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Angus ha due settimane di permesso prima di tornare al lavoro – a Londra, stavolta. Grace è con noi per Pasqua, e porta anche Ned. Inizio a cavalcare Shilo. E mentre la mia felicità sboccia insieme alle prime campanule, mi accorgo di quanto sia fragile.
Poco prima dell’inizio del processo, un giornale pubblica un’intera pagina su Neal, non lasciando nessun dubbio sulla sua colpevolezza. Secondo la loro fonte, prima di morire Rosie aveva litigato con suo padre, proprio come aveva detto Alex. Neal se ne era andato di casa ubriaco e infuriato, tornando poco prima dell’alba, barcollante e ancora sbronzo. In quel momento, dunque, avrebbe portato la figlia nel bosco, dove l’avrebbe accoltellata.
Per quanto sia un’ipotesi orribile, a quanto pare dona a Jo la forza necessaria per affrontare i suoi demoni. Una settimana dopo torna a casa.
«Le porto qualcosa», dico ad Angus. «Solo perché non mangerebbe nulla altrimenti. Prometto che non starò via molto».
«Kate, ascolta, va tutto bene. Resta pure quanto ti pare. Ha bisogno di te in questo momento. Lo capisco».
Vado verso la poltrona su cui è seduto e mi chino per dargli un bacio, sfiorando le sue labbra con le mie. «E anche tu hai bisogno di me. Abbiamo mesi da recuperare, ricordi?».
Mi afferra il braccio e mi spinge a sedermi sulle sue ginocchia. «Se vuoi recuperare ora, puoi andare da lei più tardi…».
«Mi dispiace». Lo bacio di nuovo e poi mi libero. «Mi sta aspettando, temo. Però dopo, magari…». Gli lancio un altro bacio.
Il portone di casa di Jo è aperto, cosa che non è da lei. Ma come sostiene, non ha niente da nascondere. Tutto quello che desidera è ricominciare da capo.
«Ci ho pensato bene e a lungo», continua, «credo sia meglio vendere la casa, Kate. Ne ho parlato anche con Delphine e siamo d’accordo: sono successe troppe cose qui dentro».
«Ma puoi farlo? Prima che il processo si sia concluso?»
«Sto sentendo un avvocato. Se non posso venderla, l’affitterò. Comunque sia, devo pensare ai soldi». Fa un respiro profondo e noto un baluginio di panico nei suoi occhi.
«E dove andrete?». Anche se per certi versi la capisco, e so che non può permettersi di rimanere qui, le mie emozioni sono contrastanti.
Ha uno sguardo triste. «Non lo so. Da una parte, non vorrei andarmene. Soprattutto per te. Ti sembrerà strano, ma tu sei l’unica vera amica che ho. Pensavo al Devon… Più vicine a Carol, perché Delphine le è davvero affezionata. Oppure un posto completamente nuovo. Non ho ancora deciso».
«Sei sicura, Jo? Non sarebbe meglio far passare un altro po’ di tempo per prendere una decisione così importante? Finché non ti sentirai meglio».
«È questo il problema», risponde con pacatezza. «Se resto qui, tutto quello che è successo non smetterà mai di perseguitarmi».
E poi sorride, con coraggio. «Vieni, prendiamo un tè».
Sedute in cucina, mi racconta della terapia che sta seguendo.
«Ho dovuto fare i conti con diverse cose mentre ero là, Kate. Cose dell’infanzia, che hanno influenzato il mio matrimonio. E poi la mia salute. Santo cielo, guarda come sono ridotta!», dice squadrando con disapprovazione i vestiti che le stanno larghi, sotto i quali non c’è nient’altro che pelle e ossa. «Io e Neal abbiamo tirato fuori il peggio l’uno dall’altra. Adesso lo capisco. So come deve sembrare la cosa da fuori, ma a essere onesti in un certo senso eravamo complementari. Io volevo ciò che lui aveva da darmi. Volevo lui, e c’era un prezzo da pagare. Ma è sempre così, no?».
Ha ragione, forse? È impossibile avere tutto? Bramava così tanto l’amore di Neal che era disposta a fare qualsiasi cosa, persino a sopportare i suoi abusi?
Mi torna in mente come mi sono sentita quando Zappa è morto. La vita di Zappa per il mio matrimonio, è quello che ho pensato. Jo sta facendo esattamente quello che ho fatto anch’io, comparando erroneamente diverse emozioni. È sbagliato.
«Sta pensando di vendere la casa», dico ad Angus.
