L’ANCELLA DEL DIAVOLO

L’uomo quasi la travolse uscendo di corsa, e le affondò un gomito nel fianco mentre passava.

Una donna grassa dal faccione gentile si precipitò ad aiutarla. «Tutto bene, cara?» le chiese in un sussurro rumoroso. Althea recuperò la scatola di salviettine umidificate che l’uomo le aveva fatto cadere di mano. «Sto bene, grazie.»

«A volte può essere troppo, per certe persone.»

Quello che aveva detto la donna era vero. Non a tutti piaceva quello che aveva da dire Mrs del Ray. Proprio adesso stava parlando di guarigione e di accettazione dell’abbandono del «corpo fisico».

«Ma dobbiamo restare insieme, giusto?» stava continuando la cicciona. Tutta la gente che c’era lì era loca. Completamente fuori di testa.

«Sì.» Althea le scoccò un sorriso professionale.

La donna le diede un colpetto sul braccio e ridiscese il corridoio centrale. Althea portò le salviette a un tavolo d’angolo, in fondo. Pepe se l’era cavata bene. Adesso c’erano diversi salami, una scatola di formaggio americano a fette, una cassa di pomodori freschi, peperoni e banane. Era stato lui a raccontarle che lo chef aveva abbandonato il suo posto, lasciando i suoi aiutocuochi a razionare quello che era rimasto. Non potevano esserci ancora molte scorte di cibo. Facile che presto si sarebbero ritrovati a dover pescare dalle fiancate della nave. Sperava non si dovesse arrivare a tanto. L’acqua attorno alla nave era rivoltante.

Prese una bottiglia di acqua e una fetta di mortadella, e si appoggiò al tavolo. Il teatro, su due livelli, non era completamente pieno, ma non ci avrebbe messo molto a riempirsi. La maggior parte delle persone che stavano lì dentro aveva deciso di non tornare nelle cabine, e si stava preparando dei giacigli fatti di piumini e cuscini. Anche qualche membro dell’equipaggio faceva lo stesso.

Era stato più facile di quanto avesse pensato. Anzi, non avrebbe potuto essere più facile. Celine le aveva chiesto di portare altri membri del personale nel Dare to Dream Theatre, per «unirsi alla banda», e fino a quel momento nessuna delle persone interpellate le aveva detto di no. E perché avrebbero dovuto? Lì dentro si stava comodi e non puzzava. Il gruppo di Celine, uomini e donne di mezza età, si assicurava che i bagni appena fuori dall’ingresso superiore restassero puliti. Avevano persino un sistema per smaltire i sacchetti rossi. L’unica cosa che Celine aveva chiesto al personale era di procurare cibo e acqua dalle cucine. Paulo e Pepe erano stati i suoi primi obiettivi. All’inizio si erano mostrati riluttanti solo perché temevano misure disciplinari per essersi trattenuti nelle zone riservate ai passeggeri, ma Althea non si era dovuta impegnare troppo per convincerli. La sicurezza aveva troppo da fare a controllare la folla sul ponte superiore per preoccuparsi di qualche steward che lasciava la propria postazione. E comunque stavano aiutando a tenere tranquilli i passeggeri, no?

E poi la notizia si era diffusa. Lì erano al sicuro. Non c’era nessuna Signora in Bianco. Nessun diavolo, nessuna ragazza che cercava di uscire dal sacco portasalma dell’obitorio. Niente passeggeri infuriati che li maltrattavano. Angelo era apparso più scettico, ma se lo era aspettato. Lo aveva rassicurato che Mrs del Ray lo avrebbe pagato bene per qualsiasi aiuto avesse potuto fornirle, e Angelo accorreva sempre dove c’erano i soldi.

Uscì per andare a controllare Mirasol, che doveva disinfettare i due bagni appena fuori dal teatro. Come temeva, eccola che ridacchiava con Ray, uno degli uomini di guardia all’ingresso. Leggere dentro Angelo era facile, ma diffidava di Ray. Non che le avesse mai dato fastidio, eppure non le piaceva il modo in cui i suoi occhi seguivano alcune delle donne. Le ricordava Joshua.

«Mirasol!» sbottò facendo trasalire la ragazza. Notò disgustata che aveva delle macchie sulla camicetta. Althea si sforzava di mantenere un aspetto ordinato. Acqua ce n’era poca, ma non si faceva problemi a lavarsi in un secchio e il suo grembiule, al contrario di molti altri che aveva visto, era ancora lindo e pulito. «Per favore, di’ a Paulo che bisogna portare altra acqua quassù.»

«Sì, Althea.» Mirasol sgattaiolò via.

Ray bevve un sorso dalla fiaschetta che teneva nella tasca posteriore e fissò Althea. Lei sostenne lo sguardo. Forse avrebbe dovuto riferire a Mrs del Ray che beveva. Inutile. Lei lo sapeva già. Sapeva tutto.

«Qualcosa che non va?» le chiese.

«No.» Bugia. Ne aveva tante, di cose che non andavano, e la più grossa era nel suo ventre. «E tu?»

