CAPITOLO 6
«Il tuo garante?». L’uomo scoppiò a ridere, finché la risata non si spense in un gorgoglio. «Oh, santo Dio, no. Dimmi, ex ispettore, ne sai qualcosa di spillatori per la birra?»
«E allora chi è?»
«Vedi, non ci ho mai avuto molto a che fare, finora. Sono un tipo da gin tonic, io. Però mi piace pensare di sapermela cavare un po’ con tutto. Allora, l’hai lasciato andare di proposito, o è stata soltanto incompetenza?».
Sì, era il momento di finirla.
Poi sentii una voce alle spalle. «Ash?».
Alice. Aveva abbandonato il tailleur per una maglia a righe grigie e nere, un paio di jeans neri che le fasciavano le gambe e delle assurde Converse rosso fiamma. A tracolla una borsa di cuoio, come quelle dei postini di una volta. I capelli ricci e castani, liberi dalla coda, le ondeggiavano intorno al viso mentre attraversava la stanza, saltandomi praticamente addosso. Mi gettò le braccia al collo. Mi premette il viso contro una guancia. E strinse. «Oh, Dio, quanto mi sei mancato!». Sentii le lacrime bagnarmi la pelle.
I suoi capelli profumavano di mandarino. Proprio come Katie…
Qualcosa scattò, in un punto profondo, sotto le costole. Chiusi gli occhi e ricambiai l’abbraccio. E quel qualcosa mi si dilatò nel petto, facendomelo gonfiare.
Il bastardo in camicia e cravatta schioccò la lingua. «Sentite, se volete fornicare, meglio non farlo qui. Andatevene al piano di sopra, e lasciatemi il tempo di recuperare una telecamera».
Alice scostò il viso e mi sorrise. «Ignoralo, ti sta solo provocando. Meglio lasciarlo continuare finché non si stancherà». Mi piantò un sonoro bacio sulla guancia. «Sei dimagrito. Vuoi mangiare? Posso ordinare qualcosa, oppure possiamo andare al ristorante… ah, no, non possiamo, Jacobson vuole che restiamo qui finché non torna dalla conferenza stampa, ma sono così felice che sei uscito!». Non riprese neanche fiato.
Mi strinse un’ultima volta, poi mi lasciò andare. Indicò l’uomo dietro al bancone. «Ash, questo è il professor Bernard Huntly, il nostro uomo delle prove materiali».
Huntly tirò su con il naso. «Il guru delle prove materiali, come penso vi accorgerete presto».
La mano di Alice era calda contro la mia guancia. «Stai bene?»
Risparmiai uno sguardo assassino a Huntly. «Me la cavo».
Lui si appoggiò al bancone. «Io e Mr Henderson ci stavamo giusto godendo un notevole scambio filosofico riguardo alle sue figlie e all’Uomo dei Compleanni».
Alice sgranò gli occhi. Spostò lo sguardo da Huntly alla chiave fissa che stringevo in mano e tornò su di lui. «Oh… no. Non è davvero una buona idea. Fidati, non…».
«Non hai mai risposto alla mia domanda, Henderson». Le rughe ai lati dei suoi occhi si intensificarono. «Perché hai lasciato andare l’Inside Man?».
Alice recuperò la chiave dalla mia mano e la posò sul bancone. «Il professor Huntly pensa che essere scortese con la gente faccia venire fuori la loro vera personalità. Ovviamente è una sciocchezza, ma lui si rifiuta di accettare che le reazioni sotto stress non sono indicative del nostro io cognitivo interiore…».
«Bla bla bla». Huntly tornò a sparire dietro al bancone e agli spillatori. «Cosa ne pensi della psicologia, Henderson? Sciocchezze senza senso, o un mucchio di vecchie stronzate?».
Stronzate?
Alice si arrampicò su uno sgabello scricchiolante. Poi si tirò su di qualche centimetro la gamba sinistra dei jeans. Uno spesso elastico grigio spariva in un rettangolo di plastica nera, grande più o meno quanto un mazzo di carte da gioco. Il mio garante. «Starai da me, ovviamente. Insomma, non potrebbe funzionare se dovessi abitare dall’altra parte della città, con quella storia dei cento metri. Ho preso un appartamento, non molto grande ma accettabile, e sono sicura che riusciremo a renderlo accogliente…».
