Pertica
Anche Stefanino non è andato a scuola.
Sono tre giorni che non dorme e ogni tanto gli gira la testa. Se andava a scuola rischiava un colpo di sonno e magari il prof se ne accorgeva e gli metteva un meno sul registro, sciupando la media del 6 che ha tirato su come una muraglia invincibile in un anno di fatiche. Proprio ora che arriva la maturità, cinquantotto giorni agli esami.
Ma non è la maturità che gli leva il sonno. In questo momento la sua ansia numero uno è molto più vicina, si chiama PontedeRock Festival. Domani sera i Metal Devastation suonano per la prima volta dal vivo davanti a un pubblico vero.
Follia. Stefano era sicuro che gli organizzatori dicevano no. Funziona sempre così, Fiorenzo e Giuliano chiedono a tutto il mondo di poter suonare, e tutti gli rispondono No grazie o più spesso solamente No.
Invece quelli di Pontedera hanno detto Sì. Pochissimi giorni prima del festival. Sicuro che un altro gruppo si è ritirato all’ultimo momento, perché non se la sentiva di suonare davanti a un sacco di ragazzi scatenati e vogliosi di prenderti per il culo.
Un po’ come a scuola, a ginnastica, quando il professor Venturi (maledetto nei secoli) fa la gara mensile di scalata alla pertica e tutti i compagni si aggrappano al palo e schizzano su e toccano il ferro in cima, così il prof segna il tempo e aggiorna le posizioni in classifica. Poi alla fine si mettono tutti seduti in cerchio lì intorno e si godono il momento più divertente, cioè quando tocca a Stefano.
E Stefano resta aggrappato a quel tubo malefico con le braccia attorcigliate e guarda in su, verso il punto altissimo dove dovrebbe arrivare, lo guarda e si sforza e però non sale nemmeno un palmo, i piedi scandalosamente piantati a terra. E intanto il prof Venturi (bastardo) cronometra lo stesso, ogni trenta secondi aggiorna il pubblico e fa finta di dormire oppure sbadiglia e tutti ridono. Mentre Stefanino guarda in alto e sforza con le braccia e le gambe e gli viene un’espressione come se fosse sul cesso, e aspetta solo che il prof dica Basta, basta Berardi, per pietà.
Ma il prof ce lo tiene sempre un po’, cinque minuti almeno, con la scusa che vuole dargli una possibilità. Poi quando sono tutti stanchi di ridere lo libera, con la stessa battuta ogni volta, e cioè Berardi, dài, molla la pertica e vatti a cambiare, che io a Natale c’ho un impegno.
E allora risatona finale, tutti si sganasciano e si danno delle pacche e ripetono Natale, Natale, hahaha. Stefano si stacca dal palo rosso e sudato con gli occhi bassi, e l’unica cosa positiva che gli viene in mente è che questo momento tremendo è comunque il più lontano in assoluto dalla prossima gara mensile di scalata alla pertica.
La scorsa settimana però, mentre andava a cambiarsi dopo l’ennesima umiliazione, la voce di Fiorenzo è rimbombata nella palestra gelando tutti e soprattutto lui.
«Professore, non so se è più scemo lei che fa sempre la stessa battuta o loro che ci ridono tutte le volte.» Silenzio. Tutti si girano, il prof Venturi rimane col cronometro in mano.
«Marelli, te sei esonerato, cosa vuoi?»
Fiorenzo non risponde subito. Stefano lo guarda immobile a metà strada tra le pertiche e lo spogliatoio. Stava quasi per sparire, si toglieva la tuta e si rimetteva i jeans e tornava alla bella vita normale, senza sudore senza fiatone senza agonismo. Fiorenzo, davvero, sei esonerato, cosa vuoi?
«C’è gente che vince il Nobel, o che aiuta le persone nel terzo mondo, e voi di cosa vi vantate? Che sapete salire su un palo. Cazzo, è proprio una gran cosa, ci riuscite voi e le scimmie, complimenti.»