Lui sbuffò. «Pazza da legare.»

Althea non avrebbe saputo dire se intendeva lei o Mrs del Ray. Intuiva che lui non credeva alle recite di quella donna. Le veniva quasi da rispettarlo, per quello. Althea gli passò davanti e ridiscese lungo il corridoio, cercando Rogelio. Era curiosa di vedere la sua reazione di fronte all’esibizione di Mrs del Ray. Lo aveva acchiappato quella mattina nella mensa del personale. Si vedeva lontano un miglio che era disperato. Distratto, preoccupato. Si era resa conto solo allora di essersi sbagliata sul suo conto, e che la sua aria sempre allegra non era altro che una maschera. Aveva capito che aveva bisogno di qualcuno con cui parlare, e lei era una che sapeva ascoltare. Gli anni passati a trattare con quelle teste di cazzo dei passeggeri le avevano conferito tale capacità.

Lo individuò in prima fila, seduto tra Annabeth e Jimmy, due dei veterani di quello che considerava il gruppo storico di Mrs del Ray.

Mrs del Ray si avvicinò cigolando al bordo del palcoscenico. «Ci sono così tanti segreti qui dentro. Tanta tristezza e questioni irrisolte. Sappiate questo: voi che siete qui dentro, voi che avete avuto il coraggio e l’intuito di unirvi a noi, sarete ricompensati...»

Althea non sapeva da dove Mrs del Ray tirasse fuori tutta quell’energia. Non l’aveva mai vista dormire. Né, per quel che valeva, usare il bagno. «Le mie guide mi comunicano che sta arrivando qualcuno. Una donna piccola. Capelli scuri. Lunghi capelli scuri. Percepisco che è orgogliosa dei suoi capelli. E... aspettate. Si tocca la fronte. Ha forse una cicatrice sulla fronte? Vi dice qualcosa? Non siate timidi.»

Althea guardò Rogelio che si alzava. Strano, perché non aveva detto di nessuna cicatrice a Mrs del Ray, solo che Rogelio aveva perso la madre e manteneva i suoi fratelli e sorelle. Ma quella donna era furba, e Althea sospettava di non essere l’unica che aveva sguinzagliato in giro a raccogliere informazioni.

«Sento... dice che ha una nuvola nello stomaco. Penso che potrebbe essere un cancro.»

«È sicura che sia lei? Mia madre non parlava inglese», disse Rogelio.

Althea nascose un sorriso dietro la mano.

«Quando passiamo di là parliamo tutti la stessa lingua, caro mio», rispose Mrs del Ray con una traccia di irritazione. «Sento che è stata una lunga malattia.»

«Sì.»

«Mio caro, so quanto dev’essere stata dura per te. Tua madre vuole che tu sappia che lei è proprio qui con te, adesso, e sarà sempre con te. Sappi che tua madre ti perdona e capisce le scelte di vita che hai fatto.»

Rogelio si coprì la faccia con le mani. «Inay. Mama.» Poi si sedette, e Jimmy e Annabeth si affrettarono a confortarlo.

Adesso era il momento buono per svignarsela. Doveva andare a vedere se c’era il bambino. Controllare se la aspettava in cabina. La notte precedente si era di nuovo raggomitolato accanto a lei come un gattino. Era stato rassicurante. Ma forse doveva prima andare da Maria. Solo perché Mrs del Ray l’aveva reclutata, Althea non aveva intenzione di mollare del tutto il suo lavoro. Sarebbe stata una scelta miope. Quando fossero arrivati gli aiuti, appena finito il maltempo sulla costa, sarebbe stata tra i pochi che avevano compiuto il loro dovere. Quella mattina aveva persino fatto il suo giro per consegnare le scorte di acqua e i sacchetti puliti, lasciandoli davanti alle cabine, anche se si era concessa d’ignorare i sacchetti usati abbandonati nei corridoi. Avrebbe trovato il tempo di rimettere a posto il suo settore più tardi. A eccezione dei Lineman. Quelli potevano arrangiarsi. Qualsiasi cosa avesse fatto per loro, si sarebbero mostrati comunque ingrati. Marcissero pure.

Un’altra fitta alla pancia. Non aveva più avuto la nausea, però adesso era sicura di essere incinta. Lo sentiva. Lo percepiva. Comunque non potevano certo licenziarla, se si fosse mostrata diligente, giusto? Era stata una delle poche a non arrendersi. E, se anche l’avessero licenziata, aveva un piano di riserva. Si era fatta valere con Mrs del Ray. Forse avrebbe accettato di prenderla come assistente. Althea non aveva più visto Maddie in teatro, quindi forse aveva mollato o era stata licenziata. Quello sarebbe stato un buon lavoro; magari poteva persino fruttarle una carta verde, liberarla una volta per tutte dalle grinfie di Joshua. Non che si fidasse della vecchia: Mrs del Ray stava approfittando della situazione per ragioni sue.

