi ufficiali era ancora valutato al tasso di 50 per un ducato: cfr. ad esempio Relazioni, Barbaro 1573, 304, «tre mila aspri [...] che sono giustamente sessanta ducati d’oro»; a volte i due cambi si trovano addirittura nello stesso testo, Garzoni 1573, 394: «mille aspri al giorno, che sono venti ducati» e ivi, 412: «tremila aspri, che sono cinquanta zecchini». Il cambio del mercato non era sempre quello ufficiale e poteva arrivare a 65-70 aspri: Pamuk 2000, 97.

12 Cfr. Relazioni, Trevisan 1554, 137-40; Michiel 1558, 120; Garzoni 1573, 424; Antelmi 1576, 197. Lo stesso donativo, «XX scudi per testa, pagati da coloro che sariano obligati mandar li huomini», era sborsato per gli schiavi imbarcati sulle galere, ma ovviamente ad intascarlo erano i proprietari: Relazioni, Correr 1578, 242 e 248. La renitenza era comunque diffusa: cfr. Yildirim 2007, 536-7.

13 Il giudizio è citato in Relazioni, Cavalli 1560, 292 (e qui anche: «Le galere durano diciotto o venti anni al Gran Signore»); così anche Garzoni 1573, 419-20; Soranzo 1576, 207; Antelmi 1576, 197. Correr 1578, 241, precisa che prima di Lepanto «l’officio di rais era non solo ambito, ma procurato con donativi fino 1000 ducati». Per le promozioni dal basso cfr. Relazioni, Michiel 1558, 120: «el capo della galera è chiamato rais, et ha da 7 fino 20 aspri al giorno di stipendio. Si elegge rais ogni sorte di persona, senza haver riguardo se è persona honorata o valorosa, e questo è carico del generale capitano, tanto che spesso di comito uno diviene rais».

14 Sul sistema, e sulla situazione alla vigilia di Lepanto, cfr. Erdogru 1997, 100, e Imber 2002, 303: nel 1571 i rais con i relativi distaccamenti nell’Arsenale sono 227, più 150 «rais senza uomini», probabilmente in lista d’attesa per diventare effettivi. Per la gerarchia degli ufficiali cfr. Relazioni, Trevisan 1554, 136-7; Michiel 1558, 120-1; Cavalli 1560, 293; Garzoni 1573, 425. Per un confronto con la gerarchia degli ufficiali sulle galere cristiane cfr. sotto, cap. 6, n. 19.

15 Barbaro 1573, 306-7. Il numero di marinai attribuito alle galere turche dalle relazioni veneziane diminuisce significativamente nel corso del secolo, cfr. Appendice IV. Anche il totale degli azap stipendiati diminuì, dopo essere aumentato nei decenni precedenti a Lepanto: nel 1537 Alvise Gritti assicurava che il sultano «tiene continuo mille homeni axapi zoè marinero di galeri et ne ha di spexa a l’anno fra tutti aspri 400.000» (Lybyer 1913, 270); negli anni di Lepanto erano circa 3000 (Garzoni 1573, 425, e Imber 2002, 303), ma nel 1609 sul libro paga c’erano in tutto 2363 marinai (Murphey 1999, 17 e n. 16). Per i 5000 coscritti del 1570 cfr. CB, 260r (e cfr. 261v: «sono stati comandati li galiotti, et scappoli, quali in tutto ascendono alla summa di 35m[ila]»), e Buonrizzo 139.

16 Relazioni, Ragazzoni 1571, 100-1; Garzoni 1573, 420-1; Antelmi 1576, 197; Correr 1578, 239 (qui la cit.).

17 Concina 1984, 148; Concina 1991, 236; Relazioni, Barbaro 1573, 306-7; Donà 1596, 356 sgg. Cfr. anche Trevisan 1554, 146; Soranzo 1584, 277; Moro 1590, 348-50; Bernardo 1590, 327; Bernardo 1592, 335-6, 339-42; Zane 1594, 399 sgg.

18 Relazioni, Trevisan 1554, 185; Michiel 1558, 119; Cavalli 1560, 291; Capponi 2008, 165; per il legname verde e la poca durata, cfr. Relazioni, Soranzo 1584, 277; Moro 1590, 348; per le maestranze veneziane, Preto 1975, 214-7, e cfr. sopra, cap. I, n. 3.

19 Relazioni, Ragazzoni 1571, 100-1. Sul passaggio dalla tecnica “alla sensile”, con un remo per galeotto, alla tecnica “a scaloccio”, cfr. Tenenti 1962, 34-5; Aymard 1974, 73-5; Concina 1991, 241-2; Conway 1995, 178-80; Fenicia 2003, 125-7. Sulle perplessità dei veneziani vedi Relazioni, Morosini 1570, 133: le galere di Savoia sono tutte a un solo remo, «credendo che in quel modo vadano più forte», e CB, II, 21r: «remi grandi di quelli da uno per banco [...] in detto modo si sono sforzati questi di armar buona parte di esse galee, ritrovando loro che nel vogar gli homini si accomodano meglio». Che i remi usati dai turchi fossero più sottili, affaticando meno le ciurme, è confermato da Relazioni, Zane 1594, 401. Anche quelli ponentini erano più sottili e meno faticosi da usare, oltre ad essere più elastici, per cui si rompevano meno facilmente: Cristoforo da Canal 78-9.

20 Relazioni, Cavalli 1560, 292-3; Cristoforo da Canal 69-70, 82-4; Tenenti 1962, 32 e 52.

21 Crescenzio 4-5; Cristoforo da Canal 78; Relazioni, Cavalli 1560, 294; Paruta 294; Tenenti 1962, 31; Lane 1934, 13. Cfr. anche Fresne-Canaye 308, che vide galere turche e veneziane in rada a Corfù nel 1573, dopo la conclusione della pace: le turche «al paragone delle venitiane certo parevan mahone, imperoché hanno le poppe molto più alte et li speroni più rilevati; sono anche meglio dipinte et indorate».

22 Sull’alimentazione a bordo delle galere turche cfr. Relazioni, Cavalli 1560, 294; Nunziature VIII, 348; Sereno 222.

Capitolo 5

1 CB, 258r; cfr. 251v, 18 dicembre 1569: «par che hora le opinioni s’indriccino che questi voglino tentar l’impresa di Cipro, le qual nove mi sono portate da molte persone etiamdio confidenti»; 254v, 20 dicembre: «le voci e li romori che questi apparati siano per le cose di Cipro si vanno ogn’hora più aggrandendo, etiamdio da persone di consideratione»; 262v, 4 gennaio: se ne parla ormai come di cosa decisa. Un mercante veneziano si presentò all’ambasciata di Francia e chiese di poter diventare suddito francese, richiesta che venne accolta: Dursteler 2006, 131-2.

2 L’episodio è riferito, in termini non del tutto identici, in CB, 263r, 270v, e Buonrizzo 139.

3 CB, 267r-268v, e per Iseppo 268v-269v, 272rv. Sull’abitudine di non rivelare al kapudan pascià la destinazione della flotta se non mediante ordini sigillati da aprire dopo la partenza cfr. sotto, cap. 7, n. 13.

4 CB, 275r.

5 CB, 276rv, 279v-282r; Buonrizzo 140; Nunziature IX, 146. Una delle navi, la Bonalda, era a Costantinopoli, dov’era arrivata da Suda il 4 gennaio; l’altra, la Balba, arrivata a Costantinopoli il 15 settembre 1569, era già ripartita e venne fermata nel porto di Silivri, sul Mar di Marmara, da dove fu riportata alla capitale: 173v, 262v, 304r, 306v. Per il sultano all’Arsenale e il lavoro notturno, cfr. Buonrizzo 146-7; CB, 307v, 311v; Nunziature IX, 137; Contarini 4r; Setton 953.

6 CB, 254r; Buonrizzo 138 e 141.

7 CB, 275v, 286r, 305r, e cfr. 314v; ASV, SS 76, 52.

8 Buonrizzo 140-1; originale in CB, 305r-307r; cfr. Nunziature IX, 146.

9 Buonrizzo 145-6; originale in CB, 307v-310r, in parte edito da Quarti 91.

10 Buonrizzo 146; CB, 310r-311v, 321v; Nunziature IX, 161; Braudel 1986, 1155 n. Le fonti ottomane menzionano l’intercettazione delle lettere della Signoria rivolte al Barbaro a partire dall’inizio di marzo: Costantini 2009, 45.

11 Charrière III, 102; Buonrizzo 147-8; cfr. CB, 311v.

12 CB, 313r, 315r; Buonrizzo 148-9.

13 Buonrizzo 148-9. Quasi le stesse parole saranno dette da Mehmet al dragomanno Mateca Salvago, mandato a Venezia a proporre la pace all’inizio del 1571: doveva dire «alli vecchi et alli Diese che governano il paese, et non alli giovani che non faccino andare il Signor in collera» (Quarti 383-4; cfr. sotto, cap. 18, n. 10). È notevole che il gran visir impiegasse con tanta pertinenza il linguaggio della contrapposizione tra i “vecchi” e i “giovani”, che proprio in quegli anni stava diventando centrale nella politica veneziana (Lowry 1971, 276-8).

14 Don Chisciotte, cap. XL; Relazioni, Garzoni 1573, 382-4; Soranzo 1576, 207; Correr 1578, 256; Soranzo 1584, 278-9. Cfr. la voce Galeni, Dionigi in DBI, e Kologlu 2007, 526-31.

15 Vargas Hidalgo 606-32; Braudel 1986, 1153 n., 1157. Sul de Silva, cfr. Vargas Hidalgo 1998, 35-8.

16 Nunziature IX, 134, 137 e 149. Istruzioni all’ambasciatore in Spagna in ASV, SS 76, 39, 52, 55v; Setton 945-6, 950-1; Donà 21. Sul Cavalli, Nunziature VIII, 148.

17 Nunziature IX, 144; CB, 275r, 282v; ASV, SS 76, 48v sgg.

18 Nunziature IX, 146, 152; ASV, SS 76, 99v; AV 1566-1570, 55v; CB, 317r, e Lesure (b), 150; Costantini 2005, 55. Sull’entità degli interessi commerciali veneziani nell’impero ottomano, concentrati soprattutto ad Alessandria e in Siria, cfr. Simon 1984. La guerra costrinse il divan a rivedere le capitolazioni concesse ai mercanti occidentali in genere, limitando le merci che potevano essere trattate ed escludendo tutte quelle di interesse bellico: Faroqhi 2002.

19 ASV, SS 76, 99v; AV 1566-1570, 231r e 485r; Charrière III, 104; CB, II, 6v; Lesure (b), 150 e Nunziature IX, 180; Pedani 1994, 933; Costantini 2009, 33 e n., 44, 153. Molti dettagli, tutti da verificare, in Conti 80-1.

20 Nunziature IX, 156, 161; AV 1566-1570, 67v-68r; Setton 950; Quarti 344-6. La cifra degli arrestati è contenuta nella supplica al sultano di uno di loro, che riuscì a fuggire e a tornare a Costantinopoli, visionata e tradotta dal Barbaro (CB, II, 97v, 103v-104r) e pubblicata in Quarti 345. Sull’antisemitismo che s’intreccia alle rappresaglie veneziane cfr. Braudel 1986, 869; Arbel 1987, 170-3; Arbel 1995, 55-76.

21 Nunziature IX, 161, 168, 192-3, 205, 264 («questi signori si tengono infinitamente offesi dagli hebrei levantini»), 266. Sulla protezione papale per i mercanti ebrei di Ancona, cfr. Poumarède 2004, 342-68.

22 Buonrizzo 142; Paruta 49. I primi accenni alle incursioni turche in Dalmazia e Albania si trovano all’inizio di marzo in ASV, SS 76, 55v-56v, 59; cfr. AV 1566-1570, 55v-57v, e CB, 310v, 31 gennaio: «heri il Bassà ha espedito comandamenti alli sanzacchi delli confini de Dalmatia, che facendo li ministri di Vostra Serenità resistentia di lassarli prender il possesso di quei luochi che pretendono che siano suoi [...] debbono essi sanzacchi procurar d’impadronirsene colle arme». Cfr. anche Sereno 35. Peraltro il rettore di Cattaro rispose con gli stessi metodi, riferendo di aver «depredato et brusato tutto quello ch’era de Turchi intra la bocca, fuori de’ castelli murati di Castelnovo et Rissano» (AV 1566-1570, 142v). Un avviso giunto a Venezia a fine febbraio riferiva che il sultano aveva rafforzato con 700 giannizzeri la guarnigione di Castelnuovo: Braudel 1986, 1154. Sugli irregolari, Imber 2002, 260-5, e cfr. sotto, cap. 12, n. 27.

23 AV 1566-1570, 55v-56r (12.000 capi di bestiame razziati nel solo territorio di Zara); Nunziature IX, 152, 154, 156, 163, e cfr. Serrano III, 119 e Vargas Hidalgo 633. Sulla morte del Malipiero cfr. AV 1566-1570, 56v; Contarini 5r; Manolesso 21v; Sereno 41; Paruta 49. Sulla cavalleria veneziana in Dalmazia e in Albania, che sulla carta contava 20 compagnie per un totale di circa 500 stradiotti, e il suo provveditore, cfr. Hale 1974, 165, ma anche la relazione sconfortante del provveditore generale Giovanni da Lezze, Lezze 253-4 (e 261 sul nemico: «La cavalleria che hanno questi sanzacchi si vede esser di persone ardite et valorose, che non temono qual si voglia fatica, et si arisicano ad ogni pericolosa impresa. Va al presente la maggior parte armata di corsaletto et morione, con picca et scimitarra»). Sull’attacco a Zara cfr. anche Braudel 1986, 1155 e n. Il 20 luglio del 1570 il Senato parla del contado di Zara come «hora occupato da nemici»: Setton 970 n.; nel febbraio 1571 il da Lezze conferma che il nemico «ne ha si può dir sempre fatto star chiusi ne la città [...] havendo perduto il territorio, et essendo il raccolto venuto tutto ne le mani dell’inimico», Lezze 263. Sull’importanza strategica e le fortificazioni di Zara cfr. Dal Borgo-Zanelli 2008.

24 Buonrizzo 135, 150; CB, 317r-318r, e II, 41v-42v, 97r; AV 1566-1570, 231r, 400rv (il console al Cairo ottiene il dissequestro delle merci con la mediazione «dell’aga de spahi tuffegi, cioe arcobusieri a cavallo, chiamato Mustaffa, gentil homo mantoano di Pavesi che fo preso in Ongaria alla guerra di Seget, il qual essendo stato in Seraglio al servitio della camera del Signor et cognato del primo cameriero di Sua Altezza et amico del primo visir, può assai in quella corte»); Paruta 49; Conti 80-1; Arbel 1995, 70-1; Costantini 2009, 153, e cfr. sotto, cap. 9, n. 12.

25 Sull’amicizia di Kubad per Venezia e il suo comportamento durante il viaggio, CB, 222v e Buonrizzo 151. Sul suo primo soggiorno a Venezia, che durò dall’ottobre 1567 al febbraio 1568, Nunziature VIII, 156-97 e Pedani 1994, ad ind. Sulla lite che aveva provocato il suo invio, in seguito a una querela spiccata da un mercante ebreo a Costantinopoli, e che costò al bailo Marino di Cavalli un’accusa di corruzione e un processo, cfr. Conti 80-1; Setton 924-5; Pedani 1994, 158-9; Arbel 1995, 95-144. Sulla sua partenza per la nuova missione, CB, 326v («con un tempo tanto gagliardo di pioggia, quanto altro che da poi ch’io son qui habbia veduto»). Non solo dichiaratamente romanzata, ma piena di grossolane inesattezze e ignara di moltissimo materiale disponibile nelle fonti veneziane è la pseudo-biografia di Kubad in Goffman 2002. Sul Membré, cfr. Bellingeri-Vercellin 1985, 159; Pedani 1994, ad ind.; Pedani 2010, 224.

26 ASV, SS 76, 60rv; gli ordini vennero reiterati a un gran numero di comandi in mare e in terra il 25 marzo, Setton 953. Sul Celsi, Setton 928 e 935.

27 Cfr. Setton 953 e Nunziature IX, 163, 165, 167-8; Dragonetti 117. Cfr. infatti CB, 319r: il Buonrizzo e Kubad verranno con diligenza «ma non correranno, perché detto chiaus non può far la fatica», e il bailo ha concertato col segretario «che con destrezza vadi prolongando il tempo quanto più potrà».

28 Sereno 36 sgg.; Setton 954; Quarti 105-6; per la nomina dello Zane cfr. sotto, cap. 6, nn. 36-37. È verosimile che si riferisca a questa data l’affollatissima celebrazione della messa in San Marco in cui «fu pubblicata la guerra contro il Turco», di cui si riferisce in una pubblicazione coeva (Quarti 104) datandola a due settimane prima, ma di cui il nunzio Facchinetti in quei giorni non fa parola.

29 Sulla missione di Kubad e la risposta che ricevette, resoconti in tempo reale in Nunziature IX, 170; Vargas Hidalgo 645; documenti in AV 1566-1570, 77r-79v, Quarti 106-11. Resoconti appena posteriori in Manolesso 19v-21r; Sereno 36 sgg.; Paruta 35 sg.

30 Il testo dell’ultimatum in Pedani Fabris 808 (anche in Pedani 2005, 23-4); per la lettera di Mehmet pascià, cfr. ivi, 810. La traduzione di entrambi i testi inviata dal bailo per mezzo del Buonrizzo (da cui cito il brano della lettera di Mehmet) in CB, 322r-325v; quella del dragomanno Membré in AV 1566-1570, 74r-76r. Una versione apocrifa della lettera di Selim, del tutto priva delle consuete formule di cortesia e redatta in tono minaccioso e tracotante, ebbe larga circolazione (Podacataro 202; Valderio 954) e venne presa per buona da Quarti 107, che la pubblica.

31 CB, 329rv.

32 Gatto 27-30; cfr. Calepio 94r e 97v. Il Baglioni era partito da Venezia nel 1569, portando con sé 5000 ducati da spendere in fortificazioni: Costantini 2009, 47 (che dà la partenza a ottobre; ad aprile secondo Sylvestrani Brenzone 33). Su di lui cfr. Promis 1874, 498-520.

Capitolo 6

1 Sulla creazione e il mantenimento della riserva nell’Arsenale cfr. Lane 1934, 141 sgg.; Concina 1984, 140-4; Concina 1991, 165. Il 31 gennaio il Senato comunicò ai rettori di Cipro di aver ordinato di armare 30 galere: ASV, SS 76, 41. Secondo il console spagnolo a Venezia, Tomás de Zornoza, l’ordine per l’Arsenale era di armare 30 galere entro metà febbraio, 20 entro la fine del mese, e altre 50 entro la fine di marzo (Vargas Hidalgo 614); il nunzio fornisce tempi in parte diversi, ma la scadenza finale è la stessa: «vogliono che ne siano armate trenta per tutto febbraio; 30 per mezzo marzo et il restante (sin al numero di cento) per tutto quel mese» (Nunziature IX, 127). Per il numero esatto delle galere già operative, Contarini 3v.

2 Sugli arsenali cretesi, cfr. Concina 1984, 34, 61, 76; Concina 1991, 183-5, e in particolare per la loro funzione strategica Rossi 1998. A Creta erano state mandate in tutto venti chiglie (“arsili”) con i relativi equipaggiamenti, e con 20.000 zecchini destinati esclusivamente ad armarle e da non toccare in nessun altro caso (cfr. sopra, cap. 1, n. 8). Negli ordini del Senato le galere cretesi sono sempre suddivise fra le quattro «ordinarie», le sei «estraordinarie» e «quelle delle altre XII, che [...] si haveranno potuto armar» (ASV, SS 76, 48), sicché il totale avrebbe potuto arrivare a 22 (Vargas Hidalgo 614, Nunziature IX, 152); alla fine se ne armarono 21: Contarini 8r. Le galeazze previste erano 12, o più precisamente «XI galee grosse, et il galeone» (ASV, SS 76, 41 e 83; sul cosiddetto “galeone del Fausto” cfr. sotto, n. 18); ne uscirono 11 tra fine maggio e inizio giugno, compreso il galeone, e una dodicesima più tardi: Contarini 7r, 9r, 18v.

3 Sulle 31 galere già in mare nell’inverno 1569-70 al comando del provveditore Giacomo Celsi, del capitano del Golfo Marco Quirini e del “governatore dei condannati”, che era – ma ancora per poco – Marcantonio Foscarini (Contarini 3v), 9 galere e quindi 9 sopracomiti provenivano dalle isole dell’Adriatico e dai porti dalmati, rispettivamente Lesina, Arbe, Veglia, Cherso, Capodistria, Zara, Cattaro, Traù, Sebenico (su di esse materiali interessanti in Lepantska bitka 1974); altre 2 da Cipro. Per le procedure di nomina dei sopracomiti provenienti dal Dominio cfr. ad esempio ASV, SS 76, 4r, 19v, 42r-43v, e 77, 22r. La nomina di gentiluomini provenienti dalle città di Terraferma sarà invece una misura eccezionale presa nel 1571: cfr. sotto, cap. 21, n. 2.

4 Lane 1934, 306; Lane 1982, 187; Tenenti 1962, 70; Lo Basso 2003, 52 sgg.; Lo Basso 2004, 86-91, 201, 321; Pezzolo 2007, 86-7. Sulla spalmatura cfr. Cristoforo da Canal 90-1, e Pantera 76.

5 La fideiussione di 2000 ducati è menzionata in Venier 285. Sulle ingegnose malversazioni dei sopracomiti, ricchissimo di informazioni il memoriale del 1588 pubblicato in Lamansky 575; cfr. anche Tenenti 1961, 152-8, e Tenenti 1962, 94 sgg. Per l’elenco dei comandanti di galera del 1570, Rosell 2, e Contarini 3v-9r. Splendido ritratto di sopracomito, del Tintoretto, in Venezia e la difesa del Levante 1986, cat. 113.

6 Il rapporto di Zornoza (Vargas Hidalgo 614) concorda con quello del nunzio (Nunziature IX, 127) sul numero dei governatori nominati il 28. Secondo Zornoza i primi 19 mettono banco il 3; secondo il nunzio invece (Nunziature IX, 130) già il 2 «si cominciorno ad armare 20 galere, che chiamano qui ‘mettere a banco’».

7 Lane 1982, 184 sgg.; Tenenti 1962, 101-2; la cit. in Romano 1954, 46. Sui “giornaletti stampati”, cfr. Lamansky 575. Le galere veneziane imbarcavano idealmente 160 rematori, il 50% in più sulle galeazze (Aymard 1991b, 435-6; si noti che la cifra stabilita, fino al 1587, per le galere con equipaggio di forzati era di 145 forzati ciascuna – ivi, 467-8 –, integrati però da galeotti liberi nelle posizioni più importanti di «provieri, secondieri, portolatti et voderi»: Lamansky 569-71; su questa terminologia Hocquet 1991, 502). Il premio di arruolamento sborsato dal sopracomito era la risposta consueta alle difficoltà di trovar rematori: a Creta già nel 1561 si rilevava «che volendo quelli sopracomiti armar le loro galie, convengono donar del suo cecchini tre et quattro per galioto» (Lamansky 559). Sulle condizioni di favore offerte nel 1570 a chi si arruolava come rematore cfr. il documento pubblicato da Quarti 114-5.

8 Sulla coscrizione, cfr. Quarti 158-9; Lane 1934, 421-7; Lane 1982, 189 sgg.; Tenenti 1962, 65-8; Hale 1983, 317-9, e 1990, 192-200; Aymard 1991b; Pezzolo 2007, 81-3; Capponi 2008, 175. La scarsa fiducia che si aveva nei rematori reclutati in Terraferma traspare anche dal progetto presentato nel 1542 dall’umanista e ingegnere navale Vettor Fausto, di un’innovazione tecnica grazie alla quale «le zurme di Terra ferma potranno vogare commodamente come fanno quelle di Levante»: Concina 1990, 116. Nel 1543 anche il Senato si arrendeva alla realtà, «non essendo le galee armate di huomeni da terra ferma di quella bontà che ricercheria il nostro bisogno»: Viaro 1981, 385. Il 15 aprile 1570 il Senato calcolava che sulle prime 50 galere uscite da Venezia, ce ne fossero «XV armate di ciurme di questa città et XXXV di ciurme di terra ferma» (ASV, SS 76, 79v).

9 Lane 1982, 198; Setton 948 e 952; Romano 1954, 41-2; Tenenti 1962, 65-6, 69.

10 Tenenti 1962, 32, 51, 68-75; Aymard 1991b, 456-9. Un discorso a sé è poi quello delle galere armate nelle isole e città dalmate, ad opera di sopracomiti originari del luogo, e le cui ciurme erano compatte e solidali: nel 1569, quando il provveditore Giacomo Celsi decise di disarmare la galera Lesegnana, cioè di Lesina, e distribuire i rematori fra le altre galere, le proteste della ciurma furono così violente che il Senato ordinò al Celsi «che dobbiate ritornar le zurme sopradditte sopra la sua galia» (ASV, SS 76, 4r).

11 Sulla difficoltà di reclutare rematori a Creta durante la guerra di Cipro, Aymard 1991b, 456; Pezzolo 2007, 81-4, e cfr. sotto, cap. 13, n. 2. Si trattava, comunque, di un problema endemico, come dimostrano le relazioni da Candia tanto prima quanto dopo la guerra (Lamansky, 558-64; Tenenti 1962, 102 e n., 130-7; Aymard 1991b, 456-9, e cfr. qui sopra, n. 7).

12 Sull’introduzione delle “galere dei condannati”, cfr. Nani Mocenigo 1935, 42-5; Tenenti 1962, 78-93; Viaro 1981; Aymard 1991b, 463-8; Capponi 2008, 176-7; qui anche i dubbi sulla loro qualità, ma si noti che una galera di condannati, quella di Francesco Tron, venne definita dal Venier una delle «due migliori galee d’armata» (Venier 294). L’alimentazione dei condannati era comunque particolarmente scarsa e scadente, il che potrebbe giustificare le loro prestazioni deludenti rispetto alle aspettative; nel 1576 un forzato testimoniò: «Facciamo al nostro banco che uno mangia tutta la minestra un giorno e un altro l’altro giorno, perché è poca» (Tucci 1991b, 611).

13 Nunziature IX, 134, 144, 161; Serrano III, 114.

14 Nunziature IX, 163, e cfr. già 149 e 161. Fin dal 20 luglio 1569 la Signoria incaricava il Barbaro di acquistar grano in Levante: cfr. sopra, cap. 3, n. 4. Il nunzio trasmise a Roma il primo avviso di carestia il 14 settembre 1569: «Questi signori sono in grandissima strettezza de grani, trovando per le descrittioni che fanno non essersi ricolto nel loro Dominio il sesto di quello che sogliono fare per ordinario» (Nunziature IX, 74), e già ad ottobre erano state necessarie misure straordinarie per ovviare alla scarsità di pane: la Signoria offrì uno scudo di donativo per staio a chi portasse grano in città, e venne «venduto, per sostentamento della povertà, gran quantità di biscotto della monitione dell’arsenale»; inoltre, vennero sequestrati e avviati a Venezia «12 legnetti turcheschi carichi di grano» che andavano a Tripoli (ivi, 83).

15 Nunziature IX, 167-8, 172, 176; ASV, SS 76, 81 (e cfr. 88); Setton 955.

16 Nunziature IX, 174; Dragonetti 95; Lamansky 57.

17 Quarti 466-8; Stouraiti 2004; Ricci 2008, 80; per la sommossa della fame a Nicosia, Valderio 927; per Spalato, Braudel 1986, 620.

18 Nunziature IX, 152, 154, 170, 177; Contarini, 4r-5v, 7r-9r, 18v. Ad aprile si dava per scontato che il totale delle galere da armare fosse stato ridotto a ottanta: l’8 il Senato comunicava al provveditore Celsi che erano «già armati et espediti li cinquanta primi governatori», e si lavorava per far partire «li ultimi trenta», e il 27 si menzionava la deliberazione «di armar 80 galee» (ASV, SS 76, 73 e 83). Sull’armamento delle galeazze, cfr. Nunziature IX, 185, 28 aprile 1570: «Le galere grosse si cominciano ad armare»; 189, 13 maggio 1570: presto 8 saranno pronte, altre 4 non lo saranno prima del 10 giugno; 197, 31 maggio 1570: «le galere grosse si sono di già tutte partite di qua per l’armata; ci resta solo un galeone, il quale di grandezza non è molto più di galera grossa, ha nondimeno non so che più» e partirà entro 10 giorni; in realtà il galeone non era ancora partito il 22 giugno (ASV, SS 76, 108). Il galeone, di cui quella fu la prima uscita in mare, era uno dei vascelli di nuova concezione progettati qualche decennio prima da Vettor Fausto: cfr. Paruta 26; Conti 69v; Quarti 103; Lane 1934, 69; Concina 1984, 108-34; Concina 1990, sp. 121-7; Concina 1991, 239; Aymard 1991, 265; Lo Basso 2004, 48. Disarmato a gennaio, l’anno seguente non venne più armato, perché lo Zane aveva fatto un rapporto negativo sulla sua navigabilità («detto legno ogni giorno riesce pegiore»: AV 1566-1570, 381r, 427v). Il più famoso prototipo del Fausto, la quinquereme, ovvero una bastarda da 28 banchi a cinque remi per banco, costruita nel 1529, venne affittata al papa per servire come Capitana di Marcantonio Colonna e andò perduta nella disgraziata campagna navale del 1570: cfr. Pantera 19; Tenenti 1962, 45-6; Concina 1984, 112 e n.; Concina 1990, 50-87, 127; Concina 1991, 238; Bellavitis 20092, 99-100, e cfr. sotto, capp. 11, n. 29 e 16, nn. 17-18.

19 Sulla gerarchia degli ufficiali, che è in sostanza la stessa su tutte le galere cristiane, fonti in Lamansky 562 e 564; Scetti 25; Pantera 113; Crescenzio 92-4; Lo Basso 2004, 30-5 e 321, e cfr. Nani Mocenigo 1935, 30-6. Sulle galere ponentine c’era però in più un sottocomito, assente sulle veneziane (Cristoforo da Canal 118; Contarini 55r). Per il confronto con la gerarchia turca cfr. sopra, cap. 4, n. 14.

20 Su gerarchia e paga dei marinai, cfr. Nani Mocenigo 1935, 36-7; Tucci 1981, 686 e Hocquet 1991. La registrazione era affidata al Collegio da Mar, istituito nel 1545: Nani Mocenigo 1935, 4-5; Tenenti 1962, 123; Lo Basso 2003, 64; Pezzolo 2007, 76. Il numero dei marinai effettivamente presenti sulle galere veneziane è poco chiaro, ma sembra essersi aggirato intorno ai 20-25 (cfr. Appendice IV). Sulle promozioni nella flotta turca, Relazioni, Michiel 1558, 120. Giudizio sprezzante sui comiti in Rudt de Collenberg 1987, 40.

21 Lane 1934, 186; Romano 1954, 41-2.

22 Per i cappellani, Nunziature IX, 166, 169-70.

23 Lamansky, 564 e 552. Cfr. anche Tenenti 1962, 39-40.

24 ASV, SS 76, 65rv; Venier 295. In tempi ordinari se ne imbarcavano 40 (ASV, SS 76, 104v) e si considerava che anche 36 o 38 bastassero: Hale 1983, 312 e Lo Basso 2003, 74.

25 Nunziature IX, 200; ASV, SS 76, 104; Contarini 14.

26 AV 1566-1570, 144r.

27 AV 1566-1570, 48r. In questo lavoro non prendo in considerazione l’enorme sforzo economico che l’armamento del 1570 rappresentò per Venezia, un tema che da solo richiederebbe un libro: cfr. Pezzolo 1990, 178-92.

28 Julián López, segretario dell’ambasciata spagnola a Venezia, al re, 31 marzo 1570: i soldati pagati dalle città della Terraferma, che saranno circa 2000, debbono essere a Venezia entro l’8 aprile (Vargas Hidalgo 646). Il 4 aprile il Senato ne calcolava solo 1800 (Setton 958). Alla fine ne arrivarono 1600, senza contare i gentiluomini volontari: cfr. gli elenchi dettagliati in Contarini, 6r e 14v-15r, e Conti 68v. Puramente propagandistiche le cifre propalate dall’ambasciatore veneziano a Roma, secondo cui Brescia aveva offerto di pagare 4000 fanti, e Verona 2000 (Serrano III, 129): erano rispettivamente 1000 e 500 (cfr. anche Quarti 80-5 e Avena I, II, VIII).

29 ASV, SS 76, 59v, 65v-66v, 93 («difficoltà [...] da ogni parte»); Nunziature IX, 168 e 170. Su Sforza Pallavicino, cfr. Sereno 37; Promis 1874, 447-63; Manno 1986, 98-9 e Hale 1990, 127-34.

30 ASV, SS 76, 92v-93rv; Setton 958; Hale 1983, 323; Nunziature IX, 183: «tra hieri et l’altro et hoggi questi signori hanno spediti da 8000 fanti», dove «spedire», si badi bene, significa soltanto che s’era deliberato l’arruolamento e stanziati i relativi fondi. In quei mesi circolarono diversi elenchi dei «personagi così forestieri come del Dominio che hanno offerto fanti all’occasione della presente guerra turchesca» (Contarini 6v; Setton 956), comprendenti anche la fanteria reclutata per Cipro, Candia e le altre fortezze del Dominio, ma le cifre appaiono largamente sovrastimate a fini propagandistici. Su Paolo Orsini cfr. Brunelli 2003.

31 Un elenco dettagliato della fanteria imbarcata si trova in Contarini 14rv: è vero che si riferisce alle condizioni della flotta nel settembre 1570, dopo che molte cose erano successe, ma le cifre che attribuisce a ciascun colonnello sono le cifre tonde della condotta (3000 per Sforza Pallavicino, 1500 per Paolo Orsini, e così via), sicché è verosimile che si sia servito dei documenti ufficiali redatti alla partenza della flotta. Il totale secondo l’autore è di 8561 pagati da Venezia, più 1600 pagati dalle comunità di Brescia, Verona e Salò, e 579 fra «venturieri et gentilhomini» e fanti pagati da loro privatamente, dunque in tutto, sulla carta, 10.740 uomini. Il Senato ne aveva previsti 11.600, per lo più arrotondati a 12.000 nella corrispondenza (Setton 958; ASV, SS 76, 83r); per i 1300 lasciati a Zara, cfr. AV 1566-1570, 148r. Paruta 128 parla di «dieci mila fanti» (la cifra di 15.000 che dà poche righe prima comprende anche quelli delle flotte pontificia e spagnola). Per le altre fonti citate, cfr. Vargas Hidalgo 646; Serrano III, 192.

32 Longo 14. Uno scritto anonimo, composto alla fine dell’anno dopo il fallimento della spedizione e fortemente ostile al governo, conferma che aver armato così in fretta 80 galere e 12 galeazze era uno sforzo che solo il sultano avrebbe potuto emulare, «il che fu di ammiratione agli huomini delle piazze»: Setton 990.

33 ASV, SS 76, 38v, 44v-45r; Nunziature IX, 130 e 200; Paruta 28; Gatto 29, e cfr. sopra, cap. 1, n. 21. Sulla guarnigione ordinaria di Cipro, Paruta 92-3 («ne’ presidj ordinarj non si ritrovavano più che duemila fanti Italiani») e Hale 1974, 165. Sui Singlitico-Roccas, cfr. Arbel 1995. Chi volesse assistere all’imbarco dei soldati, e vedere in faccia i funzionari che vi sovrintendevano, veda la tela di Battista del Moro, San Marco assiste i provveditori all’armar nell’arruolamento delle milizie marittime (1570 o 1571), al Museo Storico Navale di Venezia, riprodotta in Gibellini 2008, tav. 4.

34 ASV, SS 76, 39v; AV 1566-1570, 46r-47v; Setton 946-7, 952; Vargas Hidalgo 614; Nunziature IX, 130, 152, 161, 163, 167; Quarti 209; Paruta 28. Secondo un rapporto dell’agente dei Fugger, però, il Martinengo e i suoi 2000 fanti partirono realmente solo il 29 marzo: Setton 954. Sul comando delle cernide, ASV, SS 76, 9v, 18r.

35 ASV, SS 76, 42v, 48, 54, 87v; Vargas Hidalgo 614 e 646; Nunziature IX, 130, 137, 152 («In Dalmatia si manda il signor Giulio Savorgnano con mille fanti più dell’ordinario, per distribuirli dove a lui parerà, et è partito questa notte con molta diligenza senza i soldati, i quali se gli vanno inviando dietro»), 163. Secondo Sereno 42, Savorgnan partì con 500 fanti «ma con potestà di assoldarne». «Cerca mill soldados armados [...] de los que van en Candia y Sclavonia», fra cui una compagnia destinata al Savorgnan, erano ancora a Venezia il 27 marzo: Vargas Hidalgo 645, e Setton 954. Dopo la fine di marzo non si parla più di mandare truppe a Cipro o a Creta: a Cesare Carafa, che aveva offerto di reclutare 1000 fanti, si propone di passare a Corfù con 500 (Vargas Hidalgo 646). Per l’uscita delle prime galere turche cfr. sopra, cap. 7; già ai primi di marzo una nave veneziana, la Giustiniana, che veniva da Levante carica di mercanzie, venne catturata dalla guardia di Rodi: Vargas Hidalgo 648.

36 Sulla nomina dello Zane cfr. Paruta 26 e Setton 935 e 953; sulla sua fama di uomo fortunato, Paruta 190, e Tucci 1974, 412-4; per un esempio dell’enorme stima in cui era tenuto, Donà 11. La sua commissione venne spedita solo il 15 aprile: ASV, SS 76, 78.