«Davvero?». È sorpreso. «Da quello che mi hai raccontato, pensavo che fosse Neal il maniaco dei traslochi, non Jo».
«Lo pensavo anch’io. Ma è comprensibile, no? Ci sono troppi brutti ricordi in quel posto. E qui intorno». C’è un silenzio pieno di esitazione. «Sai, non abbiamo mai parlato… di quando eri via. Pensi che dovremmo farlo?».
Ed ecco di nuovo la questione aperta e sospesa in mezzo a noi. All’improvviso mi sento nervosa.
Angus sospira. «Ero tremendamente geloso, Kate. Ma quando ho superato la cosa, ho capito che mi dovevo fidare di te. Non ho mai avuto motivi per non farlo – solo che dopo tutto questo tempo, me ne ero dimenticato».
Resto in silenzio. Glielo chiedo? Se non lo faccio, il dubbio resterà sempre e si solleverà a ogni nostro litigio futuro. «Angus? C’è stato qualcosa tra te e Ally?».
Sospira di nuovo. Esita, ed è una risposta che mi dice tutto quello che dovevo sapere. Mi sento male fisicamente, cerco di alzarmi e allontanarmi il più possibile da lui. Ma poi mi afferra un braccio. «Non c’è stato niente. Lei avrebbe voluto. Una sera abbiamo bevuto troppo e ha provato a baciarmi, ma si è resa subito conto del suo errore… Tutto qui. È per questo che avevo prenotato l’hotel… Speravo che non lo venissi mai a sapere».
Non parlo, penso solo che se Neal non mi avesse baciata, non crederei mai alla sua versione. Poi, per la prima volta, gli racconto per bene come sono andate le cose.
«Era un periodo difficile. Non che questa sia una giustificazione. Tu non c’eri. E neanche Grace ovviamente. Poi Jo è partita per un corso di informatica e ho pensato di invitare Neal e Delphine a cena. Volevo essere gentile».
Angus serra la mascella. «Be’, non lo metto in dubbio. Solo che Neal ha un concetto tutto suo di gentilezza».
«A essere sincera, può darsi persino che avesse architettato tutto. Ho parlato con Laura e lei era stupita che non ci avessi pensato».
Inarca le sopracciglia. «Glielo hai detto?».
Annuisco. «Dovevo parlarne con qualcuno, mi sentivo così in colpa, Angus».
Non risponde subito. «Sai che c’è? Tu non hai fatto nulla di sbagliato, Kate. Era davvero un momento complicato, ma è passato ora. Stiamo insieme. Lo abbiamo superato ed è questo quello che conta. Ora vieni qui».
Mi chiedo quanto gli costi dire queste parole. Poi mi stringo a lui ma, mentre mi metto comoda, le mie orecchie colgono un debole rumore di passi sull’acciottolato.
«C’è qualcuno fuori».
E poi l’inconfondibile suono della cassetta delle lettere che si richiude.
«Aspetta un attimo…». Mi libero dal suo abbraccio e corro in cucina, mentre un senso di vuoto mi attanaglia lo stomaco. Apro la porta, e non vedo altro che buio. Come le altre volte, è tutto tranquillo. Chiudo.
E poi la vedo sul pavimento. Un’altra busta.
La porto ad Angus.
«Se è quel che penso che sia, è la terza», gli dico.
Angus la prende, la apre e aggrotta la fronte.
Non tutto è come sembra.
«E che vorrebbe dire?»
«Ce ne sono state altre due», gli dico. «Le ho consegnate alla polizia. La prima diceva: Se solo sapessi la verità. E poi, pochi giorni dopo, ne è arrivata un’altra: In un mondo pieno di persone, io non ho nessuno».
Le parole cominciano a prendere un senso nella mia testa. «C’entra Rosie, non credi?»
«Cos’altro può essere, altrimenti?»
«Secondo Laura potrebbe trattarsi di qualche cretino che vuole solo creare problemi e sa che sono amica di Jo. Dice che ci sono persone che si divertono a fare queste cose».
«Chissà». Angus è pensieroso. «Magari ha ragione… Ma se si sbaglia? Se c’è qualcuno là fuori che sa davvero qualcosa?».
E anche se probabilmente si sbaglia, mi basta sentire quelle parole per avere i brividi.
Prendo il biglietto. «Domani chiamo l’agente Beauman».
Angus annuisce e poi, senza dire una parola, mi prende per mano e mi attira a sé. «Allora, signora McKay, si ricorda di quando mi parlava del tempo perso da recuperare? Che ne dice di… ora?».