CAPITOLO 1

«Non sto dicendo che è gay – non sto dicendo che è o-mo-sessuale – sto solo dicendo che è una checca. Non è la stessa cosa».

«Non ricomincerai di nuovo con questa storia…». Una falce di luna disegna una cicatrice nel cielo, illuminandoli mentre Kevin procede lungo l’erba irrigidita dal gelo, il fiato che si condensa in vapore e lascia una scia dietro di lui. I capezzoli come piccole punte infuocate. Le dita che bruciano dove spuntano dalla manica, strette sulla torcia. Le aste degli occhiali fredde contro le tempie.

Alle sue spalle, i lampeggianti blu e bianchi dell’ambulanza lanciano intorno pigri coni di luce, facendo rimbalzare le ombre attraverso gli alberi ai lati della strada. I lampioni scintillano di rimando da una fermata dell’autobus, il Perspex deformato e annerito dove qualcuno ha cercato di dargli fuoco.

Nick chiude il portello dell’ambulanza con un tonfo. «No, dico sul serio, ma guardalo: potrebbe essere più checca di così?»

«Perché non stai zitto e mi dai una mano?»

«Non capisco perché ti agiti tanto». Nick si gratta la barba, con forza, come un cane con le pulci. Minuscole scaglie bianche, causate dall’infezione fungina che ha in faccia, si staccano dalla pelle, visibili alla luce della torcia come lucciole morenti. «Sarà un altro scherzo del cazzo, come tutti gli altri. Te lo dico io: da quando hanno trovato quella donna sbudellata a Kingsmeath, ogni coglione perdigiorno in città non fa che stare al telefono a denunciare il ritrovamento di donne sventrate. Stando a loro, questo maledetto posto dovrebbe essere tappezzato di puttane morte».

«E se invece stavolta c’è davvero, e sta morendo, lì al buio? Non vorrai…».

«E lo sai perché Spider-Man è una tale checca?».

Kevin non lo guarda, tiene gli occhi fissi sull’erba. In quel punto è più fitta, gli steli duri come frammenti di vetro sparsi di lame rossastre di romice e cardi secchi. Qualcosa, là fuori, puzza di muffa, di stantio, di marcio. «E se invece non è uno scherzo? Potrebbe essere ancora viva».

«Sì, certo, continua a crederci. Cinque sterline che neanche esiste». Ricomincia a grattarsi la barba, mentre avanza attraverso un mucchio di foglie morte. «Comunque, Spider-Man: l’azione è la sua ricompensa, no? Che finocchio».

Altre due ore, prima che il turno finisca. Altre due ore di chiacchiere inutili e stronzate…

C’è qualcosa che sporge da sotto quel cespuglio di ginestra?

I lunghi baccelli scuri crepitano come un serpente a sonagli, mentre Kevin sfiora con cautela i rami.

È solo una busta di plastica, con un logo blu e rosso che scintilla di brina.

«Insomma, al suo posto, se salvassi una bella pollastrella da un edificio in fiamme, mi aspetterei un premio in denaro, o perlomeno un pompino. Quand’è l’ultima volta che hai visto una fare un pompino a Spider-Man? Mai, ecco quando».

«Nick, te lo giuro su Dio…».

«Dài, se tu o io andassimo in giro in pigiama schizzando roba appiccicosa sulla gente, ci arresterebbero per reati sessuali, o no?»

«Non potresti tacere per, tipo, cinque secondi?». Le punte delle orecchie gli bruciano, come se qualcuno ci stesse spegnendo sopra una sigaretta. E le guance non stanno molto meglio. Kevin sposta la torcia avanti e indietro. Forse Nick ha ragione. È solo una perdita di tempo. Se ne stanno lì fuori a morire di freddo, un martedì sera di novembre, solo perché uno stronzo inacidito ha pensato che fosse divertente denunciare il ritrovamento del corpo di una donna sul ciglio della strada.

«Non è un supereroe: è un pervertito. E una checca. Come volevasi dimostrare».

Centocinquantamila persone all’anno hanno un attacco di cuore, perché Nick non può essere uno di loro? Proprio adesso. È chiedere troppo?

Quell’idiota peloso la smette di grattarsi e indica qualcosa. «Ehi, ehi, pare che qualcuno se la sia goduta, stasera. Guarda quanti preservativi, qui…». Tocca il mucchietto con la punta dello stivale, ci giocherella. «Stimolanti, da quel che vedo».

«Sta’ zitto». Kevin si rosicchia la pelle al lato dell’indice, appannandosi gli occhiali con il respiro. «Cosa hanno detto?»

Nick tira su con il naso. «Donna, tra i venti e i trent’anni, possibili lesioni interne. Gruppo sanguigno A negativo».

L’asfalto scricchiola sotto i piedi di Kevin, mentre aggira la fermata dell’autobus. «E come facevano a saperlo?»

«Che era qui? Immagino…».

«No, imbecille, ti sto chiedendo come facessero a sapere il suo gruppo sanguigno…». A quel punto, Kevin si blocca di colpo. C’è qualcosa, dietro alla pensilina, qualcosa delle dimensioni di una persona.

Avanza lentamente, con i piedi che scivolano sull’asfalto ghiacciato. Ma è solo un tappeto arrotolato, il motivo a spirali verdi e gialle sbiadito dal tempo e macchiato di scuro. Lasciato lì da qualche sudicio cazzone che non aveva voglia di raggiungere la discarica cittadina. Che cavolo passa nella testa alla gente, negli ultimi tempi?

Non è…

Ci sono segni di trascinamento sull’erba, che si dipartono dal tappeto.

Oh, Dio.

«E non farmi cominciare con Superman!».

La voce di Kevin si spezza. Allora ci riprova. «Nick…?»

«Insomma, che razza di pervertito va in giro con una calzamaglia blu…».

«Nick, vai a prendere il kit di pronto soccorso».

«…e delle mutande rosso fuoco sopra alla calzamaglia? È come urlare a gran voce: “Guardami il pacco, sono l’Uomo d’Acciaio!”. Ed è più veloce…».

«Prendi il kit di pronto soccorso».

«…di un proiettile. Ma quello che vogliono le donne è…».

«PRENDI QUEL KIT DEL CAZZO!». E comincia a correre, scivolando sull’erba al lato della fermata. Lanciandosi attraverso i cespugli di ortiche morenti, seguendo le tracce di trascinamento.

La donna è distesa sulla schiena, con una gamba raccolta sotto di sé e l’altro pallido piede nudo sporco di fango. La camicia da notte bianca le è risalita sulle cosce, una croce gialla macchia il tessuto in corrispondenza dell’addome rigonfio, deformato da ciò che le è stato cucito dentro. Chiazze scarlatte sono diffuse sulla camicia da notte: papaveri scuri che si allargano a vista d’occhio.

Il viso della donna è pallido come porcellana, le lentiggini spiccano come macchioline di sangue rappreso, i capelli rossi sono sparsi sull’erba gelata. Una catenina d’oro le scintilla intorno alla gola.

Le tremano le dita.

È viva