37 Particolari in Vargas Hidalgo 645; per la ciurma venuta da Zara, appositamente «deputata al servitio de’ nostri generali», ASV, SS 76, 60 e 77, 50v; cfr. anche Nunziature IX, 168 e 170; Contarini 4r; Setton 948 e 954.

38 AV 1566-1570, 57r; Vargas Hidalgo 614; Contarini 4r-5r. In origine il Senato aveva ordinato al Quirini di andare a Creta con 11 galere, poi le ridusse a 3, poi risalì a 11, «le migliori, et più preste che siano nell’armata nostra»: ASV, SS 76, 41v, 47v-48v, 49.

39 Nunziature IX, 127; Buonrizzo 152-7.

Capitolo 7

1 CB, II, 40v. Gli ordini per il reclutamento delle truppe destinate all’impresa di Cipro vennero emanati dal divan a partire dal 1° marzo: Costantini 2009, 44 e n.

2 Murphey 1999, 20-1. Anche l’esercito, in caso di grandi spedizioni, cercava di partire il giorno di al-Khidr/san Giorgio: Viaje de Turquía 454. Il santo, il cui nome nella pronuncia popolare turca diventava Hizir, era identificato col profeta Elia perché anche questi era tradizionalmente considerato protettore dei viaggiatori; da qui il nome «Hizir Ilyas Günü», «il giorno di Hizir ed Elia», con cui i turchi indicavano quella che per i loro sudditi cristiani era la festa di San Giorgio. Cfr. www.khidr.org.

3 CB, 253r, 260r, 264v, 275v, 282v, 307v, 310v; Buonrizzo 147-8; Nunziature IX, 137. Il governo veneziano avvertì i suoi comandanti in mare del pericolo rappresentato da questa prima squadra di galere che doveva portarsi al Brazzo di Maina: ASV, SS 76, 47v. Il Paruta, che scrive più tardi, riflette senza accorgersene le opinioni oscillanti circa la destinazione della squadra quando afferma prima che 25 galere vennero fatte uscire «acciocché per tempo portassero d’Alessandria le monizioni per l’impresa di Cipro apparecchiate», e poi che 25 galere sotto Murat rais vennero mandate al Brazzo di Maina «per impedire i soccorsi, che da’ Veneziani si mandassero in Cipro» (Paruta 27, 46, 62). Sull’edificazione della fortezza, che aveva 40 pezzi d’artiglieria, cfr. anche Vargas Hidalgo 594.

4 Cfr. CB, 275v, 311v, 316r, 334v, e II, 10r; Vargas Hidalgo 646, e cfr. sopra, cap. 5, n. 11; sui galeotti, CB, 336v (8 marzo: «li galiotti vanno ogni giorno giongendo, et sono assai cativa gente»), 344v, 352r, e II, 6v, 10v, 24r («essendo veramente stata gran cosa che di 30m che furono mandati così efficaci comandamenti, ne siano venuti qui poco più della metà»). Sul lavoro notturno: CB, 307v, 315v.

5 CB, 314v, 331r; Buonrizzo 147-8; Setton 953.

6 CB, 275v, 334v, 336v; cfr. 331r: «Si è sparsa qui voce che in Candia sia stata fatta provisione di armar 40 galee, et che oltra quelle vi siano anco là quelle de’ condannati, et insieme il Clarissimo Provveditor dell’Armata con una bona banda di galee; per il che vanno questi mettendo in consideratione, che con poco proffitto et molto risico possino andare queste galee di qui a quelle parti» (e cfr. 335v).

7 Già il 25 gennaio le voci raccolte dal Barbaro dicevano che il sultano sarebbe andato in persona coll’esercito, imbarcandolo sulle palandarie e sulle navi da trasporto, accompagnate soltanto da 25 o 30 galere, «et che manderà l’armata verso la Morea, et forse verso la bocca del Colfo di Vostra Serenità per impedir che la sua armata non possa andar a soccorrer Cipro»: CB, 282v, 285r, 316r; Buonrizzo 147. Sulle notizie dei preparativi veneziani, CB, 331r e II, 6v.

8 CB, 335rv, 348r; II, 20v.

9 CB, 334v, 344v, 352r; II, 6v; cfr. anche Buonrizzo 147.

10 CB, 345v-346v; Nunziature IX, 186; Contarini 4v; i canti dei marinai turchi cinquecenteschi in Masala 8-15.

11 Buonrizzo 148; CB, 352r; Nunziature IX, 187 e 189; Vargas Hidalgo, 646-8.

12 CB, II, 6v, 10r.

13 Viaje de Turquía 448, 463-4; Relazioni, Navagero 1553, 68-9; Anonimo 1571-73, 170; Santa Croce 1573, 183; Garzoni 1573, 425. Sugli stendardi scarlatti: Tursun Bey 232. Si confronti la straordinaria descrizione della partenza della flotta al comando di Uluç Alì e Pialì pascià nel 1573 in Fresne-Canaye 273-7; qui, peraltro, la galera del pascià è adornata con stendardi e banderuole verdi, «color molto honorato tra Turchi, sì che da lungi pareva un bosco di cipressi ch’havessin preso radici nel fundo del mare».

14 CB, II, 13r, 15v, 50r; Buonrizzo 154.

15 CB, II, 16r, 17v. Contarini 5v, Manolesso 22r, e Calepio 97v riportano correttamente che Pialì uscì il 17 aprile, ma gli attribuiscono oltre alle 80 galere anche 30 galeotte; Paruta 62 parla di 75 galere. A Roma la notizia, rimbalzata dalla Sicilia già il 12 maggio, era «che la flotta del Gran Signore sarebbe perlomeno di 170 galere, e che il giorno di S. Giorgio Piali pascià era uscito con le prime cento» (Charrière III, 112). Ad agosto un gentiluomo genovese di Chio, venuto da Costantinopoli, riferì a Venezia «che Piali Bascià uscì prima a’ XIII d’aprile, malissimo all’ordine, con 87 galere» (Nunziature IX, 239). Secondo il cronista turco Selaniki, Pialì partì il 26 aprile con 84 fra galere e bastarde (Hill 1948, 893 n.).

16 Charrière III, 59; Dragonetti 101 e 125; Vargas Hidalgo 557-8, 646; Serrano III, 149. Tanto la lettera del Grandchamps quanto l’avviso da Messina portano la data del 1569, ma certamente usano lo stile dell’Incarnazione.

17 Nunziature IX, 137; Donà 10; e cfr. sopra, cap. 5, n. 17.

18 Lamansky 574; Setton 944; Pezzolo 2007, 80; per la panificazione a Corfù, Tenenti 1962, 105-8; Ricci 2008, 22.

19 Le citazioni da Relazioni, Soranzo 1584, 304; ASV, SS 76, 73v-74r; Tenenti 1991, 51; Hale 1990, 292; per le fortificazioni dell’isola e le relative spese, Manno 1986, 100-5; Venezia e la difesa del Levante 1986, 184-95, Pezzolo 1990, 139, e Hale 1990, 294-5. Sull’importanza strategica di Corfù, Braudel 1986, 120-1; Setton 958; Dragonetti 118; Serrano III, 149; Donà 82 («la chiave d’Italia»); Fresne-Canaye 304 («non solamente nel dominio di San Marco ma forse in tutt’il mondo non si vede una fortezza simile»). La guarnigione di Corfù anche in tempo di pace comprendeva 1000 fanti, un quarto di tutti quelli stanziati nel Dominio da Mar: Hale 1974, 165.

20 Per la nomina del Venier, in data 14 marzo 1570, cfr. Molmenti II, e Setton 935 (la formula con «importantissima» era però consueta e non si applicava solo a Corfù). Avvisi «che l’armata turchesca è per venire alla espugnatione dell’importantissima fortezza nostra di Corfù» sono menzionati ad esempio l’8 aprile: ASV, SS 76, 72v. La citazione dal cronista Kâtib Çelebi in Bellingeri 2001, 12 si riferisce a Kemal reis, famoso corsaro e poi kapudan pascià, caduto nel 1511, zio dell’ancor più famoso ammiraglio e cartografo Piri reis (Bausani 1979, 173-4). Per lo spopolamento, comune del resto anche a Zante e Cefalonia, cfr. Lamanski 648-50. Nel 1573, dopo la conclusione della pace, una squadra turca si trattenne per qualche tempo a Corfù, e moltissimi isolani la raggiunsero chiedendo di poter rinnegare e farsi turchi, come testimonia un viaggiatore francese che si trovava sul posto: Fresne-Canaye 307-9.

21 Nunziature IX, 170 e 183; CB, 348r. Per i contatti col re di Spagna cfr. sotto, cap. 8.

22 Charrière III, 129; Serrano III, 214. Cfr. anche Paruta 27.

23 Costantini 2005, 53-4. Che lo stato d’animo a Costantinopoli, all’inizio della guerra, fosse tutt’altro che ottimista è dimostrato anche dalla facilità con cui nell’estate si diffusero notizie inventate e catastrofiche, come quella per cui la flotta veneziana «aveva attaccato Valona, bruciato i sobborghi e assediato la fortezza, che i Turchi davano per persa» (Charrière III, 129).

24 ASV, SS 76, 78r-80v, 91; Setton 959; Dragonetti 102: all’inizio di marzo il papa informa Filippo II che «i Veneziani terranno la sua (flotta) di cento quaranta galere e dodici galeazzi, senza li navigli grossi, in Corfù»; Nunziature IX, 189; Serrano III, 176.

25 Cfr. Contarini 5v, 7r, e, sopra, cap. 6, n. 18.

26 Paruta 66-8; Nunziature IX, 193, 197, 205; Setton 961.

27 ASV, SS 76, 93; AV 1566-1570, 141v-142r; Contarini 8r; Paruta 66-7; Foglietta 73. Durante il suo processo (Tucci 1974, 425) lo Zane dette due versioni diverse sull’inizio dell’epidemia, una volta affermando che essa era cominciata sulle prime galere giunte a Zara, già prima del suo arrivo, un’altra volta attribuendone la colpa alle fatiche affrontate dai soldati nello sbarco a Margariti, a luglio (cfr. sotto, cap. 10 e, qui sopra, n. 25), ma la prima versione, che si ritrova anche nel suo primo dispaccio da Zara (AV 1566-1570, 141v) è certamente quella giusta. Sul totale delle vittime, un gesuita scrisse a luglio che fino a quel momento erano morti 10.000 galeotti (Civale 2009, 45); lo Zane ad ottobre calcolava «20mila persone et più» (AV 1566-1570, 279r), cifra ripresa da Longo 18 e Paruta 74; Foglietta 152 azzarda addirittura la cifra di 40.000, «essendo stato bisogno più volte, morta la gente vecchia, ripararla di nuova». Solo su 3 delle galere grosse i morti alla fine dell’anno assommavano a 439: AV 1566-1570, 392r.

28 ASV, SS 76, 79r, 109r-110r; Setton 959, 967-8; Pantera 95; Capponi 2008, 134 e n. Cfr. sotto, cap. 17, n. 27.

29 ASV, SS 76, 124v; Nunziature IX, 256: a Candia, «dall’essempio di tanti galeotti che vi morivano sopra, quei paesani, sbigottiti, fuggivano alle montagne per non essere astretti d’andarvi». Cfr. sotto, cap. 13, nn. 1-4.

Capitolo 8

1 Nunziature IX, 146 (e cfr. Serrano III, 114); Dragonetti 10; ASV, SS 76, 55v. A proposito di Pio V, si noti che la sua patria, Alessandria, apparteneva allora al ducato di Milano e non era considerata da nessuno come una città piemontese.

2 Serrano III, 119; Setton 955. Per l’episodio di Lesina, cfr. Tenenti 1962, 158.

3 ASV, SS 76, 52v, 55v; Buonrizzo 151.

4 Serrano III, 116; Vargas Hidalgo 644.

5 La lettera di Pio V in Rosell 1. Le istruzioni del papa al Torres in Serrano III, 127; Dragonetti 10-3, 101-2, 119; Sereno 427; cfr. Nunziature IX, 166, e Braudel 1986, 1159 n. per la citazione dell’ambasciatore mediceo. Sul «subsidio» pagato per le galere dal clero spagnolo, Cloulas 1967.

6 Serrano III, 128, 149, 162; su orazioni e profezie, cfr. Preto 1975, 79-81; Pierozzi 1994; Poumarède 2004, 92-4; Gibellini 2008, 22-3, e cfr. l’ottimismo del Senato: ASV, SS 76, 95 e 101v.

7 Dragonetti 78 e 89; cfr. Donà 2 e 4.

8 Dragonetti 102-4. Il Torres, durante il viaggio, aveva esposto al nuovo ambasciatore veneziano in Spagna Lunardo Donà, con cui condivise il passaggio su una galera della Repubblica di Genova, tutto il tenore del discorso che intendeva fare al re: cfr. Donà 10.

9 Dragonetti 96, 104-5, 126 (il Torres, impaziente, ottenne dal re che l’ordine al Doria partisse con il corriere che lo stesso Torres mandò a Roma il 25 aprile); Serrano III, 183, e Nunziature IX, 189. Sulla reazione del re alla missione del Torres e al progetto della Lega cfr. la sua lettera a don García de Toledo del 26 maggio 1570: Codoin III, 354-6.

10 Cfr. la commissione di don Juan in Codoin III, 312-37. Sull’organizzazione delle squadre cfr. Bunes Ibarra 2006 e Favarò 2007, 303-8.

11 Lo Basso 2003, 312-3; Dragonetti 78. Maestranze veneziane e genovesi a Barcellona: Tenenti 1962, 31-2; Braudel 1986, 143 e 1081; Doria 118. Già a Genova, a marzo, il Torres aveva raccontato il suo piano al Donà, vantandosi di averlo «pensato da sé», al di là cioè delle istruzioni ricevute: Donà 6. Ivi, 56, altro giudizio negativo e dettagliato sulle capacità dell’arsenale di Barcellona e sull’utilizzabilità della squadra di Spagna, e cfr. analoghi giudizi da parte spagnola in Thompson 1976, 167-8.

12 Sirago 1993, 213 (12 galere in costruzione a Napoli nel 1570); Fenicia 2003, 99 sgg.; Cancila 2007, 42-4; Favarò 2009, 123-66. Sugli armatori genovesi a Napoli e a Messina cfr. Doria 182; Sirago 2001, 691-3. Il porto di Palermo era meno adatto alle galere di quello di Messina, come risulta da un memoriale di don Juan de Cardona del marzo 1571: voce Cardona, Giovanni, in DBI.

13 Vargas Hidalgo 563-5 e 692; cfr. anche Donà 142.

14 Sulla gestione delle galere spagnole e le discussioni di quegli anni rispetto a pregi e difetti del sistema dell’administración rispetto all’asiento, cfr. Thompson 1976, 163-79; Lo Basso 2003, 268; Bunes Ibarra 2006, 87-9, e Favarò 2009, 160-6. I capitani delle galere regie erano legati al re da un contratto, come i sopracomiti delle galere veneziane, ma avevano responsabilità limitate rispetto a questi ultimi, come sottolineò un ambasciatore veneziano: «Non usa il re dar alli capitani, come fa la Serenità Vostra alli sopracomiti, un tanto di denari per testa al giorno delle persone che hanno in galera et haverne essi la cura, ma fa che i suoi ministri in Spagna, Napoli et Sicilia [...] faccino alli tempi debiti et opportuni provision di biscotto, vino et altre vettovaglie [...] a spese di Sua Maestà. Essi ministri poi consegnano a ciascun padrone di galera, che è come lo scrivano in quelle della Serenità Vostra [...] una quantità conveniente di biscotto, come di vino et ogni altra sorte di vettovaglie, et esso ha carico di distribuirle e consegnarle a tutti» (Lo Basso 2003, 321).

15 Sirago 2001; Lo Basso 2003, 270-7; Lo Basso 2007, 397-403; Favarò 2007, 308-13. Per il progetto di vendita delle galere del Doria, Stella 395 e n.; Fenicia 2003, 15, e cfr. Codoin III, 358-9, e Donà 62. In genere sul carattere del Doria, cfr. la sua corrispondenza in Stella e la sua autobiografia in Doria. Su «Andreetta», cfr. Charrière III, 140, e Scetti 110. Sulla gestione amministrativa delle galere del Doria cfr. anche il memoriale del 1552 pubblicato da Borghesi 153-92.

16 Donà 70 e 72; cfr. Poleggi 1987; Gatti 1990, 18 e 36; Gatti 1999, 51-2; Sirago 1993, 183-4; Mafrici 1995, 203; Fenicia 2003, 136 sgg.; Cancila 2007, 44; Favarò 2007, 291-8; Lo Basso 2007, 404; Favarò 2009, 126. Immagini seicentesche degli arsenali di Genova e di Napoli (rinnovato, però, dopo il 1577) in Crescenzio 536 e Concina 1984, 19 e 150.

17 Fenicia 2003, 111; Favarò 2007, 295. La Real non è da confondere con la nuova galera dello stesso nome varata nel 1571 per don Juan de Austria.

18 Fenicia 2003, 134; Cancila 2007, 44; Favarò 2007, 293. Nel Cinquecento Venezia produsse una legislazione stringente per tutelare i boschi d’alto fusto e riservarli all’uso pubblico, e nel 1568 decretò che si facesse il catasto dei boschi di rovere di proprietà pubblica e privata, affidato a una squadra di carpentieri dell’Arsenale: cfr. Lane 1934, 217 sgg.; Concina 1984, 74-5 e 154; Concina 1991, 169; Aymard 1991, 273-4; Vergani 1991; Pezzolo 2007, 77-9. Anche Genova, che era costretta a importare una parte del suo legname, nel corso del Cinquecento prese misure per frenare il disboscamento, ma senza grande successo: Borghesi 139-40; Quaini 1968. L’impero ottomano aveva ampie risorse di legname nelle foreste dell’Anatolia, a ridosso di Istanbul e Gallipoli e lungo la costa meridionale del Mar Nero, tutte aree attualmente deforestate. Alcune aree forestali erano protette e riservate ai bisogni della flotta, con villaggi tenuti a tagliare gli alberi e preparare il legname, a pagamento ma a prezzi inferiori a quelli di mercato, sotto la supervisione dei cadì (Imber 2002, 294-5); ma si noti che secondo gli osservatori veneziani la loro abbondanza era controbilanciata dalla difficoltà di trasportare il legname a Costantinopoli, sicché l’Arsenale ne era mal fornito, e infatti molte galere erano costruite direttamente negli scali del Mar Nero: Relazioni, Michiel 1558, 121; Cavalli 1560, 291; Garzoni 1573, 420.

19 Lane 1934, 13; Tenenti 1962, 32-3; Conway 1995, 147, 176; Capponi 2008, 161-2, e per i turchi cfr. sopra, cap. 4, nn. 18-21.

20 Lo Basso 2003, 279 e 345; Codoin III, 318.

21 Nunziature IX, 339; Serrano IV, 97; e cfr. sotto, cap. 11, n. 23.

22 Lo Basso 2003, 319-20; Serrano IV, 97 e 105; Donà 89 e 91.

23 Lo Basso 2003, 319-20. Si veda in Pantera 136-46 l’ineffabile giustificazione di questo procedimento «mirabile per far galeotti» e d’altri analoghi, e la critica di quelli col «gusto delicato». La scarsità di rematori volontari e la possibilità di reclutarne un gran numero nel Mezzogiorno con un premio di arruolamento anche solo di 20 scudi era segnalata al re già alla metà del secolo: Tenenti 1962, 64.

24 Braudel 1986, 265; Lo Basso 2003, 248 sgg.; Lo Basso 2007, 413-24.

25 Serrano IV, 97, 105 e 117; Donà 62. Per le statistiche cfr. Appendice III, e si veda anche ASG, 1966, rapporto da Palermo del 18 giugno 1570: è arrivato don Álvaro de Bazán con 20 galere di Napoli «assai male in ordine per quanto si vede, havendone armato otto de bonavoglia novi».

26 Aymard 1974, 81; Alessi Palazzolo 1977; Las Heras 2000, 293; Lo Basso 2003, 329; Angiolini 2006, 80-3 e 103.

27 Don Chisciotte, cap. XXII; Aymard 1974, 82; Pike 1983; Las Heras 2000; Lo Basso 2003, 315; Lo Basso 2007, 414; Favarò 2009, 136 sgg.

28 Vargas Hidalgo 563-5, 664, 691; Codoin III, 316 e 329; Bono 1981.

29 Stella 383 e n. («io parto di qui per andar a dar una volta per questi nostri mari, havendo bisogno di attender a pigliar qualche schiavi»); Lo Basso 2003, 335; Lo Basso 2007, 415 e 423. Sui neri cfr. anche Pantera 130 sgg.: «i Negri sono peggiori di tutti, e muoiono, la maggior parte di pura malinconia».

30 Mafrici 1995, 197; Lo Basso 2003, 346; Capponi 2008, 174, e cfr. Appendice III.

31 Cfr. per quanto segue Codoin III, 312-37. Le istruzioni per don Juan sono redatte su un modello standardizzato: cfr. quelle, analoghe, per don Juan de Cardona nominato comandante della squadra di Sicilia, in Favarò 2009, 257-70.

32 Vargas Hidalgo 563-5 (ordini di don Álvaro de Bazán per l’estate 1569).

33 Donà 2; il Doria ripeté un discorso analogo al Donà a dicembre (Donà 62), ridimensionando però le cifre («potria accrescer la sua armata facilmente de vinti galere»), ma il veneziano pensava che in realtà al Doria non convenisse un accrescimento della flotta spagnola, che avrebbe ridotto il peso delle sue galere private, e che insistesse sulla facilità con cui il re avrebbe potuto accrescere la sua flotta «ad ogni sua voglia» proprio per scoraggiare investimenti a lunga scadenza.

34 Dragonetti 79; Vargas Hidalgo 616-20, 639; Donà 3 e 8.

35 Già all’inizio di febbraio il viceré di Napoli era informato della decisione (Vargas Hidalgo 621, e cfr. Serrano III, 124, 14 marzo 1570: «S.M. fa fare due reggimenti di Todeschi per mandare in Italia per difesa delle marine et altri luoghi»). Il 4 marzo un incaricato del viceré passò da Venezia («parte domattina per la Germania a levar 3000 Tedeschi che s’havranno ad imbarcar alle Spetie per condurli a Napoli», Nunziature IX, 154). Il 25 marzo il Doria scrisse al re che «los tres mil tudescos» sarebbero a Spezia a metà aprile, e lo stesso giorno il re gli confermò la necessità di mandare le galere alla Spezia per imbarcare il «regimiento de alemanes» e portarlo a Napoli (Vargas Hidalgo 642 e 644). Cfr. anche Braudel 1986, 1157.

36 Vargas Hidalgo 657-8.

37 Vargas Hidalgo 656; cfr. Serrano III, 139, e Codoin III, 354.

38 La lettera dell’Alessandrino, del 20 maggio, in Serrano III, 406 n.; per l’ordine del papa al Doria, del 23 maggio, Serrano III, 183; il Senato allo Zane, 30 maggio, in ASV, SS 76, 98rv (ma cfr. già 94rv, 13 maggio: l’ambasciatore in Spagna ha comunicato che il Doria ha ordine di andare a Messina con 52 galere; il Senato gli ordina di accertare che il re gli abbia ordinato «che se unisca con la nostra armata»). A giugno, da Palermo, il Doria scriverà al re di essere venuto lì in base ai suoi ordini, poi confermati da quelli del 23 aprile che lo avevano raggiunto già lì, il che lascia pensare che prima ancora della lettera del 25 aprile in cui il Doria discute col re dell’andata in Sicilia Filippo gli avesse mandato istruzioni in tal senso, del tutto indipendenti, quindi, dalla venuta di don Luis de Torres (Serrano III, 179). Per il resoconto del colloquio fra quest’ultimo e l’Espinosa, da cui nacque l’equivoco, Dragonetti 104-5.

Capitolo 9

1 CB, II, 21r, 24v; Paruta 85.

2 CB, 346r, 352r; II, 10rv, 14v, 16r, 22r, 24r-25r. Le fuste avevano un numero di banchi da 14 a un massimo di 22, e due soli rematori per banco: Lo Basso 2004, 125.

3 CB, 347r-348v; II, 14r, 22rv.

4 Setton 948-949; CB, 321v.

5 CB, 341r-342v.

6 CB, 349r, 352v-353r; Relazioni, Barbaro 1573, 324-5. In realtà, però, già il 16 aprile Selim aveva scritto al «popolo d’Andalusia» avvertendo che le provocazioni degli «infedeli dell’isola chiamata Cipro» gli impedivano, per il momento, di soccorrerli: Costantini 2009, 15-6.

7 CB, II, 26r; Relazioni, Barbaro 1573b, 394-6.

8 Relazioni, Ragazzoni 1571, 83; CB, II, 26r, 136v-138r; Quarti 397 n.; Setton 1018; Charrière III, 129; Paruta 61.

9 CB, II, 31rv. Cifre leggermente diverse in Contarini 5v, Manolesso 22r, e Calepio 97v: il 16 maggio Alì parte da Costantinopoli con 36 galere, 12 fuste, le 2 navi veneziane sequestrate, 4 navi turche, un galeone, 8 maone, 40 passacavalli e molti caramussali, con le artiglierie di Mustafà pascià. Secondo il cronista Selânîki, la flotta contava invece ben 124 legni: cfr. Hill 1948, 893 n. Le tappe del viaggio fino a Rodi, dove la flotta arrivò il 4 giugno, in Costantini 2009, 54, dal Diario dell’Armata. La decisione del sultano di non partecipare all’impresa, primo segnale di rottura con una lunga tradizione, fu accolta sfavorevolmente: «Il Turco [...] non passerà altrimenti all’impresa di Cipro; onde in Constantinopoli si fa giuditio che l’essercito non vi farà effetto alcuno», annotava il Facchinetti in base alle notizie giunte a Venezia (Nunziature IX, 239, e cfr. 231).

10 Su Mahmud bey e la sua detenzione (che il gran visir deplorò come contraria al diritto internazionale e «cosa fatta fuori d’i termini») cfr. CB, 140r, 163r, 172v, 175v, 226r e II, 109; AV 1566-1570, 43v-46r; Nunziature IX, 82, 122-4, 156, 174; Charrière III, 94, 99, 129, 176-80; Serrano III, 116; Buonrizzo 139; Setton 949-50 e 1049; Quarti 62-4; Pedani Fabris, 806, 813-4; Pedani 1994, 14, 52, 83, 92, 162-4; Braudel 1986, 1152 e n. Le proteste francesi in AV 1566-1570, 82v-86v, e 1571, 194v-195v, 198r-200v. Cfr. anche sopra, capp. 1, n. 15; 2, n. 27.

11 Sulle alterne fasi della prigionia cfr. CB, 344r, 356r, e II, 27rv-28r, 35v, 41r-42r, 46r, 118rv, 131v, 190r; Relazioni, Anonimo 1571-73, e Barbaro 1573b, 395-6; Nunziature IX, 183, 185 (28 aprile 1570: si tratta d’un beneficio ecclesiastico per un figlio del Barbaro, «che a quest’ora deve esser prigione»; la famiglia ha avuto sequestrate a Costantinopoli merci per 15.000 scudi), 209, 231, 236, 250, 309; Setton 976; Conti 72-5; Preto 1994, 250-1 e 281. Sul suo desiderio di affrettare il ritorno a Venezia, espresso nell’ottobre 1569, CB, 195r-196v. Sulla difficoltà di convincere i “portalettere” cfr. anche ASV, X, Parti segrete 9, 164v. Sul ruolo dell’Askenazi, intermediario importantissimo in molte faccende, Arbel 1987, 1991 e 1995, 77-94; Pedani 1994, 25-6; Lucchetta 1997, 13-6; e cfr. sotto, cap. 18, n. 22; Epilogo, n. 9. I consoli veneziani ad Alessandria e Tripoli vennero dapprima imprigionati anch’essi in casa, poi liberati coll’impegno di non abbandonare l’impero: Paruta 62.

12 CB, 318r, 333r, 338v-339r, 341r, 344r, 347v, 353r, 355r; II, 6v, 27v, 39r, 41v-42v, 97r (dissequestro anche ad Aleppo e Alessandria); Serrano III, 216; Nunziature IX, 187, 189, 205, 239, 264; Vargas Hidalgo 674; Conti 73-4. Per l’arresto dei levantini a Venezia cfr. sopra, cap. 5, n. 20. Sul Consiglio dei Dodici, Tucci 1985, 45 e Simon 1985, 62-3.

13 CB, II, 13v, 22v.

14 Nunziature IX, 205; Vargas Hidalgo 676; per Pialì ad Atene cfr. sotto, n. 17.

15 Setton 965; l’ipotesi di nuovi ordini giunti per Pialì a Negroponte in Longo 18.

16 Nunziature IX, 211; Lamansky 641-2, 661-70.

17 Lamansky 57; Paruta 85 sgg. C’è qualche incertezza nelle fonti e nella storiografia, se Pialì abbia attaccato Tinos prima o dopo la sosta a Negroponte. Secondo Paruta 85 sgg., Pialì attaccò «passando l’armata di Negroponte a Rodi» e comunque partendo da Castel Rosso. Anche secondo Sereno 42, l’attacco avvenne durante il trasferimento da Negroponte. Fra i cronisti più importanti il solo Contarini (5v e 7v) accenna all’azione contro Tinos prima di scrivere che Pialì andò a caricare rifornimenti a Negroponte e ne ripartì il 28 maggio per Rodi. Su questa base Hill 1948, 893, e Setton 971 hanno ritenuto che l’attacco a Tinos sia avvenuto prima della spalmatura a Negroponte, a inizio maggio, coll’argomento che siccome l’azione durò dieci giorni, non può essere collocata fra la partenza da Negroponte il 28 maggio e l’arrivo a Rodi il 1° giugno, ma il fatto è che la data del 28 maggio per la partenza da Negroponte è solo in Contarini, che sulle date è del tutto inaffidabile, e quanto all’arrivo, le fonti turche attestano che Pialì arrivò a Rodi solo il 4 o il 5 (cfr. sotto, n. 21). In realtà, tutto indica che l’attacco a Tinos sia avvenuto durante il trasferimento da Negroponte a Rodi, nella seconda metà di maggio: gli abitanti di Tinos nella loro supplica al governo scrissero che Pialì era stato persuaso dal Coronello ad attaccare Tinos mentre si trovava ad Atene, dunque dopo che era arrivato a Negroponte (Lamansky 57); il capitano greco che già conosciamo aveva sentito che Pialì doveva salpare da Negroponte il 15 maggio, il che lascerebbe esattamente il tempo per l’azione contro Tinos prima del suo arrivo a Rodi (Vargas Hidalgo 676); il rapporto del governatore Girolamo Paruta al Senato, in cui informa dell’attacco, è datato 30 maggio (Slot 1982, 93). A Costantinopoli il Barbaro scriveva il 5 giugno che non c’erano più notizie della flotta, dopo che Pialì era andato a Negroponte, ma fra il popolo correvano le voci più incontrollate, «come sarebbe che ’l magnifico Pialì sia andato a tentar Tine, dove sarebbe stato maltrattato», il che indica che quest’ultima vicenda era successiva all’andata a Negroponte, e troppo recente per essere stata annunciata dai rapporti ufficiali (CB, II, 35v); ufficialmente, la notizia giunse a Costantinopoli solo il 28 giugno, con una fregata mandata da Nasso (ASG, 2170, avviso del 30 giugno 1570).

18 Paruta 85; Lamansky 642, 651-60; cfr. Slot 1982, 14 e 86-7.

19 Il resoconto più dettagliato in Paruta 85 sgg.; cfr. CB, II, 35v; Nunziature IX, 209 e 214; Lamansky 57; Sereno 42. L’avviso del 30 giugno 1570, in ASG, 2170, informa dell’impiccagione dei giannizzeri e delle voci correnti a Costantinopoli dopo l’arrivo ufficiale della notizia: i turchi avevano perduto 600 uomini, catturando solo 14 prigionieri, e Pialì aveva giurato «non lasar omo vivo sopra quela isola».

20 CB, II, 22v, 35v (corre la voce «che quelle prime galee che si partirono di qua si siano incontrate in 3 navi che andavano con soldati in Cipro, et che combattendo insieme siano anco esse galee state mal menate dalle navi», 5 giugno); il López, a Venezia, lo seppe solo a fine luglio (Braudel 1986, 1161 e n.); Paruta 62.

21 Le fonti occidentali sono contraddittorie sul luogo d’incontro delle due squadre e la data del loro arrivo a Rodi (Contarini 7v; Calepio 97v; Sereno 42; Longo 42), ma le fonti turche concordano che la congiunzione delle flotte avvenne il 5 a Rodi: Hill 1948, 893, e Costantini 2009, 51 e 54. I ciaus partiti da Rodi con la notizia che le due squadre si erano congiunte giunsero a Costantinopoli il 18 giugno (CB, II, 38r).

22 Nunziature IX, 209, 211, 214. In realtà il 28 maggio il sultano aveva ordinato a Pialì di pattugliare le acque di Cipro, per intercettare lì eventuali soccorsi veneziani: Costantini 2009, 44 e n.

23 Nunziature IX, 214 e 239; AV 1566-1570, 147v, 155v; Longo 18; Contarini 9r; Foglietta 75; Sozomeno 3; Calepio 94r. Al momento dello sbarco a Cipro l’entità della flotta fu valutata a 200 vele «con altre 250 vele di navi, barche, caramosilini et altri vascelli» (Nunziature IX, 264); «400 vele, tra quali erano di remo 220» (Calepio 94r); cfr. anche Falchetti, 80: 200 fra galere, galeotte e fuste, e 200 palandarie, caramussali e altri legni. Il patrone d’una fusta greca partita dalla flotta e catturata dai veneziani a settembre confermò che c’erano in tutto 200 fra galere, fuste e fregate, fra cui «le galee forzate che possono esser da 40 in 50 erano ben armate, l’altre veramente non», ma alcuni dei suoi marinai parlarono di 200 galere e 50 fuste (AV 1566-1570, 274v). Altre stime di cronisti italiani e turchi in Hill 1948, 895 e Quarti 263 e n. Per un totale più dettagliato dei vascelli da trasporto cfr. sotto, cap. 12, n. 22. Sull’entità delle guardie, cfr. CB, 95v, 224r, 315r, 334v, 346r; Nunziature IX, 214; Charrière III, 59; Relazioni, Zane 1594, 404. Sui corsari cfr. la relazione del capitano greco già citato: ad Anamur «dovevano trovarsi anche i corsari, ai quali non si doveva dare altro soldo, se non il vitto per tre mesi» (Vargas Hidalgo 676).

Capitolo 10

1 Charrière III, 116, e Setton 963. Sulla morte del Loredan e l’elezione del Mocenigo cfr. Nunziature IX, 266, 268-9, 272; Paruta 63; Sereno 37 e 48; Conti 69, e cfr. l’opuscolo citato sopra, cap. 6, n. 17. Sul tono fortemente antiturco delle orazioni tenute in occasione dell’elezione del Mocenigo, Gibellini 2009, 401 e n.

2 ASV, SS 76, 98v, 116; Nunziature IX, 193, 197, 205; Contarini 8r.

3 Nunziature IX, 205 (qui le prime due citazioni); ASV, SS 76, 95r, 103v, 105v, 108rv, 116; Setton 967 e 970.

4 Setton 974; AV 1566-1570, 143v (Zane al Senato, 10 giugno: «se fossero gionte tutte le compagnie si haverebbe fornito tutto, ma manca parte de soldati di diverse compagnie, et anco delli capi»), e per un esempio delle critiche contemporanee, cfr. Charrière III, 129 (cfr. sopra, cap. 7, n. 22).

5 Castellani 1936, 474-6 e 1937, 40 e 45; Civale 2009, 45.

6 Setton 967 e 974; Nunziature IX, 197 e 216; Quarti 237; Contarini 8r; Paruta 68 e 73. L’ordine di lasciare 4 galere nel Golfo in ASV, SS 76, 98v.

7 AV 1566-1570, 144rv; Nunziature IX, 209; Paruta 71-2; Contarini 7v (qui l’elenco delle 10 galere, 12 secondo il Paruta); Sereno 49; Caracciolo 5. Sul Murmuri, Molmenti 39 e n., Manoussacas 1974, 226. Sul Venier, allora settantaquattrenne e Procuratore di San Marco, membro cioè della più ristretta e influente élite patrizia, cfr. Molmenti, e i ritratti, opera del Tintoretto e del Veronese, in Gibellini 2008, tavv. 13-14 e 29.

8 ASV, SS 77, 7rv, 9rv, 18rv; AV 1566-1570, 57r-58r, 159r, 268v-270v, 297rv, 302r-304r, 319v-320v; Serrano III, 129; Nunziature IX, 209 (qui la cit. nel testo); Setton 970; Paruta 71-2, 134; Lesure 40 e 69; Manoussacas 1974, 226-7; Pippidi 1974, 302-4. Sui cimarioti il Fresne-Canaye, che passò di lì nel 1573, annota: «non sono peggiori ladri al mondo di questi chimariotti, imperoché fanno mercantia così di turchi come di christiani che nelle lor mani capitano, vendendo i turchi alli christiani et i christiani a turchi» (Fresne-Canaye 303). A Costantinopoli la situazione venne presa molto sul serio, e a luglio 1500 giannizzeri vennero spediti in Albania: CB, II, 48r.

9 AV 1566-1570, 268v-270v, 289r-290r, 297rv, 303r, 319v-321r, 323r, 340r, 366r-367r, 394r, 403rv, 410v-411r, 416rv, 424v-425r, 435v-436v, 445rv, 452v-454v, 472r-473r; Paruta 135. Anche nell’area di Zara si segnalavano ribellioni di «sudditi turcheschi», che le autorità veneziane avevano ordine di incoraggiare e finanziare, «maxime per assicurar il racolto di quelle parti»: ASV, SS 76, 98 (30 maggio).

