5.
Quando i dintorni della città in fiamme, i serbatoi cilindrici, i pali del telegrafo e i cartelloni pubblicitari furono ormai lontani, nascosti alla vista, e comparvero nuovi paesaggi, boschetti, colline fra le quali a tratti s’intravedevano le curve della strada maestra, Samdevjatov disse:
«Alziamoci e salutiamoci. Presto dovrò scendere. E anche voi ne avete per poco. Badate di non incantarvi.»
«Voi conoscete questi luoghi alla perfezione, vero?»
«A memoria. Per cento “verste” tutt’intorno. Sono un legale. Vent’anni di pratica. Cause. Viaggi professionali.»
«Anche ora?»
«E come no!»
«Che sorta di cause si possono fare oggi?»
«Tutte quelle che volete. Vecchie transazioni non ancora concluse, operazioni finanziarie, impegni non mantenuti, ce n’è fino al collo, da diventar matti.»
«Ma tutte queste cose non sono state abolite?»
«Di nome, si capisce. Ma in realtà si continua a esigere delle cose che si escludono a vicenda: la nazionalizzazione delle aziende, il combustibile per il soviet della città, mezzi di trasporto per il Consiglio d’economia della provincia, e nello stesso tempo si vuole vivere. Sono le caratteristiche dei periodi di transizione, quando la teoria ancora non si accorda con la pratica. E ci vogliono, allora, persone in gamba, che sanno arrangiarsi, con. un carattere tipo il mio. ‘Beato l’uomo che non casca…’ Io chiudo gli occhi e metto in tasca. E darne anche sul muso, come diceva mio padre. Mezza provincia vive grazie a me. Mi farò vedere anche da voi, per il rifornimento di legname. Col cavallo, s’intende, appena guarisce. L’ultimo che m’è rimasto si è azzoppato. Altrimenti, credete che sarei stato qui a ballare su questo ferrovecchio? Eh, diavolo! Si trascina, che nemmeno sembra un treno. Quando verrò a Varykino, potrò esservi utile. Conosco i Mikùlicyn come la mia mano.»
«Sapete la ragione del nostro viaggio, le nostre intenzioni?»
«Pressappoco. L’ho intuito. L’atavica attrazione dell’uomo verso la terra. Il sogno di vivere del lavoro delle proprie braccia.»
«Ebbene? Non approvate, mi sembra. Che volete dire?»
«E’ un sogno ingenuo, idillico, ma perché no, del resto? Dio vi aiuti. Solo, non ci credo. Utopistico, dilettantesco.»
«Come ci accoglierà Mikùlicyn?»
«Non vi lascerà entrare. Vi caccerà con la scopa e avrà ragione. Anche senza di voi, per lui è già una babilonia, roba da mille e una notte: le officine che non lavorano, gli operai che se la squagliano. Quanto ai mezzi di sostentamento, un disastro, e niente foraggio. Ed ecco che arrivate voi: sai che piacere, gli ci voleva anche questa! Anche se vi ammazzasse, lo assolverei.»
«Ecco, vedete, voi siete bolscevico, eppure non potete negare che questa non è vita, è una cosa inimmaginabile, una follia, un assurdo.»
«Si capisce. Ma è una necessità storica. Bisogna pure passarci.»
«Perché una necessità?»
«Siete un bambino, o ci fate? Da dove venite, dalla luna? Avidi parassiti sfruttavano i lavoratori affamati, li facevano faticare a morte, e doveva durare sempre così? E tutte le altre offese, tutte le altre forme di sopraffazione? Possibile che non comprendiate la legittimità della collera popolare, il desiderio di vivere secondo giustizia, la ricerca della verità? O vi sembra che un capovolgimento radicale potesse ottenersi attraverso la Duma, per via parlamentare, e che si potesse fare a meno della dittatura?»
«Parliamo di cose diverse e, per quanto si discuta, non ci metteremo mai d’accordo. Io ero favorevole alla rivoluzione, ma ora penso che con la violenza non si possa ottenere nulla. Al bene si deve giungere attraverso il bene. Ma non si tratta di questo. Torniamo a Mikùlicyn. Se ci aspettano tali accoglienze, perché andarci? Meglio tornare indietro.»
«Che sciocchezze! Prima di tutto, mica ci sono solo i Mikùlicyn, al mondo! E poi, Mikùlicyn è criminosamente buono, d’una bontà fino all’eccesso. Farà una scenata, andrà su tutte le furie e poi si calmerà, si leverà la camicia di dosso, dividerà con voi l’ultimo tozzo di pane.»
E Samdevjatov prese a raccontare.