11.
«Devi assolutamente tornare dai tuoi. Io non ti tratterrò un giorno di più. Ma tu stesso vedi che cosa sta succedendo. Appena ci siamo uniti con la Russia Sovietica il suo sfacelo ci ha inghiottiti. La Siberia e l’Oriente servono a tappare i buchi. Tu non sai ancora niente. Durante la tua malattia in città sono cambiate tante cose! Le scorte dei nostri magazzini vengono trasportate a Mosca. Per Mosca sono una goccia nel mare, vi scompaiono come in una notte senza fondo, e noi intanto restiamo senza rifornimenti. La posta non funziona, le comunicazioni per i passeggeri sono cessate, vanno soltanto i convogli di grano. In città si mormora di nuovo, come prima dell’insurrezione di Hajda; e la Cekà, per soffocare il malcontento, ha preso a infuriare di nuovo. Ma dove potresti andare, in questo stato, tutto pelle e ossa, che t’è rimasta l’anima soltanto? Ancora a piedi? Impossibile! Non riusciresti mai ad arrivare! Rimettiti in forze, irrobustisciti, e sarà un’altra cosa. Non voglio darti consigli, ma al tuo posto, prima di partire, per qualche tempo lavorerei, naturalmente come medico, che è una professione apprezzata; io mi presenterei al nostro Gubzdràv79, per esempio. Si trova sempre nella vecchia direzione sanitaria. Perché, giudica tu stesso: sei il figlio di un milionario siberiano che si è ammazzato, tua moglie è nipote di un industriale proprietario terriero di queste parti. Eri coi partigiani e sei fuggito. Comunque la spieghi, la fuga dalle milizie rivoluzionarie è diserzione. Non puoi restare in nessun caso inoperoso, privo di diritti. Anche la mia posizione non è molto più sicura. Anch’io andrò a lavorare, entrerò nel Gubono80, anche sotto di me la terra brucia.»
«Come, brucia? E Strèl’nikov?»
«E’ proprio a causa di Strèl’nikov che brucia! Tu sai quanti nemici ha. L’Esercito Rosso ha vinto. E ora i militari senza partito che erano vicini alle alte sfere e sanno troppe cose, li mettono da parte. Ed è già una fortuna che li mettano da parte: altre volte li fanno fuori, perché non restino tracce. Fra questi, Pasha è in prima fila ed è in pericolo. Si trovava in Estremo Oriente. Ho sentito che è fuggito e si nasconde. Dicono che sia ricercato. Ma non ne parliamo più. Non mi piace piangere e, se dicessi un’altra parola, scoppierei in lacrime.»
«Tu l’amavi, l’ami ancora così tanto?»
«L’ho pure sposato, è mio marito, Jùrochka. E’ un animo nobile ed elevato e io sono profondamente colpevole verso di lui. Non gli ho fatto nulla di male, sarebbe un’ingiustizia dirlo. Ma lui è un uomo straordinario, di grande, grandissima dirittura, e io sono una nullità al suo confronto. Ecco la mia colpa. Ma ti prego, non ne parliamo più. Un’altra volta tornerò io stessa sull’argomento, te lo prometto. La tua Tonja è meravigliosa. Botticelliana. Ero presente al parto. Abbiamo fatto molta amicizia. Ma anche di questo parleremo un’altra volta, ti prego. Sì, è meglio che troviamo un lavoro. Andremo a lavorare tutti e due. Riceveremo ogni mese uno stipendio da miliardari! Prima dell’ultimo rivolgimento era in corso la cartamoneta siberiana. L’hanno abolita e per molto tempo durante la tua malattia siamo vissuti senza moneta. Sì, immagina. E’ difficile crederci, ma in qualche modo ci siamo arrangiati. Ora all’ex erario è arrivato un intero treno di cartamoneta, non meno di quaranta vagoni. E’ stampata su grandi fogli perforati a due colori, rosso e azzurro, come i fogli dei francobolli. Ogni quadratino azzurro vale cinque milioni, mentre i rossi ne valgono dieci. Sono sbiaditi, male stampati, le tinte sbavano.»
«Li conosco. Li avevano messi in circolazione a Mosca poco prima della nostra partenza.»