10 Lamansky 077-078, 083-089, e Manoussacas 1974, 223-4; qui una prospettiva d’insieme sui moti insurrezionali greci contro il dominio turco, effettivi o soltanto progettati, peraltro da utilizzare con cautela per il taglio spesso acritico.

11 Vargas Hidalgo 686; Pippidi 1974, 302, 310-1.

12 Vargas Hidalgo 676; Donà 51, 66, 97; Manoussacas 1974, 220.

13 Vargas Hidalgo 676.

14 Sulla costruzione del forte cfr. Charrière III, 62 (e cfr. sopra, cap. 7, n. 3); sull’azione del Quirini, compiuta su richiesta delle autorità di Cerigo, e l’insurrezione dei Manioti, cfr. ASV, SS 76, 121rv; AV 1566-1570, 157v-158r; Nunziature IX, 222; Contarini 8rv; Paruta 79; Conti 72v; Setton 970; Manoussacas 1974, 227-8. Una stampa contemporanea della presa della fortezza è riprodotta in Tenenti 1985, 22. Sulla figura del Quirini, che era soprannominato “lo Stenta”, cfr. Conti 152rv.

15 ASV, SS 76, 81v, 83; Arbel 1995, 146; per le spie turche, CB, 279r e 330r.

16 Lamansky 55; Preto 1994, 316-7.

17 Nunziature IX, 174, 185, 197, 218, 231, 233; Vargas Hidalgo 680; Paruta 61 e 135; l’episodio di Zara in Praga.

18 ASV, SS 76, 109r-110r, 112rv; AV 1566-1570, 158rv; Vargas Hidalgo 680; Nunziature IX, 222; Lezze; Paruta 72-3; Saraceno 711. Le due galere erano state armate per ordine del governo: Contarini 7r; la loro distruzione risulta da fonti ottomane (Charrière III, 135); secondo Lezze 260 si trattava però soltanto di due fuste. A maggio il Senato decise di reclutare altri 2000 fanti per la Dalmazia, e ordinò allo Zane di lasciare sul posto 1000 dei fanti imbarcati (ASV, SS 76, 96r-97r, 109v), ma la debolezza delle guarnigioni in Dalmazia continuò a preoccupare il governo per tutta l’estate: «le fanterie che si trovano in Dalmatia sono per la maggior parte inferme», scriveva il Facchinetti a fine luglio, e il 19 agosto informava: «Questi signori hanno spedito 1400 fanti per mandare in Dalmatia» (Nunziature IX, 227 e 237). Per le misure di rafforzamento delle fortezze cfr. ASV, SS 76, 96v, e Setton 970.

19 Sulla condizione di Ragusa all’interno dell’impero ottomano cfr. Biegman 1967; Sugar 1977, 168-83; Faroqhi 2002, 80-1, 85-6 e Faroqhi 2004, 89-92; sul suo comportamento durante la guerra di Cipro, Anselmi 1974: qui le citt. (51 e 68).

20 Anselmi 1974, VIII; Preto 1994, 235-41 e 482; Tamborra 1974, 380.

21 Costantini 2009, 40; Nunziature IX, 174 e 303.

22 Anselmi 1974, 39 e II-V; Preto 1994, 235-41; Serrano III, 171, e IV, 98; Donà 84 e 117-21. «Come Ragusei»: Relazioni, Cavalli 1560, 276; Bernardo 1592, 403 e 406.

23 AV 1566-1570, 145r; Anselmi 1974, 39 e 65; Biegman 1967, 43-4.

24 Nunziature IX, 216 e 222; Quarti 237; Paruta 80.

25 AV 1566-1570, 145v-146rv; Paruta 74-7; Contarini 10r; Sereno 55; Nunziature IX, 222; Molmenti 42 n.; Setton 974-5; Quarti 176-7. Lo Zane nel suo rapporto a Venezia e poi durante il suo processo declinò ogni responsabilità nell’azione: Tucci 1974, 415, 422, 425, e ASV, SS 76, 120v. Per il tumulto dei sopracomiti cfr. la cronaca inedita di Bernardo Sagredo, cit. in Donà xxxiii.

26 AV 1566-1570, 146r; Setton 965 e 975; Sereno 65; Nunziature IX, 231. Il Bembo era morto il 1° gennaio 1570: Setton 928. Per la nomina del Venier, ASV, SS 76, 107rv. Per la nomina del Rangone, ivi, 106. In realtà il Venier e il Rangone arrivarono solo fino a Creta: Foglietta 31, e cfr. sotto, cap. 12, n. 34.

27 Nunziature IX, 216 e 237.

28 ASV, SS 76, 120rv.

29 ASV, SS 76, 123r, 125rv (a questa correzione contribuì la notizia, giunta a Venezia il 26 luglio, che il re aveva finalmente ordinato a Gian Andrea Doria di unirsi con la flotta veneziana: cfr. sotto, cap. 11, n. 17); Nunziature IX, 222, 229.

30 AV 1566-1570, 147v-148r; Nunziature IX, 231 («erano morti da 3000 galeotti et quasi altrettanti soldati»), 236; ASV, SS 76, 125-6; Setton 968 e 970; Paruta 73-4; Serrano III, 192; Tucci 1974, 425. Il calcolo della forza che salpò da Corfù non può che essere approssimativo. Delle 82 galere sottili allestite a Venezia, lo Zane ne aveva portate a Corfù solo 70; a parte le 4 lasciate di guardia nell’Adriatico, ne aveva dunque lasciate indietro 8, ma ammettiamo che possano aver reclutato nuovi rematori e lo abbiano raggiunto in seguito: ne aveva dunque al massimo 78. Le 31 del procuratore Celsi, in realtà 30 senza quella del Quirini, possono averlo raggiunto tutte, anche se è più probabile che qualcuna sia stata impegnata altrove; siamo dunque a un massimo teorico di 108. Aggiungendo le 21 armate a Creta, 22 con quella del Quirini, si arriva a 130. A maggio il governo aveva ordinato di armare 4 galere a Corfù, 2 a Zara e 2 a Cattaro (Contarini 7r): le prime vennero mandate ad Ancona, parte delle 12 che la Repubblica affittava al papa, con 20 o 25 rematori per ciascuna «che siano atti a insegnar a vogar alli altri, sì come siamo ricercati» (ASV, SS 76, 98v), le ultime 2 vennero prese dai turchi, ma ne restano 2 che in teoria potrebbero aver raggiunto l’ammiraglio, riportando il totale a 132. Di queste, 6 vennero disarmate a Corfù, e 4 vennero distaccate per portare il Venier a Cipro, ma si sarebbero comunque riunite alla flotta a Candia. Cfr. le stime del Contarini 9r, secondo cui lo Zane disponeva di 127 galere sottili, «comprese le Candiote, et 31 ch’erano per avanti armate», 11 galere grosse, «il galeone del Fausto», e 14 navi; e cfr. anche quelle di Longo 14, per cui «si ebbe quell’estate, sotto messer Geronimo Zane capitano generale, centoventisei galee sottili [...], undici galee grosse, venti tra navi e galeoni candiotti, oltra la guardia di altre galee, che si tenne in questo golfo Adriatico». Al Colonna, che si trovava allora a Venezia, vennero comunicate cifre leggermente gonfiate, senza calcolare, evidentemente, le galere perdute o disarmate: «l’armata di questa Signoria è di 145 galere, undeci galere grosse, un galeone et venti navi» (Serrano III, 192). L’ultima parola spetta forse al marchese di Santa Cruz: il 5 settembre il comandante della squadra di Napoli scrisse da Suda che i veneziani dicevano di avere 126 galere, 11 galeazze e un galeone (Vargas Hidalgo 692). A bordo, dei 12.000 soldati imbarcati alla partenza non ne rimanevano utilizzabili che 7000: 1300 erano stati lasciati a Zara, tutti gli altri erano ammalati o morti, o «licenziati per inutili» (AV 1566-1570, 148r).

Capitolo 11

1 Cfr. sopra, cap. 8, n. 9; Donà 47.

2 Vargas Hidalgo 664, 668 (il Doria è salpato «con los alemanes» il 30 aprile e il 4 è arrivato a Napoli), 685; Serrano III, 179; Braudel 1986, 1157 (il Doria scrive al re da Napoli già il 3 maggio). Il Doria parla di ordini datati il 23 aprile; noi li abbiamo in una lettera del re al Doria in data del 24 (Vargas Hidalgo 656), oltre alla comunicazione che ne venne data allo Zúñiga lo stesso giorno (Serrano III, 139). Per l’arrivo del Santa Cruz, ASG, 1966.

3 Vargas Hidalgo 667 e 682; Serrano III, 170 e 184; Codoin III, 354; Stella 382.

4 Serrano III, 170, 175-6, 183; Setton 965.

5 Serrano III, 162; Donà 30 e 34; Setton 961 e 965.

6 ASV, SS 76, 102r-103r; Setton 962 e 966; Serrano III, 180-1.

7 Serrano III, 182.

8 Serrano III, 183-4; Nunziature IX, 210; Setton 965-6.

9 Donà 19, 21-23, 25. Il Torres stesso, che tornò a corte alla fine di luglio dopo un inutile viaggio in Portogallo, ammise il suo errore con qualche imbarazzo, a pranzo col cardinale Espinosa («Gli risposi che ringraziava molto Sua Signoria Ill.ma che avesse così voluto correggere il mio errore, perché io, quando Sua Signoria mi diede la risoluzione, intesi male») e poi in udienza dal re («Nella qual cosa forse io m’era ingannato, ma ringraziava Dio, poiché il mio inganno era stato rimediato da Sua Maestà»): Dragonetti 205 e 210.

10 Nunziature IX, 209 (e per lo stato d’animo a Venezia, ASV, SS 76, 115r); Donà 25-7; Serrano III, 188 e 190.

11 Serrano III, 143, 153-61, 175; sulla decisione del re di negoziare la Lega cfr. anche i documenti in Catena 263-5; Vargas Hidalgo 667; Codoin III, 354.

12 Dragonetti 161; Serrano III, 175 e 180; Charrière III, 114. Il puntiglio diplomatico implicava il rifiuto di riconoscere legittimità al potere del sultano, assimilato al tiranno che secondo l’etica tomista è legittimo combattere e anche uccidere. Il re di Francia non si faceva invece scrupolo di intestare così le sue lettere a Selim: «Altissimo ed eccellentissimo, potentissimo, molto magnanimo e invincibile principe, grande imperatore dei Musulmani sultano Selim Khan, in cui ogni onore e virtù abbonda, nostro carissimo e virtuosissimo amico, Dio voglia aumentare la vostra grandezza e altezza con felice esito»: Fresne-Canaye 73.

13 Charrière III, 117. Il riassunto delle discussioni è in Suriano; i resoconti dei plenipotenziari spagnoli al re in Serrano III, 186-207.

14 Donà 49, 58-61.

15 Vargas Hidalgo 682-4.

16 Serrano III, 193. Sulla figura del trentacinquenne Colonna, uno dei politici più influenti nell’Italia del secondo Cinquecento, e la complessa posizione che occupava fra Stato della Chiesa e impero spagnolo, cfr. Rivero Rodríguez 1994 e Bazzano 2003.

17 Serrano III, 196-8; cfr. Codoin III, 356, e Capponi 2008, 125. Il nunzio e gli ambasciatori lo seppero a voce già il 13, e come s’è visto scrissero subito ai loro governi: Serrano III, 193 e Setton 972. A Venezia la notizia arrivò il 26 luglio, a Roma il 27 luglio secondo una versione, il 2 agosto secondo un’altra: ASV, SS 76, 122v, Nunziature IX, 224, e Setton 969, 972-3.

18 Vargas Hidalgo 664 e 668. Sull’inutilità dei tedeschi in mare cfr. anche sotto, cap. 31, n. 12.

19 Per i meccanismi del reclutamento nell’impero di Filippo II e le relative storture, cfr. Thompson 1976, 107-21. I soldati del conte d’Arco erano stati armati in gran parte con armi fabbricate a Brescia, concesse dalla Serenissima per fare un piacere al re, «se ben in vero noi ne havemo grandissimo bisogno per armar li soldati, che in così gran numero havemo convenuto fare»: ASV, SS 76, 73v.

20 Vargas Hidalgo 668, 680, 691.

21 Serrano III, 186 e 201; Vargas Hidalgo 681, 686, 702; Setton 973; Donà 63; Stella 383 n.; Braudel 1986, 1158; ASG, 1966. I 1500 fanti italiani del Gonzaga erano stati mandati in Sardegna a maggio: cfr. Vargas Hidalgo 629.

22 Serrano III, 129; Nunziature IX, 170.

23 Serrano III, 149 e IV, 97; Setton 959-60, e cfr. sopra, cap. 8, n. 21.

24 Nunziature IX, 170; Setton 960; Sereno 51; Charrière III, 112.

25 Nunziature IX, 187, 197, 204; Charrière III, 115; cfr. ASV, SS 76, 105r e 108r, del 13 e 22 giugno, in cui il Senato parla ancora di fornire in tutto 15 scafi.

26 Serrano III, 170; Nunziature IX, 204; Guglielmotti 15-6.

27 Serrano III, 170 e 376 n.; Nunziature IX, 187 e 204.

28 Nunziature IX, 205-6.

29 Serrano III, 170 e 180; Nunziature IX, 195-205; ASV, SS 76, 108r; Setton 964-5; Bazzano 2003, 129-32. Lettere di nomina ed elenco dei capitani in Guglielmotti 14-8. Sulla Capitana che i veneziani preparavano per il Colonna l’ambasciatore mediceo diede notizie altrettanto onorifiche ma meno rassicuranti: «pel signor Marcantonio Colonna fanno rinfrescare una galea quadrireme del Fausto, che sono trent’anni che mai non fu in mare» (Guglielmotti 25). Su questa particolarissima galera, in realtà una quinquereme, cfr. sopra, cap. 6, n. 18, e sotto, cap. 16, nn. 17-18.

30 Nunziature IX, 211-2, 216, 222; ASV, SS 76, 121r; Serrano III, 192; Setton 967-9 e 972. Il Colonna scrisse da Venezia di essere rimasto pienamente soddisfatto dei veneziani, che «di pace col Turco non hanno alcun pensiero»: Guglielmotti 41 n.

31 Brunelli 2003, 15-6; Castellani 1936, 478-81; Civale 2009, 38-46 (il gesuita, Juan de Vitoria, scrisse peraltro da Ancona che «d’il andare sopra galere per simili officii, non ne havea voglia niuna»). Per la fanteria del Colonna, Guglielmotti 16-22 e Quarti 163-4. Per il Gondola: Anselmi 1974, VII.

32 Serrano III, 170; Setton 955-6, 961, 965, 968; Bosio 851-4.

33 Bosio 853-63; ASG, 1966; Setton 937; CB, II, 63r; Nunziature IX, 254. L’uscita di Uluç Alì era stata segnalata, ma si credeva per lo più che fosse andato in Levante «per trovar l’armata del gran turco»: Donà 61 e 65, Braudel 1986, 1158. Fra i cavalieri uccisi c’era un antenato del Leopardi, fra Pier Antonio Leopardi da Recanati (Bosio 857).

34 Nunziature IX, 223; Vargas Hidalgo 688; Bosio 863.

35 ASG, 1966; Vargas Hidalgo 677 e 690; Stella I; Donà 91.

36 Stella 383; e cfr. sotto, cap. 13, n. 10. Per il viaggio delle galere genovesi, cfr. Vargas Hidalgo 690-1; sui casi occorsi durante il viaggio cfr. il rapporto del loro comandante, in ASG, 1966.

Capitolo 12

1 Nunziature IX, 264; dettagli in Calepio 98r; Podacataro 203; Conti 77-8; Gatto 33; Quarti 223; Hill 1948, 894. Il Rondakis è lo stesso «Pietro Roncadi Cavaliere, ch’era Governatore in quel Regno della milizia Albanese», di cui parla Paruta 93; il Kyrieleison comandava anche lui una compagnia di stradiotti: Calepio 97r. Uno schiavo spagnolo, catturato alle Gerbe nel 1560, riuscì a fuggire in questa occasione, e riferì alle autorità di Nicosia che i turchi si apprestavano a sbarcare 60.000 uomini: Quarti 221.

2 Setton 934-5; Preto 1994, 100; CB, 279r; AV 1566-1570, 154r. Per la visita di Alì a Famagosta cfr. sopra, cap. 3, n. 17.

3 CB, 268v-269v, 272rv, 357r (secondo cui anche Josef Nasi avrebbe avuto un ruolo nella preparazione di carte e modelli di Cipro); ASV, SS 76, 88r; sulla capienza del porto di Famagosta: Conti 95. Su Iseppo cfr. sopra, p. 45.

4 CB, 336v, e II, 25r. Gli ordini per la concentrazione delle truppe dai sangiaccati anatolici e siriani a Finike e Antalya in Costantini 2009, 54 e n.

5 Paruta 93; cfr. anche pp. 216-7 e, qui sotto, nn. 16-17.

6 Sull’organizzazione dei giannizzeri e della cavalleria timariota cfr. Relazioni, Michiel 1558, 112-4 e 124-5; Ragazzoni 1571, 99; Garzoni 1573, 412-6; Barbaro 1573, 304-5; Antelmi 1576, 195; Correr 1578, 241; Bernardo 1590, 322; Moro 1590, 339-42; Bernardo 1592, 329-32; Zane 1594, 391-2, 395-6; Donà 1596, 353 («in forma come dire feudale»). Per irregolari e volontari cfr. pp. 222-3 e, qui sotto, nn. 27-28.

7 Agoston 2005, 148-9; Veinstein 1985; Faroqhi 2004, 108.

8 Nunziature IX, 124-5, 127, 137, 144, 152; Lesure 91, e cfr. Costantini 2009, 54.

9 Buonrizzo 139, 146-7 (cfr. Paruta 46); CB, 260r, 268v, 282r e II, 24v.

10 Gatto 32, Sylvestrani Brenzone 37, e cfr. CB, II, 38r, dove il Barbaro ricorda di aver consigliato l’anno prima proprio un attacco preventivo contro il castello di Anamur.

11 AV 1566-1570, 154r; CB, II, 38r, 44v, 46v; ASG, 2170, avviso del 30 giugno 1570; Nunziature IX, 200, 239; Charrière III, 129; Vargas Hidalgo 676; Contarini 9r; Sereno 42; Paruta 88.

12 Nunziature IX, 264; Gatto 33-4. Sulle effettive dimensioni della flotta cfr. sopra, cap. 9, n. 23.

13 AV 1566-1570, 151v-152r; Calepio 96r e 106r; Nunziature IX, 256; Paruta 94; Sereno 54; Gatto 31; Setton 928 e 937; Hill 1948, 951. Sul piano di evacuazione dei contadini e il suo fallimento cfr. sotto, cap. 14, nn. 29 e 33.

14 AV 1566-1570, 154r-155v; Calepio 98v; Podacataro 203v; Contarini 9v; Sereno 55; Paruta 92; Hill 1948, 958-9; Costantini 2009, 61. Sulla partenza da Finike il 30 giugno: CB, II, 46v, e Costantini 2009, 54.

15 AV 1566-1570, 155r.

16 Contarini 9v; cfr. Paruta 88 sgg.

17 AV 1566-1570, 152v-153v; Sozomeno 3v; Podacataro 203rv; Gatto 34-5; Paruta 93; Conti 78v. Secondo Pietro Valderio, uno dei rettori municipali di Famagosta, già ad aprile i comandanti avevano deciso che in caso di sbarco non avrebbero opposto resistenza e si sarebbero rinchiusi nelle fortezze, anche se il Baglioni era di opinione contraria: Valderio 991-2. In realtà, ad aprile era stato deciso esattamente il contrario, e cioè di battere la campagna con tutta la cavalleria per tentare di respingere lo sbarco: AV 1566-1570, 59r. Il rapporto del Dandolo del 5 luglio (AV 1566-1570, 153r) asserisce che il conte di Roccas era pronto a difendere la spiaggia con la cavalleria, ma fu costretto dal Baglioni a ripiegare verso l’interno per riunire le forze, consentendo così al nemico di sbarcare indisturbato. Tutti gli autori coevi più informati affermano invece che il Baglioni sostenne fino all’ultimo la necessità di affrontare gli invasori sulla spiaggia, e fu costretto a rinunciare dal Dandolo e dal Roccas: Calepio 95rv; Sozomeno 3v; Podacataro 202v-203; Sylvestrani Brenzone 35-6, e cfr. Quarti 214-6, e l’analisi in Hill 1948, 959-60, 1037-40.

18 Nunziature IX, 231, 253-4; Contarini 11r; il commento di Cosimo in Sylvestrani Brenzone 35. Lo Zane seppe già il 6 agosto a Suda che la notizia per cui «nel sbarcar era sta tagliato a pezzi grande numero de Turchi, se ben tanto non si credeva», era falsa, mentre «si vede ch’hanno sbarcato a Saline commodamente senza contesa» (AV 1566-1570, 150r). Secondo Conti 79v le false notizie erano messe in circolazione dagli stessi turchi, per confondere le idee ai veneziani; ma è possibile che si trattasse di un’amplificazione delle perdite subite nel tentativo di sbarco presso Pafos, e forse in quello successivo a Limassol. A Costantinopoli, però, la notizia che uno sbarco era stato tentato con risultati disastrosi («intendemo como li turchi hanno voluto sbarchar gente in la isola e che sono sta’ tagliati a pezzi») circolò prima ancora che lo sbarco avvenisse davvero: ASG, 2170, avviso del 30 giugno 1570, e cfr. CB, II, 44v, 48r-49v, 51v.

19 Nicolle 1995, 27; cfr. Tursun Bey 75; Paruta 92.

20 Capponi 2008, 128; Calepio 103v e 107v (e Sozomeno 3: 100.000 uomini); Sereno 54; Paruta 52; Nunziature IX, 172.

21 Nunziature IX, 239 e 254; Charrière III, 129; AV 1566-1570, 154v; CB, II, 51r; Castellani 1937, 43.

22 CB, II, 31rv, 35v, 38r, 45r; AV 1566-1570, 155v; Contarini 5v e 9r, ripreso da Calepio 94r. Un rapporto giunto a Venezia da Rodi, prima che le palandarie fossero tutte riunite, parla di 8 maone, 20 palandarie piccole, 30 caramussali e 5 navi: AV 1566-1570, 147v. Cfr. Longo 18 e Paruta 88.

23 CB, II, 46v. Sozomeno 3 dice che si portarono «anco due cavalli per galea», e cfr. Calepio 107r; secondo il capitano Mizotero il piano era di portarne su ogni galera addirittura quattro (Vargas Hidalgo 676). Doria 176 conferma che in caso di necessità se ne potevano imbarcare anche tre per galera, ma che era un rischio. Fresne-Canaye 277 ne vide imbarcare sulle galere della grande flotta partita da Costantinopoli nel 1573 («ogni galera porta un cavallo»). Il marangone della Bonalda, però, afferma esplicitamente che i cavalli «erano tutti carghi su le nave et caramusalini, ma non su le galee»: AV 1566-1570, 155r (e 156r per una descrizione dettagliata del carico di munizioni e vettovaglie).

24 AV 1566-1570, 156rv; Calepio 98v; Contarini 9v; Sereno 54; Paruta 92; Foglietta 77; Nunziature IX, 256; Quarti 227-8 e 300.

25 Calepio 107r; Sozomeno 3; Contarini 10r; Sereno 54 e 56; Paruta 92 e 105; Foglietta 87; Conti 82; cfr. Quarti 300-1. Per i giannizzeri, CB, II, 48r e 50v. Documenti ufficiali ottomani danno 5000 giannizzeri ancora presenti nell’aprile 1571, all’inizio dell’assedio di Famagosta: Hill 1948, 994.

26 CB, 192r, 331r; Buonrizzo 153; Paruta 92 e 105; Sozomeno 3; Calepio 107r. Viaje de Turquía 425 segnala il gran numero di cavalli che ogni sipahi era solito condurre con sé in tempi migliori, concludendone che i cinque sesti dei cavalli al seguito dell’esercito erano ronzini per il trasporto dei bagagli. Relazioni, Navagero 1553, 56, segnala che i giannizzeri «andando in guerra, o ad impresa alcuna, tolgono li cavalli di tutti senza alcun rispetto, e pagan dieci quel che val cento, ed ognuno ha pazienza, e molti hanno delle bastonate».

27 CB, 192r (il sultano pubblicò un editto «che quelli che vogliono servir a cavallo, si vadino a far scriver, che haveranno aspri xvii al giorno, che serà più di ducati 120 all’anno, la qual paga a me par grandissima per un solo homo a cavallo»); Contarini 10r. Quando parlano dei “venturieri”, le fonti occidentali si riferiscono innanzitutto agli achingi, gli scorridori a cavallo reclutati fra i turchi residenti nelle province balcaniche, che erano inquadrati in una regolare struttura di reclutamento e godevano di esenzioni in cambio del loro servizio, e ai molti irregolari che di solito li accompagnavano: Relazioni, Michiel 1558, 108 e 114-5; Soranzo 1576, 212; Correr 1578, 249; Bernardo 1590, 326; Puddu 2000, 25; cfr. su questa organizzazione Sugar 1977, 39 e Imber 2002, 260-5.

28 L’abitudine di reclutare questo tipo di volontari è rilevata già in Relazioni, Trevisan 1554, 132, e Michiel 1558, 108, sia pure senza distinguerli troppo nettamente dagli achingi: «Vi è poi un numero grandissimo di soldati i quali in niun modo hano soldo né utile dal Signore [...]. I venturieri sono quei che vano volontariamente in campo, con speranza di guadagno, overo sendo posti all’ordine da alcuno altro di armi vano per partire il guadagno». La loro presenza nell’esercito sbarcato a Cipro è certa, anche se il loro numero non era verosimilmente molto alto. I 3779 uomini che Mustafà lasciò di guarnigione nell’isola dopo aver ultimato la conquista, nell’autunno 1571, comprendevano 1000 giannizzeri; gli altri erano suddivisi fra bombardieri, azap, müstahfiz (soldati di guarnigione), gönüllü (volontari): Costantini 2009, 77. Un documento del 1570 menziona volontari armati di archibugio, certamente appiedati, reclutati fra i nomadi dell’Anatolia orientale: Inalcik 1975, 197. Sui volontari reclutati per il Cairo, genti «tristissime»: CB, 173r, 192r. Sull’impopolarità della guerra i riferimenti nella corrispondenza da Costantinopoli sono frequentissimi: cfr. ad es. CB, 331r, 334r, 347r, e II, 47r; Nunziature IX, 239 e Relazioni, Barbaro 1573b, 394-6. Sul successivo afflusso di volontari e di coscritti per l’assedio di Famagosta, fonti ottomane in Hill 1948, 994-5.

29 Buonrizzo 139, Paruta 92 («trenta pezzi di artiglieria, parte da cinquanta, e parte da cento, e cinquanta falconetti»); ma secondo Marco di Benetto c’erano 80 pezzi, fra cui 4 da cento imbarcati sulla Bonalda e la Balba, e il resto mezze colubrine (AV 1566-1570, 155r), e infatti il Barbaro aveva visto imbarcare sulle navi 90 pezzi pesanti fra cannoni e mezzocannoni. Sull’esclusione dei cristiani dalla forza combattente, un inviato veneziano nota che le risorse militari del sultano sono molto più limitate di quel che si crede, «essendo i villaggi in Europa e anco nell’Asia abitati in gran parte da greci, e nell’Africa da mori [...] poiché di questi non se ne serve il Signor Turco» (Relazioni, Moro 1590, 338).

30 Lybyer 1913, 90. Può essere interessante notare che dei 13.719 schiavi catturati alla presa di Nicosia e di cui si è conservata la registrazione, 2135, cioè il 15%, vennero catturati da giannizzeri (Costantini 2003, 234-5), una percentuale analoga a quella che i 6000 giannizzeri presenti avrebbero costituito su un esercito di circa 40.000 uomini.

31 Sulla popolazione: Arbel 1984. Sul grano: Nunziature IX, 183 e 200; Paruta 101; Longo 18. L’abbondanza di grano a Cipro era tale che all’inizio della primavera, nel momento di solito più difficile, le autorità locali avevano fatto caricare su due navi 30.000 moggi di frumento e 2500 d’orzo mandandoli a Venezia: ASV, SS 76, 81r. Sulle annate cattive cfr. Braudel 1986, 149 e Arbel 1984, 214. Anche il Baglioni dovette riferire il 18 luglio «che nelle fortezze s’era ben ritirata et posta grandissima quantità di vettovaglia, ma che nelle campagne n’era rimasto anco parte, della quale si sarebbero valsi i Turchi»: Nunziature IX, 254.

32 Nunziature IX, 152.

33 Cfr. sopra, cap. 6, nn. 33-34; ASV, SS 76, 39v; AV 1566-1570, 60v; Nunziature IX, 185, 200, 256; Calepio 94r; Paruta 28, 92-3; Foglietta 31; Hale 1974, 167; Setton 947-8. Sull’arrivo dei 1290: AV 1566-1570, 152r; Hill 1948, 899-900; Quarti 218; i nomi dei 10 capitani in Gatto 30-1.

34 Sulla perdurante mortalità, rapporto del Bragadin del 16 luglio, AV 1566-1570, 154r («morendone di giorno in giorno»); Sozomeno 5 e 9, e sul clima, Nunziature IX, 170 e 200. Il luogotenente Dandolo aveva scritto a maggio «che la magior parte di quei soldati, così i vecchi come gl’ultimi, erano gente inutile per la guerra», e che preferiva impiegare le cernide locali, composte da uomini «assuefatti al paese»: AV 1566-1570, 152r. Per il calcolo di quanta fanteria italiana si trovava effettivamente sull’isola cfr. Appendice I. Su Rangone Pallavicino cfr. sopra, cap. 10, n. 26 e sotto, cap. 16, n. 14.

35 Lamansky 616-9; Salaris 144-6, e per le cifre, Appendice I.

36 Per i problemi degli anni precedenti, Lamansky 622-30, Salaris 144. Per il numero, cfr. Appendice I. Secondo il Sozomeno, oltre ai 500 degli stradiotti c’erano altri «mille o più cavalli da guerra» dei feudatari e provvigionati, oltre a «una gran quantità di ronzini buoni per archibuggeri» (Sozomeno 7 e 9); secondo i prigionieri catturati a Nicosia e poi riscattati ce n’erano 2000 (Vargas Hidalgo 703). Cfr. anche Costantini 2009, 49-50.

37 Nunziature IX, 152; Paruta 92-3; cfr. invece il memoriale assai critico di Giulio Savorgnan citato in Hale 1990, 320-1. I comandanti delle compagnie erano tutti italiani, salvo l’occasionale albanese, come risulta dall’elenco in Calepio 96v, e Quarti 267-8.

38 Per il dettaglio cfr. Appendice I. Per gli zappatori, Sozomeno 10, da cui dipende Paruta 104.

39 Paruta 104, Calepio 96r, Sylvestrani Brenzone 41, Conti 66v. A maggio il Dandolo aveva scritto a Venezia chiedendo 5000 spade, 5000 archibugi e 1000 celate per armare le cernide: AV 1566-1570, 152r. Sozomeno 10 conferma che in città c’erano «infiniti de’ villani, et del popolo senza spade, et archibuggi, che non vi era nella munitione più di mille quattrocento», oltre a 864 archibugioni da posta montati sugli spalti.

40 Buonrizzo 153.

41 Sereno 9; Foglietta 7-8; Panciera 2005, 206-7, e per la lettera del Savorgnan, ivi, 7; sul personaggio, ivi, 197-212, nonché Promis 1874, 403-46, e Salaris 67-90. Sui problemi della fortificazione di Cipro la bibliografia è molto vasta; cfr. almeno Manno 1986, Hale 1990, 297-302, von Wartburg 2002, Costantini 2009, 46-8, e la relazione di Ascanio Savorgnan pubblicata in Salaris 125-47. Specificamente sulle fortificazioni di Nicosia, Promis 1874, 410-4; Quarti 212-3; von Wartburg 2002, 40-1, nonché il disegno del 1567 in Manno 1986, fig. 6, e la stampa coeva in Tenenti 1985, 23.

42 AV 1566-1570, 154r; Valderio 934; Sozomeno 7v; Podacataro 203; Paruta 100. Tanto le disposizioni inviate dal Senato alle autorità cipriote quanto le relazioni di queste ultime alla vigilia dello sbarco insistono sulla necessità di garantire innanzitutto la difesa di Famagosta, e solo in subordine quella di Nicosia: cfr. ad esempio ASV, SS 76, 44v e AV 1566-1570, 151v, e cfr. sotto, cap. 14, n. 3.

43 Il Diario dell’armata annota già il giorno dopo lo sbarco: «Oggi, 30 Muharrem 978, con la grazia di Dio – sia esaltato il suo nome! –, lasciamo Saline proponendoci di intraprendere la conquista della fortezza di Nicosia» (Costantini 2003, 230). Movimenti in quella direzione debbono quindi essere stati compiuti fin da subito; del resto il primo avviso «che, per quei segni che si poteano veder fin allhora, i Turchi disegnavano andare non alla espugnatione di Famagosta, ma di Nicosia, come fortezza nuova et fra terra, nella quale era rinchiusa tutta la nobiltà del regno» è già nella lettera del Baglioni del 18 luglio, la prima che poté spedire dopo essersi ripreso dalla malattia: Nunziature IX, 256. Anche Marco di Benetto riferì il 9 luglio che i turchi affermavano «di voler andare all’impresa di Nicosia, dicendo che l’hanno per più facile»: AV 1566-1570, 155r. I cronisti italiani concordano però che il grosso dell’esercito lasciò il campo solo il 23 luglio, per presentarsi davanti a Nicosia due giorni dopo. Sylvestrani Brenzone, 43, mette in scena la discussione fra i pascià, con Alì che vorrebbe attaccare Famagosta, Pialì e Mustafà che decidono per Nicosia (altra versione in Paruta 96-9); ma già prima che giungessero notizie del riuscito sbarco alle Saline il Barbaro seppe da Ibrahim bey che il piano era di attaccare prima Nicosia (CB, II, 44v).

44 AV 1566-1570, 154v-155v; Gatto 43 e 46; Relazioni, Michiel 1558, 114; Ragazzoni 1571, 99; Barbaro 1573, 304-5; Correr 1578, 241; Moro 1590, 343; Zane 1594, 392; Puddu 2000, 26 e n.; cfr. Imber 2002, 258.

45 Masala 15, 23, 25, 53; per l’impopolarità della guerra, cfr. qui sopra, n. 28. Sui gazi cfr. Relazioni, Santa Croce 1573, 182: «alcuni che per bravura vogliono esser conosciuti, che i Turchi chiamano cassì, usano di portar una pelle di lupo cervino sopra le spalle [...] et altri sopra la testa tante penne quanti huomini hanno ucciso». Già il 7 luglio Mustafà decretò la prima ricompensa per un atto di valore di un soldato: la concessione di un timar (Costantini 2009, 53 e n.).

Capitolo 13

1 ASV, SS 76, 125, e 77, 1; AV 1566-1570, 149v (700 rematori a Corfù, 900 a Cefalonia, 500 a Zante, 100 a Santa Maura); Nunziature IX, 240 e 254; Setton 975; Contarini 10rv; Sereno 65; Paruta 81, e cfr. sopra, cap. 10, n. 30. Il 30 luglio, un gesuita scriveva da Zante che «per le strade non si vedeva altro che ammalati e morti» (Civale 2009, 45).

2 Longo 18. Cfr. AV 1566-1570, 150r-151v, 241r, 400v-401r, 439v; Nunziature IX, 231 e 256; Lamansky 799; Manoussacas 1974, 230; Tucci 1974, 424 e 428; Capponi 2008, 136.

3 Manolesso 39v (da cui Sereno 95); AV 1566-1570, 151r; Setton 976-7; Paruta 80.

4 Slot 1982, 93; Nunziature IX, 250 e 256; Civale 2009, 109, e per Pio V cfr. il motu proprio edito in Guglielmotti 94-5. Sul Canal, nominato a marzo secondo provveditore all’armata, cfr. ASV, SS 76, 60r e 64r, e Setton 928. Il Senato ordinò allo Zane di far rimandare alle loro case le donne e i bambini cristiani catturati sulle isole, e «soprattutto» di far restituire gli arredi delle chiese: ASV, SS 77, 10r; a quest’ultimo punto l’ammiraglio aveva già pensato da solo, dopodiché provvide anche a restituire le donne ai parenti che venivano a Creta a reclamarle: AV 1566-1570, 151v e 243v.

5 Lamansky 80-3; Slot 1982, 362; Preto 1994, 102. Mentre il Coronello era incarcerato, il nobile ser Piero Longo chiese al Senato che gli fosse concesso di scambiarlo con suo fratello ser Zuane, che era stato fatto schiavo alla caduta di Nicosia (per cui cfr. sopra, cap. 14); il Senato accettò di avviare il negoziato, ma è verosimile che l’ordine dei Dieci abbia avuto la precedenza (ASV, SS 78, 13v-14).

6 Setton 972-6; Tucci 1974, 409. Può darsi che la notizia sia un’amplificazione di quella che era corsa a Costantinopoli, puntualmente trasmessa dal Barbaro, e cui le autorità veneziane non prestarono alcuna fede, «facendosi conto che ’l tempo non serve che l’armata vinitiana (la quale apena poteva essere interzata et in ordine di combattere prima delli XVII) habia fatto questa fattione et tanto innanzi che ne possi essere giunta la nuova in quel tempo in Constantinopoli»: Nunziature IX, 250.

7 Per i rapporti di metà agosto da Creta e la loro ricezione a Venezia cfr. AV 1566-1570, 150v; Nunziature IX, 254 e 256; Contarini 10v-11v; Sereno 65. Si noti comunque che già a fine agosto a Venezia si era deciso di montare un ospedale provvisorio sotto tendoni a San Giovanni e Paolo, per accogliere gli ammalati che arrivavano dalla flotta: Hale 1990, 132 n.

