Delphine
Rosie è nella mia testa e risponde a ogni mia domanda, proprio come ha sempre fatto. Era il momento “spara cazzate”, così lo chiamavamo noi.
«Dimmi la cosa peggiore che ti viene in mente», mi diceva.
Io mi scervellavo per immaginare qualcosa di pessimo, come la morte dei nostri genitori o la casa che va a fuoco.
E Rosie di solito guardava un punto oltre le mie spalle, con gli occhi persi. «Non è poi così male», rispondeva.
Io non capivo.
«Pensaci», diceva. «Ci sono cose ben peggiori».
«Tipo?», chiedevo io tra lo sgomento e la paura.
Rosie aveva lo sguardo triste. «Tipo non amare o non essere amati».
Ma c’è qualcosa di ancora peggio. La morte, ad esempio.
O un fantasma che non puoi toccare.
Lei non sa che posso vederla.