Sgusciò fuori da una delle porte laterali che davano accesso alle quinte e passò dietro il sipario nero. Il tecnico di scena – Althea non si ricordava il suo nome – stava sonnecchiando, una mano a sorreggere la testa. La voce soffocata di Mrs del Ray filtrava da dietro le tende.

Althea si affrettò nell’I-95 verso l’ufficio di Maria. Bussò alla porta. Nessuna risposta. Provò la maniglia. Non era chiusa e, dopo una rapida occhiata per assicurarsi che nessuno la stesse osservando, s’infilò dentro. Non c’era mai entrata da sola. Si avvicinò alla scrivania e provò ad aprire uno dei cassetti, ma erano chiusi a chiave. Gli altri ponti riservati al personale si trovavano sotto la linea di galleggiamento, ma quell’ufficio era luminoso e arioso. Andò a sbirciare dalla finestra, verso il mare. Erano ancora alla deriva, la nave si trascinava dietro una chiazza di rifiuti in sacchetti di plastica rossa, come una sposa con uno strascico rosso sangue. Come lei. Il suo matrimonio era stato un avvenimento grandioso. Sua madre si era addirittura fatta prestare dei soldi. Stupida. Che spreco.

Fece un salto quando la porta si aprì ed entrò Maria, con indosso i pantaloni di una tuta da ginnastica e una maglietta troppo stretta.

«Althea, cosa ci fai qui?»

«Ti cercavo.»

La donna ondeggiò, sembrava facesse fatica a metterla a fuoco. Ubriaca. Un altro segno di debolezza. Maria barcollò fino alla scrivania, si lasciò cadere sulla sedia dei visitatori e pescò dalla tasca dei pantaloni un pacchetto di sigarette malconcio. Sulle navi era proibito fumare. Potevano licenziarla. Maria accese la sigaretta e sbuffò il fumo dall’angolo della bocca. Althea cercò di non respirarlo. Joshua fumava, e sperava che un giorno il fumo lo uccidesse.

«Ho fatto il mio settore, Maria.»

«Buon per te.» Il suo supervisore tossì. Ancora niente sopracciglia, e i capelli erano striati d’unto. «Era questo che volevi dirmi? Che sei un bravo soldatino?»

«Non ho abbandonato il mio posto.»

«Allora sei più tonta di quello che sembri.»

Althea avvertì quello strano pizzicorino nel petto che provava ogni volta che lei e Joshua stavano per litigare. «Faccio il mio lavoro.»

«Non c’è più nessun lavoro, Althea.»

«Mi stai licenziando?»

Maria rise attraverso il fumo. «No, non è quello che intendevo. È che fare il tuo lavoro non serve più.»

«Perché?»

«Secondo te, perché? Non sei così stupida, Althea.» Fece ondeggiare la sigaretta. «La nave. È andata.»

«Ci sono notizie?»

«Notizie su cosa?»

«Sulla nave. Sul maltempo a terra. I soccorsi. La radio.»

«No.»

Mentiva. Althea lo vedeva, che stava mentendo. Sorrise dolcemente. «Non puoi chiederlo al tuo ragazzo? Non è uno degli ufficiali?» Quegli ufficiali se le rigiravano come volevano, le donne. Solo quelle così stupide da credere di poterne trarre beneficio si davano ancora la pena di andarci a letto.

Un lampo di rabbia – un guizzo della vecchia Maria – e poi: «Non ci sono comunicazioni con l’esterno. Niente navi. Niente aerei in cielo». La donna aspirò un’altra boccata e tossì. «È successo qualcosa, là fuori.»

Althea aveva già sentito anche quella teoria. Qualcosa di che genere? Il mondo non poteva mica andare in malora in quattro giorni. Forse avrebbe dovuto portare Maria da Mrs del Ray. Meglio di no. Non era sicura di averne voglia, e voleva trovare il bambino. «Devo andare a controllare le mie cabine.» Uscì da dietro la scrivania e si avviò alla porta.

«Althea... aspetta.»

«Sì?»

«Tieniti pronta.»

«Pronta per cosa?»

«Pronta e basta.»

Althea annuì. Lei era sempre pronta.

Lasciò l’ufficio e si diresse verso l’ingresso al ponte dell’equipaggio. Trining era appoggiata alla parete davanti alla sua cabina. Cazzo. Non era dell’umore per fare conversazione.

«Ti senti meglio, Trining?»

«Sono ancora malata, Althea. Ieri notte ti ho sentita parlare da sola.»

«E allora?»

Trining tossì. Ad Althea sembrò che fingesse. «Quella donna è il diavolo. Ho sentito cosa sa fare.»

«Che donna?»

«La donna nel teatro, Angelo dice...»

«Lui non sa un accidente.» Stramaledetto Angelo. «Comunque si sta meglio che qui. Lì almeno nessuno è malato.»

«Stai attenta.» Trining distolse lo sguardo.

Althea scrollò le spalle. Forse aveva ragione Trining. Forse Celine era il diavolo. Era una delle spiegazioni possibili. Non le importava. Althea la lasciò e andò a vedere se il bambino la stava aspettando in cabina.