8 Relazione di Marc’Antonio Colonna 431; Guglielmotti 27-32; Nunziature IX, 240; Setton 969; Castellani 1937, 39-41.

9 Guglielmotti 49 n.; Relazione di Marc’Antonio Colonna 431; Setton 977.

10 Vargas Hidalgo 688; e cfr. sopra, cap. 11, n. 36.

11 Stella 384.

12 Setton 977; Guglielmotti 49 n.; Vargas Hidalgo 691.

13 Stella 385-6 e App. I (il che non impedì a Gian Andrea, un mese dopo, di vantarsi in pubblico d’essere venuto «a così honorata impresa con quella volontà che ogni christiano et cavagliere è obbligato»: Parere del Signor Gio. Andrea Doria). Cfr. anche Donà 86.

14 Stella App. II.

15 Nel 1559 il Doria, diciannovenne, aveva accompagnato con le sue galere da Barcellona a Napoli il duca di Alcalá che veniva a prendere possesso del suo vicereame; il duca lo aveva convinto a giocare, per di più «a gioco dove, di più del vantaggio sogliono haver li vecchi prudenti et flemmatici a giovani colerici et vehementi, ne sapeva molto più di me», ed era stato sul punto di vincergli l’enorme somma di 15.000 scudi prima che la fortuna girasse, permettendo al Doria di uscirne senza troppo danno. Da allora fra i due non era corso buon sangue (Doria 64, e cfr. 113).

16 Il viceré di Sicilia aveva scritto al re sull’opportunità di tentare l’impresa di Tunisi già in primavera, e nella corrispondenza fra Palermo e Madrid si continua a discuterne fino a ottobre: Braudel 1986, 1158 n. Nel gennaio successivo il Doria confermò al Donà «che, se non fusse stata l’occasione et l’ordine di venir in Levante l’anno passato, haveria insieme con il marchese di Pescara fatta la impresa de Tunesi in tempo che l’armata turchesca attendeva et era impedita nell’espugnatione di Cipro»: Donà 67.

17 Stella 387; Guglielmotti 49 n.; Vargas Hidalgo 691-2.

18 Relazione di Marc’Antonio Colonna 431-2; Stella 388 e n.; Bazzano 2003, 132-3, e cfr. le confidenze del Colonna allo Zane, dopo l’arrivo a Creta, AV 1566-1570, 246r-247r. Sull’ambizione di Gian Andrea, cfr. Doria 19 e 22.

19 Stella 388.

20 Charrière III, 118 e 120; Stella 384 n.; Nunziature IX, 233 e 247 (e cfr. Braudel 1986, 124 n.).

21 Parere del signor Gio. Andrea Doria, e Relazione di Marc’Antonio Colonna 432-3; entrambi concordano sull’arrivo il 31, anche se in Nunziature Napoli 8, 28 settembre 1570, sono menzionate lettere del Colonna del 3, da Suda, e del Santa Cruz «generale di queste galere di Napoli» del 6, in cui «avisano che a 29 del passato erano arrivati in Candia». Cfr. anche Setton 977-8, e per lo scalo a Cefalonia, Nunziature IX, 253.

22 Per Zúñiga, Serrano III, 216 (il re fu perfettamente d’accordo: ivi, IV, 14, e Vargas Hidalgo 700); sull’accoglienza, Vargas Hidalgo 692, e Contarini 12r; sulle ultime informazioni, Contarini 10r-11r e Paruta 81; sul discorso dello Zane, Relazione di Marc’Antonio Colonna 433 sgg., memoriale di Sforza Pallavicino in Setton 978, e lettera dello Zane al doge del 12 settembre in Quarti 246.

23 Parere del signor Gio. Andrea Doria; AV 1566-1570, 247r; Setton 973 e 980; Quarti 243-4; Longo 19; Sereno 67.

24 La lettera del Santa Cruz in Vargas Hidalgo 692; i rapporti dello Zane e del Celsi al Senato, del 5 e 7 settembre, in Quarti 243-4.

25 Oltre al Santa Cruz in Vargas Hidalgo 692, cfr. Relazione di Marc’Antonio Colonna 433; sulla posizione del Doria, Stella 388 n., e Nunziature IX, 262; Contarini 12r; Sereno 67. Per le divergenze fra i comandanti veneziani cfr. Quarti 243-6 e 371-2, e il memoriale di Sforza Pallavicino in Setton 978-9. Anche i patrizi che governavano Genova si davano il titolo di “Magnifici”, ma la denominazione subì delle oscillazioni, come notò il Doria in vecchiaia, con il distacco di chi si sentiva troppo in alto per essere coinvolto da queste miserie: «all’hora Magnifici (et non Illustrissimi come poi, et hora Serenissimi) si chiamavano» (Doria 4).

Capitolo 14

1 Podacataro 202r-203v; Nunziature IX, 256 e 264; Paruta 97; Foglietta 84-5. Per la popolazione civile, Arbel 1984, 197. Sul censimento dopo la chiusura delle porte: Sozomeno 10; Calepio 107r. Sulla dissenteria, cfr. p. 257 e, qui sotto, n. 9.

2 Calepio 94v, 95v (sul Dandolo: «volesse Iddio che anchora costui fosse manchato»), 98r; Foglietta 31, Paruta 101, Quarti 210 e 222-3.

3 Paruta 99-100; Quarti 221. Il 29 agosto il Dandolo non si era ancora ripreso dalla sorpresa che il nemico avesse assediato Nicosia «contro il giudicio di ogn’uno, presuponendosi ragionevolmente che fosse per far capo a Famagosta, come città maritima et di frontiera»: AV 1566-1570, 157r e 281r.

4 Sozomeno 3v; Calepio 99r; Quarti 265; Sereno 56; Conti 79 e 82-3; Sylvestrani Brenzone 44.

5 Sozomeno 4; Podacataro 204; Calepio 99r; Contarini 10rv; Paruta 102; Sereno 57; Foglietta 86; Conti 83; Sylvestrani Brenzone 44-5; Quarti 274-5; per l’avvelenamento dei pozzi, cfr. Conti 79v; sui «maestri da cavar pozzi» cfr. sopra, cap. 12, n. 9; per il legname, Buonrizzo 147.

6 Descrizioni dettagliate, e non tutte coincidenti, delle opere d’assedio erette dai turchi e del bombardamento in Sozomeno 4; Calepio 99v; Podacataro 204; Contarini 10v-11v; Paruta 103-4, 109-10; Sereno 57-8; Conti 83; Sylvestrani Brenzone 45-6; cfr. anche la lettera del luogotenente Dandolo del 29 agosto in AV 1566-1570, 280r. Sulle fortificazioni di Nicosia cfr. sopra, cap. 12, n. 41. Quando la guerra stava per scoppiare, il Collegio aveva convocato «un consulto di huomini da guerra», con tutti coloro che erano stati capitani di Famagosta; quasi tutti avevano concluso «che Nicossia era inespugnabile, et Famagosta indefensibile» (testimonianza del Venier, AV 1566-1570, 266r).

7 Sozomeno 4v-5; Calepio 100r, 101r, 104r; Podacataro 204r-205r; Contarini 11v; Sereno 58; Paruta 110-1; Foglietta 89-91; Sylvestrani Brenzone 46-78; Conti 82-4; Quarti 274-9. Per l’artiglieria di Nicosia, Panciera 2005, 207-8.

8 Versioni parzialmente diverse in Sozomeno 5; Podacataro 204v; Calepio 101v; Sereno 59-60; Contarini 11v; Paruta 111-3; Foglietta 96-9; Conti 84; Sylvestrani Brenzone 49 e Quarti 280-3.

9 Calepio 100r («infirmità commune»), 100v, 102v; Sozomeno 5 («generale mortalità») e 9 («morti di flusso»); Podacataro 204v-205. Che gli italiani al momento della caduta fossero ridotti a 400 venne confermato dal vescovo di Famagosta: Nunziature IX, 313.

10 Sozomeno 5-6; Calepio 100v-103r; Podacataro 205rv; Contarini 12r; Paruta 113-6; Sereno 60; Foglietta 125; Sylvestrani Brenzone 50-3; Quarti 279 e 284. La prima intimazione di resa era stata portata prima ancora dell’inizio dell’assedio, dal monaco greco Nikodimos, detto il Cieco di Corfù: Calepio 98v, Podacataro 203v.

11 Lamansky 622-30. Secondo Arbel 1989 la nobiltà cipriota comprendeva non più d’un decimo di famiglie greche, per lo più latinizzate; questo autore (cfr. anche Arbel 1995b) sostiene che la nobiltà cipriota era più fedele al regime di quel che gli stessi veneziani tendevano a credere (cfr. per questo anche il giudizio del Savorgnan in Panciera 2005, 206 n.).

12 Lamansky 563, 615, 025; Tenenti 1962, 130 e n.; Paruta 7. Il Calepio sentì raccontare a Costantinopoli che molto tempo prima due inviati dei parici (i contadini asserviti) erano giunti per offrire la loro fedeltà al sultano, ma il bailo a forza di regali aveva convinto il gran visir a consegnarglieli, «né mai più furono visti» (Calepio 93v).

13 Lamansky 025, 032-3; Calepio 98r. Sul servaggio dei parici, cfr. Lamansky 622 e 634; Hill 1948, 805; Inalcik 1969; Arbel 1984, 205-8; Costantini 2009, 56 e 93-4.

14 Hill 1948, 988; Inalcik 1969, 5; Costantini 2009, 56; CB, II, 51v; AV 1566-1570, 154v-155v, 232r.

15 AV 1566-1570, 150r; Nunziature IX, 256; Quarti 229. La sottomissione di moltitudini di contadini è annotata per la prima volta l’11 luglio nel Diario dell’armata: Costantini 2009, 62.

16 Calepio 99r menziona per nome il capitano degli stradiotti che le autorità incaricarono della spedizione punitiva, «donandoli commissione di poner quel casale a fiamma, a fuoco, et ammazzar grandi et piccioli». La vicenda è rievocata anche dagli altri testimoni che si trovavano a Nicosia all’epoca, cfr. Podacataro 203v, e Falier, cit. in Costantini 2009, 62, nonché da molti cronisti coevi: Paruta 92, 98-9; Foglietta 80-1; Conti 79; Sylvestrani Brenzone 42; cfr. anche Hill 1948, 961-2. Il fatto che nel censimento ottomano del 1572 Lefkara appaia ripopolata non giustifica il tentativo di Arbel 1989b, 139-40, ripreso da Costantini 2009, 62, di negare un fatto riferito così concordemente, e con particolari diversi, dai contemporanei; del resto le fonti amministrative attestano che i superstiti di Lefkara vennero ricompensati con una speciale esenzione fiscale (Hill 1952, 21 e 27). In generale, la prospettiva revisionista dei due autori circa il rapporto dei contadini ciprioti con il regime nobiliare e veneziano appare un partito preso, e si fonda su troppo pochi elementi probanti per reggere di fronte all’omogeneità dell’evidenza contemporanea.

17 Paruta 116-7.

18 CB, II, 63v; Contarini 12r; Sereno 61; Vargas Hidalgo 703. Sozomeno, 8, dopo la caduta di Nicosia ebbe l’impressione che i turchi fossero «benissimo informati, et avisati» sui movimenti della flotta cristiana.

19 Calepio 103v: «alcuni turchi ci dissero che mandarono 25. mila persone, ma altri dissero che mandorno 100 huomini per galera». Sozomeno 7v: «i Turchi dicevano vinticinque mila huomini; et io non credo che fossero tanti». Contarini 12v-13r e Sereno 62 parlano di 20.000 uomini. Le galere della flotta di Pialì erano in tutto fra 160 e 180: cfr. sopra, cap. 9, n. 23.

20 Sozomeno 6-7; Calepio 103v-105v; Podacataro 205v; Contarini 13r; Sereno 62-4; Paruta 116-22; Sylvestrani Brenzone 53-6; Quarti 294-9. Cfr. inoltre Nunziature IX, 277 e Falchetti 81; sui fuggiaschi riparati a Famagosta, Gatto 40-1, 45 e Quarti 355-6; fra loro c’era anche il cavalier Rondakis, ferito da una freccia, catturato dai turchi, e poi fuggito dall’accampamento (AV 1566-1570, 295r). Per il Diario dell’armata, Costantini 2009, 65. Per l’ora in cui cadde la città, cfr. ancora Sozomeno 7 (la resistenza durò «fino a sei hore di giorno») e Calepio 105r («da sette in 8 hore»); il Barbaro sentì dire invece che era «durato lo assalto dal far del giorno fino a XXI hora», cioè tre ore prima del tramonto (CB, II, 77rv).

21 Calepio 105rv; Falchetti 81; altre versioni in Podacataro 205v-206v; Sylvestrani Brenzone 55.

22 CB, II, 78r; Sozomeno 9; Vargas Hidalgo 703; Nunziature IX, 309; Conti 87. Sozomeno 9v dà anche la statistica dei 13 nobili ciprioti e veneziani che comandavano le compagnie della milizia cittadina: 9 morti e 4 prigionieri.

23 Nunziature IX, 277; Vargas Hidalgo 712.

24 Calepio 105v-106v.

25 Costantini 2003 e Costantini 2009, 66-9, con l’analisi del registro degli schiavi (5055 maschi, fra cui 760 preti e monaci, 6288 femmine e 541 bambini piccoli: i dati non sono disponibili per tutti i 13.719); Calepio 107r e 109v-110r.

26 ASG, 2170. Il Barbaro vide arrivare i prigionieri a più riprese: CB, II, 78r, 92r («de quali ne sono piene tutte le strade, facendosi di loro vendita»), 101r-102r.

27 Calepio 109v; Conti 86; Nicolini 420; Rosi (b), 156-7; Preto 1975, 189; Rudt de Collenberg 1981-82 e 1987, sp. 456-8; Gattoni 1999, 641; Heers 2003, 263; Costantini 2003, 240-1; Dursteler 2006, 73; Costantini 2009, 67-9 e 100. Sul Nores, cfr. Pedani 1994, 10-1, e 2010, 224-5; sul Catarotì, Vargas Hidalgo 1998, 272-3.

28 Dati statistici in Hill 1948, 786-8; Jennings 1993, 175; Costantini 2009, 92. Nunziature IX, 313 (per il Ragazzoni e la presunta morte del vescovo di Pafos); Sozomeno 7 («li nobili furono da 25 in 30 rimasti vivi»); Calepio 104r, 105v (la morte del vescovo di Pafos come notizia non confermata, «mi fu detto che morì»), 268.

29 Jennings 1993, 157, 171; Lamansky 632; Stouraiti 2004, 7-8; Rudt de Collenberg 1981-82, 42. Sulla vicenda del Carafa e del Singlitico, cfr. Calepio 96r, 106r; Podacataro 202v; Paruta 122-3; Sylvestrani Brenzone 50 e 58; Costantini 2009, 99, e lettera del Bragadin in AV 1566-1570, 295r, per cui il pascià donò loro «un casal per caduno»; e cfr. sopra, cap. 12, n. 13. La pratica di riattribuire ai nobili locali le loro terre in forma di timar (per cui cfr. l’esempio cit. sotto, n. 34) era corrente; nel secolo precedente era stato normale che costoro rimanessero cristiani, ma nel XVI la conversione all’Islam divenne sempre più la norma (Inalcik 1954).

30 Nunziature IX, 307 e 313; Pippidi 1974, 296. La relazione del Savorgnan, del 1563, è edita in Promis 1874, 465-97.

31 Sereno 61-3; cfr. Sozomeno 6v.

32 Charrière III, 135; Paruta 123; Sereno 123; Inalcik 1969, 6-7.

33 Nunziature IX, 294; Gatto 40-1. Cfr. anche l’ammissione del Bragadin, a ottobre: «non bisogna imaginarsi di haver alcun agiuto dagl’isolani, essendosi hora tutti volti alla devotione di essi nemici» (AV 1566-1570, 294r). Che le cose sarebbero andate a finire così era stato previsto esattamente da Ascanio Savorgnan: Salaris 145. Per il calcolo della popolazione di Cipro, Arbel 1984.

34 Charrière III, 124; sulla resa di Kyrenia, fonti occidentali in Calepio 105v; Nunziature IX, 305; Gatto 38-9; Paruta 122-3; Sylvestrani Brenzone 33-4; Hill 1948, 988; Hale 1974, 183; Capponi 2008, 133, oltre alla testimonianza oculare registrata in AV 1566-1570, 295v-296r; fonti ottomane: Inalcik 1969, 7; Costantini 2009, 47-8 e 69-71 (e cfr. 86); sul luogo e le sue fortificazioni cfr. anche Nunziature VIII, 95; Salaris 128-30; Arbel 1984, 201-2; Manno 1986, 113-9; Hale 1990, 298-9; von Wartburg 2002, 37-8.

35 Calepio 106v; Erdogru 1997; Yildiz 2005.

36 Nunziature IX, 313; Hill 1952, 2-5 e 26-8; Inalcik 1969; Erdogru 1997; Costantini 2009.

37 Martinengo 17; Nunziature X, 118; Valderio 1043; Calepio 288v; Inalcik 1969, 11; Costantini 2009, 71, 109-10. Abusi e violenze dei giannizzeri nei confronti della popolazione civile sono denunciati in ordini del sultano: Hill 1952, 22.

38 Relazioni, Ragazzoni 1571, 88; sul censimento e i suoi risultati, Inalcik 1969, 7; Costantini 2009, 75-93. Per la cifra di 56.500 persone cfr. qui sopra, n. 1. La popolazione rurale dell’isola prima e dopo la conquista si può soltanto stimare, ma è verosimile una diminuzione di oltre il 10%, pari a quasi 20.000 persone, dovuta alla guerra, alla carestia e alla peste.

39 Hill 1952, 1 e 21-4; Inalcik 1969; Costantini 2009, 94 e 110.

40 Hill 1952, 18-20; Lewis 1952, 28-34; Inalcik 1954, 123; Jennings 1993, 156, 175, 191, 214 sgg.; Erdogru 1997, 103-4; Costantini 2009, 113-6. Sulla guarnigione: Erdogru 1997 e Costantini 2009, 77.

41 Hill 1948, 798 n.; Braudel 1986, 153 n. Su Giafer: Dursteler 2002, 118-24 e Dursteler 2006, 165-6. Per una valutazione del regime fiscale imposto a Cipro dopo la conquista, e i dettagli dell’abolizione del servaggio, cfr. Inalcik 1969; Costantini 2009, 93-6.

Capitolo 15

1 Nunziature IX, 259, 262, 269; la lettera dello Zane in AV 1566-1570, 241v-243v; e cfr. la corrispondenza del Colonna, cit. in Bazzano 2003, 132-3, e del Donà 59, e Nunziature Napoli 8.

2 Guglielmotti 60 n.; AV 1566-1570, 243v-244r (quattro governatori di galera e uno di galera grossa morti solo negli ultimi giorni), 246r-250v, 282r; Quarti 244 e 248.

3 Parere del signor Gio. Andrea Doria.

4 Stella 388-9 e App. III.

5 Tucci 1974, 424-5; Stella App. III; Relazione di Marc’Antonio Colonna 434-5; rapporti dello Zane in AV 1566-1570, 248v-249r e 257r e in Quarti 249. Sul Capizucchi cfr. Brunelli 2003.

6 AV 1566-1570, 253r-255v, 285rv; Setton 978-81; Quarti 244-5; Relazione di Marc’Antonio Colonna 433-5; Serrano 1918, 81. Il Doria ci rimase male: nel gennaio successivo a Madrid, informato che il memoriale del Colonna aveva pubblicato la cosa, andò a trovare l’ambasciatore veneziano e «mi disse tre o quattro volte ridendo che io li facessi haver questa polizza hora che egli è in molto bisogno» (Donà 65).

7 Contarini 14r-16r (anche per il numero dei fanti; il calcolo fatto dal Quarti 251 sg., che dà il totale molto più alto di 12.562 fanti sull’armata veneziana, si riferisce alla forza teorica delle compagnie al momento del reclutamento, e non è dunque attendibile); Relazione di Marc’Antonio Colonna 435 (e cfr. Guglielmotti 73); Pallavicino in Setton 984; Castellani 1937, 44. Sui numeri della flotta: il 5 settembre, secondo il Santa Cruz, i veneziani dicono di avere 126 galere, che con le 49 del re e le 12 del papa faranno 187 galere, 11 galeazze, un galeone e 10 «naos gruesas» (Vargas Hidalgo 692); il Colonna e il Doria concordano nel riferire che lo Zane ha disarmato alcuni legni e che alla partenza da Sitia la flotta conta 180 galere, 11 galeazze, un galeone e 5 o 6 navi (Giustificatione del Signor Gio. Andrea Doria 175; lettera del Doria in Nunziature IX, 269; Relazione di Marc’Antonio Colonna 435; cifre confermate da lettere del Quirini in Quarti 371 e del gesuita Vitoria in Castellani 1937, 46). Contarini ne conta 179, di cui 118 veneziane, 49 del re e 12 del papa, più 11 galere grosse, il galeone e 14 navi. Non torna, però, il numero delle galere disarmate: il Doria scrive «ch’aveano disarmate V galere di questi signori per rinterzare le altre», il Contarini parla di 5 galere disarmate, 2 a Candia e 3 a Sitia, e anche lo Zane comunicò ufficialmente di averne disarmate 5, più una del papa (AV 1566-1570, 257r), ma ne manca qualcuna in più.

8 Stella 389 e App. III.

9 Stella 389-90 e n.; Relazione di Marc’Antonio Colonna 436; Giustificatione del Signor Gio. Andrea Doria 175; relazione del Bembo in AV 1566-1570, 274rv, e dello Zane ivi, 282rv; Setton 992 n.; Longo 19; Sereno 68; Paruta 129; Foglietta 135; Tucci 1974, 427-8. Pallavicino in Setton 984-5 e in Serrano 1918, 80 denuncia «quanta inexperientia et inobedientia et debolezza fusse nell’armata» veneziana. Per l’esperienza di Gian Andrea, cfr. Doria 3-4; ivi, 6, per la sua sfiducia nei confronti dei piloti, e «il poco si può nessun Generale riposare in questa profession di gente ordinaria, bassa et mercenaria»; e per la sua abitudine di restare al largo anziché avvicinarsi ai porti in caso di tempesta cfr. p. 286 e, qui sotto, n. 13.

10 Giustificatione del Signor Gio. Andrea Doria 175; AV 1566-1570, 271r; Quarti 308; Setton 985; Tucci 1974, 421; Sereno 69.

11 Relazione di Marc’Antonio Colonna 436-8; Giustificatione del Signor Gio. Andrea Doria 176-9. Relazioni dello Zane in AV 1566-1570, 270v-274r, 282r-284v. Parere di Marco Quirini, Francesco Duodo «capitano delle galee grosse» e Santo Tron governatore dei condannati, ivi, 275rv. Pareri di Sforza Pallavicino e dei provveditori Celsi e Canal, ivi, 275v-278r; Guglielmotti 88-91; Setton 985. Lettera del Quirini in Quarti 371-2; lettera del Doria in Stella 390 n. Atti dal processo Zane in Tucci 1974, 421 e 429-30; Contarini 19v; Foglietta 137-45. Anche Sebastiano Venier era imbarcato sulla flotta, e il 22 sostenne in un parere scritto che bisognava continuare il viaggio verso Cipro: AV 1566-1570, 263r-264v.

12 Giustificatione del Signor Gio. Andrea Doria 176-80; particolari analoghi nel genovese Foglietta, 142 e 145; versione dello Zane in AV 1566-1570, 278rv, in cui si sottolinea fra l’altro che il Doria partì senza far parola «del pagare o restituire» il biscotto che il generale veneziano gli aveva prestato prima della partenza da Sitia poco più di due settimane prima.

13 Relazione di Marc’Antonio Colonna 437 (cfr. Giustificatione del Signor Gio. Andrea Doria 177 e 179); Doria 4-5 (ma cfr. 115, da cui parrebbe che l’esperienza del 1570 lo abbia poi indotto a dubitare di questa regola).

14 Cfr. da una parte Sereno 70 e Manolesso 41, e dall’altra Contarini 19v-20r, e AV 1566-1570, 439v. Per le lettere dello Zane, del 13 ottobre, Nunziature IX, 280, e Setton 986.

15 Per le tappe del Doria, Nunziature IX, 272; Nunziature Napoli 16; Vargas Hidalgo 713; Stella 391; Donà 62. Per la sua corrispondenza, Molmenti III; Nunziature Napoli 13; Serrano IV, 29; Stella 391-4 e App. IV; Capponi 2008, 141. Sui suoi discorsi a Madrid, Donà 62 e 64.

16 Nunziature Napoli 14-15; Serrano IV, 29; Donà 58-9; Setton 993; Stella 392-4 e App. IV. Sulla corrispondenza del Colonna da Creta, Guglielmotti 102-3; di tono diverso quella da Corfù al generale della Compagnia di Gesù, Castellani 1937, 49: «non sapendo io quando per li miei peccati uscirò da questo purgatorio», aveva preferito rimandare intanto i gesuiti superstiti; quanto a lui, «l’ambicione in me sta in modo che se me ci conservo non ci peccarò più». La valutazione di 20.000 morti era quella fatta dallo stesso Zane: cfr. sopra, cap. 7, n. 27.

17 Guglielmotti 45 e 103; Relazione di Marc’Antonio Colonna 437-8.

18 Charrière III, 122; Nunziature IX, 271; AV 1566-1570, 311v-312v.

19 Nunziature IX, 272, 280-1; ASV, SS 77, 20v (lettera allo Zane del 4 novembre, che comincia con «Grandissimo dolor»), 21rv, 26, 33; Vargas Hidalgo 713; Setton 994-5; Paruta 150.

20 Donà 57-9. Che gli spagnoli non fossero troppo dispiaciuti dell’accaduto fu rilevato anche da Alvise Buonrizzo, che dopo il ritorno da Costantinopoli era stato mandato a Napoli come incaricato d’affari: a ottobre il Buonrizzo scrisse al Consiglio dei Dieci per denunciare «la inhumanità di questi arrabiati spagnoli, et del viceré sopra tutti», che si erano rallegrati della presa di Nicosia come di una vittoria. Ma l’Alcalá detestava Venezia e secondo il Buonrizzo, che ne denuncia «l’estraordinaria superbia, et alterezza», era furioso anche perché avrebbe voluto che il doge, invece di un semplice segretario, «gli havesse mandato un ambasciator, come a ponto se ’l fosse Re de Napoli» (AV 1566-1570, 309v).

Capitolo 16

1 L’intimazione di resa di Mustafà, tradotta dal dragomanno Michele Membré, è in Quarti 313-4. Ampio confronto delle fonti in Setton 996; cfr. in particolare Gatto 38 e Vargas Hidalgo 703.

2 Nunziature IX, 264 e 313; Gatto 45; Setton 1004; Quarti 343; Capponi 2008, 159. Secondo Martinengo, 3, la guarnigione alla ripresa dell’assedio nella primavera 1571 comprendeva 4000 fanti, 800 uomini delle cernide, 3000 «tra cittadini e villani» e 200 stradiotti albanesi, e anche Alessandro Podacataro, in Quarti 343, dà più o meno la stessa valutazione (4000 italiani, 1000 delle cernide vecchie, 3000 delle cernide nuove e cittadini, 200 albanesi) ma in queste cifre vanno inclusi i 1319 fanti portati dal Quirini nel gennaio 1571 (cfr. sotto, cap. 17, n. 5), per cui la discrepanza appare minima.

3 ASV, X, Parti segrete, 9, 146r; relazioni del Bragadin in AV 1566-1570, 290v-296v; Gatto 39-46; Calepio 112v; Quarti 314-22, 336-43; Nunziature IX, 294, 307 e 313; Contarini 13v; Paruta 123; Conti 95: porco e mula, che però colorisce un dato fornito dal Bragadin (nessun morto salvo una mula e un bue); Sylvestrani Brenzone 59-65. Per rafforzare l’artiglieria della città, il Bragadin nella primavera del 1570 aveva sequestrato diversi cannoni e colubrine a galere veneziane di passaggio nel porto, ma le difese delle mura erano affidate anche a 300 archibugioni da posta: Panciera 2005, 175 e 210.

4 Contarini 13v, 16r, 19r.

5 Vargas Hidalgo 703; la stessa storia in CB, II, 77v-78r. Su Ragusa: Anselmi 1974, 69-70.

6 Sozomeno 8 e Calepio 109r, testimoni oculari giacché erano allora prigionieri nel campo turco, sono le fonti dei cronisti italiani: Contarini 19r; Sereno 70; Paruta 131; Foglietta 132-3.

7 Calepio 109r; Sozomeno 8 (l’autore perse una figlia nella tragedia); Podacataro 206r («et io ch’era schiavo sopra le loro galere vidi con molta mia contentezza quello spettacolo»); Gatto 40; relazione del Bragadin in AV 1566-1570, 293rv; Contarini 20v; Sereno 64; Quarti 319; Capponi 2008, 133 e n.

8 Sozomeno 8; Calepio 109v; Contarini 20rv; Sereno 71. Sul numero di galere lasciate a bloccare Famagosta le fonti divergono, cfr. sotto, cap. 17, n. 5. Su Arap Ahmet: Bono 1982, 212 e Heers 2003, 138 e 182. Per la data del 6 ottobre, CB, II, 90r.

9 Contarini 21r; Sereno 71; Paruta 133. Sulla nomina del Giustinian cfr. Guglielmotti 32 e Donà 124.

10 Contarini 20r-21r; sul Quirini, Nunziature IX, 295 e Paruta 132.

11 Contarini 21r; Paruta 132-3; Bosio 868-9. Per Marcantonio Quirini, Dursteler 2006, 137, Pedani 1997, 78-9 e Pedani 2010, 202-3; per lo Zane, Tucci 1974, 419.

12 Vargas Hidalgo 715; Guglielmotti 105-7; ma secondo Contarini 20r la galera del Massimo era fra quelle naufragate durante il precedente trasferimento alla Suda. Sul Massimo, cfr. Brunelli 2003.

13 Nunziature IX, 280-1; Sereno 71; Pallavicino in Setton 986-7; Venier in Molmenti 54 e 64-5; Vargas Hidalgo 715. Perfino Sozomeno, 8, prigioniero nel campo turco, venne informato «d’una questione che fecero i soldati italiani et greci alla Cania».

14 Nunziature IX, 294; Pallavicino in Setton 986-7; Contarini 21r; Manolesso 42r; Sereno 72; Paruta 150-2; Molmenti 64. Per il conteggio delle galere rimaste a Creta cfr. anche ASV, SS 77, 79v. Sulla morte del Rangone Pallavicino cfr. sopra, cap. 12, n. 34, e ASV, SS 77, 35r; prima che partisse da Zara, Giulio Savorgnan lo aveva avvertito che Famagosta era «piccola et indifensibile», suscitandogli la comprensibile preoccupazione «di dover andar a certa perdita non della vita, la qual egli stimava poco, ma del suo honore» (Lezze 265).

15 AV 1566-1570, 381rv, 401rv, 423v-424r; Nunziature IX, 303 e 306; Contarini 21v; Longo 20; Foglietta 147, 151-2. Anche la galera dello Zane risultò «inavigabile» e venne disarmata: ASV, SS 77, 50v. Il tifo faceva strage anche in Dalmazia, dove si ammalò fra gli altri il Savorgnan (Setton 1005) e contagiò anche le 3 galere maltesi, che avevano tardivamente raggiunto la flotta a Creta, sterminando gran parte dei buonavoglia da poco assunti (Bosio 869).

16 Nunziature IX, 287, 289, 295; ASV, SS 77, 20v-21v, 26, 31r, 35; Setton 988-9, 994 n. Si noti che il 25 novembre il nunzio rincarava: «Qui non è ancora comparso alcuno aviso dell’armata et sono 74 dì et più che non ce n’è nuova né si sa dove sia, se ben si crede essere a Corfù, onde questi signori stanno con grandissima sospensione et maraviglia» (ivi, 289); o si tratta di un errore di lettura della cifra, o la Signoria lo teneva intenzionalmente all’oscuro, perché le ultime lettere dello Zane, del 5, 6 e 13 ottobre, erano arrivate l’11 novembre: ASV, SS 77, 26r.

17 Contarini 21v; Foglietta 247-9; Serrano IV, 67; Nunziature IX, 308-9. Il Colonna era giunto a Corfù con 7 galere, avendone perdute 3 e disarmate altre 2 a Candia, e ne aveva disarmata un’altra prima di ripartire: AV 1566-1570, 367r, 381r. Su Vettor Fausto e la sua quinquereme cfr. sopra, cap. 6, n. 18.

18 Guglielmotti 70-4; Charrière III, 143. Oltre alla Capitana, il Colonna deve averne perdute altre due durante il ritorno, perché scrisse al re confessando di averne riportate appena tre delle dodici che gli erano state affidate: Bazzano 2003, 134.

19 Serrano IV, 44 (e cfr. 79, n. 36); Nunziature IX, 342; Bazzano 2003, 134-5.

20 Manolesso 45rv.

21 AV 1566-1570, 357rv; Longo 20; Contarini 21r; Paruta 132; Tucci 1974, 426.

22 CB, II, 96v: Pialì arriva il 9 con 40 galere, e altre 20 che entrano di notte («le quali per esser disarmate, et mal conditionate, non hanno voluto che le si vedino»), il 15 arriva il kapudan pascià con 48, le restanti 30 «oltre le guardie ordinarie» sono rimaste fuori, parte a Cipro parte altrove. Charrière III, 140, relazione dell’ambasciatore francese M. de la Tricquerie, 22 dicembre 1570: «Il 2 di questo mese Pialì Pascià entrò in questo porto con 50 galere abbastanza male in ordine, e il 15 entrò anche Alì Pascià, capitano del mare, con 60 galere, altrettanto mal equipaggiate delle prime». Ancora diverso il rapporto di una spia genovese, ASG, 2170, 17 gennaio 1571: il 12 dicembre è giunto Pialì con 85 galere circa, e Alì il 15 con circa 56, mentre 30 sono rimaste fuori per le guardie, oltre alle 10 lasciate a Famagosta. Secondo un documento ufficiale ottomano era stato ordinato di lasciar fuori da 50 a 60 galere: Hill 1948, 947. Cfr. anche Calepio 109v (il 14 dicembre), Contarini 21r e Paruta 132.

23 Charrière III, 135.

24 Pippidi 1974, 314; CB, II, 98v. Puntualmente, il Consiglio dei Dieci ordinò di provvedere alla fortificazione di Malamocco: ASV, X, Parti segrete, 9, 149v.

25 CB, II, 74v, 79v, 83v-84v, 90r, 92v, 94v-95v, 97r, 102v. Cfr. sotto, cap. 19, n. 1 e n. 18.

26 Charrière III, 140; Agoston 2005, 38 n. Già ad agosto a Costantinopoli si preparavano 200 bombardieri da mandare a Cipro: CB, II, 66r, e Nunziature IX, 254. Per la sostituzione dell’ambasciatore cfr. Nunziature IX, 318, 31 gennaio 1571: è arrivato a Venezia «Mons. di Grandchamp» partito da Costantinopoli il 13 novembre.

27 CB, II, 62v-63v («e la sultana non dice altro se non: pur che mio marito sia salvo, di altro non mi curo»); Nunziature IX, 250. Su Lutfi pascià: Lewis 2004, 51.

28 Relazioni, Ragazzoni 1571, 85; sulla Mela Rossa cfr. Setton 1992, 29-46, e Les traditions apocalyptiques 2000; inoltre, cfr. sotto, cap. 32, n. 34. Sui “pescatori”: CB, II, 86v, e cfr. sopra, cap. 3, n. 1.

Capitolo 17

1 AV 1566-1570, 322v; Gatto 42-5; diarista anonimo in Quarti 336-43, 355-6, 359-60; Calepio 113r; Sylvestrani Brenzone 64-75. Per le espulsioni delle bocche inutili, relazioni del Bragadin, 10 ottobre e 15 novembre, AV 1566-1570, 294rv, 350v-351r. Si tratta evidentemente di episodi diversi dall’ultima espulsione, avvenuta in primavera subito prima della ripresa dell’assedio, per cui cfr. sotto, cap. 24, n. 3.

2 AV 1566-1570, 296v, 321rv; Gatto 42; Nunziature IX, 279, 302 e 313; Paruta 124.

3 AV 1566-1570, 357v-358r, 413v; Molmenti 64-5; Quarti 310-1, 354 e n.

4 AV 1566-1570, 439v-440v; Nunziature IX, 298, 302, 326 e 330; Contarini 22rv; Gatto 45; Calepio 113r e Paruta 190. Da Famagosta le navi furono avvistate il 23, il 24, il 25 o il 26 a seconda dei testimoni (Bragadin in AV 1566-1570, 460r; Valderio 1005; Gatto 45; Calepio 113r; Podacataro 206; Hill 1948, 944; Monello 2006, Appendice, 23).

5 Contarini 22r; altre versioni in Gatto 46 e Quarti 357-8; sui dati, AV 1566-1570, 460rv; Podacataro 206 e Valderio 1006 (che dà 1270 soldati). Per la dissenteria e l’acqua, AV 1566-1570, 246r e 294v. Le galere lasciate da Pialì a bloccare Famagosta, al comando di Arap Ahmet, erano 5 più 2 galeotte secondo Gatto 46; 6 secondo Valderio 1006 e Podacataro 206v; 7 secondo Sereno 71, Contarini 22r, il rapporto dello stesso Quirini, che sostenne di averne distrutte 5 (ASV, X, Parti segrete, 9, 157r), e quello mandato dal Bragadin dopo la partenza del Quirini (AV 1566-1570, 460r); 8 secondo precedenti rapporti del Bragadin e altri (AV 1566-1570, 321r, 350v, 357v, 394v), Calepio 109v e Paruta 150; secondo un avviso spedito da Costantinopoli il 17 gennaio avrebbero dovuto essere 10 (ASG, 2170).

