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Il ricordo di ciò che è successo con Neal quella sera continua a perseguitarmi, anche se si è trattato soltanto di un bacio e io l’ho respinto; anche se provo a immaginarmi Angus mezzo ubriaco in un bar, che sorride a una sconosciuta, sempre una bellissima sconosciuta; anche se me lo vedo che flirta con gli occhi offuscati dall’alcol in modo alticcio e inoffensivo – sempre inoffensivo. I risultati del test “Quanto ti fidi di tuo marito?” sono chiari. Passa l’esame a pieni voti. Mi fido ciecamente di lui. Del nostro matrimonio. Della mia vita. Proprio come lui si fida di me.

Ho provato diverse volte ad alzare la cornetta e chiamare Rachael, ma qualcosa mi frena. È giusto mettere in mezzo anche lei? O la verità è che mi vergogno troppo?

Solo un bacio. È quello che ha detto Neal quella sera, prima di andarsene.

Era tutta colpa sua. Era davvero mortificato. Ha detto anche questo.

Ma io avrei dovuto fermarlo prima. Avevo capito cosa stava per succedere. E ho lasciato che accadesse. La colpa è solo mia.

 

Vado a fare un giro con Zappa, che è ancora con me perché, anche se la sua padrona non vuole tenerlo, non riesce a venderlo. È irrequieto, nervoso. Sente il freddo che si insinua oltre la sua pettorina e quello che mi passa per la testa non gli piace. Quasi quanto non piace a me.

È solo quando lo spingo verso un sentiero non battuto e lo lascio correre che ci lasciamo dietro tutti i pensieri. Ci concentriamo sul ritmo degli zoccoli, il rumore del fango che schizza in tutte le direzioni e il sibilo del vento.

Fino a quando sono di nuovo a casa e, dopo aver lavato via il fango e preparato il pranzo, Neal si presenta alla mia porta.

«Dovresti andartene», gli dico, evitando il suo sguardo con le guance arrossate. «Per favore. Io amo Angus e non voglio fargli una cosa del genere».

Ma non lo fa. Rimane immobile senza dire niente. Azzardo uno sguardo, dritto in faccia. Mi soffermo qualche secondo in più sui suoi occhi, fissi su di me.

«Kate?». Come può una parola, solo quattro lettere, significare così tanto?

È così che iniziano i tradimenti? Basta così poco? Una persona che supera il confine, che ti parla in tono dolce e persuasivo, e subito risenti quella scintilla che avevi dimenticato, quel brivido che si è fermato dopo tanti anni di matrimonio?

Piombiamo nel silenzio. Minuti che sembrano ore. Dopo, con una volontà di ferro, gli volto le spalle. Aspetto di sentire il rumore della porta che si chiude e ascolto i suoi passi sui sassolini del vialetto. Poi mi volto, appena in tempo per vedere la sua schiena che scompare all’orizzonte.

Le gambe mi cedono e cado a terra. Per quanto lo desideri, non cederò all’impulso. Non farò mai una cosa simile.

 

Dopo che se n’è andato, la vergogna mi rimane incollata addosso, visibile come una fascia nera sul braccio o la cicatrice di una battaglia, attirando una commiserazione che non merito affatto.

«Mi manca Angus», dico se qualcuno mi fa notare che sono pallida, mentre nella mia testa sento solo: Bugiarda! Bugiarda! Bugiarda!

E come se lo sapesse, come se l’aura della mia colpa lo raggiungesse fino a York, quel fine settimana non torna a casa.

«Mi dispiace, Kate. Me ne ero completamente dimenticato, ma c’è una cena sabato. Se me lo fossi ricordato prima, ti avrei detto di venire…».

«Il prossimo weekend torni però, vero?». La delusione è mitigata dal sollievo.

 

Quel fine settimana, finito il corso, Jo torna a casa. E più il mio senso di colpa si ingigantisce, più mi tornano in mente tutte le sue parole. Ha un’amante… Non è la prima volta. Lui è fatto così e io devo conviverci…

All’improvviso mi sento davvero stupida. Sono stata proprio una preda facile. Così lusingata dal fatto che avesse cercato di attirare le mie attenzioni… che gli ho dato via libera. Decido che non posso rivelarle che suo marito ci ha provato con me, anche se io non l’ho provocato in alcun modo. È lui che ha semplicemente ripetuto quello che ha già fatto tante volte. Eppure ripenso ancora e ancora a quella scena.

Sul tavolo, in qualche modo, le nostre mani si intrecciano.

O forse l’ho provocato, in realtà?

Avvicina le labbra. Che toccano le mie.

Anche lui la vedrà in questo modo?

Ma io l’ho respinto – non è successo nulla. Una sciocchezza.

«Com’è andato il corso?», le chiedo.

«Molto bene», risponde. Sembra stanca. «Ho conosciuto gente interessante. E, credimi, così tanti nerd che non puoi neanche immaginare».

«Benvenuta nel mondo dell’informatica!», dico a cuor leggero, come se fossi un’esperta.

«Ci hanno assegnato la seconda parte del corso da studiare a casa», continua. «Ma è stato bello allontanarsi per un po’, anche se solo pochi giorni». Ha uno sguardo pensieroso e, per un attimo, mi chiedo cosa stia per dire. «Kate? Senti mai il bisogno di fuggire via di qui?»

«Io? Non proprio… ma andrò a stare da Angus. A marzo. Mi toccherà scambiare gli stivali con un paio di tacchi», scherzo.

Ha un’espressione confusa, come se provasse a immaginare la scena e la trovasse davvero ridicola.

«Io sono molto di più che un paio di stivali e di pantaloni da cavallerizza, sai». Provo a scherzare, ma non ride, mi guarda soltanto con compassione.

«Ti manca molto?»

«Io… sì», rispondo, e sono sorpresa di sentire la mia voce così tremante.

Jo mi sorride, con un po’ di tristezza. «Non devi sentirti sola, Kate. Ci sono io, se hai bisogno».

All’improvviso non riesco più a parlare. Resto commossa e senza parole. In mezzo a tutti i suoi guai, riesce addirittura a trovare spazio per i miei problemi.

 

Ma dopo quel breve incontro, Jo sparisce come suo solito. In circostanze normali, andrei a cercarla e a vedere come sta, ma con Neal a casa, sempre nascosto nell’ombra, preferisco stare lontana.