Questo complicava le cose. Non mi sarei mai sognato di spaccarle la testa con una chiave fissa. Dannazione, ma perché non poteva essere Huntly?
Espirai con un sibilo, e abbassai il mento di qualche centimetro.
Probabilmente, era meglio così. Dovevo tenere un basso profilo e fare gioco di squadra. Perlomeno finché Mrs Kerrigan non fosse finita a terra in una pozza del suo stesso sangue.
Alice batté una pacca sullo sgabello accanto al suo. «Bear ti ha aggiornato sui dettagli?»
«Chi diavolo è Bear?».
Aggrottò la fronte. «Il sovrintendente detective Jacobson. Pensavo lo sapessi».
Mi misi a sedere. «Mi ha fatto avere le foto della scena del crimine e qualche dichiarazione. Ha detto che non potevamo avere i risultati dell’autopsia e delle indagini della scientifica».
Si udì un tonfo da dietro al bancone. «Okay, ora dovrebbe andare». Huntly si alzò, per poi sistemare un secchio sotto alla spina centrale. «Dita incrociate». Tirò la maniglia, e l’aria sibilò nel tubo. «La conferenza stampa dovrebbe iniziare proprio ora: il telecomando è sul tavolo, se vuoi fare tu gli onori».
Recuperai l’apparecchio, lo puntai verso la TV e premetti il pulsante d’accensione.
Lo schermo sfarfallò, brillò di blu per un attimo, poi mostrò il tetro primo piano di una donna in tailleur scuro. «…all’apertura della scuola, causando sei morti e tredici feriti. I tiratori scelti della polizia hanno sparato sull’uomo, che adesso dovrebbe essere ricoverato in condizioni critiche al Parkland Memorial Hospital…».
Huntly tirò di nuovo la maniglia della spina, e dell’acqua schizzò nel secchio. «Perfetto. Ora non ci resta che ripulire i tubi e ficcarci sotto un bel barile di birra».
«…la veglia di mercoledì. Ci spostiamo a Glasgow, ora, dove si cercano i tre uomini che hanno rapito e stuprato l’atleta paraolimpico Colin…».
Alice fece girare avanti e indietro il suo sgabello. «Non riesco ancora a capire perché non ti hanno portato con loro».
Lui si irrigidì per un attimo. Poi si sciolse la cravatta. «Henderson, c’è un buon motivo per cui non stiamo utilizzando i risultati delle indagini della scientifica e dell’autopsia: il pregiudizio investigativo. Il nostro compito è di rimanere obiettivi, indipendenti e lontani da preconcetti operativi. Pensavo che fosse ovvio».
Gli sorrisi. «Lasciami indovinare, non ti fanno comparire di fronte alla stampa, perché potresti apparire come uno stronzo arrogante, pomposo e condiscendente?»
«…fanno appello a eventuali testimoni».
«Ci sono tre principali squadre di investigazione sul problema dell’Inside Man. Una della Divisione di Oldcastle, una dalla Divisione Speciale Anticrimine. E poi ci siamo noi», fece un cenno con la mano oltre il bancone, indicando il malandato pub, «l’Unità Laterale per le Indagini e le Revisioni».
«…a Oldcastle, oggi. Ross Amey è lì per noi. Ross?».
Un uomo grosso, dai capelli lunghi, con il microfono in mano, comparve sullo schermo, con l’insegna della Centrale di Polizia di Oldcastle alle sue spalle nell’oscurità. «Grazie, Jennifer. Lo chiamano “l’Inside Man”…».
«Stai scherzando? Tre diverse squadre?»
«Al contrario, signor Henderson. Le cose sono cambiate, da quando sei finito dentro per compiacere Sua Maestà… non c’è più una Polizia di Oldcastle, soltanto una Polizia della Scozia. Tecnicamente, tutte le squadre dovrebbero lavorare insieme, ma nella realtà l’Operazione Balsamo di Tigre è uno scontro tra Oldcastle e la Divisione Speciale Anticrimine per vedere chi ce l’ha più lungo. Considerala la gioia di essere tutti una grande famiglia felice, ormai».
«…scoperta del cadavere di una donna, ieri notte, da parte dei paramedici di un’ambulanza».
«E voi?»
«No, non “voi”, Henderson, bensì “noi”. Fai parte della squadra, adesso».
«Che mi piaccia o no».
Un’alzata di spalle, un po’ sghemba. Poi Huntly indicò la TV. «Guardate: cominciano le bugie».