6 AV 1566-1570, 460rv; Nunziature IX, 349; Gatto 47-8; Valderio 1006-7; Calepio 113r; Podacataro 206v; Contarini 22v; Conti 103-4; Quarti 358-9; Hill 1948, 945-6. Le varie versioni differiscono in parecchi dettagli, fra cui il numero e i tipi dei vascelli catturati; al Senato risultavano la maona e la nave francese (cfr. l’ordine di liberare tutti i francesi catturati a bordo, trattenendo però le loro robe, in ASV, SS 77, 92v). Non è chiaro neanche se il tesoro di monete d’oro sia stato davvero catturato o se il defterdar, il tesoriere imperiale che era incaricato di consegnarlo, sia riuscito a scampare a terra; né se si trattasse davvero di 70.000 monete d’oro, o solo di 6000: il fatto che nei documenti ufficiali del Senato non ci siano disposizioni in merito suscita fondati dubbi. La nave francese, chiamata il Bon Jésus, venne poi recuperata dal console dei mercanti francesi a Tripoli (Setton 1043); il Barbaro era assai seccato che fosse stata presa, perché col mezzo delle navi francesi i mercanti veneziani in Siria «assicuravano le cose loro», sicché il bailo si augurava che quelli di Famagosta avessero il buon senso di lasciarla andare (CB, II, 127v).

7 Nunziature IX, 349, e X, xxvi; AV 1566-1570, 439r, 459v-460v; Molmenti 64-5; Setton 1007; Hill 1948, 946 e 956; Hale 1990, 42. Sulla fame a Creta: AV 1566-1570, 394v-395r, 416r.

8 ASV, SS 77, 20v-21v, 26v, 46v-47r, 53v, 65v; AV 1566-1570, 401r-402v, 415v-416r, 439v-440v (secondo Marco Quirini, gli stessi sopracomiti cretesi, pentiti dell’impegno preso e desiderosi «di star alle case loro ad attender alli fatti loro, et viver con le commodità», favorivano la diserzione di ciurme e scapoli); Nunziature IX, 272, 321, 326; Lamansky 561 e 799; Charrière III, 127; Setton 989, 1001, 1010; Donà 70. Nell’inverno 1571-72 il Senato ordinò che le galere armate a Creta dovessero trascorrere l’inverno a Corfù o in qualunque altro luogo «purché non sia in Candia», perché l’esperienza insegnava che le ciurme avrebbero disertato: ASV, SS 78, 14v.

9 Molmenti IV; Nunziature IX, 305 e 340; Avena 106. A più riprese il Senato discusse la possibilità di arruolare rematori nei Grigioni (ASV, SS 77, 31v, 71v) e nel ducato di Urbino (72r); a dicembre ordinava allo Zane di registrare tutti i rematori disponibili a Corfù, Cefalonia e Zante, augurandosi che la carestia li rendesse più pronti ad arruolarsi, e di trattenere lì tutte quelle galere disarmate «che havessero bisogno de honesta concia», spedendo a Venezia solo quelle veramente malandate (35r). Per il Dolfin, cfr. Setton 1002, e sul fallimento Nunziature IX, 233, 9 agosto 1570 («È fallito il banco Dolfino, ch’era di grandissimo credito; per il qual fallimento, che dicono essere di 500.000 scudi, è tutta sottosopra questa città essendovi infiniti interessati»). Conti 68r, riprendendo le argomentazioni con cui si difesero i Dolfin (Pezzolo 1990, 196), mette in relazione il fallimento con l’abnorme tasso d’interesse offerto dalla Signoria, allo scoppio della guerra, a chi portasse denaro in Zecca, che provocò il ritiro da parte dei titolari dei capitali investiti nel banco Dolfin. Ma si noti che i Dolfin erano fortemente impegnati nei commerci con l’impero ottomano (Simon 1984, 1006-7) e proprio questa fu la causa del crollo secondo il contemporaneo Manolesso 21r.

10 Nunziature IX, 311, 315, 320-1, 328.

11 CB, II, 141v-142v; AV 1566-1570, 441r, 470v-471r; Conti 100; Setton 958 e 989; Donà 64 e 77; Serrano IV, 86 e 109.

12 ASV, SS 77, 77v-78r.

13 Nunziature IX, 295, 297-8, 318, 321 (timori per Candia dove il Turco «disegna far l’impresa principale»), 332 (ancora Candia «per presidio della quale questi signori vanno ogni dì inviandovi gente»), 346.

14 Nunziature IX, 297 e 323; ASV, SS 77, 71r.

15 Savorgnan 89; Hale 1990, 230-4.

16 ASV, SS 77, 69rv, 72v-77; Nunziature IX, 328 e 340; Setton 1002; Vargas Hidalgo 720; Hale 1990, 184. Con i fanti dell’Avogadro se ne imbarcarono altri mille reclutati, sempre in Corsica, dal colonnello genovese Francesco Giustiniani (AV 1566-1570, 453v-454v); sul loro arrivo a Candia cfr. sotto, cap. 21, n. 6.

17 Nunziature IX, 324, 354, 356 e X, 16; Paruta 161; cfr. anche Serrano IV, 86 e Brunelli 2003, 10-1 e 76-7.

18 Nunziature IX, 332, 346, 365 (e cfr. X, 63); Nicolini 399. Anche il Venier, a Corfù, aveva a che fare con le illegalità dei militari e fu sul punto d’impiccare «un altro capitano Cornelio de Gualdo, che ha fatto molti passatori»; poi preferì deferire la causa al doge (Venier 292).

19 Nunziature IX, 305 e 326; Venier 288; dettagli sulla presa della Gradeniga, che avrebbe portato fra l’altro 5000 archibugi, e che sarebbe stata fatta arenare dagli stessi soldati esasperati per il freddo e le privazioni sperimentate in mare, in Conti 106. Altri esempi di diserzioni fra i soldati destinati al Levante in ASV, SS 77, 81v (Setton 1010); i colpevoli, se ripresi, erano condannati al remo.

20 Nunziature IX, 311, 321, 324. Per la nomina del Foscarini, che sarà poi il successore del Venier al comando della flotta, ASV, SS 77, 32r; un suo ritratto in Venezia e la difesa del Levante 1986, cat. 158. Il predecessore del Foscarini, Giovanni da Lezze, richiamato a Venezia in disgrazia per i suoi dissensi col governatore generale della milizia in Dalmazia, Giulio Savorgnan (ASV, SS 76, 113r), nella sua relazione chiarì che ci voleva ancora almeno un anno di lavori per completare le fortificazioni di Zara, «et se sarà sumministrato il danaro al clarissimo mio successor con quella strettezza et difficultà che è stato sumministrato a me, non basteranno sicuramente altri dui». Prosegue segnalando la difficoltà di trovare sul posto operai per lavorare alle fortificazioni, «per essere il territorio abbandonato, l’isole mezze dishabitate, et molti andati sopra l’armata», e l’inutilità di importarne dalla terraferma veneta, per la mortalità che li decima: Lezze 252. Nel gennaio 1571 anche il Savorgnan spedì una relazione sullo stato delle difese di Zara, edita in Salaris 86-90: ci volevano 6000 soldati, ma anche lui ammette che il problema principale era di conservarli «vivi e sani». Cfr. anche ASV, SS 76, 116v.

21 Nunziature IX, 317-8, 321-2, 324, e X, 1; Contarini 23v; Paruta 192 e 203; Setton 1007; Hill 1948, 948. Per l’aumento del soldo, ASV, SS 77, 32r-33v; Nunziature IX, 321; Setton 1001; Quarti 388; Capponi 2008, 146. La commissione del Donà in ASV, SS 77, 43r-44r, 48v; il suo arrivo a Creta verso il 10 maggio, con il barzotto Barbaro e la nave Trencavella: ivi, 90v. Il Donà venne in seguito processato e assolto: Foglietta 156-7.

22 Nunziature IX, 313, 317, 323-4; Contarini 22v; Paruta 189; Setton 987 e 1004; Sereno 386-7. Il Pallavicino donò poi una galera d’argento alla Madonna di Loreto, come ex voto per essere stato salvato: Manolesso 42rv. La riconferma del Canal venne comunicata al Venier il 22 maggio: ASV, SS 77, 89v. Anche tutti i principali posti di governo nel Dominio vennero mutati: Baldassarre Rangone sostituì il Savorgnan a Zara, Iacopo Foscarini sostituì il da Lezze come provveditore generale in Dalmazia, Alvise Zorzi andò a Corfù in luogo del Venier e Marino di Cavalli a Candia in luogo del da Mula, da molto tempo ammalato (Paruta 194-5).

23 Nunziature IX, 297-8, 307; ASV, SS 77, 49v, 53r; Setton 989. Sul Barbarigo cfr. il giudizio estremamente elogiativo del Colonna in Quarti 686-7 («mai si vide homo a mio giudicio che valesse più di lui»). Il suo ritratto postumo, opera del Veronese, è a Cleveland: Gibellini 2008, tav. 7.

24 Molmenti IV; Nunziature IX, 307.

25 Nunziature IX, 321-3, 332, 346, 349; gli ordini d’arresto dello Zane e del suo sopramasser, l’intendente della flotta, in ASV, Terminazioni degli inquisitori in armata, 1570-71; quel che rimane degli atti del processo è analizzato in Tucci 1974; cfr. anche Setton 990.

26 Lamansky 569; Setton 986, 990, 1002; Sereno 119; Pantera 109; Nunziature IX, 297 e 308; Molmenti IV; Hale 1990, 132.

27 ASV, Terminazioni degli inquisitori in armata, 1570-71; Nunziature IX, 322, 332, 340, e X, 81; Molmenti IV; Venier 287; Manolesso 48rv; per il processo Sagredo cfr. anche Tucci 1974, 411. Filippo Bragadin venne assolto e il 21 luglio 1571 fu nominato provveditore generale in Golfo, in vista dell’avvicinarsi della flotta turca: ASV, SS 77, 115v, e Setton 1022.

28 Molmenti VI; Setton 1010-1.

Capitolo 18

1 CB, II, 128v-131v, e Quarti 401-2; Relazioni, Anonimo 1571-73, 161-3.

2 Sull’andamento delle trattative dall’ottobre al dicembre 1570, Serrano IV, 34-5, 38, 42, 52; Nunziature IX, 275, 286, 298; Charrière III, 126-7.

3 Charrière III, 143; Serrano IV, 44-8; Dragonetti 57; Donà 64.

4 Serrano IV, 43-4, 51-2.

5 Serrano IV, 53-4, 60, 65, 67-8, 70, 73-4, 80, 82, 89-90.

6 Serrano IV, 76 e 78.

7 Serrano IV, 91-2; Nunziature IX, 331; Charrière III, 146.

8 Serrano IV, 92. Non sembra che i commissari abbiano confessato subito al re di aver proposto quelle cifre, ma è certo che le proposero, perché oltre al racconto del Sereno, 90, che parla di 70 galere più i rematori per le altre, abbiamo le istruzioni mandate l’8 dall’Alessandrino al nunzio Facchinetti: i ministri del re «promettono che quanto prima, al più tardi per tutto maggio, havranno all’ordine di 70 in 80 galere bene armate», e poiché si vorrebbe arrivare al totale di 250, propongono che «la Serenissima Repubblica, come quella che ha commodità, complesse questo numero delle 250», e il re pareggerà con «genti, vettovaglia, remi, monitioni» (Nunziature IX, 335).

9 Nunziature IX, 287, 298, 302, 318, 325. La notizia dell’arrivo del ciaus fu preceduta da un corriere con lettere del Barbaro, che la Signoria lesse e discusse nella sede ristrettissima e segreta del Consiglio dei Dieci, suscitando qualche malumore fra i senatori, tenuti all’oscuro di tutto: «giunte le lettere, per tre dì continui è stato Conseglio de’ Dieci; et quelli di Pregadi, a’ quali non è stato communicato fin hora cosa di rilievo, stanno con qualche ramarico et molti credono che ’l bailo habbia scritto partito di qualche accordo», ivi, 323.

10 Sulle trattative che portarono all’invio del Ragazzoni e sul suo viaggio CB, II, 52v-53r, 97v-98r, 99v, 104r-109v, 111v-116r, 136v-138v; AV 1566-1570, 475v-476v; Nunziature IX, 326, 332, 335, 353, 359; Relazioni, Ragazzoni 1571, 79-95; Donà 39 e 89; Setton 1011-2, 1018; Charrière III, 146; Paruta 163; Conti 96-100; Quarti 345-6, 383-92, 429-30; Arbel 1995, 70-4; Capponi 2008, 146-7. Sulla figura del Ragazzoni cfr. anche Pezzolo 1990, 186. Dopo la sua partenza, il governo veneziano rilasciò i mercanti levantini: Nunziature IX, 365, 16 maggio 1571: «Si vede che i mercanti turchi, che si tenevano prima ristretti, sono stati posti in casa del Barbaro bailo, che è in Constantinopoli, et che possono anco negotiare in Rialto; et la causa si dice essere perché li Venetiani a Constantinopoli restano liberi et possono traficare».

11 CB, II, 140r, e Quarti 402-3; Relazioni, Anonimo 1571-73, 161-3; cfr. anche ASG, 1967, e ASV, X, Parti segrete, 9, 164v (dove si vede che quello che «era sta fatto al frate» fece riflettere anche qualche altro corriere sui «pericoli grandi [...] che correria di esser impalato, se fusse scoperto»).

12 Nunziature IX, 315, 335-6.

13 Serrano IV, 93, 96-8, 105-6, 117; Nunziature IX, 337, 339, 344, 346; Setton 1010.

14 Serrano IV, 103, 105, 109, 112, 121, 124; Nunziature IX, 349 e 361, e X, xxiv sgg.; Relazioni, Ragazzoni 1571, 88 e 96; Quarti 409-10; Setton 1012 e 1014; resoconto fortemente abbellito e favorevole al Colonna in Sereno 93-110; Bazzano 2003, 143-4.

15 Serrano IV, 124-5.

16 Serrano IV, 126, 129-30; Quarti 422-5; Suriano 418; Brunelli 2003, 14. Il testo della Lega in Suriano 419-24 e Serrano IV, 136.

17 Serrano IV, 106 e Nunziature IX, 364.

18 Lesure 98; Nunziature X, 6 e Charrière III, 157; Selaniki cit. da Yildirim 2007, 551.

19 Guglielmotti 140-3; Donà 61 e 108; Suriano 417. Anche il Senato scrisse al Venier che la flotta della Lega sarebbe stata superiore per legni e per uomini, per cui bisognava andare avanti e dare battaglia «con ferma speranza di buon successo»: ASV, SS 77, 106v.

20 CB, 147v-148r; Relazioni, Barbaro 1573, 341; Charrière III, 85; per la difficoltà di trattare mediante interpreti, cfr. Relazioni, Navagero 1553, 103; Donà 1596, 322; e più in generale sul modo di negoziare con i turchi, Bernardo 1592, 397-421.

21 I negoziati sono ricostruiti sulla base di Relazioni, Ragazzoni 1571; Barbaro 1573b, 397-9; CB, II, 136v-139r, 141v-159r, 163v-180r, 183r-184v (parzialmente edito in Quarti 406-16); Nunziature X, 28-32, 35; Paruta 209. Per le istruzioni del Consiglio dei Dieci trasmesse al Barbaro dal Ragazzoni, ASV, X, Parti segrete, 9, 141r-146r; per quelle del 14 aprile, 157r.

22 CB, II, 181rv, 184r-186r, 191r, 213v-214r. Il Salvago e il Naon erano ancora in servizio nel 1592, quando il bailo Lorenzo Bernardo fece un rapporto ferocemente negativo sul primo, e condiscendente sul secondo: Relazioni, Bernardo 1592, 413-5. L’anno dopo, il Consiglio dei Dieci decise che Mateca era un traditore, e il bailo Marco Venier provvide ad avvelenarlo (Pedani 2010, 169).

Capitolo 19

1 CB, II, 97r, 118v; Charrière III, 140; Nunziature IX, 323 e 326; Serrano IV, 94; Relazioni, Anonimo 1571-73, 161; ASG, 2170; cfr. il cronista turco Peçevi in Yildirim 2007, 548-9. Per il reclutamento dei rematori cfr. la valutazione, più sobria, del Barbaro, sopra, cap. 16, n. 25. Per la consuetudine dello svernamento cfr. Braudel 1986, 263; Relazioni, Garzoni 1573, 419; Moro 1590, 353; Zane 1594, 402.

2 CB, II, 90r, 97r, 117r, 127r; Charrière III, 143; Nunziature IX, 323, 332 e X, 1 e 18; Serrano IV, 89 e 92; Donà 82-3; ASG, 2170. Previsioni occidentali sul numero complessivo delle galere: 200 «aunque muy mal armadas» più 60 dei corsari, Vargas Hidalgo 733; 250 senza contare i legni dei corsari, Serrano IV, 92; 250 più 100 altri legni, Braudel 1986, 1177; «poco manco di 200 galere, ma male all’ordine», Nunziature X, 1. Documenti ottomani parlano di 227 galere, di cui 35 con rematori schiavi, le altre con rematori di leva: Inalcik 1974. Il numero delle galere in costruzione nel Mar Nero è precisato anche da un avviso di Costantinopoli del 19 marzo 1571, Vargas Hidalgo 721: 36 nel Mar Nero e 5 a Nicomedia. Ma una spia napoletana affermerà più tardi che solo nel Mar Nero se n’erano costruite 45: Lesure (b) 159.

3 Manoussacas 1974, 221-2; Braudel 1986, 1153 n.

4 CB, II, 105v-106r; Preto 1994, 29 e 306; García Hernán 1999, 148-52; Donà 83. Sull’incendio, ASG, 2170 e Charrière III, 142. Negli anni 1566-69 altri progetti per incendiare l’Arsenale erano stati studiati tra Madrid e Firenze: Aglietti 1998, 126-8.

5 Vargas Hidalgo 721.

6 I dati più precisi in CB, II, 119r, e Relazioni, Anonimo 1571-73, 161; cfr. inoltre Paruta 203, Hill 1948, 1006-7, e Inalcik 1974; su Kaya Çelebi, si veda Kologlu 2007, 528, e su Maometto Scirocco, Capponi 2008, 183. Inizialmente si erano previste misure ancora più imponenti: a gennaio si parlava di mandar fuori 50 galere già ai primi di febbraio (CB, II, 105r; ASG, 2170).

7 Nunziature IX, 359; Vargas Hidalgo 721; Contarini 23r e i documenti ufficiali turchi citati da Hill 1948, 946. Su Mehmet bey, detto Salipas¸azade cioè figlio di Sali pascià, cfr. Sereno xl; Capponi 2008, 30-1, e cfr. sopra, cap. 32.

8 Per la data e le cifre seguo Relazioni, Anonimo 1571-73, 162, confrontato con CB, II, 126v-127r, 129v; un avviso di Costantinopoli del 19 marzo 1571, in Vargas Hidalgo 721, dà «25 galeras, XIIII galeaças que son mahonas cargadas de artilleria, pelotas, y 1500 geniçaros, y otros ocho vaxeles». Una spia del viceré di Napoli parla invece di 50 galere, partite dal 17 al 25 marzo, più altre 8 prelevate al passaggio da Gallipoli (Lesure (b), 158-9); Inalcik 1974 parla di 30 vele e data la partenza al 21 marzo; e cfr. Peçevi in Yildirim 2007, 549. Ordini del 28 febbraio per il kapudan pascià in Hill 1948, 1007. Per il naufragio di Kaya Çelebi, Nunziature X, 1.

9 Charrière III, 157; Nunziature IX, 364; Relazioni, Ragazzoni 1571, 86; Gatto 51; Martinengo 3; Valderio 1007; Calepio 113v; Contarini 23r; Paruta 203; Sereno 124; Peçevi in Yildirim 2007, 549; Inalcik 1974. Sugli zappatori e gli armeni, ASG, 2170; Charrière III, 157. La cifra di 80 galere data dalle fonti quadra con le disposizioni ufficiali che nell’inverno avevano assegnato alle guardie circa 50 o 60 galere (Hill 1948, 947); ad esse bisogna aggiungere anche le galere superstiti della squadra di Kaya Çelebi e di quella di Arap Ahmet, ma sottrarre quelle infette che Alì preferì lasciare a Chio (CB, II, 135v); secondo un’altra fonte, lo stesso bey di Negroponte aveva lasciato indietro le galere della sua guardia, tranne la sua bastarda, perché avevano il contagio a bordo: Hill 1948, 1006. La spia citata alla n. precedente (Lesure (b) 159) arriva allo stesso totale sommando 50 galere partite secondo lui da Costantinopoli, altre 8 prelevate a Gallipoli e 24 delle guardie di Mitilene, Chio e Nauplia. La stessa fonte, anziché di 1500 giannizzeri, parla di 500 giannizzeri «et 4500 euloglani [recte kuloglani], che son figliuoli di gianizzeri», e dà per certo che erano «per mandar in Cipro».

10 Vargas Hidalgo 721. Secondo il Barbaro, Pialì faceva il malato, perché non voleva più uscire al comando della flotta: CB, II, 127v, 130v. Sulla situazione a Creta, che giustificava le aspettative dei turchi, cfr. sotto, cap. 21, n. 7.

11 ASG, 1967 (18 galere giunte dal Mar Nero su 36); Relazioni, Ragazzoni 1571, 86-7; Anonimo 1571-73, 163; CB, II, 132v, 135v-140r (10 galere dal Mar Nero, di cui una s’è rotta venendo); Lesure (b) 159 (secondo cui le galere giunte dal Mar Nero erano 13, e «due si persse nel viaggio»); Contarini 23r; Setton 1018. Sulla folla di uomini e donne («tanto popolo che spaventosa cosa era a guardarlo») che salutava la partenza della flotta e il disciplinato silenzio in cui avveniva la cerimonia («non si sentiva rumor alcuno di tamburri, di trombe o gridi insolenti, come non solamente nelli eserciti christiani ma anche nelli conventiculi d’i più reverendi frati si sente») cfr. la testimonianza di Fresne-Canaye 275-6, che vide salpare la flotta nel 1573.

12 Venier 285; Nunziature IX, 360; Vargas Hidalgo 735; cfr. Lesure 67.

13 Nunziature IX, 320, 350, 360; Vargas Hidalgo 745; Paruta 193-4 e 210; Conti 128rv. Il successo più importante fu la presa del forte di Scardona, di cui si seppe a Venezia il 6 maggio: Nunziature IX, 360; Setton 1013-4; Paruta 194-5.

14 Venier 284 (in tutto prima di partire da Candia nomina 8 nuovi sopracomiti); Contarini 23r.

15 Venier 289, Paruta 210, Quarti 440.

16 Nunziature IX, 358-60, 364-5, 367; Quarti 409. Le stesse voci correvano a Costantinopoli, dove il Barbaro le rilevò il 3 giugno, mentre il 27 giugno il divan diede gli ordini necessari per la riparazione dei danni subiti dal porto di Durazzo: Costantini 2009, 57-8.

17 ASV, SS 77, 81; Nunziature IX, 346 (e cfr. anche 322 e 325 per le continue scorrerie turche intorno a Cattaro) e X, 12, 16, 21; Charrière III, 217, 283-4; Fresne-Canaye 86; Setton 1002; Venier 293; Gatto 121-5; Manolesso 50rv; Sereno 125; Paruta 194. Sui martolos, cfr. Sugar 1977, 39. Il Malatesta anche dopo la liberazione continuò ad adoperarsi perché fossero liberati i suoi compagni di prigionia, tra cui suo figlio: Rosi I, Rosi (b) 16; su di lui cfr. anche Brunelli 2003.

18 Inalcik 1974; Relazioni, Ragazzoni 1571, 86; Anonimo 1571-73, 163; Vargas Hidalgo 735; Lesure (b) 161 (dà 1000 giannizzeri, 2000 sipahi della Porta, 3000 altri sipahi e 18 pezzi); CB, II, 130v, 139v; Paruta 207; per gli invii di grano, ASG, 2170, e per la strada, Nunziature IX, 346 (e cfr. sopra, cap. 16, n. 25); per l’allarme dei veneziani, Setton 1018. Per una proposta di rivolta proveniente dal principe di Valacchia, Pippidi 1974, 312 (e cfr. 318-9). Cfr. anche ASG, 1967, per l’avviso per Genova: il 29 aprile è partito Ahmet pascià, chi dice che andrà in Transilvania chi in Schiavonia chi a Corfù, non si sa di più «perché ora turchi vanno molto sechreti».

19 AV 1566-1570, 469r-470v; Nunziature IX, 325 e 330; Paruta 194-5.

20 ASV, X, Parti segrete, 9, 159-62; Lamansky 56; Preto 1994, 306; Costantini 2009, 45. Il forte di Scardona venne comunque preso nella primavera: cfr. qui sopra, n. 13.

21 Lamansky 19 e 55. Per Cipro, Conti 79v; Preto 1994, 317, e cfr. sopra, cap. 10, n. 16.

22 ASG, 1967; Vargas Hidalgo 733; Braudel 1986, 1177.

23 Venier 284 e 292; Vargas Hidalgo 735; Lesure (b) 159; Contarini 23r; Paruta 205; Slot 1982, 93-4 (che attribuisce erroneamente i raid nelle Cicladi a Uluç Alì); Lamansky 087 sgg.; per le informazioni trasmesse dai ragusei, Costantini 2009, 40; e cfr. CB, II, 189v: a Costantinopoli le notizie dalla flotta riferiscono che è a corto di uomini «per non ne haver trovato in Grecia perché tutti se ne fuggivano».

24 Sui movimenti di Alì, Contarini 23v (parte con 55 galere, lasciando a Cipro «Rampamati con altri tre Fanò, ventidue galee, e una quantità di caramusciali, maone e palandarie»); Paruta 203 (parte con 54 galere, lasciando a Cipro «Aramat» con 20 galere, 10 maone, 5 navi); Foglietta 158 (lascia «ventitre galee, e grosso numero d’altri navigli da carico [...] sotto la cura di Rapamàt»); Relazioni, Ragazzoni 1571, 93 (lascia «venti galee, diverse navi e vascelli»); Martinengo 3 (arrivato «con forse 80 galere» riparte lasciandone 30). Solo Gatto, 51, scrive che Alì «lasciò al servitio dell’esercito quaranta galere» oltre ai trasporti. Documenti ufficiali ottomani parlano di 15 o 20 galere (Hill 1948, 1007). Per la data, Inalcik 1974 (Contarini, le cui date sono spesso erronee, dà la partenza il 15 maggio).

25 CB, II, 140r, 149v, 162r (uscite 25 galere, oltre a 2 di Perteu pascià che erano tornate indietro, e 6 piccole palandarie da 15 cavalli l’una); ASG, 1967 (uscite 34 galere; e per Morat agà, confidente anche del Barbaro, cfr. anche CB, II, 127r); Relazioni, Anonimo 1571-73, 163 (uscite 30 galere e 10 palandarie); Vargas Hidalgo 733; Paruta 205; Nunziature X, 14. Sulla spia napoletana, Lesure (b) 159-60; per il contagio CB, II, 189v, e ASV, SS 77, 106v (la flotta nemica «si ritrovava appestata et indebolita»). A luglio da Venezia si giudicava inoltre che la flotta «seben era di buon numero di vele si intendeva però esservi in essa molti legni piccioli et anco poco all’ordine»: Setton 1022.

26 ASG, 2170; Donà 66 e 77. Sulle dimensioni della squadra algerina cfr. anche, con cifre non troppo dissimili, Vargas Hidalgo 556 e Gattoni 1999, 627.

27 La bibliografia sulla società barbaresca è vastissima: cfr. almeno Bono 1964 e 1982; Manca 1981 e 1982; Boyer 1985; Braudel 1986, 156-7, 180, 924-5; Bennassar 1991, 356-78; Khiari 2002; Heers 2003, 68-73, 154-89. Mami Gancio era fra i rais che parteciparono alla presa delle tre galere di Malta il 15 luglio 1570, su cui cfr. sopra, cap. 11, n. 33 (Bosio 857). «Non conoscono il turco»: Masala 17; più tarde le canzoni pubblicate in Deny. Sulla vita degli schiavi ad Algeri cfr. anche i capp. XXXIX-XLI del Don Chisciotte.

28 Vargas Hidalgo 728, 733, 735; Paruta 205. Uluç Alì ha 7 galere e 12 galeotte secondo un avviso di Corfù (Vargas Hidalgo 735); i prigionieri catturati a Lepanto gli attribuiscono 7 galere e 13 galeotte, o 8 galere e 12 galeotte (L’ordine delle galere; Romegas 186); altre valutazioni in Charrière III, 157; Relazioni, Ragazzoni 1571, 93; Nunziature X, 14; Setton 1018.

29 Nunziature X, 5; Charrière III, 157.

Capitolo 20

1 Serrano IV, 68; Donà 66, 77, 80; Sereno 87; Doria 152; Sirago 1993, 213; Fenicia 2003, 107-8; Favarò 2007, 295-301. Conto in forza alla squadra di Sicilia, come fanno tutti i documenti coevi (ad es. Donà 80), le 4 galere genovesi di Niccolò Doria e Davide Imperiale, assegnate in permanenza a quel regno.

2 Serrano IV, 80; Vargas Hidalgo 723-8; Donà 93.

3 Serrano IV, 142; Sereno 115.

4 Relazioni, Morosini 1570, 133-5 (che aggiunge: «tratta sua eccellenza le ciurme di queste sue galere, come quello che n’ha poche, eccellentemente, dando oltre le minestre, nei giorni ordinari, trentasei once di pane per cadauno, dove il signor Giovanni Andrea Doria non ne dà più di trenta; per il che il galeotto oltre il suo bisogno ha pane che gli avanza», e lo vende e compra vino, «tanto che sono rari quelli che bevano mai acqua»); Segre 1899 (citt. a 36 n., 39, 122); Promis 46; Vargas Hidalgo 723; Codoin III, 189; Gattoni 1999, 630-1; Lo Basso 2003, 376-9. Si noti comunque che il Venier continuò ufficialmente a considerare le galere sabaude come in forza alla sua squadra: alla vigilia della partenza da Messina scriveva al doge «che la Serenità Vostra ha qui 112 galee, computate quelle di Savogia» (AV 1571, 190r). Le ciurme non saranno però state a pieno organico a Lepanto, dato che il Provana dovette lasciare a Messina 150 galeotti malati, e ne ebbe da don Juan e dal Venier solo 70 (Segre 1899, 134-5).

5 Donà 66, 70, 72, 77, 80, 83, 89, 100; Serrano IV, 80, 93, 141.

6 Serrano IV, 106; Codoin III, 187.

7 AV 1566-1570, 417; Nicolini, 390-9; Serrano IV, 173; Alessi Palazzolo 1977, 240-2. Anche in Sicilia il raccolto del 1571 fu buono: il viceré faceva fabbricare 7000 quintali di biscotto al mese (Braudel 1986, 1174).

8 La corrispondenza di Oviedo e Doria col re, in Vargas Hidalgo 723, 726, 728-32, 734, 740-1. Sulla ricaduta del Mendoza a giugno: Serrano IV, 159 e Vargas Hidalgo 738. Sul Mendoza e l’Oviedo, Vargas Hidalgo 1998, 38-42; il 28 luglio il segretario passò le consegne al nuovo ambasciatore Padilla e il 15 agosto s’imbarcò come ispettore (veedor) sulle galere del Doria.

9 Relazioni, Barbaro 1573, 308; Charrière III, 146; Caetani 90. Sul Serbelloni, che era uno dei più famosi soldati e ingegneri militari italiani, veterano delle guerre d’Italia, d’Ungheria e di Fiandra, cfr. Promis 1874, 208-47, e Brunelli 2003.

10 Nicolini 391-402.

11 Favarò 2005, 251; Serrano IV, 80 e 93; Donà 61, 66, 74, 80, 83, 89; Nicolini 392, 394, 398, 402. Al Donà, 93, risultava che ne erano arrivati 3000 perché «se ne batteno mille de morti»; il Buonrizzo a Napoli (Nicolini 398) ne aspettava 3000, ma all’arrivo verificò che ne erano morti molti. A maggio il tercio di Napoli contava in tutto 3 compagnie vecchie, con 451 soldati, e 17 arrivate dalla Spagna, con 2826 soldati (Tercios 413; Fenicia 2003, 34).

12 Donà 74, 85, 89, 93, 99, 102-3, 106, 109; Serrano IV, 347 n., 384-5 n. L’idea, diffusa fra gli alleati italiani, che i fanti portati da don Juan fossero «li spagnuoli vecchi che avevano servito alla guerra di Granata» (Caetani 99, Sereno 131) è, come si vede, largamente da correggere.

13 Donà 74, 78, 81, 91; Nicolini 400-1 e 405; Caetani 123; Codoin III, 203 (si imbarcano 2371 «soldados sanos» del conte di Lodrone e 2616 del conte d’Arco; lasciano «enfermos en Mesina» il primo 736 e il secondo 232 uomini; di questi, ancora a ottobre si annotava «sono morti molti et tuttavia se ne moreno, perché si governano male», Civale 2009, 90, e cfr. per il loro ricovero negli ospedali messinesi Castellani 1937, 440-1); Sereno 133. Alla signoria di Genova venne chiesto di preparare alloggiamenti per un numero di tedeschi fra i 7100 e i 7300: Vargas Hidalgo 741 e 744.

14 Serrano III, 170 e 214; IV, 12, 23, 38, 56, 62, 71, 79. Il testo del contratto è in Quarti 433-5 e in Aglietti 1998, 112-3.

15 Donà 72; Vargas Hidalgo 728 e 742; Scetti 106; Guglielmotti 43-4 n., 154-7; Lo Basso 2003, 337 sgg.; Capponi 2008, 152-3. Per l’arsenale di Pisa Angiolini 1987, cfr. Concina 1984, 18 e Angiolini 1996, 8-9; ivi, sp. 67-82, per l’estrazione regionale e sociale dei Cavalieri di Santo Stefano.

16 Caetani 84-91; Sereno 115; Guglielmotti 148-51.

17 Serrano IV, 133, 145, 150, 167, 176, 194; Sereno 132; Aglietta 1998, 122-4.

Capitolo 21

1 Venier 284 e 296; Contarini 23v, 25v, 27r, 29v; ASV, SS 77, 80v. Le 11 galere grosse, ridotte a 10 dopo che la Bernarda era risultata bisognosa di rattoppi, erano anch’esse nell’Adriatico, impegnate a trasportar soldati da Venezia alla Dalmazia: ASV, SS 77, 74v-75r.

2 Aymard 1991b, 447 (relazione del rettore di Padova, settembre 1571); Nunziature IX, 332, 340; Paruta 188. L’analisi del caso di Brescia è in Capponi 2008, 184. L’eccezionalità di questa procedura, che aveva pochi precedenti, è rilevata anche in Pantera 139. Il Venier annotò dopo Lepanto che il Buzzacarino si era «licentiato per venirsi a curar delle ferite havute nella battaglia, lasciato un fratello giovane che, non sapendo più che tanto, lasciò andar la galera a male, che era una delle buone di armata sotto il governo di messer Pattaro» (Venier 321).

3 Venier 290; ASV, SS 77, 78v-79v, 80r; sull’Eudemonogiannis cfr. Manoussacas 1974, 225; sulla sua famiglia, Pezzolo 1990, 152.

4 Venier 290-2; Nunziature IX, 365 e X, 1-2 e 9; Sereno 120; Paruta 211. L’avviso per cui la flotta nemica contava solo 100 galere giunse anche a Messina, da dove fu rispedito a Madrid il 23 aprile: Braudel 1986, 1177; evidentemente si basava sulla forza che stava per partire al comando di Perteu pascià, senza calcolare tutte le galere già in mare.

5 Inalcik 1974; Relazioni, Ragazzoni 1571, 94.

6 Contarini 25v-27r; Manolesso 59rv; Sereno 127; Foglietta 235-7; Paruta 205-6; Morales 30; Lamansky 630-3; Nunziature X, 23. Sul reclutamento in Corsica e l’imbarco a Genova dei fanti cfr. sopra, cap. 17, n. 16. La flotta ottomana entrò nella baia di Suda il 14 giugno (ASV, SS 77, 108v; CB, II, 191r) e l’Avogadro arrivò a Creta il 19 (AV 1571, 207v).

7 Sull’insoddisfazione a Creta: Lamansky 630-47 (qui i dati sulla popolazione, da una relazione del 1577; ma altre stime sono decisamente più basse, intorno a 160.000 anime: Dursteler 2006, 78) e 013; Vargas Hidalgo 721; Sassi 1946-47, 195-200; Tenenti 1962, 134; Braudel 1986, 154; Dursteler 2006, 82. Sugli incidenti: Sereno 65; Vargas Hidalgo 715; sulle speranze e intelligenze turche: CB, II, 117r e 229r, e cfr. sopra, cap. 19, n. 10.

8 Sul Calergi, cfr. Saraceni 724, che lo definisce «principalissimo [...] sì per le affluentissime ricchezze che possedeva, come per la grandissima auttorità che riteneva, e il numerosissimo seguito che dietro si traeva nell’isola di Candia»; la Signoria già prima d’allora lo considerava una sorta di suo rappresentante non ufficiale in Creta: ASV, SS 77, 29r, e AV 1566-1570, 151r e 279v.