«Marelli, qui nessuno si vanta di nulla, questo è un test.»
Intanto Fiorenzo si avvicina, si lega i capelli dietro, arriva alla pertica e la stringe con l’unica mano che ha. L’altro braccio lo piega e lo aggancia al palo, mette le gambe nella posizione giusta, guarda il Venturi negli occhi e parte.
Arriva in cima con un tempo che non è meglio degli altri ma nemmeno peggio, è uguale a tutti, tutti tranne Stefanino. Si ferma lassù e ci resta, guarda in basso con un sorriso un po’ piegato dallo sforzo. Urla: «Allora, ce la fa anche uno con una mano sola. È così eccezionale questa prova della pertica?».
«Nessuno ha detto che è eccezionale» fa il Venturi a testa in su.
«E allora perché ci fate tanto i furbi?»
«Nessuno ci fa il furbo, Marelli.»
«Sì invece, e ci prendete per il culo Stefano.»
«Nessuno lo prende per il culo. Si scherza, perché lui non ce la fa.»
«E adesso come la mettiamo?»
«Be’, in teoria adesso è anche peggio» fa il Venturi, e butta gli occhi su Stefanino. «Insomma, Berardi, ce la fa pure il tuo amico Marelli con una mano sola, com’è che te resti a terra da qui a Natale?»
E tutti ridono, più forte che mai. E urlano ancora Natale, Natale. E le risate coprono il fischio strusciato delle cosce di Fiorenzo mentre cala piano dalla pertica. Tocca terra con gli occhi fissi in un punto dove non c’è nulla, si aggiusta la maglietta, si libera i capelli, si allontana nervoso verso gli spogliatoi.
E mentre passa accanto a Stefanino, ancora immobile, gli dice: «Non ti preoccupare, fanno finta di no ma l’hanno capita la lezione. A testa alta guerriero, a testa alta, trionferemo».
Questa cosa è successa una settimana fa, ma Stefano e Fiorenzo non ne hanno parlato mai più, né all’ora dopo, né alle prove la sera. Mai. Come non hanno mai parlato di quanto Stefano è in ansia per domani sera a Pontedera. È peggio di cento pertiche messe in fila. E in questo caso, Fiorenzo non lo difenderebbe zero. Anzi, si incazzerebbe come una bestia, o come il prof Venturi.
E se sbaglia un passaggio, se parte fuori tempo, se si rompe una corda durante il concerto? Madonna che ansia. Che poi a lui di suonare uno strumento non gliene fregava nulla. Sono stati Fiorenzo e Giuliano che un giorno gli è venuta questa idea della band. Dài Sté, io canto, io suono la batteria, ci vuole il basso. E dài e dài e dài... e alla fine Stefano ha detto sì, perché dire sì è la cosa più facile del mondo. Poi però uno si ritrova come adesso, con questo concerto da affrontare, e allora non è facile proprio zero.
Infatti stanotte sarà un’altra notte in bianco, Stefanino lo sa e forse non ci prova nemmeno a mettersi sdraiato. L’unico lato positivo è che in queste notti sveglie si sta rimettendo in pari col lavoro arretrato.
Perché Stefano Berardi ha diciannove anni ancora da compiere, va a scuola e suona in una band, però ha anche un lavoretto part-time che gli serve per le spese. È comodo perché lo può fare da casa, al computer, mentre naviga su internet o guarda la tv. E più o meno ci tira su tremila euro alla settimana.
Tutto è cominciato un anno fa, e ha a che fare con Britney Spears che pulisce i bagni di un Autogrill, e con mariti che desiderano vedere le mogli in mezzo a una banda di senegalesi. Ma adesso Stefano non può raccontarlo, perché la porta fa un colpo picchiando contro il muro e suo fratello entra tutto incazzato.
