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Nella sala conferenze del Comune c’era un’atmosfera di attesa e nervosismo. Era affollata di funzionari, giornalisti e fotografi che chiacchieravano tra loro. Il pubblico ministero, il sostituto procuratore Giuseppe Torrese, era un uomo dalle guance scavate e lo sguardo tagliente. Aveva una folta barba che si accarezzava ogni volta che assumeva un’aria pensierosa. Quando entrò, scortato da un paio di poliziotti, nella sala scese il silenzio.

Una volta seduto al tavolo dei relatori, fu raggiunto dal sindaco, un uomo dalle mani tozze e i capelli col riporto. Indossava un completo grigio lucido di almeno una taglia più piccolo.

Qualche istante dopo entrò nella stanza il commissario Piovani, seguito a un passo da Bruno che si posizionò nell’ultima fila, in uno dei pochi posti ancora liberi.

Dopo essersi accomodato sul palco, Piovani scambiò qualche parola sottovoce con il pubblico ministero. Intanto, il sindaco aveva iniziato a parlare al microfono.

«Vi ringrazio per essere intervenuti così numerosi, nonostante il breve preavviso» disse. «Come ormai saprete, c’è stato un terribile delitto la notte scorsa, nella periferia della città. Sono in corso ricerche serrate per trovare Carlo Gualtieri e sua figlia Aprile, che risultano scomparsi dalle 22 di ieri. Non stiamo risparmiando nessuna delle risorse a nostra disposizione, volte soprattutto a ritrovare la bambina. Si tratta, credo, della più grande operazione di polizia mai compiuta nella Bassa emiliana, ed è resa possibile grazie al pool di investigatori istituito dal PM Giuseppe Torrese, che sta coordinando le diverse forze di polizia coinvolte. Non posso non approfittare di questa occasione per ringraziare anche tutti i volontari che si sono uniti nelle ricerche alle forze dell’ordine e alla Protezione Civile, il cui apporto si sta rivelando fondamentale.» Il sindaco fece una pausa e dalla platea, dopo un attimo di incertezza, si levò un breve applauso. «Naturalmente,» continuò poi «data l’estrema gravità del momento e gli impegni degli investigatori, è mio dovere avvisarvi che la conferenza stampa durerà soltanto il tempo per aggiornare tutti voi sugli ultimi sviluppi delle indagini.»

Dalla platea si levò un brusio che si interruppe appena il giudice Torrese prese la parola.

«Pochi minuti fa c’è stata la svolta che aspettavamo, con il ritrovamento sull’argine del Cavo Napoleonico dell’auto che Carlo Gualtieri ha presumibilmente utilizzato per il rapimento» annunciò. «Confido che nelle prossime ore saremo in grado di assicurarlo alla giustizia.»

Una donna tra il pubblico alzò la mano. Il sindaco le fece un cenno per consentirle di intervenire.

«Ci sono altri indagati, oltre a Carlo Gualtieri?»

Il giudice scosse la testa. «Al momento è il principale sospettato per l’omicidio della moglie e il rapimento della figlia. I reparti UACV sono ancora al lavoro,» disse, riferendosi alle Unità di Analisi del Crimine Violento, un reparto della polizia scientifica «ma ci sono evidenze che indicano una sua chiara responsabilità per l’accaduto. Naturalmente, finché non lo avremo interrogato, non escludiamo nessuna ipotesi.»

«L’auto di Gualtieri è stata ritrovata sull’argine di un canale che confluisce nel Po. Che speranze ci sono di ritrovare viva la bambina?»

«Buone, credo» affermò Torrese. «Da quanto mi è stato riferito, non ci sono prove che Gualtieri si sia buttato in acqua, tantomeno con la figlia.»

«È quello che devono dire, giusto?» bisbigliò il tipo seduto di fianco a Bruno.

«Già» ammise lui.

«E noi ci limitiamo a scrivere quello che suggeriscono. Alla gente piace la speranza. Anche quando non ce n’è alcuna.»

Bruno lo guardò con un misto di diffidenza e accondiscendenza. Era un ragazzo sui venticinque anni coi capelli rasati ai lati e un piercing al naso. «Per chi scrivi? Non ti ho mai visto da queste parti.»

«Lavoro per le redazioni on-line di almeno cinque quotidiani, ma difficilmente esco di casa» ribatté il ragazzo. «È il precariato ai tempi di internet» aggiunse con enfasi, gesticolando come un prestigiatore dopo il suo numero migliore.

Bruno abbozzò un mezzo sorriso e tornò a guardare davanti a sé. Mentre si chiedeva cosa potesse aver reso tanto cinico un ragazzo appena uscito dall’università, vide emergere tra le teste, da un lato della sala, la mano di qualcuno che indossava un impermeabile chiaro. Quasi sobbalzò nel rendersi conto che si trattava di Longhi.

Dopo essere stato invitato a parlare, Longhi si schiarì la voce. «Dottor Torrese, sono certo che il suo pool può contare su investigatori di alto profilo. Come spiega, allora, che a collaborare alle indagini ci sia una giovane ispettrice appena tornata in servizio dopo una lunga aspettativa a causa di una malattia mentale?»

Torrese sembrò per un attimo spaesato, scambiò qualche occhiata veloce con Piovani, poi ribatté: «Scusi, non ho capito. Di chi sta parlando?».

Longhi si strinse nelle spalle. «Forse dovrebbe informarsi meglio, prima di scegliere i suoi collaboratori.»

«Longhi, piantala di dire cazzate!» intervenne Piovani, brusco. «La persona a cui ti riferisci non partecipa alle indagini.»

Longhi cercò tra la folla il volto di Bruno. Quando incrociò il suo sguardo, sorrise soddisfatto.

Bruno strinse i pugni e lottò per mantenere la calma. Detestava ammetterlo, ma quell’uomo aveva il potere di fargli perdere le staffe. E non era per l’insolenza o il modo di guardare chiunque dall’alto in basso come se si ritenesse migliore degli altri. La questione che avevano in sospeso era diventata un’ingombrante fardello di cui doveva liberarsi a ogni costo, per quanto Bruno si sforzasse di ignorarla.

Alla fine della conferenza stampa, mentre i presenti deflui­vano verso l’uscita, Bruno prese Longhi in disparte. «Quando la smetterai di fare il pagliaccio?»

Longhi non rispose, limitandosi a sostenere il suo sguardo.

«Sei un viscido animale. Possibile che non ti vergogni nemmeno un po’ per quello che hai fatto?»

«Almeno non ho niente da nascondere, io» sibilò Longhi. «Lo stesso non si può dire per la tua amichetta.»

Prima di poter ribattere, Bruno si sentì afferrare per un braccio.

Era Piovani. «Dobbiamo parlare» disse.

Aurora nel buio
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