9 ASV, SS 77, 135v, 139-40 («una solevatione di molta importantia de contadini di alcuni casali, i quali volevano andar a ritrovar l’armata turchesca»), 78, 5r; AV 1571, 201v-202, 203r, 207v-208v (otto preti impiccati da Pietro Avogadro e Marino di Cavalli e altri condannati alla galera a vita solo nel territorio di Retimno, dove la ribellione non era ancora domata a settembre); Nunziature X, 42, 44 e 63; Serrano IV, 201; Lamansky 635. Per una considerazione più ampia delle opposizioni cretesi al dominio veneziano e del loro intreccio con la politica delle fazioni nobiliari cfr. Karapidakis 1998. La conquista turca di Creta nel Seicento vedrà la popolazione locale sottomettersi spontaneamente, «sperando di migliorar conditione ancor sotto a quei barbari»: Preto 1975, 178-80, e cfr. Benzoni 1985, 129.

10 Per il numero delle galere turche, cfr. Caetani 96; Nunziature X, 23; ASV, SS 77, 108v. Per la pretesa cattura delle galere veneziane, Braudel 1986, 1177. Per gli schiavi catturati, cfr. Romegas 186; Lesure 52. Sul Romegas: Capponi 2008, 182.

11 Caetani 96-8; Venier 292, e sul Benedetti cfr. Setton 923. Per il cattivo stato della flotta, ASV, SS 77, 108v. Per il contagio a bordo della flotta turca, cfr. sopra, cap. 19, pp. 356 e 367 e nn. 9 e 25.

12 Documenti turchi in Lesure 72; Nunziature Napoli 26; Venier 294; Diedo 179; Contarini 27rv. Foglietta 235 colloca l’attacco a Cerigo prima dell’operazione contro Creta. Non è tecnicamente impossibile che la flotta, venendo da Negroponte verso la baia di Suda, sia passata da Cerigo, ma è inevitabile che ci sia passata durante il trasferimento da Creta a Modone e Navarino, sicché si è preferito seguire la sequenza degli eventi proposta da Contarini e Diedo.

13 Caetani 106; Romegas 186; Lamansky 610-5 (si veda in particolare la desolante relazione del 1560 sullo stato delle difese di Cefalonia); Sereno 121; Paruta 217; Foglietta 237; Morales 30; Arroyo 338 (4000 prigionieri fra Cefalonia e Itaca); Manoussacas 1974, 225.

14 Caetani 104 e 106; Molmenti VII; ASV, SS 77, 113r.

15 ASV, SS 77, 113r; X, Parti segrete, 9, 165r.

16 Venier 293 sgg. Per le galeazze, Nunziature IX, 360 e X, 16, e ASV, SS 77, 107r; «buttarla tutta a fondo»: Caetani 111. Dell’andata della flotta veneziana a Otranto o a Brindisi si parlava anche a Roma all’inizio di luglio: Serrano IV, 173. A Venezia, negli stessi giorni, si scrisse al Venier consigliando Brindisi, ma lasciandolo libero di decidere: ASV, SS 77, 109rv. L’Orsini era stato confermato governatore di Corfù a febbraio; aveva chiesto di tornare a Venezia perché era morto suo fratello, «ma cercano trattenerlo con preghiere et lettere amorevoli», annotava il Facchinetti; all’inizio di maggio era stato nominato comandante di tutte le truppe imbarcate (ASV, SS 77, 64v, 90rv; Nunziature IX, 321).

17 Setton 1021 (rapporto del Venier del 14 da Otranto); Venier 294; Nunziature X, 24 («Il clar.mo messer Agostino Barbarigo, proveditor generale, se n’è venuto a Zara per far che tutte le galere vadino subito all’armata»); Contarini 27v. Sulla forza complessiva della flotta partita per Messina cfr. sotto, cap. 23, n. 3.

Capitolo 22

1 Caetani 113; Diedo 179, Contarini 27v; Sereno 121; Paruta 216.

2 Nunziature X, 34 (che però parla di tre navi); Caetani 117-8; Diedo 179; Venier 294-5 (due navi, Moceniga e Formentina); Contarini 29v, 36v (due navi, che chiama la prima volta Lezze e Moceniga, la seconda Moceniga e Costantina); Sereno 125-6; Conti 126v (Lezze e Moceniga). Aiuta a chiarire il mistero una lettera del Senato, ASV, SS 77, 128v: due navi catturate in mare, una terza, la Formentina, che aveva sbarcato a Corfù un carico di frumento per la flotta, «brusciata» (in porto?). I soldati catturati comprendevano il contingente di 500 fanti reclutato nel ducato d’Urbino a spese della città di Verona, e alcuni vennero liberati a Lepanto, mentre altri furono riscattati dopo essere stati condotti in Algeri (Avena). Venne catturato anche il colonnello Gio. Tommaso Costanzo, di nobile famiglia cipriota, che appena diciassettenne aveva il comando di un altro contingente; portato a Costantinopoli, a sentir lui, venne a lungo corteggiato perché si facesse turco, e poi circonciso a forza per ordine di Selim; ma «finita la circoncisione, buttò [...] il turbante in terra per disprezzo, et stracciò la casacca d’oro, della quale lo havevano vestito, chiamando sempre il nome di Christo», per cui venne rimandato alla torre del Mar Nero, dove fu circondato dall’ammirazione generale: «et già gl’altri schiavi gli cedono il primo posto», dichiara nella lettera che scrive al Barbaro per ottenere che sia negoziato il suo riscatto: Rosi (b) III; e cfr. Nunziature X, 99 e Conti 127r (venne poi liberato con gli altri nel 1574). Secondo una diceria forse inattendibile, ma che venne raccolta a Costantinopoli subito dopo la sua morte, anche il famoso Hassan Veneziano, successore di Uluç Alì nel grado di kapudan pascià, era stato catturato poco più che ventenne sulla Moceniga, dove era scrivanello, cioè aiutante dello scrivano di bordo (Relazioni, Seguito Bernardo 1592, 70; ma cfr. Fabris 1997).

3 CB, II, 217r; Nunziature X, 29-31; Sereno 128 e Contarini 29v (che però confonde Kara Hogia con Uluç Alì). Sulla vicenda del Ragazzoni e della Trona cfr. anche sopra, p. 348.

4 Lesure 73-4; Inalcik 1974. Cattaro era minacciata da «turchi in grosso numero» fin dall’inverno: ASV, SS 77, 70rv.

5 Nunziature X, 34; Serrano IV, 186; Caetani 121; Gatto 121; Contarini 29v; Paruta 217. Per le devastazioni a Corfù, ASV, SS 77, 128-9.

6 Inalcik 1974, 186-7; Yildirim 2007, 540-1; Caetani 118.

7 Si può spiegare solo così la lettera del 16 luglio, di cui parla da Roma il Rambouillet il 13 agosto, per cui «l’armata del Turco non trovando alcun impedimento ai suoi disegni, si era andata a piantare nei dintorni di Cattaro, dove è da temere che faccia qualche progresso di grande importanza, perché potrà scegliere a suo agio tempo e luogo per batterla e attaccarla» (Charrière III, 159-60); cfr. Caetani 118 e 121; Setton 1025; Contarini 29v. Per l’assedio di Cattaro cfr. ASV, SS 77, 112r, con riferimento a opere che i turchi avevano iniziato a costruire presso le Bocche per impedire i soccorsi alla città dal mare.

8 Nunziature X, 27, 44, 46, 99 (il Martinengo arriva a Venezia a dicembre); ASV, SS 77, 132r; AV 1566-1570, 268v-270v, 297rv e 1571, 191r; Caetani 124; Contarini 29v-30r; Paruta 218 sgg.; Sereno 128; Foglietta 157, 235, 238-9; Conti 127v-128r, 131v-132r, 159v. Per i resoconti dei cronisti turchi cfr. Inalcik 1974, 187-8 e Yildirim 2007, 547-9; per la descrizione dei luoghi, Relazioni, Michiel 1558, 93; la pianta di Dulcigno è in Venezia e i turchi 1985, 247. Nelle tre città i turchi avrebbero catturato 4000 persone: Romegas 186, Morales 30. Sulla nomina del Martinengo e i 600 fanti guasconi da lui portati a Cattaro, ASV, SS 77, 112r e 128r. Il Martinengo per essere liberato giurò che non avrebbe più preso le armi contro il sultano, giuramento che peraltro non si curò di mantenere, giacché l’anno dopo, come lamentava Mehmet pascià con l’ambasciatore francese, «non ha mancato di trovarsi all’assedio di Castelnuovo come uno dei principali comandanti, dove tuttavia non ha acquistato più onore di quanto abbia fatto a Dulcigno» (Charrière III, 284).

9 Nunziature X, 35-7, 42, 44, 46; ASV, SS 77, 131-2; Caetani 111; Venier 300; Setton 1025. Per l’ispezione del Pallavicino a Zara e i successivi provvedimenti, Nunziature X, 14, 16, 18, 26-7, 29; Charrière III, 157; Sereno 130; Setton 1022; Praga (a ottobre i soldati erano saliti a 2700).

10 Nunziature IX, 302, 321; X, 22-4, 26, 28-32, 36-7, 44; ASV, SS 77, 119r, 132v-133, e X, Parti segrete, 9, 167-9; Longo 25; Sereno 131; Paruta 223-5 e 232. Per i lavori di fortificazione, cfr. Manno 1986, 130-1, Morachiello 1991; Panciera 2005, 22; Bellavitis 20092, 101-8. Per le reazioni popolari, cfr. Quarti 466. Già dopo il ritorno della flotta nel settembre 1570 Marco Quirini scriveva: «Io comincio a dubitare che guardiani di questa sorte [cioè il Pallavicino e i provveditori Celsi e Canal] non induchino li nemici nostri a venire con l’armata sino sul lido di Venetia, come si è inteso per lettere del rettore di Tine haver detto Pialì che voleva fare quando ultimamente fu lì, il che non voglia Dio»: Quarti 372.

11 ASV, X, Parti segrete, 9, 169v.

12 Romegas 186; Codoin III, 191. Lettera da Lesina in Ljubic 274-5; Diedo 179; Lesure 75; Contarini 30r, 32v; Manolesso 64r; Paruta 221-2; Foglietta 240-1; Fresne-Canaye 312; Foretic´ 1974. Quando ripassarono davanti a Ragusa ritornando alla flotta, rispettivamente il 23 e il 24 agosto, Uluç Alì aveva 11 fra galere e galeotte, e Kara Hogia 42 tra fuste e brigantini: ASV, SS 78, 1v. Secondo la relazione da Lesina (Ljubic 275) c’erano in tutto «ottanta velle in circa: 12 galee, restante galeotte, fuste e brigantini».

13 Serrano IV, 190; Inalcik 1974, 187-8.

Capitolo 23

1 Caetani 83-95; Nicolini 400; Sereno 115-6; Setton 1017; Vargas Hidalgo 742.

2 Caetani 94-105; Nicolini 398-403; Guglielmotti 160-2; Vargas Hidalgo 739 e 742; Nunziature Napoli 25-6; Codoin III, 186; Scetti 109; Sereno 113 e 117. Su Ascanio della Cornia, cfr. Setton 1000; Braudel 1986, 1981; Brunelli 2003.

3 Setton 1021; Caetani 109-14; Venier 295-6; Guglielmotti 166-7. I cronisti più autorevoli, alcuni dei quali scrivono già pochi mesi dopo, parlano di sole 50 galere; altri ancora ne danno 56 o 57: Contarini 27v; Sereno 122; Longo 25; Foglietta 255; Paruta 216. La cifra data dal Caetani si può spiegare considerando che due galere erano già state inviate dal Venier a Messina a maggio: Quarti 441-2, 445. Il Senato gonfiava anche il numero delle galere a Candia, comunicando in Spagna che erano 70, mentre ce n’erano solo una sessantina: ASV, SS 77, 121r.

4 Castellani 1937, 441-2; Civale 2009.

5 Sereno 122 (qui le citt.); Caetani 108-12, 117 (dove definisce le genti di Pompeo da Castello «sei compagnie molto male in ordine e mezzo abbandonate»), 126 (stupore che i veneziani abbiano «condotta tutta la loro armata nel porto di Messina»); Venier 293. Per le truppe trattenute a Venezia, cfr. ASV, SS 77, 119r. La cifra di 60 scapoli e 20 soldati per galera è menzionata dal Caetani, 112, che deve averla avuta dai veneziani, ma si noti che a Corfù il Venier ne aveva molti di meno, e quasi certamente esagerava: cfr. sopra, cap. 21, n. 16 e, sotto, cap. 31, n. 5.

6 Venier 296 sgg.; Molmenti VII; per la morte del Pescara, cfr. Serrano IV, 186 e Caetani 116. Sulla scarsità di viveri in Sicilia cfr. anche la lettera della marchesa di Pescara a Gian Andrea Doria, del 30 luglio, citata in Capponi 2008, 195.

7 Venier 296 sgg.; ASV, SS 77, 136v; Sereno 133; Caetani 120; Nicolini 410; Nunziature Napoli 32. Sul Vrana vedi Venier 321; Hocquet 1991, 488; C ˇoralic ´ 2005 (donò alla chiesa di San Giuseppe a Venezia un altare con un bassorilievo che rappresenta la flotta prima della battaglia di Lepanto).

8 Venier 296 sgg.; Sereno 118. Il Senato aveva deciso già il 22 maggio di avere su ogni galera «oltra li marinari et galeoti, da cento fin cento e vinti altri homini da combatter», giacché gli spagnoli sostenevano che ne avrebbero avuti centocinquanta: ASV, SS 77, 89r e 119r.

9 Nicolini 402-11; ASV, SS 77, 119r-120r, 125r (dove si vede peraltro che il Senato temeva di dover pagare addirittura il 15% d’interesse), 129v, 135r, 138r. Cfr. Arenaprimo 79 per le lettere di cambio nei conti dei banchieri messinesi; Promis 44 per il reclutamento della milizia («a raggione di quattro soldati per ogni 100 fuochi»), e per il reclutamento di fanti anche Caetani 117, Caracciolo 17, Paruta 233, Braudel 1986, 1178. Sulla struttura della milizia nell’Italia spagnola cfr. Mafrici 1995, 208-15, e Favarò 2009, 86-99.

10 Caetani 119; secondo Sereno 118 furono impiccati alcuni spagnoli e altri condannati alla galera.

11 Caetani 114-6; Sereno 133.

12 Nunziature IX, 361 e X, 4-5; Serrano IV, 139-40, 143-4. Per l’età di don Juan, Bennassar 2000, 31-8.

13 Donà 62, 72, 74, 77-8, 80, 82, 84-5, 93, 99-100; Serrano IV, 93, 97, 102, 117, 146.

14 Serrano IV, 148, 152, 155; Codoin III, 185-7; Donà 111. Sull’attività del Manrique, che i documenti latini chiamano inquisitor triremum, cfr. Civale 2009.

15 Nunziature X, 18, 23 e 26; Serrano IV, 177.

16 Donà 99; Serrano IV, 347 n., 385-6 n., 393 n. e doc. 178; Vargas Hidalgo 749; Charrière III, 158; Caetani 99; Braudel 1986, 1175-6. Per la spia, cfr. CB, II, 221-2. Per un ampio profilo del Requesens e dei suoi rapporti tutt’altro che facili con Filippo II e con don Juan, Bicheno 2005, 237-9. Sulla mancanza di biscotto e le altre difficoltà a Barcellona cfr. anche le lettere dello Spinola del 30 maggio e 27 giugno 1571, ASG, 1967.

17 Vargas Hidalgo 739-57; Setton 1022 e 1024; Foglietta 256. Il de Soto era un personaggio importante, «senza ’l consiglio del quale Sua Altezza non fa cosa alcuna», come scrisse più tardi un ambasciatore veneziano (Molmenti (b), XXXV).

18 Vargas Hidalgo 747-9. Sul Santafiora, Codoin III, 186 e Brunelli 2003. A Venezia la notizia dell’arrivo di don Juan a Genova fece sì che si interrompesse immediatamente l’armamento di 40 galere, che era stato deciso per la difesa della città dalla flotta turca; ma il sollievo lasciò subito il posto all’impazienza di apprendere che era ripartito per Napoli, e di lì per Messina (Nunziature X, 31). Il Moncada arrivò il 7 agosto, e informò che don Juan aveva ordine del re di andare a Otranto, ma dato che le flotte si stavano concentrando a Messina, sarebbe andato lì: ivi, 34.

19 Donà 62; Serrano IV, 396 n., 429-30; Vargas Hidalgo 755, 758 e 773; Serrano 1918, 107-8; Braudel 1986, 1176; González Cremona 1994, 99-101; Bazzano 2003, 381; Capponi 2008, 194. Non era l’unica questione di precedenza in cui era coinvolto il puntiglioso Comendador mayor, il quale, come si seppe a Venezia, «intende di levar il stendardo del Re catholico per precieder il nostro generale»: ASV, X, Parti segrete, 9, 172r.

20 Foglietta 257; ASG, 1966; Setton 1024; Nicolini 405-9; Serrano IV, 183 («che finora se l’era dimenticato»: Zúñiga al re, 3 agosto); Promis 44-5; Nunziature Napoli 29-32. Cfr. Fedele 1909.

21 Nunziature Napoli 31; Morales 38. Anche l’inquisitore dell’armata, don Hierónimo Manrique, era seccato d’essere tenuto al di fuori dei consigli: «gli affari della guerra vanno segreti [...] e io non ne so più che uno del popolo», scrisse il 15 agosto (Civale 2009, 65).

22 Contarini 33r; Foglietta 257-8; Serrano IV, 414 n., docc. 186, 194 e 196. Per le 25 galere di don Juan cfr. sotto, cap. 25, n. 1. Le sei navi da trasporto comprendevano «una ragusea ch’è la maggiore che in questo tempo sia dallo stretto di Gibeltar in qua di portata di 7500 salme»: Promis 44.

Capitolo 24

1 Gatto 36-7; Gattoni 1999, 629. Per la descrizione delle difese di Famagosta e il diffuso giudizio sulla loro debolezza, cfr. la relazione di Ascanio Savorgnan in Promis 1874, 474-5, 484-93; il dialogo sulle fortificazioni del Lorini (1597) citato ivi, 506-7; Martinengo 5; Gatto 29, 33, 51; Contarini 24v; Paruta 236-7; Sereno 123-4 e 241; Foglietta 229-31; Conti 95, e cfr. sopra, cap. 14, n. 6. Cfr. Hale 1990, 298 e 301, von Wartburg 2002, 38-40, e i disegni e incisioni coevi in Hill 1948, 990, e Venezia e i turchi 1985, 25 e 245.

2 Martinengo 3; Gatto 51-2; Contarini 23v; Paruta 238.

3 La cifra è quella data da Gatto 52, ma cfr. Valderio 1028 («uscirono fori 3660 anime in quattro giorni inutilissime, quali da giannizeri sono state accompagnate alli loro casali»); Paruta 241, che somma evidentemente anche le espulsioni avvenute nell’autunno («la gente inutile» cacciata da Famagosta «al numero di forse otto mila persone, le quali senza ricevere da’ Turchi alcuna offesa se ne andarono alli Casali»: cfr. sopra, cap. 17, n. 1); Foglietta 131 (5000 bocche inutili cacciate da Famagosta e accolte «cortesemente e benignamente» dai turchi). La popolazione della città prima dell’assedio era di circa 10.000 abitanti: Arbel 1984, 199-200.

4 Rapporto del Bragadin alla partenza del Quirini, in Quarti 503-4, confermato puntualmente da Calepio 113r; per il numero dei difensori cfr. anche Martinengo 3; Gatto 54; Monello 2006, Appendice, 23. Ma una nuova relazione del Bragadin ad aprile corregge: solo 3200 italiani, 600 bombardieri, 1300 greci delle cernide, altri 2800 della città, e 4000 villani (Quarti 508-9).

5 Gatto 40-1, 54; ma si noti che il Sereno 239 corregge tacitamente la cifra di 40.000 zappatori in 4000.

6 Martinengo 5-6; Gatto 52-4; sui veleni cfr. anche Hale 1990, 301.

7 Gatto 32; Hill 1948, 956; ASV, SS 77, 45r; AV 1566-1570, 294v.

8 Martinengo 3; Gatto 53-5; Calepio 113v. Il Martinengo colloca lo spostamento del campo e l’arrivo dell’artiglieria d’assedio a metà maggio, e l’inizio dei lavori al 25 maggio ma è certamente un lapsus per aprile, come si legge anche in Calepio e Valderio 1035 e come correggono tacitamente Sereno 239 e Paruta 238.

9 Martinengo 3; Gatto 55; Paruta 238-9; Lorini cit. in Promis 1874, 508.

10 Martinengo 4; Gatto 54-6; Paruta 240.

11 Gatto 57; Valderio 1029; Matteo da Capua; Podacataro 206v; Paruta 244.

12 Seguo Gatto 57-9 e Valderio 1029. Martinengo 4-5 parla di 74 pezzi, ma poi ne elenca solo 64, con qualche discrepanza; Matteo da Capua, 74 pezzi. Calepio 114r copia Martinengo per il numero di pezzi e le batterie, ma valuta 2500 cannonate sparate il primo giorno.

13 Monello 2006, 170; Gatto 56; Sylvestrani Brenzone 81. Mentre tutti i testimoni oculari concordano che dopo qualche giorno di controbatteria si scoprì che il consumo di polvere era troppo alto, e si ordinò di ridurlo drasticamente, le valutazioni numeriche variano da un autore all’altro. Martinengo 6, Gatto 58-9: il fuoco venne interrotto dopo 10 giorni, dando ordine di tirare con solo 30 pezzi, e non più di 30 palle per ciascuno. Podacataro 206v: 8 giorni di controbatteria, il primo giorno si erano consumati 400 barili di polvere. Matteo da Capua: i difensori tiravano 1500 colpi al giorno, e in 8 giorni avevano consumato 4000 barili; le scorte di polvere non erano così abbondanti «sicome ogn’un credeva et che anco il loco richiedeva». Valderio 1029: in città c’erano solo 4300 barili di polvere, e in tre giorni di controbatteria se ne era consumato un terzo; perciò si ordinò di limitare il fuoco, non sparando mai più di 100 colpi di seguito. Il nemico si accorse subito che il fuoco era diminuito di intensità e il giorno dopo tirò 4000 colpi; ai difensori si ordinò di ridurre a 80 colpi per ogni azione, e poi appena a 20 colpi al giorno.

14 Gatto 60-1; Calepio 114r; Setton 1029.

15 Martinengo 11; Gatto 58-9.

16 Calepio 114v.

17 Martinengo 6-11; Gatto 60-3; Paruta 244.

18 Gatto 63; Matteo da Capua.

19 Martinengo 7; Gatto 50, 64, 91; Sereno 247.

20 Gatto 64-9; Martinengo 6-7; Matteo da Capua. Secondo Podacataro 206v fu un sacchetto di fuoco greco tirato dai turchi a dar fuoco a tutto. Paruta 245-6 descrive in tono molto efficace, ma non si sa quanto romanzato, l’angoscia dei soldati sul torrione dell’Arsenale, che avevano «veduta fare la mina, e riporvi i sacchetti della polvere», eppure dovevano continuare i turni di guardia, aspettando d’ora in ora di saltare in aria; e aggiunge che nel crollo venne travolta una compagnia che era appena subentrata; Martinengo concorda che la compagnia più esposta fu «molto conquassata» dall’esplosione; Gatto parla invece di tre compagnie e non fa cenno a perdite gravi provocate dal crollo. Il totale dei morti subiti dai difensori nell’intera azione è stimato dal Paruta a 160.

21 Martinengo 8-9; Gatto 72; Calepio 116r.

22 CB, II, 191v-192r. Cfr. anche, sotto (n. 38), le lettere catturate di Mustafà e del suo chiecaia.

23 Martinengo 9; Gatto 75-6; Matteo da Capua; Calepio 116rv.

24 Martinengo 9-10 (morti per l’esplosione: 1000 turchi e 100 cristiani); Gatto 79-80 (1500 turchi e 150 cristiani); Podacataro 206v («amazzorono più delli nostri, che di loro»). L’episodio impressionò anche i turchi ed è riferito in dettaglio da Selaniki e Pec¸evi, che sottolineano le gravi perdite degli attaccanti: Hill 1948, 1019.

25 Matteo da Capua (le perdite cristiane nell’esplosione della mina sono valutate a 130 morti e feriti); Valderio 1031.

26 Cfr. sopra, n. 22.

27 Martinengo 10-1; Gatto 82-7; Matteo da Capua; Podacataro 206v. Secondo Paruta 251, lo stendardo preso dal Baglioni era uno stendardo di San Marco catturato a Nicosia. La decisione di Mustafà di dar fuoco alla porta suscita l’indignazione del biografo del Baglioni, il padre carmelitano e dottore in teologia Cristoforo Sylvestrani Brenzone, che inveisce contro questo «mezzo troppo astuto, ma vigliacco, ma porco, ma apunto conveniente a queste bestie»: Sylvestrani Brenzone 69.

28 Martinengo 16 (150.000 palle in 75 giorni); Valderio 1035 (150.000 palle in 68 giorni). Le cifre sono verosimilmente un arrotondamento di quelle che il chiecaia di Mustafà citò durante i negoziati per la resa, secondo Gatto 97 (163.000 cannonate, di cui 120.000 con palle di ferro, e 43.000 di pietra). Sull’abbondanza di munizioni per i turchi, traghettate dalla terraferma in appena sei ore di navigazione, cfr. Valderio 1032.

29 Martinengo 10-2; Gatto 85-7; Matteo da Capua; Monello 2006, 75 e 170. Sul conflitto fra le autorità veneziane, decise a continuare la resistenza, e i civili che premevano per la resa cfr. l’ampio resoconto di Valderio 1033-6. Sul numero dei soldati ancora in grado di combattere, Martinengo parla di 500 non feriti; Sereno 248, che di solito lo segue fedelmente, corregge in 800, e così pure Foglietta 249; Gatto 92 ne dà 900 vivi alla fine dell’assedio, ma contando anche i feriti.

30 Gatto 86-7; Matteo da Capua. Valderio 1032-3 cita il testo dell’ultimatum.

31 Martinengo 12-3; Gatto 87-94 (i sette barili erano 5 di polvere da cannone e 2 da archibugio); Valderio 1033-6 (5 barili e mezzo); Matteo da Capua (6 barili); 15 barili secondo la relazione di Mustafà (cfr. qui sotto, n. 38).

32 Matteo da Capua; Gatto 93. Secondo il Paruta 255, il parlamentare inviato dai turchi era un alfiere italiano catturato in precedenza.

33 Valderio 1033-7. Anche secondo il Diario dell’armata di Mustafà fu la guarnigione a dichiarare di volersi arrendere e chiedere l’invio di un negoziatore: Costantini 2009, 74.

34 Martinengo 14-6; Gatto 95-7; Matteo da Capua; Valderio 1037-8; Paruta 255-6; Fleischer 1986, 51 n.

35 Gatto 97; Valderio 1038-9; Paruta 256-7.

36 Valderio 1039.

37 Valderio 1039-40.

38 AV 1571, 203v-204rv; Quarti 553-4. Altri particolari nella lettera del chiecaia di Mustafà, catturata e tradotta con l’altra: i prigionieri uccisi erano 50, 2 quelli fuggiti, e Bragadin avrebbe risposto «ho fatto bene» (AV 1571, 205v). Quanto alla cattura delle lettere sulla fusta, secondo un’altra versione non fu il rais a disertare, ma gli schiavi a impadronirsi dell’imbarcazione approfittando di un momento in cui il rais era sceso a terra: cfr. le fonti citate sotto, cap. 28, n. 15.

39 CB, II, 218-9, 222v; Quarti 552-3; Matteo da Capua; AV 1571, 213v. Nei resoconti di parte ottomana la restituzione dei prigionieri è menzionata come una delle clausole della capitolazione: Hill 1948, 1027.

40 Pedani 2005, 25-6.

41 Martinengo 14; Gatto 98; Gattoni 1999, 633; Quarti 552-3.

42 Paruta 261; Foglietta 252; Conti 131r.

43 Quarti 550; Capponi 2008, 201-2.

44 Relazioni, Garzoni 1573, 408; CB, II, 219v, 233v, 426r; Rosi (b), 14 e n.

45 Relazioni, Garzoni 1573, 408; Correr 1578, 255; e cfr. anche l’omaggio reso da Ferhad pascià al valore del Bragadin, parlando nel 1583 col bailo Morosini: Lucchetta 2006, 155-6.

46 Valderio 1038-42; Gatto 98; Matteo da Capua. Nel censimento ottomano del 1572, a Famagosta sono registrati 1157 capifamiglia contribuenti, e 552 fra celibi, vedove e inabili, una diminuzione sensibile rispetto ai circa 10.000 abitanti calcolati prima dell’assedio, ma che indica una vicenda del tutto diversa rispetto a quella di Nicosia (Costantini 2009, 93 e 97; per Nicosia cfr. sopra, cap. 14, n. 28). Sul destino dei soldati italiani catturati a Famagosta e portati schiavi a Costantinopoli, testimonianze rocambolesche in Lucchetta 2006.

47 Gatto 105-21; Martinengo 16; Alessandro Podacataro citato in Setton 1042; Relazioni, Anonimo 1571-73, 164-7 (qui il totale di 1350 schiavi, che verosimilmente comprende anche un residuo di quelli presi a Nicosia); Nunziature X, 98, 114, 116-8; Rosi (b), I. Matteo da Capua e gli altri capitani italiani che scrissero al Barbaro dalla torre del Mar Nero il 28 ottobre dovevano essere arrivati con le navi il 18 ottobre (Relazioni, Anonimo 1571-73, 165); con quel trasporto giunsero in tutto 400 italiani, su un totale di 1500 che secondo i capitani si erano imbarcati, e gli scriventi sono preoccupati perché da Rodi non hanno più notizie degli altri, che si trovavano sulle maone e sulle galere di Arap Ahmet (Matteo da Capua). Anche in questo caso il totale comprende certamente gli schiavi catturati a Nicosia; che gli italiani superstiti a Famagosta fossero 700 venne a saperlo anche il Barbaro (CB, II, 218-9). Il Malatesta era uomo di rango e credito così alto che anche in prigionia poté agire da protettore per gli altri prigionieri, come testimoniano essi stessi (Gatto 122-5; Matteo da Capua; e cfr. il racconto di frate Angelo Calepio che dopo essere stato liberato venne di nuovo arrestato coll’accusa di essere una spia del papa e passò qualche giorno nella famigerata torre nel febbraio 1572, Calepio 110r e 112v); per la sua attività volta a farli liberare, dopo che lui stesso era potuto tornare in libertà, cfr. sopra, cap. 19, n. 17.

Capitolo 25

1 Caetani 122-3; Promis 46; Aricò 1998, 45-9. Don Juan scrive a don Garcia de Toledo il 25 agosto d’essere arrivato con 24 galere (Codoin III, 15); il Caetani (122) pensa che fossero 25, e così il suo vice Sereno (134), che dà anche il dettaglio: 14 spagnole, di cui 4 del Requesens, 4 di Juan Vasques de Coronado, 4 di Gil de Andrade, 2 di Luis de Acosta; 3 di Savoia, 8 della signoria di Genova, di cui 3 al comando di Ettore Spinola, 4 dei Lomellini e una di Bendinello Sauli.

2 Promis 46; per la posizione veneziana, Zúñiga al re, 11 agosto 1571, in Serrano IV, 186, e cfr. Venier 299-300. Secondo il nunzio pontificio, don Juan era partito da Napoli avendo ben chiaro «che se non va a trovare et combattere l’armata nemica, ne riporterà grandissimo biasimo nel cospetto d’Iddio e del mondo»: Nunziature Napoli 36.

3 ASG, 1967.

4 Contarini 33rv; Sereno 137-40; per il precedente memoriale di Ascanio della Cornia, in data 17 dicembre 1570, cfr. Serrano IV, 160 n.

5 Guglielmotti 180-1.

6 Contarini 27r-28r, 30r. Cfr. Nunziature X, 40 per il viaggio della Benedetta, e 88, 17 novembre 1571: «hanno fatto proveditore in Candia, in luogo del clarissimo messer Marino Cavalli, al qual non mancheranno forse travagli perché tra lui et il magnifico messer Marco Quirini è gran contesa, volendo ciascuno d’essi ch’el diffetto del presidio non mandato a Famagosta, come si saria potuto fare, sia causato dal compagno; del qual fatto qui s’è commessa l’inquisitione et chi di loro si troverà colpevole verrà castigato». Per il litigio fra i due cfr. ASV, SS 77, 120r, e per l’inchiesta Quarti 738.

7 Caetani 116 (e cfr. anche Promis 46); Nunziature X, 40-2.

8 Serrano IV, 201.

9 Contarini 32v; Venier 301; ASV, SS 77, 110v; cfr. anche Nunziature X, 47 e 50, Codoin III, 19-20 e Foglietta 264. La cifra delle galere oscilla: 60 secondo il Venier (anche in Nunziature X, 50), Caetani 125 e don Juan (Codoin III, 16 e 19), 62 secondo lettere da Siracusa (Nunziature X, 47), Contarini 32v e 33v; Paruta 262.

10 Nicolini 405-11; Vargas Hidalgo 759, 761, 763-4, 767n.; Caetani 125; Promis 48-9; Sereno 135; Nunziature Napoli 39; lettera del Doria in ASG, 1967; altre in R. Savelli, voce Doria, Giovanni Andrea, in DBI. Sulla galera maltese S. Giacomo, armata a Marsiglia, e che non sembra però aver partecipato alla battaglia di Lepanto, cfr. Bosio 867.

11 Caetani 123-7; Sereno 135 (le galere genovesi sono 4 di Gio. Ambrogio Negroni, 2 di Stefano de Mari, 2 di Giorgio Grimaldi; anche 4 galere della squadra di Sicilia erano in realtà genovesi, 2 di Niccolò Doria e 2 di Davide Imperiale); Codoin III, 19-20; Promis 46 (le navi col reggimento del conte di Lodrone «essendo passate per di fuori et havendo trovato il vento buono sono capitate qua prima di noi») e 48.

12 Cfr. sotto, cap. 27, n. 6, e Appendice II.

13 Caetani 125-7; Motta 1998, 88. Altre testimonianze confermarono la scarsa forza della flotta turca: cfr. sotto, cap. 29, n. 11. Lo stesso ottimismo in Nunziature Napoli 32: «non era dubio che Sua Altezza non fusse per essere superiore et di numero et di bontà di galere al nemico, et [...] non fosse per haverne certa vittoria».

14 Codoin III, 18 e Serrano IV, 420 n.; e cfr. il principe di Urbino al padre, 27 agosto 1571, «poca e trista ciurma» (Capponi 2008, 196).

15 Nunziature X, 43, 46, 49-50; Serrano IV, 201.

16 Caetani 117; cfr. sopra, cap. 23, n. 5. «E tutto viene che li capitani non hanno capo», osservava il Caetani, giacché il loro comandante, Pompeo da Castello, non si era ancora visto (era arrivato a Napoli il 17 agosto: Nicolini 409, e cfr. Nunziature X, 34).

17 Venier 299-300. Don Juan promise di convincere il Granvelle a non porre più ostacoli al reclutamento nel Regno per conto di Venezia: Promis 46.

18 Serrano IV, 10, 97, 139.

19 ASV, SS 77, 129v; Caetani 123-6. Cfr. Sereno 147: «Con le galere che ultimamente da Candia vennero, tanto poca quantità di soldati v’aveva, che non che a supplire alle altre galere de’ Veneziani, che mal fornite ne stavano, ma né per loro armamento bastavano»; e Provana, in Promis 48: «le quali 60 gallere sono assai bene in ordine di ciurme ma niuno soldato». La fanteria del re ammontava secondo il Caetani a 23.000 fanti, di cui 10.000 spagnoli, 6000 italiani e 7000 tedeschi; secondo il calcolo di don Juan, confermato dal Venier e dal principe d’Urbino, c’erano «ventimila fanti, vale a dire settemila spagnoli, settemila tedeschi, seimila italiani», cui però bisognava aggiungere «più di duemila avventurieri e persone particolari», cioè gentiluomini che seguivano la spedizione a proprie spese senza essere inquadrati (Codoin III, 16; cfr. Caetani 126, Venier 299, Capponi 2008, 196); per le truppe effettivamente imbarcate a settembre, cfr. Appendice V.

20 Codoin III, 20; Venier 301; Sereno 147, con cifre in parte diverse, ma il totale di 4000 è confermato dallo stesso Venier in una lettera del 7 settembre (Setton 1048); i conti dell’Ibarra sono più precisi: 1614 spagnoli e 2489 italiani (Appendice V). Fanteria spagnola e italiana al soldo del re venne imbarcata anche sulle galere di Savoia e degli armatori genovesi: Codoin III, 206-9; Sereno 156. Don Juan cedette al Venier anche una grossa quantità di biscotto: Setton 1048; Tercios 108 (6060 quintali, per 18.180 scudi).

21 Codoin III, 19-21. Sulla fanteria reclutata nel Regno per conto dei veneziani cfr. Caetani 121; Caracciolo 17; Sereno 58 e 147 e Appendice V.

22 Serrano IV, 420 n.; Sereno 155.

Capitolo 26

1 Codoin III, 191-2 (altra versione dello stesso rapporto in Setton 1049); ASV, SS 78, 1r; CB, II, 222rv; Charrière III, 160 e 185-6; Nunziature X, 39 e 46; Setton 1045-6; Paruta 225. La notizia, trasmessa anche da Gil de Andrade e da un avviso di Venezia, raggiunse don Juan entro il 9 settembre: cfr. sopra, cap. 25, n. 21. Il rettore di Lesina, attaccata il 17 agosto da Uluç Alì e Kara Hogia, seppe dai prigionieri e da schiavi fuggitivi che il kapudan pascià «no haveva commissione venir più oltre, ma doveva ritornare verso levante, e che questi corsari havevano havuto licentia 12 giorni a ritornar dal bassà»: Ljubic 274. A Venezia le misure straordinarie per la difesa del Lido vennero revocate già il 7 settembre: ASV, SS 78, 1v.

