IL CUSTODE DEI SEGRETI

Devi si aggrappò al corrimano, scivoloso per l’umidità, scese gli scalini metallici e barcollò lungo il corridoio che ospitava lavanderia e obitorio. Ogni muscolo gli pulsava tormentosamente, ogni volta che muoveva il gomito una fitta gli saettava fino alle dita e la testa era un ammasso oscuro di dolore. Si sfiorò il labbro con la lingua: gli pareva avesse raggiunto le dimensioni di una palla da cricket.

La nave vibrava attorno a loro. Rogelio era stato in plancia e aveva riferito che Baci, uno dei pochi ufficiali che non avevano abbandonato la nave, stava facendo del proprio meglio per stabilire verso quale porto dirigersi. La tempesta poteva aver allontanato ancora di più la nave dall’ultimo rilevamento conosciuto.

Rogelio lo reggeva per il dietro della camicia, e Devi gli era grato per quel sostegno. Gli era rimasto accanto a ogni passo. Quando tutto fosse finito, Devi si ripromise di ricambiarlo in qualche modo.

Alla fine raggiunsero la loro destinazione.

Devi aprì la porta del magazzino, entrò e andò a bussare con un dito sullo sportello dell’obitorio.

Un urlo angosciato si levò dell’interno: «Fatemiuscirefatemiuscirefatemiuscire». E poi dei singhiozzi.

Rogelio lo raggiunse nel magazzino. Se era spaventato o inorridito da quello che avevano sentito, non lo diede a vedere. «Sicuro che sia lui, Devi?»

«Sì.»

«Morirà se non lo facciamo uscire?»

«Non lo so.» Ma soffrirà di sicuro.

«Vivrai in pace con te stesso se lo fai, Devi? Poi sarà tutto finito?»

Devi non ebbe bisogno di riflettere prima di rispondere: «Sì».