2

Dopo aver parlato con Jo, urlo dal piano di sotto: «Vado a fare una cavalcata, Grace… Vuoi venire?»

«Sto per uscire». È la risposta sommessa che arriva dalla porta chiusa. «Mi dispiace».

In qualsiasi altro giorno, quest’indifferenza mi irriterebbe, ma oggi no. A Grace piace cavalcare la mattina presto, quando l’aria è ancora fresca e il paesaggio addormentato. Il suo momento di riflessione, come lo chiama lei. E quindi io posso seguire il mio ritmo, invece di essere risucchiata dalla folle corrente della vita degli adolescenti, in cui l’intera giornata rotola in avanti a casaccio finché non arriva la parte riguardante la vita sociale, fulcro di tutto. E oggi, ho davvero bisogno di prendermi del tempo per schiarirmi le idee.

Il pomeriggio volge al termine ma fa ancora caldo, un caldo pesante e afoso che accompagna le nuvole sospese nell’aria instabile. Mentre attraverso il campo, i cavalli sono letargici, sventolano svogliatamente la coda per scacciare le mosche e sollevano il muso per un istante. Mi sentono arrivare e smettono di pascolare.

A parte la mia Reba ormai in pensione e Oz, il pony fin troppo cresciuto di Grace, gli animali che arrivano qui presentano sempre qualche problemino – stando a quanto dicono i loro padroni almeno, che mi pagano profumatamente per rieducarli. È un lavoro che ben si abbina alla progettazione di giardini e, comunque, i cavalli sono la mia vita.

Riescono sempre a tenermi con i piedi per terra, qualunque cosa stia succedendo nella mia vita in un determinato periodo. È tutto merito della loro bellezza e del loro spirito, che non possono essere eguagliati da nessun’altra creatura al mondo. Il modo in cui si muovono, la delicatezza soffice e calorosa di un muso che mi sfiora la guancia. Non c’è bisogno di fingere con un cavallo. Sanno decifrare il linguaggio del corpo. Sanno a cosa pensi ancora prima di te.

Oggi cavalcherò Zappa, un bestione grigio che ha fama di essere imprevedibile e pericoloso. Chi se ne frega, direbbe Grace, alzando gli occhi al cielo. È uno dei cavalli più belli che abbia mai visto, zampe dritte e slanciate e occhi scuri e intelligenti. Uno di quelli che sentono anche il minimo bisbiglio e rispondono al più leggero spostamento di peso. Un sogno.

Questa bestia apparentemente così pericolosa è in piedi mezzo addormentata, si lascia raggiungere e montare. Una volta che sono in sella, Zappa risale il percorso in piena tranquillità, mentre il suo manto chiaro risalta nell’aria che si fa via via sempre più scura e le orecchie si piegano avanti e indietro ogni volta che si affaccia oltre un muro o una fossa. Mi chiedo – e non è certo la prima volta – quanto tempo potrò tenerlo, prima di confessare al suo padrone che non c’è assolutamente niente che non vada in lui.

In cima alla collina imbocchiamo il sentiero che attraversa il bosco, proprio mentre le prime gocce di pioggia iniziano a cadere. Il vento prende forza e, in lontananza, un cancello sbatte di colpo spaventando Zappa. Alzo gli occhi verso il cielo, che si rabbuia di più ogni secondo che passa, e poi osservo il bosco, ancora più tetro.

Fiutando la tempesta incombente, Zappa decide per conto suo e si fionda tra gli alberi. Ci addentriamo ancora un po’, mentre il cielo si squarcia e le gocce di poco fa si trasformano in un vero e proprio diluvio.

Al di sotto delle chiome folte, il sentiero è asciutto. Il grido improvviso di un fagiano lo spaventa e gli accarezzo il collo per calmarlo, mentre con uno zoccolo sbatte contro una radice. Quando parte al galoppo, Rosie s’intrufola dal nulla nei miei pensieri.

Forse era proprio qui l’altra sera. L’ultima volta che è stata vista da qualcuno.

Il battito del mio cuore accelera seguendo il ritmo della pioggia, mentre provo a scacciare il senso d’inquietudine che mi assale. Rosie sarebbe potuta essere ovunque.

Ma se le fosse successo qualcosa?

E poi avanza un altro, terribile pensiero.

E se le fosse successo qualcosa proprio qui?

All’improvviso un brivido freddo mi percorre la schiena, come se la morte stessa mi avesse sfiorato, e mi rendo conto tutt’a un tratto che qui intorno non c’è nessuno a spasso con il cane o a cavallo. Sono sola.

Ho un brutto presentimento. E poi si trasforma in paura, sì, la paura è in agguato dietro ogni angolo. Solo che la paura è un concetto troppo debole, non è adatto a esprimere il panico totale in cui sono sprofondata, il terrore che mi blocca ogni pensiero. Una sola parola riecheggia nella mia mente, urlata da qualche parte nel profondo.

Scappa.

Zappa mi sente e scatta in avanti, anche se il sentiero si restringe. Così galoppiamo inseguiti dalla paura, mentre un tuono si infrange sopra le nostre teste e il vento mi spinge i rami contro il viso. Un fulmine improvviso spinge Zappa a correre persino più veloce, mentre di fronte ai miei occhi si materializza l’immagine di un ciuffo di capelli chiari. I capelli di Rosie. E poi sento la sua voce, o forse è il vento, che mi chiama.

Zappa solleva la testa e cerco di rallentarlo, ma ormai non mi ascolta più. L’unica cosa che possa fare è tenermi stretta, restare aggrappata a lui, e proprio quando penso che stia per cadere, più avanti il buio si dirada lasciando spazio alla luce.

Zappa devia in quella direzione, mentre i rami si incastrano tra i miei vestiti e mi feriscono la pelle. Perde il passo, ma tira dritto e risale la roccia calcarea di fronte a noi e poi, su in cima, si ferma di colpo scaraventandomi a faccia avanti nell’oscurità.