Sullo schermo comparve un lungo tavolo. Diversi ufficiali di polizia, alcuni in uniforme, altri in giacca e cravatta, vi erano seduti dietro, rigidi come tronchi. L’unica con tutti i capelli era una donna dai ricci biondi tenuti lontani dalla fronte, e con un’espressione corrucciata che sembrava tatuata sul volto. Una scritta in sovrimpressione le lampeggiò sotto il mento: SOVRINTENDENTE DETECTIVE ELIZABETH NESS, CID DI OLDCASTLE.
La donna si schiarì la gola. «In primo luogo, mi preme affermare che i nostri pensieri e le nostre preghiere in questo momento difficile vanno alla famiglia di Claire Young. Mi hanno chiesto di leggervi la seguente dichiarazione. “Claire era una persona meravigliosa, la cui perdita ci tormenterà per sempre…”».
Alice si portò le braccia intorno al corpo, le dita di una mano che giocherellavano con i capelli, lo sguardo fisso allo schermo. «Hai mai lavorato con la sovrintendente detective Ness, prima d’ora? È una persona capace di accettare consigli da altri…».
«Non ne ho idea. Deve essere nuova».
«“…garantirci lo spazio e il tempo di piangere la nostra bellissima Claire…”».
La porta interna del pub si aprì e una donna robusta con addosso una grossa giacca trapuntata entrò, carica di cartoni di pizza. Aveva un berretto di lana calcato sulle orecchie e il volto mezzo nascosto da una sciarpa di lana. Da una mano le pendeva una busta di plastica che dondolò forte quando chiuse la porta con un colpo di tacco. «Me la sono persa?».
Huntly recuperò una giacca gessata dallo schienale di una sedia e se la infilò, completando il vestito. «Siamo alla dichiarazione della famiglia».
Sullo schermo, la Ness passò da una dichiarazione all’altra. «Alle tre e ventitré di ieri mattina, un’ambulanza ha risposto a una chiamata d’emergenza vicino a Blackwall Hill…».
La donna in giacca trapuntata attraversò la stanza, mentre il contenuto della busta di plastica le batteva a ritmo contro una gamba. «Tutto a posto, non ho bisogno d’aiuto…».
«Sheila, mia cara, permettimi di darti una mano». Huntly recuperò il cartone più in alto e andò a posarlo sul bancone. Poi lo aprì. L’odore intenso di aglio, cipolla e pomodoro si spanse intorno, muovendosi nell’aria come uno stormo di uccelli intrappolati. Lui abbassò lievemente le spalle. «Oh. Questa è vegetariana». Poi richiuse il cartone.
«…dichiarata morta sulla scena. Questo è quanto posso al momento dichiarare, a parte il fatto che le indagini stanno andando avanti, con l’aiuto dei nostri colleghi della Divisione Speciale Anticrimine e a una squadra di esperti indipendenti».
Alice si allungò verso il cartone e se lo avvicinò, facendolo scivolare sul bancone. «Grazie, dottore».
Sheila posò gli altri cartoni su uno dei tavoli e si tolse i guanti. Poi piazzò le mani tra due dei contenitori. «Dio, quanto fa freddo, fuori…». Rabbrividì. La sciarpa si abbassò, rivelando due guance rotonde e arrossate e un piccolo naso a patata. Poi la vidi tendermi una mano. «Sheila Constantine, patologa; tu devi essere Henderson. Benvenuto a bordo. Mi devi dodici sterline e sessantatré». Si girò e fulminò Huntly con lo sguardo. «Tutti mi devono dodici sterline e sessantatré».
«…veniamo alle domande». La Ness indicò qualcuno fuori dall’inquadratura. «Sì?».
La voce di un uomo: «Credete sia un imitatore, oppure ritenete che sia davvero tornato l’Inside Man?».
Huntly aprì il cartone successivo. «Ma sono tutte vegetariane? Perché io avevo chiesto espressamente della carne».
Sheila si sfilò a fatica la giacca. «Basta con la tua vita privata, Bernard, stiamo per mangiare. E, prima che tu me lo chieda: no, non ti farò credito, stavolta».
«…non vogliamo lasciarci andare a speculazioni sul responsabile, prima di aver investigato…».
Mi ficcai la mano in tasca. Guardai i cartoni di pizza, poi Alice, poi di nuovo la pizza.
