2.
Era già tardi. Di tanto in tanto smoccolavano il lucignolo, e la fiammella si alzava con uno sfrigolio, illuminando vividamente la stanza. I padroni di casa avevano sonno e desideravano parlare da soli, ma Komarovskij non se ne andava. La sua presenza opprimeva, come la vista della pesante credenza di quercia e, fuori, la gelida oscurità dicembrina.
Komarovskij non li guardava, fissava gli occhi, arrotondati dall’ebrietà, in un punto lontano, al di sopra delle loro teste, e con la lingua torpida e impastata macinava e macinava uggiosamente parole sempre sullo stesso argomento.
Il suo chiodo fisso era adesso l’Estremo Oriente e seguitava ad almanaccare, esponendo a Lara e al dottore le sue considerazioni sull’importanza politica della Mongolia.
Jurij Andrèevich e Larisa Fëdorovna non avevano badato a che punto del discorso avesse preso a parlare della Mongolia, e questo accresceva la noia dell’argomento a loro estraneo e lontano.
Diceva Komarovskij:
«La Siberia è veramente una nuova America, come appunto la chiamano, e racchiude immense possibilità. E’ là il grande avvenire della Russia, la garanzia della nostra democratizzazione, del nostro sviluppo, del nostro risanamento politico. Ancora più ricco di possibilità è l’avvenire della Mongolia, della Mongolia esterna, la nostra grande vicina dell’Estremo Oriente. Cosa ne sapete voi? Sbadigliate e chiudete gli occhi per la noia; ma si tratta di una superficie di un milione e mezzo di “verste” quadrate, con giacimenti minerari inesplorati, un paese vergine, preistorico, verso cui si tendono le mani avide della Cina, del Giappone, dell’America, a danno dei, nostri interessi, che pure sono riconosciuti da tutti i contendenti, qualunque sia la divisione delle sfere d’influenza in questo remoto angolo del globo terrestre.
«La Cina trae vantaggio dall’arretratezza teocratica feudale della Mongolia, influenzando i suoi Lama e i suoi Chutucht83. Il Giappone si appoggia sui principi feudatari, i “choshun” mongoli. La Russia comunista trova un alleato nel Chamdzils, o, con altre parole, nell’Associazione rivoluzionaria dei pastori insorti. Per quanto mi riguarda, io vedrei la prosperità della Mongolia sotto l’amministrazione di un “churultai”84 liberamente eletto. Personalmente, quello che ci deve interessare è questo: passate il confine mongolico e il mondo sarà ai vostri piedi, sarete uccelli di bosco!»
Tali interminabili noiose elucubrazioni su una materia che non aveva alcun rapporto con loro, irritavano Larisa Fëdorovna. Estenuata dal disagio di quella visita protratta così a lungo porse con decisione la mano a Komarovskij per salutarlo e, con malcelata ostilità, disse senza giri di parole:
«E’ tardi. Per voi è ora d’andare. Io ho sonno.»
«Spero che non sarete così inospitali da mettermi alla porta a un’ora simile. Non sono sicuro di trovare la strada di notte in una città sconosciuta e senza illuminazione.»
«Dovevate pensarci prima e non fermarvi tanto. Nessuno vi tratteneva.»
«Oh, ma perché mi parlate con tanta asprezza? Non mi avete neppure domandato se dispongo di un alloggio.»
«Non mi interessa affatto. Sono certa che non vi perderete. Non siete il tipo. Non vi succederà niente. Se, poi, mi chiedete di passar la notte qui, vi dico subito che non posso mettervi nella nostra stanza, dove dormiamo noi con Kàten’ka. E nelle altre è impossibile con tutti quei topi.»
«Non mi fanno paura.»
«Fate come vi pare.»