2 CB, II, 221v-222v; Charrière III, 160 e 185-6; Contarini 33r; Sereno 140; Paruta 225.

3 Lesure 82-3. Per Budva cfr. sopra, cap. 22, n. 8. Barbaro: ASV, SS 77, 77rv.

4 Sereno 140; Paruta 226; Contarini 34r. Per l’interrogatorio, cfr. Sereno 164; per l’ordine di ucciderlo, Lamansky 58.

5 Contarini 34r; Sereno 140; Paruta 226; Arroyo 333, Setton 1047; Fresne-Canaye 305-6. Secondo il Sereno la flotta si fermò «molti giorni» nella rada di Corfù, e ripartì «senza aver punto tentato d’assalir la fortezza»; secondo Paruta, il secondo giorno i turchi «tentarono l’espugnazione», e «il terzo giorno si levarono dell’isola». La flotta entrò a Igumenitza l’8 settembre: AV 1571, 192r, e Donà 123. Il giudizio sul Ronconi in Venier 322. Disegno coevo della fortezza di Corfù in Manno 1986, fig. 1.

6 AV 1571, 192r, 196rv, dà notizie riferite da schiavi fuggiaschi e prigionieri catturati prima dell’11 settembre, quando la flotta giunse a Prevesa. Sui tempi ottimali dei corrieri, CB, II, 45r; la notizia che la flotta intorno a metà agosto aveva abbandonato l’assedio di Cattaro era già conosciuta dal Barbaro, a Costantinopoli, il 2 settembre (CB, II, 222rv; negli stessi giorni giunse un uomo mandato da Kara Hogia con la notizia della sua ricognizione verso Messina), ma l’ordine del sultano del 19 agosto arrivò a Lepanto non molto prima del 18 settembre: cfr. sotto, n. 10.

7 Lesure 83; Paruta 211; Sereno 141; Manoussacas 1974, 225-6.

8 Sereno 164. Un estratto del rapporto di Perteu, in Lesure 83, ma ne parlano anche Sereno 158 e Foglietta 262.

9 Contarini 34r; Charrière III, 185; avvisi in Setton 1050; Quarti 552. Il Contarini crede però che l’ordine sia giunto a Parga e che la flotta si fosse trattenuta lì, anziché andare a Prevesa; Paruta 235 segue Contarini, ma lo corregge precisando che l’ordine arrivò a Prevesa. La flotta entrò a Lepanto il 18: AV 1571, 212v.

10 Lesure 79-81; Morales 44. A prima vista, ci si potrebbe chiedere se quest’ordine non sia lo stesso a cui si riferisce il Contarini (cfr. la n. precedente), ma dalla corrispondenza fra Alì e il sultano risulta espressamente che il kapudan pascià lo ricevette a Lepanto, e non prima (ordine del sultano del 13 ottobre, Lesure 84). Anche il fatto che in quest’ordine non si faccia alcun cenno alla presa di Famagosta lascia supporre che esso sia stato preceduto da un altro in cui si dava «conto particolare», come dice il Contarini, della notizia.

11 Insomma, il sultano ha le stesse informazioni che aveva, qualche giorno prima di lui, il Caetani a Messina (Caetani 121, il 10 agosto: «avemo inteso la perdita di Soppotò e che stavano alla Velona a spalmare, e si pensava dovessero andare a Cattaro»).

12 È verosimile che abbia avuto notizia degli ordini per entrambi i pascià il Foglietta 263, secondo cui a Lepanto giunse da parte del sultano un elogio per Perteu e Alì per tutto quello che avevano fatto; poiché la stagione era avanzata, Alì doveva restare con 150 galere a Lepanto o nel luogo che fosse loro parso migliore, per evitare che il nemico potesse attaccare, e Perteu col resto doveva tornare a Costantinopoli.

13 Caetani 7; Promis 45, 48-50.

14 Serrano IV, 429 n.; Codoin III, 8-9.

15 Venier 301; Codoin III, 21 e 191 (altra versione in Setton 1049); Charrière III, 160; Contarini 36r. La giustificazione di don Juan non era probabilmente solo una scusa: il duca d’Alba gli aveva suggerito di convocare di tanto in tanto un consiglio allargato, per fare contenti colonnelli e capitani: Codoin III, 275 (e sotto, cap. 27, n. 1).

16 Caetani 127; Contarini 35r; Sereno 147-9; Setton 1047.

Capitolo 27

1 Codoin III, 273-83. Un esempio di consiglio allargato, tenuto il 5 settembre, in AV 1571, 190rv, con ben 60 presenti, anche se solo 8 presero la parola.

2 Promis 50.

3 Codoin III, 8-9 e 22.

4 AV 1571, 197r; Promis 50; Setton 1049; Sereno 142; Foglietta 189.

5 Venier 301; Arroyo 331; Scetti 110; Promis 50 e 52. Già per la Natività della Vergine, l’8 settembre, l’Odescalchi aveva organizzato cerimonie che avevano profondamente commosso tutti, proclamando il giubileo: Castellani 1937, 441-2; Civale 2009, 78-9 («etiam li vogatori erano grandemente animati a morire per defensione della Santa Chiesa»), e cfr. Sereno 155. Sulla mortalità nella fanteria tedesca, cfr. sopra, cap. 20, n. 13.

6 Vargas Hidalgo 767; Codoin III, 26-7. La cifra delle galere corrisponde esattamente alla somma delle diverse squadre che si erano radunate a Messina (cfr. sopra, cap. 25), ed è confermata dall’Ibarra, Codoin III, 215, da Romegas 187, e da monsignor Odescalchi, partito da Messina il 16 dopo aver visto salpare la flotta, e giunto per mare a Napoli il 24, correndo il rischio di essere preso da alcune fuste turche (Nicolini 412). Il Venier, alla vigilia della partenza, ne calcolava 209: 109 di Venezia, 81 del re, 12 del papa, 3 di Savoia, 4 di Malta (AV 1571, 190r). Inutile dire che le fonti memorialistiche e cronistiche danno cifre spesso diverse.

7 Promis 46, 51-3.

8 Venier 301; Molmenti VII; Codoin III, 27-8; Promis 52; Setton 1050; Serviá 364; Sereno 158 (qui la notizia che i 5 o 600 fanti appartenessero alla milizia calabrese; secondo Caracciolo 20 erano invece «Ispagnuoli del terzo di Napoli del Maestro di campo Padiglia, i quali s’imbarcarono a Cotrone, et a Taranto»; ma si tratta verosimilmente di una sovrapposizione con quelli di cui alla n. seguente); Contarini 35r; Foglietta 309-10; Arroyo 331-2. Sulla fanteria del Toraldo, AV 1571, 197r, 210v. Il reclutamento della milizia nel regno di Napoli era stato ordinato dal Granvelle all’inizio di agosto, «a raggione di quattro soldati per ogni 100 fuochi» (Promis 44). Sulle ulteriori conferme dell’allontanamento di Uluç Alì ricevute dai comandanti cristiani cfr. sotto, cap. 28, nn. 6 e 17.

9 Codoin III, 27-8; Promis 52; Nicolini 412-3; Serviá 364; Sereno 161-2; Foglietta 310-1; Paruta 264; Arroyo 333. Il duca d’Alburquerque morì il 21 agosto, e a succedergli fu poi il Requesens.

10 Nunziature X, 55, 57, 59; Faroqhi 2004, 46; Setton 1046; Relazioni, Santa Croce 1573, 191-2.

11 La repressione, che si scatenò l’anno seguente, fu durissima, e il clero ortodosso pagò un caro prezzo: l’arcivescovo Germanos di Patrasso venne tagliato a pezzi con tutti i suoi seguaci, l’arcivescovo di Rodi impalato, mentre Makarios di Monemvasia fuggiva a Venezia. Cfr. Lamansky 087-9; Lesure 94; Manoussacas 1974, 233-41.

12 Athanasiadis-Novas 1974, 15-6.

13 Secondo Scetti 114, la notizia della ricognizione di Karagia Alì raggiunse don Juan a Santa Maria di Leuca, quindi il 24; secondo una relazione anonima in Quarti 587, fu il 19 al largo di Crotone. «Il vecchio e bravo Caragiali, capitano d’Algieri e luogotenente di Uccialì» (Sereno 201) era stato uno dei protagonisti della presa delle galere di Malta il 15 luglio 1570: Bosio 857-8, e Costantini 2009, 17.

14 Questa corrispondenza, edita parzialmente in Lesure 82-6 e in Inalcik 1974, 188-9, rappresenta la fonte più sicura sulla ricognizione di Karagia Alì. Il porto «presso Messina» che Lesure non riesce a interpretare e che Inalcik legge Taranda, suggerendo che si tratti di Otranto, sarà verosimilmente Taranto. Tra le fonti cristiane, il meglio informato è Foglietta, 262 e 312-3. Scetti 110 contiene dettagli preziosi su ciò che si seppe dell’accaduto a bordo della flotta cristiana, ma confonde il pur noto Karagia Alì con l’ancor più noto, e temutissimo, Kara Hogia («e il detto corsale era chiamato Caracoggia, omo molto arisicato»); analoga confusione in Caetani 132. Questa confusione, che in sé non sarebbe grave, lo diventa dal momento che Kara Hogia, come vedremo, compirà qualche giorno dopo un’impresa analoga mentre la flotta cristiana si trova a Cefalonia; le ricognizioni dei due corsari sono perciò state spesso confuse, tanto nelle fonti coeve (cfr. ancora Scetti 114) quanto nella storiografia moderna (cfr. sotto, cap. 28, nn. 19-20).

15 Le testimonianze raccolte dopo Lepanto lasciano pochi dubbi sul fatto che Uluç Alì era davvero partito con un certo numero di vascelli, ma era diretto soltanto a Modone, ed era tornato indietro prima della battaglia. Caetani 132 scrisse che Uluç Alì era tornato in tempo «da Modone con tutti li sessanta vascelli»; Giambattista Contarini seppe dai prigionieri che era tornato «la sera inanti il conflitto» (AV 1571, 226v). Il Barbaro a fine ottobre raccolse invece a Costantinopoli la notizia secondo cui 12 galere andate «per gente a Modon» e altre 15 che caricavano biscotto a Lepanto non parteciparono alla battaglia: CB, II, 231r.

16 Per tutti questi ordini, cfr. Lesure 82-91, e Inalcik 1974, 189-90; per i problemi della diserzione invernale, Veinstein 1983. In realtà, dall’esercito di Ahmet pascià molti tornarono a casa, suscitando, all’indomani del disastro di Lepanto, la rabbia del sultano, espressa in una terribile lettera del 10 novembre: «Chi ha dato ordine di disperdersi alle milizie che ti accompagnavano? Perché non hai dato le istruzioni ferme che occorrevano ai capi? Se sono partiti rinunciando al loro soldo, che razza di uomini sono? Farai un registro con i loro nomi, e lo manderai alla mia Porta imperiale. Che quelli fra i miei giannizzeri che ti accompagnavano e si sono dispersi ritornino presso di te» (Lesure 187). Mehmed Özküroglu era un membro della famiglia albanese degli Sguras (Inalcik 1974, 189-90): su di lui, intendente dei beni imperiali, appaltatore delle imposte, dopo Lepanto bey di Mizistra, cfr. Lesure 220-1.

17 Cfr. sopra, capp. 22, n. 6; 26, n. 9.

18 «L’armata nemica partì dalla Prevesa alli 15 del presente, la qual ha lassato in terra molti amalati, et dicesi che in essa è il mal del flusso», riferiva il Venier da Corfù il 26 settembre: AV 1571, 214r. Per un quadro riassuntivo delle testimonianze sull’epidemia che regnò per tutta l’estate sulla flotta, cfr. sotto, cap. 31, n. 8.

19 Cfr. gli estratti dalle cronache di Selaniki, Peçevi e Kâtib Çelebi, in Lesure 93 e 122, Mantran 1984, Yildirim 2007, 547-8; per Alì, Inalcik 1974, 190. I cronisti Lokman e Selaniki sostengono che già durante le operazioni contro Dulcigno molti combattenti sbarcati non erano più rientrati a bordo: Inalcik 1974, 188; Yildirim 2007, 551. Secondo Foglietta 262-3, 311-2, sui circa 60 corsari che accompagnavano la flotta una trentina ottennero il congedo, anche perché i loro legni più piccoli rischiavano di più nella cattiva stagione; secondo Lala Mehmet (su cui cfr. la n. seguente) i corsari congedati «per andarsene a casa col permesso del pascià» erano addirittura 60 (Relación 249). Per l’episodio dell’inverno precedente, cfr. Tucci 1958, 83.

20 L’interrogatorio del precettore è inserito nella Relación, 249-53; gli spagnoli lo chiamano «Alhamet», corruzione di Lala Mehmet, dove Lala significa «precettore» e Mehmet è il suo nome proprio, come risulta dalla corrispondenza in Rosell XXXVII. Da lui dipende Arroyo 340. Per le altre citazioni, Yildirim 2007, 537, 551-2; Lesure 91; Morales 49; e cfr. sotto, cap. 31, n. 10.

Capitolo 28

1 AV 1571, 216v-217r; Venier 307; Molmenti VII; Diedo 179-82; Sereno 162-3; Caracciolo 21-4; Arroyo 333.

2 Caracciolo 21-4; Sereno 163; Venier 322.

3 Sereno 164; AV 1571, 214rv, 217v.

4 Sereno 162 (ma le truppe «non furono molte però»); Caracciolo 20; Codoin III, 28 («fino a millecinquecento spagnoli e un certo numero di italiani») e 205 (1120 soldati del tercio di Napoli); Nicolini 412-3.

5 Caetani 128; Scetti 111; Caracciolo 24; Venier 307; Codoin III, 27-8; Contarini 36v. Su Igumenitza cfr. Fresne-Canaye 304: «le Gomenizze bello golfo dove starian commodissimamente tutte le galere del mondo».

6 Relación 239 e 259; Sereno 164; Foglietta 311-2; Arroyo 334. Per le notizie raccolte dal de Andrade a Zante e a Cefalonia cfr. anche AV 1571, 217v («che 70 in 80 vele erano passate alla volta di Modon») e 226v («da 60 in 70 galee et galeotte»). A Napoli la notizia arrivò il 12 ottobre, di rimbalzo da Corfù; secondo questa versione, Uluç Alì era stato mandato a Modone con 40 galere e 40 altri legni mal in ordine (Nicolini 414). Dopo la battaglia gli spagnoli chiesero a Lala Mehmet se alcuni vascelli erano partiti alla volta di Modone e Corone; il precettore rispose di sì, fino a 60 galeotte e due navi, il che dimostra che stava parlando dello stesso raggruppamento, anche se poi confuse tutto aggiungendo che si trattava dei corsari congedati (cfr. sopra, cap. 27, n. 19).

7 Scetti 111; Sereno 168; Caetani 128-9; Caracciolo 24; Diedo 185; Serviá 365-6; cfr. Aglietti 1998, 134.

8 AV 1571, 218v; Venier 307; Sereno 165 («di che forse fu colpa l’antica inimicizia tra le nazioni Genovese e Veneziana, che ancora nelle memorie odiosamente si nutrisce»); Relación 240; Caetani 128; Serviá 365; Quarti 577.

9 L’«armiraglio» era un ufficiale non nobile, promosso dal grado di comito, e aveva, sulla Capitana di Venezia, un ruolo che gli studiosi moderni paragonano a quello di un capo di Stato maggiore e di ufficiale di navigazione della flotta (Nani Mocenigo 1935, 30-1; Hocquet 1991, 486; Tucci 1991, 528 e 531).

10 Venier 308; AV 1571, 208v, 218v-221r; Quarti 573 e 576; Molmenti (b), XXXV; Colonna in Molmenti VII; Caetani 130 (quattro impiccati in tutto); Diedo 183-4 (tre impiccati); Sereno 106 (quattro impiccati); Caracciolo 25 (cinque impiccati); Serviá 365 (quattro impiccati); Longo 31; Arroyo 335; Setton 1051. Gli impiccati furono in effetti quattro, come riferì il Venier ai Dieci, più un condannato alla galera: AV 1571, 219r; Molmenti (b), 8 n. e doc. VI. Sulle continue insolenze dei soldati aveva scritto Prospero Colonna al doge già il 29 settembre, esprimendo la sua perplessità «di haver a pigliare fanti spagnuoli et fanti italiani del re sopra nostre galee con li quali vi è ognora tanti rechiami che non so che me pensare se non male» (Quarti 568). Sulla perdurante ostilità fra don Juan e il Venier, anche dopo Lepanto, cfr. sotto, cap. 32, n. 24.

11 Promis 46; Caetani 99. Anche il Colonna col Barbarigo si trovava benissimo: «quando stavo con lui avevo tanto contento che ogni travaglio mi si appartava davanti» (Quarti 687).

12 Lo schema più dettagliato dello schieramento com’era stato progettato è nell’elenco, probabilmente di mano del Provana, edito in Prasca 135-47; cfr. le versioni del Venier, in Quarti 564; Contarini 36v-39v; Diedo 197-8; Serviá 362; Setton 1047; Scetti 112; Promis 50; Romegas 187; e Morin 1985, 231. Le galeazze avevano tre rematori per banco, insufficienti per spingerle alla stessa velocità delle galere: Morin 1985, 213; Capponi 2008, 170-2.

13 Caracciolo 25; Paruta 269; Serviá 366; Arroyo 335.

14 Caracciolo 28; Molmenti VII; Caetani 129; Venier 310; AV 1571, 221v; Contarini 39v-40r; Arroyo 336. Il sospetto che fra i comandanti qualcuno fosse ben contento di lasciare ai turchi il tempo di andarsene non era del resto infondato: cfr. sopra, cap. 26, n. 14. Sui comiti «furfantissimi», Rudt de Collenberg 1987, 40.

15 Venier 310; Relación 240-1 («en lugar de cumplir lo concertado con los de dentro, los habian á todos degollado») e 261; Caetani 130; Contarini 40r; Arroyo 336; Quarti 578. Sulla cattura della fusta, cfr. sopra, cap. 24, n. 38. Sulle notizie portate dalla fregata cfr. anche, qui sotto, n. 17.

16 Venier 310; Diedo 184; Caetani 132.

17 AV 1571, 217v-218, 220r (50 vele), 221v (60 galere); Caetani 129; Sereno 169-70; Codoin III, 347 (50 galere); Serrano IV, 239; Quarti 578-9: sono conferme della stessa notizia già giunta in precedenza (cfr. sopra, cap. 27, n. 8, e qui sopra, n. 6). Caracciolo 24 colloca l’incontro con la fregata durante il viaggio da Corfù a Igumenitza; secondo Contarini, 40r, la fregata raggiunse la flotta in porto a Cefalonia, e riferì di 40 legni partiti con Uluç Alì; secondo Diedo, 191-3, il prigioniero riferì «che Ulucchi Alì con forse ottanta legni era passato in que’ giorni verso levante, rimorchiando le due navi che il luglio passato ci furono tolte». Un agente del Granvelle scrisse a Napoli da Corfù che la flotta nemica si stava rafforzando a Lepanto in vista della battaglia o, secondo altri, per attaccare Zante: Nicolini 414. È un episodio separato l’incontro con «una galeotta di corsali greci» (Caracciolo 28), ovvero «una galeota de griegos de 18 bancos, que dijeron que iban á robar ciertos casares del Turco», Relación 241 e 261.

18 AV 221v (il Venier, di pessimo umore, scrisse al doge il 5, chiedendo polemicamente di poter lasciare il generalato, e «buona licentia di repatriare»), 224r, 226v; Quarti 579-4; Venier 311; Caetani 132; Relación 241; Provana; Spinola; Canal 125; Codoin III, 347-8; Nicolini 414; Diedo 193; Caracciolo 28; Sereno 182. L’arcipelago delle Curzolari è oggi in gran parte scomparso per l’avanzare della linea costiera: cfr. sotto, cap. 29, n. 23.

19 Sereno 168; Scetti 114; Diedo 185; Contarini 40v; Foglietta 341. Questa prima ricognizione di Kara Hogia col relativo errore di valutazione è spesso confusa con quella di Karagia Alì a Messina: cfr. sopra, cap. 27, n. 14.

20 Questa seconda ricognizione di Kara Hogia, a Cefalonia, è attestata da Diedo, 185 e 188, Caracciolo 29, Sereno 170-1, e Serviá 366, secondo cui don Juan ne fu informato da un turco catturato alle Curzolari nella notte tra il 6 e il 7 ottobre; gli ultimi due autori, però, la confondono con la precedente ricognizione di Kara Hogia a Igumenitza.

21 Diedo 184-92; Contarini 1r, 40v-43v; Sereno 171-81; Foglietta 314-42 (secondo cui Alì convinse Perteu a risalire fino a Santa Maura per imbarcare le truppe che si trovavano lì, anche se in realtà era un espediente per cercare la battaglia); altre fonti in Capponi 2008, 212-4 e n. Per i cronisti turchi cfr. innanzitutto Peçevi, in Lesure 93 e 122 (qui le citt.) e Yildirim 2007, 547-9. Ripreso alla lettera da Kâtib Çelebi, Mantran 1984, 186-7.

22 Caracciolo 29-32; Sereno 187; Provana; Rosell XIV.

23 Venier 311; Caracciolo 29; Relación 241-3 e 261-3; Sereno 187-8; Diedo 194-6; Arroyo 340. Secondo Giambattista Contarini (AV 1571, 226v; anche Foglietta 347) l’armata nemica fu scoperta «discosta da noi dodici miglia» (secondo Crescenzio 139, le vedette appostate sul calcese, ovvero la cima dell’albero maestro, in condizioni di visibilità ottimale al mattino potevano avvistare una vela fino a venti miglia di distanza).

Capitolo 29

1 Contarini 47v; Diedo 195; Paruta 277; Quarti 596. Per il calcolo della velocità a remi, Pryor 1988, 71-5; Conway 1995, 200 n. e 201.

2 Provana; Relación 216, 239-40, 262-4; Caetani 133; Diedo 195-201; Caracciolo 35; Longo 27.

3 Provana; Canal 126; Quirini in Quarti 618; Giambattista Contarini in AV 1571, 227r; Sereno 190; Diedo 201-2; Contarini 51r; Charrière III, 188; Setton 1052; Relación 216; Foglietta 374-5; Arroyo 341 («il mare tanto tranquillo e in bonaccia come se fosse di latte»).

4 Relación 251; Sereno 187; Setton 1052; Diedo 199.

5 Doria 154.

6 Contarini 37r: «quattro galee restorono disarmate» a Igumenitza. Diedo 184: la flotta partì da Igumenitza «lasciando addietro quattro o cinque galee, che si spalmavano qui a Corfù». Foglietta 372: assenti a Lepanto «quattro galee per uso dell’armata mandate in varii luoghi». Secondo il codice padovano citato dal Quarti, 617, due galere furono spedite a Otranto e due restarono disarmate a Corfù; l’informazione si può incrociare con la notizia, conosciuta a Napoli già il 10 ottobre, per cui il dottor Morcate, partito con don Juan come uditore generale dell’armata, era stato mandato in Puglia con due galere per provvedere biscotto e disporre per lo svernamento della flotta (Nicolini 413; Arroyo 333-4). La cifra di 204 resta comunque indicativa. Nelle diverse versioni della relazione di don Juan al re si legge per la flotta cristiana ora la cifra di 200, ora di 203 galere, oltre alle 6 galeazze (Relación 246 e 267); poco più di un mese dopo, il 15 novembre, rilasciando un attestato a un ufficiale spagnolo, don Juan scrisse che l’armata della Lega «consisteva in centonovantotto galere reali e sei galeazze» (Cajal 140).

7 Nicolini 412. Cfr. Nunziature VIII, 84, 1° febbraio 1567: in preparazione «otto galere grosse, che serviranno per quaranta delle sottili et più».

8 Relazioni, Ragazzoni 1571, 100. Per le galere uscite da Costantinopoli, cfr. sopra, cap. 19, nn. 6 (15 galere con Kaya Çelebi), 8 (26 galere col kapudan pascià), 11 (80 galere di Perteu), 25 (25 galere di Hasan Barbarossa). Le galere delle guardie erano ordinariamente una trentina (CB, 95v, 334v, 346r; Nunziature IX, 214; Charrière III, 59; Relazioni, Zane 1594, 404; e cfr. Imber 2002, 300 e Fodor 2002, 89), ma nell’inverno 1570-71 ne rimasero fuori 20 o 30 in più (cfr. sopra, cap. 16, n. 22). In effetti, dopo la congiunzione con le guardie e con Kaya Çelebi, risulta che il capitano del mare aveva 80 galere, e Perteu un centinaio (cfr. sopra, cap. 19, nn. 9 e 23), il che porta di nuovo il totale a 205.

9 Sulla consistenza complessiva del contingente corsaro levantino i dati sono contrastanti: 30 galeotte per Romegas 186; ma Kara Hogia, il principale capo corsaro del Levante, aveva 42 tra fuste e brigantini (cfr. sopra, cap. 22, n. 12). Due diverse valutazioni, una occidentale e una turca, stimano a circa 60 in totale i legni dei corsari, barbareschi e levantini, anche se discordano su quanti vennero congedati: cfr. sopra, cap. 27, n. 19.

10 Per le perdite, cfr. sopra, capp. 19, n. 8; 21, n. 6; 22, n. 12 e 26, nn. 1 e 5; cfr. anche CB, II, 222v: a Costantinopoli, a settembre, si calcola che in tutta la campagna «si siano di quest’armata persi da 30 o 40 vasselli». La notizia raccolta dal Barbaro (CB, II, 231) parrebbe confermata da quella che circolava a Napoli a fine novembre (Nicolini 418), per cui i turchi dopo la sconfitta avevano ancora fra Modone e Lepanto 40 galere in pessimo stato, che sono quasi certamente di più di quelle che Uluç Alì riuscì a salvare dal disastro (cfr. sotto, capp. 30, nn. 18-19; 32, nn. 1-2; Epilogo n. 4).

11 Cfr. sopra, capp. 21, n. 10; 22, n. 6; 25, nn. 5 e 13; 26, n. 15; 27, n. 4; 28, n. 3, nonché ASV, SS 77, 118v, e AV 1571, 226v. Per il rapporto da Lesina, cfr. Ljubic 274. Un solo storico del tempo, a mia conoscenza, ha dato una valutazione analoga, ed è il Saraceni, 721: «quella turchesca di trecento vele: nelle quali nondimeno non v’erano più di cento ottanta galee sottili, male anco fornite di remi, e di soldati; il restante erano galeotte, fuste, e schirazzi».

12 Canal 126; Nunziature X, 70; Relación 267; Cajal 140.

13 Provana; Foglietta 372; Sereno 188; Contarini 43v-47v, 50v; Selaniki: Jennings 1993, 11, ripreso da Kâtib Çelebi (Quarti 614). Secondo Lala Mehmet c’erano invece 230 galere e 70 galeotte (Relación 249).

14 Contarini 48v, 50v. Per gli stendardi turchi, Codoin III, 256, 270-2 e Morales 28-30; cfr. Rosell 208; Donà 134; Sakisian 1941, nonché i nn. 39 e 45 in Venezia e l’Islam 2007. Per lo stendardo della Lega, cfr. Fedele 1909; per quello del pontefice, Sereno 47.

15 Contarini 48v, 51r; Quarti 433-5; Relación 216, 244, 264. Sulla gagliarda: Caracciolo 36; Caetani 133; prendo in prestito il felice concetto di sprezzatura da Capponi 2008, 224; sull’espressione «come matti»: Sereno 190-1. Su cappuccini e gesuiti cfr. anche Manolesso 69 e Morales 44.

16 Contarini 48r; Sereno 192; sui trinchetti, Diedo 201 (cfr. Tenenti 1962, 55).

17 Molmenti (b), XLVI; Scetti 118; Contarini 48r; Sereno 192 e 203; Relación 222; Codoin III, 226; Diedo 207 e 211; Foglietta 371; Arroyo 346 e 354. Secondo un opuscolo anonimo (Quarti 602) «fu detto ai galeotti sforciati, che altri turchi sariano posti alla catena in loco loro». Sulla voluta lentezza della voga, Conti 148r; Canal 126 ricorda che don Juan «fermò la sua Reale» per permettere alle altre galere di allinearsi alla sua.

18 Cajal 141; Scetti 118. Cizakça 1981, 787, sembra implicare che forsa si riferisse anche ai rematori liberi, e non soltanto agli schiavi (così invece Fontenay 1981, 900); suggerisco che il termine derivi da «forza» e non da «forzato». Cfr. anche Relazioni, Bernardo 1592, 343, con l’annotazione che d’ordinario le galere turche non portano «arme per li galeotti».

19 Caracciolo 39; Arroyo 345 e 357; Capponi 2008, 220.

20 Il 7 ottobre 1571 corrisponde al 20 ottobre secondo il calendario gregoriano: quel giorno il sole in Grecia sorge alle 6.38 e tramonta alle 17.41 (www.timeanddate.com). L’ora dell’avvistamento è fissata «all’uscir del sole» dal Colonna (Guglielmotti 243-5); «allo spuntar del sole, che fu a un’ora di giorno» da Caetani 133; «a due hore di giorno» da Canal 126, Contarini 48r, da una relazione anonima (Setton 1052) e da Lala Mehmet (Relación 251). Le due flotte erano a tiro di cannone a mezzogiorno secondo la relazione di don Juan: Relación 216, 243, 264; «all’hora quatro di giorno» secondo Francesco Duodo (AV 1571, 226r); «intorno alle quattr’ore e mezza del giorno» secondo Diedo 206; a «cinque hore di giorno» secondo Giambattista Contarini (AV 1571, 227r). Molti altri rendiconti indicano l’ora secondo il sistema italiano corrente, che contava ventiquattr’ore a partire dal tramonto. Il Colonna nel suo rapporto al papa scrive che la battaglia cominciò «verso le ore 18 (mezzogiorno, N.d.A.): et per cinque hore continue se combatté», finché il buio non impedì di continuare (Guglielmotti 243-5); il Venier, nel rapporto inviato a Venezia, disse che la battaglia «durò dalle 17 hore (le 11, N.d.A.) sin a notte» (Nunziature X, 70); lo Spinola nel rapporto a Genova afferma che l’armata nemica fu scoperta alle 14 (le 8, N.d.A.) e che la battaglia cominciò alle 19 o alle 20 (13-14, N.d.A.). Cfr. sotto, cap. 30, n. 21.

21 Diedo 195; Venier 310-1. Per le galeazze, Relación 216, 243 e 264; Sereno 192; Foglietta 361-2; Saraceni 722.

22 Canal 126: corno sinistro 53, «corpo della bataglia» 63, corno destro 53, soccorso 30, «altre X galere» di riserva «in diverse parti» (tot. 209). Contarini 37r-40r: corno sinistro 53, battaglia 61, corno destro 50, retroguardia 30, avanguardia 8 (tot. 202). Diedo 197-8: corno sinistro 54, battaglia 66, corno destro 53, soccorso 30 (tot. 203). Serviá 362: corno sinistro 57, centro 60, corno destro 53, riserva 30, avanguardia 6 (tot. 206). Nelle incisioni coeve riprodotte in Venezia e i turchi 1985, 27, il corno sinistro ha da 53 a 55 galere, la «battaglia reale» 61, il corno destro 53, la «retroguardia» o «soccorso», che comprende anche l’avanguardia, 37 o 38. Requesens, 52-3, assicura che il Santa Cruz e il Cardona erano al loro posto «parecchio tempo prima che si combattesse».

23 Sereno 185, che peraltro aveva letto Manolesso 68v: «che pare a punto un Teatro, fabricato da la Maestà Divina per un tanto spettacolo». Sul mutamento della linea costiera Edgerton et al. 1973; Morin 1985, 210.

24 Sulla manovra del Barbarigo e di Shuluq, Diedo 199-200, 204; discussione tra Alì pascià e Uluç Alì ricostruita dal cronista turco Peçevi e ripresa alla lettera dal più tardo Kâtib Çelebi: Mantran 1984, 186-7; Yildirim 2007, 549; Capponi 2008, 221.

25 Diedo 198 e 200; Sereno 194.

26 Diedo 202-3; Caetani 133; leggermente diverso il resoconto in Sereno 189.

27 Paruta 294. Non era soltanto lui a pensarlo: vent’anni dopo, il bailo Lorenzo Bernardo affermò che le galere cristiane avevano vinto a Lepanto perché «superiori d’artiglieria» (Relazioni, Bernardo 1592, 344).

28 Sulle caratteristiche tecniche e la terminologia dell’artiglieria dell’epoca cfr. Crescenzio 509-13; Guilmartin 1974; Morin 1975; Hale 1983; Morin 1985; Morin 2002; Panciera 2005, 167-73; Ridella 2005 e 2008; Capponi 2008, 165-9.

29 Cfr. Appendice VI. Nel 1568, peraltro, anche Filippo II, su richiesta di don Juan, ordinava che ogni galera spagnola avesse a bordo «almeno una dozzina di moschetti»: Tercios 54.

30 Relazioni, Michiel 1558, 121; Cavalli 1560, 292-3; Ragazzoni 1571, 100-1; AV 1566-1570, 155v-156r; CB, 348r, 352r e II, 140r (a proposito delle galere di Perteu: «di artigliaria si dice che sono mal fornite»); Lesure (b), 159; Fresne-Canaye 308. Arrivando a Corfù la squadra turca aveva salutato con una salva le galere di Marco Quirini che si trovavano in rada, e i veneziani avevano risposto allo stesso modo; secondo il Fresne-Canaye, «alla risposta si conobbe che le galere venitiane sono meglio fornite di canoni et hanno bombardieri più esperti ch’i turchi» (Fresne-Canaye 307). Nell’ultimo decennio del secolo la dotazione era stata aumentata, ma i baili veneziani ripetevano che anche così le galere turche erano armate «malissimo», con un cannone di corsia e quattro falconetti, qualche pezzo in più solo sulle galere dei bey; e riferivano che «il capitan bassà vorrebbe migliorare le galee di artiglieria»: Relazioni, Moro 1590, 354. Si noti, però, che fino alla metà del Cinquecento ci sono testi che attribuiscono alle galere ottomane una dotazione d’artiglieria più consistente (Cristoforo da Canal, 84-8; Relazioni, Trevisan 1554, 140).

31 Codoin III, 228-9. Per la Granada, Cajal 141. Nel 1569 i galeotti cristiani di una galera turca si impadronirono del legno e lo portarono a Messina: a bordo c’erano il cannone di corsia, due sacri e due smerigli (Vargas Hidalgo 557-8). Nel 1573 l’inventario di una galera turca catturata dà un cannone, due sacri e due falconetti (Capponi 2008, 167-8). In entrambi i casi, però, si trattava di galere bastarde di fanale, considerevolmente meglio armate di quelle ordinarie; anche qui mancano comunque del tutto i pezzi più piccoli.

32 Morin 1985, 210-9; Panciera 2005, 219-23 (con la relazione del Duodo; di quest’ultimo si vedano anche la lettera dell’8 ottobre in AV 1571, 225v-226r, e i ritratti in Gibellini 2008, tavv. 16-17); Capponi 2008, 170-1. Cfr. Panciera 2005, 169 per la distinzione coeva tra calibri piccoli («dal 12 in zoso») e medio-grandi («dal 14 fino al 120»), che abbiamo deciso di seguire nel nostro calcolo.

33 Per i calcoli, cfr. Appendice VI. Può darsi che per di più i cannoni turchi fossero di peggiore qualità: un rapporto veneziano sui pezzi d’artiglieria catturati a Lepanto concluse che anziché utilizzarli era meglio rifonderli «al moderno», e il loro inventario dimostra che erano mediamente più leggeri dei corrispondenti pezzi veneziani (Hale 1983, 315; Panciera 2005, 25 n.; Capponi 2008, 168). Agoston 2005 mette giustamente in guardia contro i pregiudizi che potevano falsare queste valutazioni, ma non ha quasi nulla sull’artiglieria navale, men che mai del XVI secolo. Va però anche detto che sulle galere turche si trovarono moltissimi pezzi fabbricati in Occidente e preda di guerra, il che da un lato può confermare che i turchi li preferivano a quelli di propria fabbricazione, ma d’altra parte implica una riduzione dell’eventuale gap tecnologico: sulle tre galere catturate dalla Granada, due cannoni di crociera portavano le armi del regno di Sicilia e uno quelle di Andrea Doria, «e a quel che si seppe furono persi nelle giornate di Prevesa e delle Gerbe»; i nove sacri avevano tutti lo stemma dell’ordine di Malta, e una parte dei pezzi minori aveva l’insegna dell’imperatore Massimiliano d’Asburgo (Cajal 141).

34 Codoin III, 19-22; Pantera 85-92, 389-91; Relazioni, Cavalli 1560, 293; cfr. anche l’analisi minuziosissima di Cristoforo da Canal 244-50, che conclude egualmente sulla necessità di non sparare se non al momento dell’urto; Sereno 154, da interpretare, credo, nel senso che due dei pezzi dovevano restare carichi e sparare solo all’ultimo momento.

35 Secondo Sereno, 192-4, Alì ordinò espressamente di non attaccare le galeazze, e per evitarle la linea della flotta ottomana fu costretta a dividersi prima in tre, e poi in cinque segmenti. Il Duodo l’8 ottobre scrisse di aver appreso dagli schiavi cristiani liberati che il nemico aveva intenzione di attaccare le galere sottili, e dopo averle sconfitte volgersi contro le galeazze; aggiunse che in tutta la battaglia la sua galeazza aveva «havuto doi canonate per puppa», non gravi, e che nessun’altra galeazza fu danneggiata (AV 1571, 225v-226r). «Castelli in mare»: Concina 1991b, 238. Il paragone è ricorrente: un gesuita imbarcato con la flotta nel 1570 aveva paragonato le galeazze a «tanti castelli» (Castellani 1936, 475); Sereno 192: «a guisa di eminenti castelli»; Foglietta 306 e 354: «quasi tante castella»; Conti 140v: «come castella in mare»; Saraceni 711: «a guisa di castelli in mare». Anche le galeazze costruite dai turchi subito dopo Lepanto apparivano a un contemporaneo «a modo di castelli» (Fresne-Canaye 276).