Le vidi comparire una sottile ruga tra le sopracciglia. Poi annuì. «Io pago per Ash. Sono il suo garante. Anzi, forse dovremmo fare tutti una colletta di benvenuto e…».
«Ah, sì, certo». Huntly si batté una mano sulla fronte. «Henderson è appena uscito di prigione. Questo lo mette finanziariamente in imbarazzo. Che cosa insensibile, da parte tua, Sheila. Non si dovrebbe parlare di soldi, in un momento del genere!»
«Sovrintendente detective, chi sta gestendo le indagini, qui, lei o il sovrintendente Knight? E il commissario capo della polizia scozzese si fida a dare a Oldcastle…».
«Avere più squadre investigative che collaborano su un caso del genere è una procedura standard, e io per prima sono felice di ricevere tutto l’aiuto possibile, quando delle giovani donne potrebbero essere in pericolo. Pensa forse che dovremmo rifiutare la collaborazione della Divisione Speciale Anticrimine, per qualche assurdo motivo di orgoglio?»
«Io… no, certo che no, ma…».
«Cercherò e seguirò tutte le strade possibili e che riterrò utili per arrestare il responsabile della morte di Claire Young. Il prossimo?».
Huntly controllò un’altra pizza. «Ah, finalmente. Qualcosa con del salame sopra». Posò il cartone su uno dei tavoli e vi si sedette davanti. Prese un triangolo di pizza con mozzarella e salame unto dal contenitore e lo puntò verso la Ness. «È brava, vero? Promossa e trasferita da Tayside. Sta dando letteralmente una svegliata ai quei bifolchi». Si ficcò in bocca la pizza e prese a masticare, mantenendo gli occhi fissi sullo schermo. Poi si pulì un angolo delle labbra con un tovagliolino. «Ho lavorato a un caso con lei, quando era ancora una detective. Stupri seriali, una brutta storia… Non verrebbe da pensarlo, ma è davvero una femme fatale, quando non ha quell’espressione seriosa sul viso».
«L’Inside Man ha inviato un’altra lettera?»
«Come ho già detto: non faremo speculazioni sul responsabile. Il prossimo?»
«Sì, ma la lettera…».
«Il prossimo?».
La dottoressa Constantine scostò una sedia e vi si lasciò cadere sopra. Gli spessi strati della giacca imbottita le si gonfiarono intorno. «Ho parlato con la Ness e con Knight: potremo avere i risultati delle deposizioni domattina presto, e quelli sul corpo dopo le due».
«Che bambola era?»
«Non possiamo divulgare questa informazione. Il prossimo?».
Huntly diede un altro morso alla pizza. «Quando potrò controllare le prove materiali?».
Sheila lo fissò con astio. «Dopo che avrai pagato la tua pizza».
«Oh, per l’amor di Dio…».
«Era una Lacrimuccia o una Mio Primo Bebè?»
«Ho già risposto a questa domanda. Il prossimo?»
«Questi esperti indipendenti rispondono a lei o alla Divisione Speciale Anticrimine?».
La Ness guardò da una parte. «Sovrintendente detective Jacobson?»
«Ah». Huntly mi prese il telecomando dalla mano. «Eccolo». E alzò il volume.
L’inquadratura fece una carrellata della sala conferenze, spostandosi su Jacobson, seduto a un’estremità del tavolo, lo sguardo fisso nella telecamera, come se guardasse loro nel pub. Aveva una cravatta marrone, ma non si era preoccupato di indossare un completo, tenendosi il giubbotto di pelle. «La mia squadra è composta di esperti che sono ai massimi livelli nei loro rispettivi settori: ciascuno di loro è stato scelto perché potrà portare decenni di esperienza e una prospettiva unica ai casi da affrontare».
Ci fu un momento di silenzio. Poi chiunque avesse fatto l’ultima domanda ritentò: «Sì, ma siete sottoposti al CID di Oldcastle o alla Divisione Speciale Anticrimine?»
«Ottima domanda».
Altro silenzio.
«Ehm… potrebbe rispondere?»
«L’Unità Laterale per le Indagini e le Revisioni farà avere i suoi risultati, attraverso la mia persona, a qualsiasi squadra sarà adatta a riceverli».
Alice si succhiò l’olio dalle dita. «E ora tutti penseranno di essere a capo delle indagini».
