Capitolo trentanove

Mercoledì

 

Il sentiero che attraversa il Riversway Country Park appare completamente diverso alla luce del giorno. Di notte, era come se il bosco fosse vicinissimo, gli alberi e le foglie più fitti e scuri. Tutto pareva sovrastarmi, con la natura pronta a mostrarsi in tutta la sua gloria feroce e onnipotente.

Di giorno, è perfetto per una piacevole passeggiata. È più largo di quanto ricordassi, e più compatto. Le pietre e i rami bassi di cui mi preoccupavo si notano a malapena, e di certo non sembrano pericolosi.

Seguo il percorso con calma, in preda a continui flashback. Le forme degli alberi sembrano familiari, mi sembra di riconoscere alcuni spiazzi erbosi incontrati durante il cammino.

Il nastro della polizia sigilla una parte del sentiero, alcuni cartelli segnalano ai passanti che la strada è chiusa. A un giorno di distanza dall’accaduto, non c’è già più nessuno a presidiare la zona, quindi mi addentro per qualche metro nel bosco e passo intorno alla stradina. È difficile non guardare verso il sentiero e l’alone rossastro sul terreno. Ci vorranno molte piogge per lavarlo via, e allora, finalmente, il luogo della morte di Max passerà inosservato – come merita.

Vado avanti, tornando sul percorso, poi prendo il bivio e giungo ai cestini vicino alla panchina.

Non ci sono tracce visibili che indichino la strada che mi ha fatto percorrere Max, ma solo indizi impercettibili. Un paio di arbusti calpestati e il segno delle mie orme lasciate intenzionalmente sulla costa del sentiero. Non so perché lo stessi facendo in quel momento, ma ora è un indicatore molto utile.

Non c’è una stradina in mezzo agli alberi, ma mi sembra di sapere dove devo andare. Alberi e cespugli sembrano familiari.

Impiego poco più di dieci minuti per arrivare alla radura, perfettamente impressa nella mia memoria. So che è perché ci sto ripensando alla luce di ciò che conosco, ma il basso avvallamento che la natura ha scavato nel terreno sembra un punto fin troppo ovvio per seppellirvi un cadavere. Anche se non ci fosse un badile in parte ricoperto da uno strato di muschio e trifoglio, senza parlare del terriccio che ho rimosso, riconoscerei il manto erboso di un verde leggermente più chiaro rispetto al resto. Mi chiedo quante persone abbiano camminato in questo luogo negli scorsi tredici anni – non possono essere molte. Mi trovo in mezzo al nulla, e non c’è motivo per chi fa trekking di abbandonare il sentiero.

Max ha individuato il punto perfetto per sbarazzarsi di quella povera bambina.

Di mia sorella.

Prendo la pala e risistemo la terra che ho rimosso. Tra non molto vi ricrescerà l’erba come nel resto della radura.

Quando ho finito, mi inoltro nel bosco e nascondo il badile sotto il cespuglio più fitto che mi ritrovo davanti. Gli arbusti sono fragili e appuntiti, le foglie piccole e spesse: non credo riusciranno mai a scoprirlo.

L’albero più vicino alla sepoltura di Olivia è sormontato da piante rampicanti e foglie che si avvinghiano alla parte più bassa. È il tronco più spesso della radura, e si staglia così alto che non riesco a vederne la sommità tra i rami che si confondono con quelli delle piante vicine. Mi siedo lì in mezzo e mi appoggio alla corteccia ruvida che mi pizzica attraverso la maglietta.

“Olivia Elizabeth Adams”.

Chiudo gli occhi e rimango in ascolto. Soffia una brezza gentile, a malapena in grado di muovere le foglie sugli alberi, ma mi accarezza il viso.

La mia voce è il più leggero dei sussurri. Pronuncio solo due parole: «Mi dispiace».

Mi dispiace davvero.

Mi dispiace che Olivia, la vera Olivia, non sentirà mai nessuno raccontare la sua storia.

Non era questo ciò che mi aspettavo quando sono arrivata a Stoneridge. Suppongo che la domanda che devo farmi è se ne sia valsa la pena. Harry crescerà senza un padre; Dan – mio padre – potrebbe finire in prigione. Non volendo, sono stata la causa di tutto ciò.

Ma ho una madre, e lei ha una figlia. La domanda “perché?” che l’ha inquietata per tredici anni ha finalmente avuto una risposta, anche se è una menzogna.

Talvolta le bugie sono migliori della verità.

Ho un fratello minore e un’amica. Ho l’amore che volevo.

Quindi, ne è valsa la pena?

Stringo le ginocchia al petto e le cingo con le braccia. Rimango così in attesa della risposta, finché un refolo di vento tiepido accarezza di nuovo il mio viso.

«Grazie», rispondo, aprendo lentamente gli occhi.

Aspetto ancora un attimo per guardare il terreno sotto cui è sepolta Olivia. Non tornerò più qui. Poi, mi incammino lungo il sentiero, pronta a vivere una vita che potrebbe non appartenermi mai.