Si chiama Cristiano e fa la terza media, e di solito i ragazzini vedono i fratelli maggiori come eroi e maestri. Di solito, ma mica sempre.
«Scemo, ascolta, digli alla mamma che oggi non mangio, ok?»
«...»
«Hai capito? Sei vivo? Diglielo te. Io non ci parlo più.»
«Ma con chi?»
«Con la mamma! È lei che l’ha preso in casa, e io non ce lo voglio.»
«Ma chi?»
«Il Campioncino di merda.»
«Ah. E perché non glielo dici te?»
«Ma allora non mi ascolti, non-ci-parlo-piùùù! E poi gliel’ho detto un miliardo di miliardesimi di volte. Però lei dice Povero Mirko, è lontano da casa, e non conosce nessuno, e qui c’è tanto spazio e dobbiamo essere buoni e dividere quello che...»
«Sì, e in effetti ha anche un po’ ragione.»
«Sì, buonanotte Sté. Ha ragione per te che vivi sulle nuvole, per te che non sai un cazzo della vita. Ma nel mondo vero nessuno divide nulla con nessuno. Il Campioncino per esempio, lui cosa divide? Lui vince sempre e degli altri se ne frega. Io alle corse non mi diverto più. Prima era molto più bello.»
«Perché vincevi te.»
«Ma mica sempre! Vincevo, poi perdevo, poi rivincevo. Con quello lì invece non ci si diverte più. Gli hanno anche fatto una maglietta speciale, ti rendi conto? Tutta dorata, bellissima, con dietro scritto IL CAMPIONCINO. Capito?»
«Vabbè, ma se è più forte cosa ci può fare?»
«Ok, e se questa è casa mia io cosa ci posso fare? Ci voglio stare da solo, posso? E finché non se ne va, io non parlo con la mamma e non vado nemmeno a tavola.»
«Ok, e se non gliene frega?»
«Di cosa.»
«Metti che alla mamma non gliene frega che non mangi insieme a noi.»
«Ah sì? E allora io mi uccido.»
«E come.»
«Non lo so. Cioè, smetto di mangiare. Se smetto di mangiare muoio di fame, no?»
«Sì, ma per morire di fame ci vuole una vita. Di sete faresti prima.»
«No, non posso, arriva l’estate e il signor Roberto dice che dobbiamo bere tanto.»
«Non mi sembra un discorso da uno che è pronto a morire.»
«E io infatti non voglio mica morire. Voglio solo che quel rompipalle se ne va.»
«Ok. Ma allora non importa che smetti di mangiare, basta che alla mamma gli dici la parola magica.»
«Quale parola.»
«Dài, la sai. Ano...»
«Ano? Ma che dici Sté, non ti capisco.»
«Anoressia! La mamma ci va fuori di testa, lo sai.»
Cristiano ci pensa un attimo, poi prova: «Mamma, non mangio più perché ho preso l’anoressia...».
A sentire le sue stesse parole gli viene un brivido, fa di sì con la testa e spalanca gli occhi dalla gioia per questo piano perfetto.
«Grande! Però diglielo te Stefano, diglielo subito!» E sparisce in corridoio, poi torna indietro e si affaccia ancora. «Grande!» dice, e stavolta sparisce veramente.
Stefano resta un attimo così, alla scrivania davanti al computer spento, e in effetti...
In effetti potrebbe inventarsi qualcosa anche lui per domani sera. L’anoressia no, però forse se smette di bere... ma avrebbe dovuto cominciare da qualche giorno, cavolo, come mai le grandi idee gli vengono sempre troppo tardi? E invece il sonno, con quello sta un bel pezzo avanti, sono giorni che non dorme. Si può morire di sonno? Nel senso che a un certo punto a forza di stare sveglio muori? No, forse è più facile che impazzisci. Ma anche quello sarebbe ottimo, se impazzisci ti ricoverano e allora niente concerto.
E con questa speranza nel cuore Stefanino se ne va a pranzo.