Sheila annuì. «Avevi ragione. Ottimo suggerimento». L’inquadratura si allontanò, per registrare la reazione degli ufficiali di polizia presenti al tavolo: sembravano sorpresi, molti di loro si schiarivano nervosamente la gola.
Poi la Ness tirò fuori un sorriso affilato: «Avendo lavorato con il sovrintendente detective Jacobson in diverse occasioni, sono felice di dare il benvenuto a bordo alla sua squadra».
Il sovrintendente seduto accanto a lei gonfiò il petto. Era coperto di bottoni argentati, oltre che da una serie di mostrine multicolori in vista sopra il taschino sinistro: Giubileo Dorato, Giubileo di Diamante e una medaglia al Servizio e alla Buona Condotta. Tutta una serie di riconoscimenti che stavano lì a testimoniare soltanto che era stato al lavoro molto a lungo, e non certo chissà quale atto di coraggio, eppure li indossava con il massimo orgoglio. Quello doveva essere il sovrintendente Knight, dunque. Alzò il mento, mentre le luci della sala gli si riflettevano sul cranio. «Anche la Divisione Speciale Anticrimine è felice di lavorare con il sovrintendente detective Jacobson e la sua squadra».
La Ness bussò con le nocche sul tavolo, riprendendo il controllo della conferenza stampa. «La prossima domanda?».
Huntly puntò il telecomando verso lo schermo e il volume scese fino a diventare un basso brusio in sottofondo. «Eccellente. Questo metterà il Felis catus in mezzo alle Columba palumbus. Ci vuole un brindisi, non trovi, Sheila?».
Lei rispose con un sospiro. Poi pescò dalla busta una bottiglia di vino rosso e una di bianco. «Queste sono cinque sterline extra per ciascuno».
Huntly saltò su e tirò fuori da dietro il bancone una mezza dozzina di bicchieri impolverati. Soffiò in ciascuno, per poi lucidarli con la cravatta rosa. Infine li allineò sul bancone.
Sheila mi tese un cartone della pizza con il logo del tirannosauro di DinoPizza scurito da una macchia di unto. «Non preoccuparti dei soldi. Me li farò dare da Bear. Ti va un bicchiere di vino?»
«Non posso: sto prendendo dei medicinali. Ma grazie lo stesso». Aprii il cartone. Funghi, prosciutto, mais e ananas. Ma sarebbe potuta andarmi peggio.
Huntly applaudì. «Questo significa che per noi ce n’è di più!».
Piccoli fiocchi bianchi si infilarono nell’ingresso del pub, quando uscii, digitando il numero dell’ispettore Dave Morrow sul cellulare di Alice. Premetti il pulsante verde e lo lasciai squillare, il respiro che si condensava in pallido vapore grigio sotto alla luce del lampione più vicino. C’era da dire una cosa, riguardo al carcere: almeno, era un posto relativamente caldo…
Una voce rude gracchiò dall’altra parte della linea. Un po’ affannata e spezzata. «Alice, questo… questo non è un buon momento».
«Shifty, sono io. Stai bene?».
Una pausa. «Cazzo, ce l’ha fatta davvero. Quando sei uscito?»
«Un paio d’ore fa. E ho bisogno di un favore».
Lui tirò su con il naso «Sai che avrei ammazzato Mrs Kerrigan se avessi potuto, vero?»
«Sì, lo so».
«L’ultima cosa di cui ho bisogno è che Andy Inglis venga a cercarmi. Soprattutto con i Rubber Heelers. Altrimenti, sarebbe già sul fondo di una fossa…».
Uscii nel gelo della sera, allontanandomi lentamente di qualche passo dall’ingresso del pub. Mi guardai alle spalle per assicurarmi che nessuno fosse in ascolto. «Stanotte: io, te, una pistola, lei. E dovresti portare anche della benzina e un paio di pale».
Una pausa. «Ash, lo sai che farei…».
«Cos’è, ti stai tirando indietro?»
«Dannazione. Lo sai cosa farà Andy Inglis quando scoprirà che l’hai fatta fuori, vero?»
«Non lo scoprirà».
«Davvero? Esci di prigione, e la stessa notte le sparano in faccia. Quanto gli ci vorrà per fare due più due?»
Era vero.