36 Cristoforo da Canal 85; Morin 2002; Ercole 2006, 79-81.

37 Caetani 134; Relación 217; Codoin III, 348; Duodo in Morin 1985, 215, e altre testimonianze ivi, 225-6; Diedo 203-4, 206-7; Colonna in Molmenti (b), doc. I; Contarini 51v (qui «spaventosi gridi», e cfr. Sereno 194, «orribilmente gridando»); Manolesso 69v; Sereno 193-5; Paruta 282 e 294; Quarti 621 e n. Diverse fonti ufficiali veneziane attestano che i bombardieri a bordo delle galeazze avevano introdotto decisivi miglioramenti nel «caricar l’artiglieria» e nel tiro: Morin 1985, 229; Morin 2002; Panciera 2005, 183-4; Capponi 2008, 224. Forse l’unico testimone in controtendenza è il Provana, secondo cui «le galeazze furono le prime a far la parte sua con la artigliaria, la qual però, a mio parere, non fece gran danno; almeno li nemici non ne fecero sembiante alcuno, ma passando per mezzo di loro senza rompere il suo ordine vennero animosamente alla volta nostra»; fra gli storici, ridimensiona il ruolo delle galeazze il genovese Foglietta, 353-4.

38 Quanto durò il cannoneggiamento? Dipende dalla distanza delle galeazze dal grosso, su cui le testimonianze sono irrimediabilmente divergenti: era pari a un tiro di cannone secondo Provana; «un buon miglio» secondo Sereno 192; «mezzo miglio» per Caetani 133 e Paruta 281; «un tiro di arcobuso» secondo due relazioni veneziane (AV 1571, 226v; Corazzini 4); era prevista a «un quarto di miglio» negli ordini di schieramento emanati da don Juan (Panciera 2005, 23), e questa fu la distanza effettiva secondo almeno una testimonianza (ivi, 222). Secondo Foglietta, 306-7 e 353-5, la distanza prevista era invece di un miglio (così anche Conti 135v), e la lentezza con cui la flotta avanzò verso il nemico fece sì che risultasse eccessiva, perché la flotta turca, serrando sotto, si sottrasse al tiro delle galeazze. In ogni caso, le galere turche rimasero esposte al cannoneggiamento per uno spazio non superiore a 3 chilometri, e forse molto meno. Quella distanza venne percorsa dai turchi alla massima velocità possibile, che secondo i calcoli moderni è di 6 o 7 nodi, pari a una dozzina di chilometri all’ora. Perciò il cannoneggiamento non durò più di un quarto d’ora.

39 Codoin III, 22; Caetani 134; Diedo 207; Relación 217; Contarini 52r; Foglietta 366. Il taglio degli speroni è frainteso già da Arroyo 342, che attribuisce l’iniziativa a don Juan.

Capitolo 30

1 Diedo 202; Caracciolo 36 e 39, e per la manga cfr. Panzac 2009, 38. Il termine deriva chiaramente dallo spagnolo manga, italiano manica, parola usata dai militari occidentali per indicare i reparti di archibugieri che affiancavano i picchieri nel combattimento terrestre.

2 Caetani 134-5; Relación 219 (ripresa da Manolesso 71: «nostri archibugieri, molti de quali scaricorono l’archobuso più de quaranta volte»); Caracciolo 39.

3 L’inventario d’una galera genovese menziona quattro «trombe di fuoco» e «80 o 100 pignattini»; un altro elenca 12 «trombe di fuoco» e 40 «pignattini di fuoco» (Borghesi 159); nel 1572 una galera spagnola aveva 50 «pignatte di fuoco» e 24 «trombe di fuoco» (García Hernán 1999, 117). Cfr. Crescenzio 514-7 per la dettagliata descrizione di «trombe» e «pignatte».

4 Testimonianze sull’uso dei fuochi in Diedo 212; Sereno 195; Contarini 52r; Codoin III, 225; Morales 42-4; Arroyo 346-52; Quarti 685. Sui gesuiti: Castellani 1937, 261. Sulle vittime del fuoco greco cfr. Requesens 53; March 5; Conti 151r; Quarti 631; Arroyo 352-3. Contarini 52v: «restò ancora guasto e mal trattato dal fuoco Marco Cigogna», governatore di galera e fratello del futuro doge Pasquale Cicogna (cfr. anche Conti 146v e Saraceni 721v).

5 Diedo 204-6; Canal 127-8; Contarini 52r; Caetani 135-6; Codoin III, 350; Sereno 204-6; Quarti 625-37, dal resoconto inedito del Tiepolo, e per la morte del Barbarigo sp. 633 e n. AV 1571, 225r, relazione di Marco Quirini (secondo il quale le galere dell’ala sinistra erano 53, e quelle nemiche di fronte a loro 55; il Quirini perse nella battaglia il fratello Vincenzo); Relación 222-3; Paruta 287. Per i superstiti massacrati dai greci, Lesure 144 e 196-7: il 2 novembre 1571 un ordine del divan ai cadì di Modone, Atene e Negroponte dispone per la punizione dei colpevoli.

6 Diedo 207-8; Caetani 134; Sereno 196-9 (per cui la galera del Colonna investì quella del kapudan pascià, ma solo verso la fine dello scontro); Foglietta 358; Relación 217-20, 244-5, 264-5; Quarti 688; Pantera 168. Un canto popolare greco ispirato dalla battaglia di Lepanto ha conservato il ricordo della morte di Alì in termini onorevoli: «fu ucciso Aly pascià, il degno prode» (Athanasiadis-Novas 1974, 15).

7 Contarini 52v-53r; Caetani 134-5 e 141; Sereno 196-200; Spinola; Provana; Relación 217-8. Su Paolo Giordano Orsini cfr. Hale 1990, 134-5, e Brunelli 2003.

8 Sereno 208-9, 213-4.

9 Contarini 52v-53r; Diedo 208; Caetani 134-5; Relación 223; Provana; Sereno 196-200. Secondo una tradizione veneziana, invece, Kara Hogia venne ucciso da Giambattista Benedetti, uno dei più famosi sopracomiti, a sua volta ucciso da una freccia subito dopo: Conti 149v; Saraceni 722v. Almeno un autore veneziano critica il Santa Cruz per essere intervenuto al centro anziché in soccorso dell’ala sinistra: «Il marchese Santa Croce, capo del soccorso, mentre si combattea, avea ordine di soccorrere dov’era maggior bisogno; e andò a soccorrere il corpo della battaglia, dov’era don Giovanni, senza bisogno; e non soccorse il corno sinistro, che sostentava il maggior peso della battaglia» (Longo 27). La stessa critica in effetti circolava già all’indomani della battaglia, ed è ripresa in una lettera del Requesens: «se qualche colpa si può dare al marchese di Santa Cruz, è di aver attaccato troppo presto, perché il ‘soccorso’ che quel giorno lui comandava non deve intervenire finché la battaglia non è mezza perduta, e per appoggiare la parte che ne ha più bisogno, e lui intervenne subito dopo che noi eravamo entrati in contatto»: Requesens 53. La Relación di don Juan, 223, ha cura di precisare che il Santa Cruz dopo aver soccorso la Real andò a sostenere il corno sinistro.

10 Canal 127-8; Quirini in AV 1571, 225v.

11 Vargas Hidalgo 785; Molmenti (b), XII.

12 Requesens 51-2; su questa rassegna fatta dal Requesens per ordine di don Juan cfr. Relación 243 e 263; secondo Arroyo 342 il Comendador mayor «si mise di fronte alla flotta con la lista dell’ordinanza in mano facendo mettere ciascuno al suo posto».

13 Sereno 200-2; Diedo 208-11; Contarini 53rv; Requesens 51; Foglietta 362-3.

14 Provana.

15 Aglietti 1998, 134-5; Caetani 136; Sereno 201-4, secondo cui la Fiorenza fu invece rimorchiata dalla Grifona del Caetani; Diedo 217. Secondo altri fu lo scrivano della galera e non il Soranzo a dar fuoco alle polveri: Longo 26 e Conti 151r, che però aggiunge prudentemente: «quantunque alcuni altri dicessero, che non il scrivano, ma Luzalì [...] con un tiro di artiglieria sparata a caso s’incontrasse dare nella monitione, et abbruciasse la galea Soranza».

16 Lesure 138-9; Relación 220-1.

17 Caracciolo 41; Requesens 53; Serviá 369. Sereno 201-3 dà dodici galere tagliate a pezzi, Paruta 289 «circa quindici galee». Incisioni in Venezia e i turchi 1985, 26.

18 Longo 26; Diedo 217; Giambattista Contarini in AV 1571, 227v («al tramontar del sole io vidi Uluzali dare la vela grande con quattro sole sue galee, tenendo il camino intra la Cefalonia, et il Zante»); Arroyo 351; Capponi 2008, 236. Pagano Doria, fratello di Gian Andrea, e già conosciuto per la sua scarsa capacità di star zitto quando avrebbe dovuto, dopo il ritorno a Messina fu sentito dire che Gian Andrea avrebbe potuto soccorrere la Capitana di Malta, ma non lo fece credendo che fosse una galera veneziana di Corfù, che portava le stesse insegne: Molmenti (b),XVII; Corazzini 6; Longo 28. La voce si radicò e nel 1574 un viaggiatore francese a Costantinopoli descriveva Uluç Alì come «quello che si salvò a Lepanto, facendo passare 22 galere sul ventre dei cavalieri di Malta abbandonati dal Doria che fingeva di andare a prendere il vento»: Lescalopier 36.

19 Requesens 50; Contarini 53v; Caetani 136; Relación 221-3, 245-6, 265-6; Codoin III, 225; Quarti 673-6; Foglietta 370-1.

20 Caetani 136 (stesso racconto nel Sereno 203-4, che accusa però le galere di Napoli); Molmenti (b), V e VIII; Civale 2009, 107-9; Saraceni 724v; Conti 154r. Cfr. anche Diedo 211: «altri de’ nostri cristiani (se in questo vogliamo anche dire ciò che ci è stato detto per vero) si davano a far preda senza aspettar la vittoria».

21 Sereno 210-1, 217 (e così anche Foglietta 369); Caetani 131. Sulla durata della battaglia cfr. il parere del Colonna («per cinque hore continue se combatté»); Guglielmotti 243-5; «si combatté per più di cinque ore», Caetani 141; così Foglietta 372. «Circa quattro hore» secondo Venier (AV 1571, 224v) e perciò Contarini 54r. Invece, secondo Francisco de Murillo si combatté «per due o tre ore» (Codoin III, 224). Cfr. anche sopra, cap. 29, n. 20.

Capitolo 31

1 Codoin III, 279 e 8-9; Promis 45 e 48; Castellani 1937, 260; Caetani 99-100; Nicolini 402. Non riflette tanto la realtà, quanto il rispetto che si aveva per la leggendaria fanteria spagnola, il fatto che il Caetani si riferisca alla fanteria portata da don Juan come a «li spagnuoli vecchi che avevano servito alla guerra di Granata» e a quella imbarcata a Palermo come al «terzo di Spagnoli vecchi di Sicilia» (Caetani 99 e 125). Vedi anche March 6/1, Requesens al re, 13 novembre 1571: il conte Alberico di Lodrone ha chiesto di essere mandato subito in Germania a reclutare, «perché siccome quelli venuti quest’anno sono stati reclutati in fretta, non sono stati buoni, perché ormai non si recluta in Germania la gente con tanta facilità come una volta, e ci vuole un po’ più di tempo».

2 Per il calcolo della fanteria imbarcata cfr. Appendice V. Le navi del d’Avalos, partite da Taranto, ostacolate dal maltempo erano state costrette il 5 ottobre a rifugiarsi a Otranto e a Manfredonia prima di tentare la traversata per Corfù, dove giunsero dopo la battaglia (Nicolini 415). Con i tedeschi sulle navi si arriva quasi ai 26.000 fanti di cui parla don Juan (cfr. sopra, cap. 27, n. 6). Per gli scapoli veneziani, cfr. sopra, cap. 23, n. 5 e cap. 25, n. 19, da confrontare però con Panciera 2005, 222, da cui risulta un totale di 4000.

3 Ibarra calcola in tutto 1876 venturieri e servitori armati sulle galere del re, fra «los de la casa de su Alteza y todos los ventureros y personas particulares» (Codoin III, 210-5). Ad essi bisogna aggiungere quelli imbarcati sulle galere pontificie (cfr. Caetani 89, per cui il granduca ha mandato le galere «piene di marinari e di cavalieri ed altri nobili», e valuta questi ultimi a quasi 400). Le stime degli autori italiani presenti con la flotta sono anche più alte: cfr. Sereno 158 (li valuta a 2500), Caracciolo 24 («intorno a tre mila avventurieri e la maggior parte di essi italiani nobili»). Cfr. anche Caetani 127: «il marchese di Santacroce è arrivato con le trenta galere benissimo in ordine di soldati e infiniti cavalieri napoletani avventurieri».

4 Cfr. per tutti i dati l’Appendice IV. Non sono comprese nel calcolo le galere di Malta, considerate le meglio armate della Cristianità, che oltre ai soldati portavano ciascuna ordinariamente 30 cavalieri, con altrettanti servitori armati, e 60 scapoli, tutti greci e maltesi armati d’archibugio, che il Doria giudicava «a mio parere della meglio gente per combattere in mare che hoggi si trovi fra la marinaresca» (Doria 178-9).

5 Per i rematori e le percentuali di schiavi, cfr. l’Appendice III. Il Tiepolo, cit. da Quarti 642, esagera largamente quando afferma che i rematori sferrati furono molto più numerosi sulle galere veneziane, perché gli altri avevano «galeotti quasi in tutto schiavi», ovvero «li sforzati quasi tutti maomettani». La media dei combattenti sulle galere veneziane e ponentine è calcolata in base ai dati dell’Appendice, da integrare con la relazione pubblicata in Panciera 2005, 222, che ci permette di tener conto del contingente imbarcato sulle galeazze: le galere veneziane portavano circa 3100 fanti della Repubblica (i 1200 di Pompeo da Castello erano sulle galeazze), 3500 fanti del re (altri 500 sulle galeazze), 4000 scapoli e 3000 marinai armati, di cui una percentuale, però, sulle galeazze. A Lepanto anche le tre galere savoiarde erano forse al di sotto degli organici normali, perché a bordo si era sviluppata un’epidemia, e il Provana aveva dovuto lasciare negli ospedali di Messina 150 galeotti e 100 fra marinai e soldati, ma don Juan e il Venier gli avevano prestato rispettivamente 20 e 50 rematori, erano stati assunti dei buonavoglia, e imbarcati 180 soldati del reggimento del conte di Sarno; sulla Capitana di Savoia era inoltre imbarcato il principe di Urbino con 127 uomini a sue spese (Promis 48; Codoin III, 207 e 211; Segre 1899, 146).

6 Cfr. sopra, cap. 4, nn. 14-15 e cap. 19, n. 25; Relazioni, Trevisan 1554, 140; Cavalli 1560, 293; Garzoni 1573, 425; Antelmi 1576, 197; Bernardo 1590, 329; Moro 1590, 352-4; CB, II, 140r. Per le fonti turche e la loro interpretazione, Erdogru 1997, 100; Imber 2002, 303 (un ordine di poco posteriore alla battaglia di Lepanto prevede che su ogni nuova galera siano imbarcati 12 azap), e Panzac 2009, 33. È vero che secondo Pantera, nel 1572 le galere capitane della flotta ricostruita «havevano circa centovinti soldati per una», ma l’autore sottolinea che erano molti di più di quelli che si trovavano sulle galere ordinarie: Pantera 248.

7 Manca 1982, 52; Stella 381 e n.

8 CB, II, 135v e 189v; cfr. sopra, capp. 19, n. 25; 21, n. 11; 26, n. 9; 27, n. 18; 28, n. 17; Arroyo 335.

9 Serrano IV, 186; ASV, SS 78, 1v; Quarti 498; Foglietta 263 (e riprende il tema a 364: secondo lui solo una quarantina di galere di fanò avevano un centinaio di soldati, le altre «trenta, o al più quaranta»), e cfr. sopra, cap. 21, n. 11 e cap. 27, n. 4.

10 Romegas 186; Lesure 92; Codoin III, 250; Caracciolo 32. Caetani 132 sostenne che Alì aveva «preso quattromila spachi freschi a Lepanto e fatto tornar gente fresca con Lucciali da Modone con tutti li sessanta vascelli». Foglietta 341 parla di 3000 uomini imbarcati a Lepanto, «de’ quali buona parte erano soldati a cavallo, sorte d’huomini non adatta alle pugne marittime», e altri 1500 portati dal sangiacco di Morea. Contarini 40r dà cifre palesemente immaginarie: 10.000 giannizzeri, 2000 sipahi e 2000 «venturieri». Caracciolo 32: «rinforzò l’armata con tre mila cinquecento spahì, col Baì della Morea (il qual in nostra lingua suona Viceré) che son dei migliori soldati che il Turco habbia [...] imbarcovisi ancora il Belerbei della Grecia cugino del gran Turco con mille cinquecento soldati eletti della sua provincia con haver pigliati tutti quegli del paese atti all’armi», e Paruta 276: «levando intorno a sei mila spachi de’ sangiaccati vicini». In Caracciolo 32 anche i dati forniti dal Baffo.

11 Doria 10.

12 Foglietta 300; Capponi 2008, 186; Guglielmotti 21-2; ASV, SS 76, 66r; Savorgnan 89 (i corsaletti dovevano essere «gl’huomini più onorati [...] et se li compreranno del suo la maggior parte di loro», grazie a un aumento di paga, «et non fare come si fa al presente che alli soldati forfanti et strazzosi si mettono li corsaletti indosso per coprir le sue strazze»). In teoria ogni compagnia del tercio di Napoli doveva comprendere 80 corsaletti, 90 archibugi e 30 moschetti, ma di fatto i picchieri erano meno numerosi e gli archibugieri di più (Fenicia 2003, 34); nel 1572 il tercio di Sicilia aveva 504 corsaletti, 200 moschettieri e 1827 archibugieri (Favarò 2005, 246-51). Non per nulla la fanteria tedesca, considerata di solito eccellente, era poco stimata per i combattimenti navali: non solo perché gli alemanni, non abituati al mare, si ammalavano troppo facilmente, ma perché avevano una proporzione più forte di picchieri. «I Tedeschi sono poco utili in mare, e hanno poca archibugieria», disse Ascanio della Cornia durante uno degli ultimi consigli di guerra (Contarini 35r; e per il parere analogo del Doria cfr. sopra, cap. 11, n. 18). Proprio per questo il Venier aveva accettato di imbarcare sulle galere della Repubblica fanti italiani e spagnoli, ma non tedeschi, «parendogli inutili in mare» (Promis 50); e cfr. Sereno 144-5: «i Tedeschi, freddi, pigri e del tutto inutili al mare». Il duca d’Alba scriveva: «Los alemanes, estos siempre se pueden tener por soldados viejos»; ma in combattimento consigliava a don Juan di «guarnecer con arcabucería» i loro quadrati (Codoin III, 279). I mille tedeschi presenti a Lepanto erano metà archibugieri e metà corsaletti: Codoin III, 210.

13 Guglielmotti 21-2; ASV, SS 76, 66r; Lezze (e cfr. Savorgnan 88 per «il debito dell’archibuggio et celata»). Savoia: Relazioni, Morosini 1570, 134-5. Che gli archibugieri imbarcati fossero dotati di morione, e i moschettieri di morione e «petti a botta», è dato per scontato anche da Crescenzio 513.

14 Lo Basso 2004, 61; Tercios 273-4; Capponi 2008, 186; Arenaprimo 77. Altri inventari in Borghesi, 159 e 191; Favarò 2007, 298, e García Hernán 1999, 117.

15 Cristoforo da Canal 121-2, 127-8, 133-4; Contarini 48r; Corazzini 6-7; Caracciolo 24; Tiepolo in Quarti 655-6; Nani Mocenigo 1935, 36; Hale 1983. La corazzina era molto meno ingombrante del corsaletto, e il Pantera la raccomandava per armare la fanteria imbarcata, elogiando i veneziani che ne portavano «non solamente per arnar gli scappoli, ma anco per le ciurme»: Pantera 166-7.

16 Caracciolo 32; Relazioni, Correr 1578, 241; Moro 1590, 343; e cfr. Michiel 1558, 125. È possibile che gli archibugi delle fabbriche statali fossero davvero scadenti, come testimoniò nel 1606 un ex giannizzero, e come confermerebbero i frequenti acquisti in Occidente, nonché le condizioni di favore offerte a quegli armaioli cristiani che accettavano di venire a fabbricarne a Costantinopoli: Agoston 2005, 89-92 e Relazioni, Santa Croce 1573, 187. Ma vedi, per la cattiva qualità di quelli spagnoli, la relazione di don Juan al re, dopo la sua nomina a comandante della flotta nel 1568, Tercios 54.

17 Sui sipahi imbarcati cfr. Veinstein 1994 e Imber 2002, 308-9. Al tempo di Lepanto non era ancora introdotto l’uso dei sipahi di farsi sostituire a pagamento dai giannizzeri, descritto in una relazione di fine secolo (Relazioni, Zane 1594, 404). Sul loro armamento cfr. Caracciolo 32 e Lezze.

18 Venezia e i turchi 1985, 79. Inalcik 1975, 198-9, segnala che gli azap in servizio permanente di guarnigione nelle fortezze erano muniti di archibugio, e che durante la guerra di Cipro qualche documento si riferisce all’uso dell’archibugio da parte dei timarioti imbarcati, ma non è chiaro se prima o dopo Lepanto (che cambiò le cose: cfr. sotto, n. 24); anche dalla sua analisi emerge tuttavia chiaramente che il principale nucleo di archibugieri era costituito dai giannizzeri. Per la manga cfr. sopra, cap. 30, n. 1.

19 Provana; Relación 223; Arroyo 349; Caetani 137. Sull’importanza dell’armatura, che dev’essere completa per i comandanti, «la vita de i quali è molto più pretiosa», e limitata a morione, corazzina e rotella per gli altri, Pantera 165-7.

20 Spinola; Quarti 635; AV 1571, 224v; Caetani 137-8. Rimase ferito da frecce alla gamba anche Paolo Giordano Orsini (Longo 26; Sereno 208), ma anche lui continuò a combattere.

21 Relazioni, Cavalli 1560, 292; Crescenzio 53; Foglietta 365; e cfr. Caracciolo, sopra, cap. 30, n. 1, e Pantera 83-4. Sulla differenza fra pavesate veneziane e ponentine, però, si noti Cristoforo da Canal, 76, per cui le ponentine erano più robuste, «di noce grossa quattro dita» e alte fino al petto, mentre le veneziane consistevano «d’una tavola sottile di abete la cui altezza non passa la cintura».

22 Caracciolo 31; Capponi 2008, 161; Nicolay 63; Foglietta 366; Pantera 46-8; Cristoforo da Canal 77.

23 Paruta 294, e in termini quasi identici Foglietta 364-5; Tiepolo cit. in Quarti 642.

24 Relazioni, Garzoni 1573, 422; Charrière III, 272; Agoston 2005, 54; Panzac 2009, 38-9.

Capitolo 32

1 Caetani 135 e 141; AV 1571, 227v; Relación 248 e 268. Per la relazione del Venier, cfr. Nunziature X, 70 e Quarti 675.

2 Oltre alle fonti cit. alla n. 1, cfr. Setton 1060; Relación 249 e 253-4; Caracciolo 42-3; Sereno 217; Molmenti (b), VIII.

3 Lamansky 612; AV 1571, 225v; Cajal 141; Caetani 139. Secondo un testimone (Codoin III, 226), fra i prigionieri liberati c’erano anche 2000 spagnoli. Secondo Sereno, 221-2, i cristiani liberati furono «più di diecimila». Un’altra versione della Relación in Aparici 40 annota che «si è data libertà a un gran numero di schiavi di molte nazioni, cristiani; non si è saputo quanti sono, dicono che 15.000 sono morti».

4 Nunziature X, 7; Longo 26, che riprende alla lettera il rapporto del Venier in Molmenti (b), V («De’ capitani spagnuoli non restò morto né ferito alcuno, eccetto il signor Paolo Giordano Orsino, ferito d’una freccia»); Vargas Hidalgo 771. Santo Pietra è chiamato in altre fonti Francesco Santa Pietra. Sul numero dei sopracomiti e governatori di galera veneziani morti le cifre sono discordanti: 15 secondo Longo 26, 17 compreso il Barbarigo secondo Diedo 217, 17 senza il Barbarigo secondo Contarini 55r; 18 secondo Caetani 136; altri elenchi ne danno 14 (Corazzini 6) o 16 (Molmenti VII).

5 Caetani 136. Il calcolo delle perdite veneziane, con varianti insignificanti, in AV 1571, 224v, Molmenti VIII, e Corazzini 6; su di esso si basa Contarini 55r; cfr. Diedo 217 e Longo 26. Si noti che se, anziché il totale dei soldati (4300), si calcolano soltanto quelli imbarcati sulle galere (fra 3100 e 3400, escludendo cioè quelli imbarcati sulle galeazze), le perdite salgono a uno spaventoso 71-78%.

6 Capponi 2008, 237 e 243; Spinola; Codoin III, 226; Caetani 135-6; Contarini 55r; Arroyo 358; García Hernán 1999, 36; Civale 2009, 103. Cfr. inoltre Relación 221 per le perdite del tercio di Sicilia.

7 AV 1571, 225r; Caetani 137-9; Sereno 217; Aparici 26. Anche la morte del Barbarigo provocò costernazione, e timori che la collaborazione con i veneziani diventasse più difficile: Colonna in Quarti 687.

8 Caetani 142; Sereno 220-1; Molmenti (b), VIII; Arroyo 362-4. Cfr. inoltre Murillo in Codoin III, 226, il 9 ottobre: «se la stagione non fosse così avanzata, potremmo andare sicuramente fino a Costantinopoli, o almeno prendere tutta la Grecia e questa Morea; però è già inverno e non abbiamo molte vettovaglie». L’artiglieria da assedio avrebbe dovuto essere trasportata a forza di braccia, perché sulla flotta non c’erano cavalli, cosa che più d’uno denunciò poi come un errore: García Hernán 1999, 134.

9 Codoin III, 22 e 36; Caetani 144; Sereno 203, 218-22: March 6/1; AV 1571, 229r; Provana (ma la Margarita era in pessime condizioni già prima della battaglia: «la nostra gallera Margarita, che già fu Moretta, non può più resistere alle botte et fa tant’acqua ch’è cosa incredibile et molto pericolosa, né si basta a rimediare per esser il legname tanto vecchio che non può più aguantar la chiavasone [i chiodi non fanno più presa]», scriveva il Provana il 14 agosto, Promis 45); Nicolini 416 e 420; Molmentib, XXXI, XXXIII (Venier il 24 dicembre: le galere utilizzabili sono 83, con 160 rematori ciascuna), XLVI; Nunziature X, 111. Sulla diserzione dei forzati cfr. anche Caracciolo 45: «molti forzati dell’armata nostra si fuggiron dalle galee non aspettando l’indulto, che Don Giovanni havea loro promesso», e Scetti 118: «ben molti che andorno pensando al lor primo utile si salvorno saltando sopra altri vascelli per non esser più messi al ferro, e molti, rifidandosi nelle promesse fatte loro dai lor capitani, se ne ritornorno ai lor legni». Ma Spinola: «perché si feci sferrar molti christiani ne mancano alcuni, però vano venendo».

10 Caracciolo 48; Molmenti (b), XVIII; Nunziature X, 90; March 6/1; Sereno 215. Su Orazio Orsini cfr. Manfroni 1897, 472 n.

11 Venier 318.

12 Arenaprimo 1886, 45-6 e Arenaprimo 87-92; Civale 2009, 90-4.

13 Vargas Hidalgo 782. Altre fonti sul trattamento dei feriti sono segnalate in García Hernán 1999, 25-30.

14 Guglielmotti 227 e 237n.

15 R. Savelli, voce Doria, Giovanni Andrea, in DBI; Requesens 52-4.

16 Si vedano i documenti in Molmenti (b), Caracciolo 52, Oreste 217-9.

17 Sereno 223-4; Venier 318. Sul Giustini cfr. Brunelli 2003, 8. Altri litigi vennero risolti dalla battaglia: il Provana comunica che il sopracomito Lippomano, fratello dell’ambasciatore veneziano a Torino, «è vivo et sano et ha combatuto molto bene et valorosamente con la sua galera, a tal che il suo generale, col quale restava mezzo in contumacia, si è parimente riconciliato lui, havendoli rimesso la condanna che li haveva fatto, et ha scritto a Venetia in suo favore», mentre «il cappitano Malipieri suo avversario è morto nella battaglia».

18 Contarini 53r; Sereno 209 e 216.

19 Caetani 143 («denari v’erano infiniti, ma non si sanno»); Baez 2007, 160; Capponi 2008, 229; Cajal 141; Salomone-Marino 1912, 27; Quarti 227-8; Sereno 226-7.

20 Sereno 226-8.

21 Rosell 208; Donà 134; Arroyo 361; Omasic´ 1974, 150.

22 Molmenti VII; Molmenti (b), V e VIII; Requesens 54-5.

23 Il verbale della spartizione in Codoin III, 227-30. Si noti che il Caracciolo 48 e il Sereno 221-2 danno cifre diversissime, e così in Codoin III, 256. Per il Caetani 142 «le galere che si sono spartite sono state centotrentatre», e qui il conto torna quasi, comprendendo nel totale le galeotte. Sulle difficoltà del rimorchio, Sereno 224-5 e 229; ASG, 1966: Ettore Spinola riferisce di aver fatto la traversata da Corfù a Otranto con una galera turca a rimorchio di tutt’e tre le galere, ma il vento l’ha costretto a lasciarla essendole caduto l’albero, ed è andata a fondo.

24 Molmenti 174, Molmenti (b), V, X, XIV, XIX, XXII-XXV, XXVII e XXXV.

25 Molmenti (b), V e VIII (Requesens accusa i veneziani, i quali secondo lui «han rubato et nascosta molta quantità di schiavi»); Requesens 55; Caetani 142; Lo Basso 2003, 335. Cifre molto più alte per gli schiavi catturati in Caracciolo 48 e Sereno 221-2.

26 Caetani 145.

27 Requesens 55 e 57; Codoin III, 230-4; Molmenti (b), V. A dicembre il Venier era in grado di impiegare sulle galere appena 540 schiavi, su oltre un migliaio che avrebbero dovuto costituire la parte veneziana, e ammetteva che molti erano morti, anche se sospettava che altri fossero stati nascosti (Molmenti (b), XXXIII).

28 Caracciolo 48; Codoin III, 226; Venier 314.

29 Venier 317.

30 Molmenti (b), VIII e XVIII; Lamansky 87. Altre versioni della morte di Shuluq Mehmet in Caetani 143, Diedo 219, Sereno 205, Paruta 288, e cfr. Setton 1057. Ma anche don Juan trattenne alcuni schiavi di valore, secondo le lagnanze dei negoziatori pontifici («sette schiavi turchi forse de’ principali che furono ritenuti in Napoli quando si mandorno qua li 40»), Rosi III.

31 Rudt de Collenberg 1987, 38-40, da confrontare con l’elenco in Rosi 142-4 e coi firmani del 1575 in Biegman 1967, 72-3. Per la ritardata consegna, cfr. Serrano IV, 270. Cfr. anche Caetani 143.

32 Rosi 142 e III; Manolesso 75r; Sereno 235 e 330; Arroyo 353 e 357; Nicolini 417 e 422. La corrispondenza fra don Juan e Fatima in Rosell 36-8; per la liberazione di Lala Mehmet, Caracciolo 52 e Nunziature X, 118.

33 ASG, 1966 e 1967; García Hernán 1999, 149-50; Rosi 142; Civale 2009, 169. Sul Santa Croce cfr. Relazioni, Santa Croce 1573.

34 L’intera vicenda è ricostruita in Rosi e Rosi (b), coi relativi documenti; su Dervis˛, Biegman 1967, 72-4; su Mahmud müteferriqa, Meredith-Owens 1960. Su Mehmet cfr. anche Relazioni, Correr 1578, 239: «Mehemet bei di Negroponte, già schiavo in Roma, come quello che possiede benissimo la nostra lingua, sì nel legger come nel scriver, è ritornato a Constantinopoli istruttissimo delle cose de Christiani, avendo egli et con la lettura delle historie et con le particolari informationi prese mentre si ritrovò prigione, assai ben accomodato il giudicio in discorrere sopra la qualità et uso delle forze nostre».

35 Lamansky 58 e 87; Molmenti (b), IV.

36 Nunziature X, 74, 76 e 80.

37 Lamansky 83-8; Codoin III, 235; Serrano IV, 272.

38 Pedani Fabris 879, 889, 922; Pedani 1994, 167-9; De Pellegrini 1921; Bono 1999, 146 e 355; Caetani 139.

39 Pedani 1994, 38; Preto 1975, 193 e 196; Lo Basso 2003, 170; Hale 1983, 329.

40 Bennassar 1991, 155 e 299; Messana 2007, 754 e 762-5; Civale 2009, 119-27 e 151-67 (con dati discordanti sui numeri degli imputati, la loro nazionalità e le date degli autodafé).

Epilogo

1 Inalcik 1974; Mantran 1974; Lesure 179-82, 216-22 (a 182 un’altra traduzione: «La guerra è incerta nei suoi risultati. La volontà di Dio doveva manifestarsi in questo modo, come è apparso sullo specchio del Destino»); Panzac 2009, 19.

2 Nunziature X, 116; Biegman 1967, 44. Sulla diffusione della notizia cfr. anche Relazioni, Garzoni 1573, 397-8; Santa Croce 1573, 180-1.

3 CB, II, 226v-227r, 230-233v; Relazioni, Anonimo 1571-73, 165-7; Nunziature X, 102 e 123; Molmenti (b), XXXIII; e cfr. sopra, cap. 24, n. 47. Sui gazi cfr. sopra, cap. 12, n. 45.

4 Relazioni, Anonimo 1571-73, 167; Masala 29. La cifra di 42 galere e galeotte è data da Selaniki, testimone oculare (Capponi 2008, 250); 80 legni, di cui 40 scampati alla battaglia, secondo Solak-zade (Mantran 1974, 247); testimoni occidentali presenti a Costantinopoli danno 35 galere (Molmenti (b), XI); 27 galere e 8 fuste, più altre 6 galere lasciate fuori per guardia, secondo il Barbaro (CB, II, 241r); 26 galere e 9 palandarie secondo l’Anonimo 1571-73, 167.

5 Relación 253; Nunziature X, 123; Relazioni, Anonimo 1571-73, 168-70; CB, II, 234r. L’inchiesta prevedeva di stabilire separatamente l’elenco dei rais che erano fuggiti verso la terraferma e di quelli le cui galere erano affondate: Panzac 2009, 32.

6 Relación 253; Calepio 123r; CB, II, 234r, 241v, 244r (con un’altra nota delle galere disponibili a inizio gennaio: in acqua 45, in terra vecchie 11, nuove 14, in cantiere 8; fuori 11 e 8 fuste; tra Mar Nero e Mar di Marmara se ne fabbricano 102); Nunziature X, 114, 116, 119 e 123; Molmenti (b), XXXIII; Nicolini 218; Relazioni, Santa Croce 1573, 181-7, Garzoni 1573, 384, Soranzo 1576, 206; Lesure 229-32; Hess 1971, 62; Mantran 1974; Manoussacas 1974, 239; Pippidi 1974, 312-3; Imber 1996; Agoston 2005, 35 n.; Capponi 2008, 249-52; Panzac 2009, 17-46.

7 Charrière III, 269 e 362 n.; Longo 37; Pantera 66; Relazioni, Barbaro 1573, 306, Correr 1578, 240; Panzac 2009, 27, 34-7.

8 Hess 1971; Panzac 2009, 46-54.

9 Relazioni, Anonimo 1571-73, 174-5; Garzoni 1573; Barbaro 1573, 301; Pedani Fabris 818-9; Costantini 2009, ix. Il firmano è in Venezia e Istanbul 2006, cat. 11, e Venezia e l’Islam 2007, cat. 29. Sul ruolo dell’Askenazi cfr. sopra, cap. 9, n. 11; cap. 18, n. 22, e Pedani 1994, 26 e 165.

10 Braudel 1986, 1181-4.

11 Olivieri 1974, 273.

12 La bibliografia sulla produzione artistica e letteraria suscitata da Lepanto è immensa; per un primo orientamento, cfr. Mammana 2007; Gibellini 2008. Per il Facchinetti, Nunziature X, 76. Sulla data esatta dell’arrivo della notizia a Venezia si è discusso, ma è certo che fu il 19, come risulta dalla testimonianza dello stesso Facchinetti, Nunziature X, 70 e 72 (20 ottobre: «Hieri toccò a me d’essere il primo d’haver a dare la buona nuova della vittoria, ché venendo dall’udienza di Sua Serenità, nell’andare a casa in barca, vidi venire la galera strascinando parecchi stendardi per l’acqua»); cfr. i docc. in Oreste.

13 Inalcik 1974, 191. L’espressione «sefer-i sıngın donanma» si trova in Alì (Inalcik 1974, 192), Solakzade (Yildirim 2007, 551), Kâtib Çelebi (Mantran 1984, 185; Yildirim 2007, 547).

14 L’affermazione compare in Selaniki ed è ripresa da Kâtib Çelebi: Yildirim 2007, 550; Jennings 1993, 11.

15 L’aneddoto è in Peçevi ed è ripreso da Kâtib Çelebi: Yildirim 2007, 543; Hess 1971, 54; Lesure 225.

16 Peçevi, in Yildirim 2007, 550.

17 Imber 2002, 204.