Altri due passi, lanciando uno sguardo al cartello dall’altra parte della strada, con la casa di riposo che non sarebbe mai stata costruita. «Non resterò nei paraggi, dopo. La uccido, bruciamo il corpo e me ne vado da Oldcastle. Salto su una nave per la Norvegia. Sei ancora amico di quel pescatore di Fraserburgh?»
«Il passaporto non è scaduto, vero? Perché ho l’impressione che alla frontiera si aspetteranno quasi di vederti comparire».
Sentii un tonfo alle mie spalle. Mi girai e notai la dottoressa Constantine, avvolta dalla sua giacca trapuntata, con una sigaretta tra i denti. Fece scattare un accendino e mi rivolse un cenno di saluto.
Lo ricambiai. Indicai il telefono che avevo incollato all’orecchio e le voltai le spalle. «E Biro Billy?»
Un sospiro. «Vedrò cosa posso fare».
Il sovrintendente detective Jacobson si sfilò a fatica il giubbotto di pelle. Un sottile strato di neve gli si era incollato alle spalle e alla testa, sciogliendosi al calore della sala del pub abbandonato. Appese il giubbotto allo schienale di una sedia. «Allora?»
Huntly allargò le braccia, come se volesse abbracciarlo. «È stato magnifico!».
«Non esagerare, Bernard, sei ancora nel mio libro nero, dopo stamattina».
«Oh…». Le braccia si riabbassarono.
«È rimasta della pizza?». Jacobson si avvicinò al bancone, aprendo e richiudendo i cartoni unti. «Croste, croste, croste…».
Sheila gli indicò la pila di sedie e tavoli in un angolo. «Ho nascosto la sua laggiù, per non farla scovare all’unità tritarifiuti. Però sarà fredda, ormai».
Lui tirò fuori il cartone, lo aprì, recuperò una fetta di pizza e se ne ficcò in bocca un’estremità. Chiuse gli occhi e si mise a masticare.
«Ahh… ora va meglio. Non danno più niente di buono, ormai, alle conferenze stampa. Solo acqua minerale e del caffè imbevibile. Ma che diavolo ci sarebbe di male in un vassoio di sandwich?».
Huntly versò del vino rosso in un bicchiere ripulito con la cravatta. «A proposito della conferenza stampa…». Si schiarì la gola. «Donald era lì?».
Appoggiandosi allo schienale della sedia, Sheila sbuffò. «Di nuovo con questa storia?».
Lui si irrigidì. «Non c’è bisogno di fare così».
Lei imitò un accento snob. «Donald era lì? Ha per caso chiesto di me? Sembrava triste? Ha messo su peso? Sta uscendo con qualcuno?»
«Non c’è bisogno di diventare omofobici».
«Non sono omofobica, la mia fobia semmai riguarda gli uomini adulti che si comportano come ragazzine alla prima cotta. E comunque, mi devi ancora diciassette sterline e sessantatré».
Jacobson prese il bicchiere di vino rosso e ne vuotò metà in pochi sorsi. «Donald non c’era. Il sovrintendente Knight l’ho ha incaricato di scoprire chi è stato l’ex collega di Ash a far sapere alla stampa che l’omicidio di Claire Young è collegato all’Inside Man».
C’era da scommettere che avessero gradito: un’idiota di un’altra divisione che indagava sul CID di Oldcastle per cattiva condotta? Avrebbero serrato i ranghi così in fretta che il rumore si sarebbe sentito fino a Dundee.
Jacobson si scolò il resto del vino. Tese il bicchiere a Huntly per farselo riempire. «Ho parlato con un paio di agenti. Sembra che Claire sia uscita per andare al lavoro alle sette e un quarto di giovedì sera, e non sia mai arrivata a destinazione. I suoi coinquilini hanno denunciato la scomparsa venerdì pomeriggio, quando non l’hanno vista rientrare a casa. I geni della Divisione di Oldcastle hanno preso sul serio la faccenda solo quando il corpo di Claire è stato ritrovato ieri mattina». Bevve un sorso, assaporando il vino in bocca, per poi accennare nella mia direzione. «Ne verrà fuori una storia fantastica, quando i giornali lo scopriranno».
Incrociai le braccia sul petto, fissandolo. «Perché io?»
«Perché tu cosa?»
«Se il CID di Oldcastle è pieno di idioti corrotti, perché sono qui?».
Lui sorrise. «Questa sì che è una domanda eccellente».
Però non si sognò neanche di rispondere.