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HO preso il
telefono dalla tasca e ho letto la prima riga di un messaggio di
papà.
A stasera. Estelle sta preparando uno dei suoi piatti
speciali!
Potevo elencare almeno
mille cose che avrei preferito fare, ma quello era il rito del
martedì di noi tre, a volte di noi quattro. Mi ero persa solo una
cena di famiglia da quand’ero andata a vivere per conto mio un anno
prima, ed era stato quando mio padre aveva portato Estelle con il
camper alla cerimonia di diploma di un lontano parente in un campo
di addestramento, quindi tecnicamente non ero stata io a perderla.
Loro l’avevano fatta lo stesso, durante la mini vacanza, mentre io
ed Elodie ci eravamo strafogate di pizza.
Non ho risposto a papà
perché sapeva che sarei stata là alle sette. La mia «nuova» mamma
sarebbe stata in bagno ad arricciarsi i capelli e la cena non
sarebbe iniziata subito. Io però sarei stata puntuale, come
sempre.
Erano passati tre minuti
da quando avevo detto al cliente di Elodie che sarei tornata per
iniziare il trattamento, perciò ho scostato la tenda e sono entrata
nella cabina. Le luci erano abbassate e tutto aveva assunto una
sfumatura viola per colpa di quegli orrendi muri. Le candele erano
accese da un po’ e l’aria profumava decisamente di citronella.
Anche dopo la mia notte agitata, quella stanza aveva il potere di
calmarmi.
Lui era sul lettino al
centro della cabina, la coperta bianca tirata fin sulla vita. Mi
sono sfregata le mani. Avevo ancora le punte delle dita troppo
fredde per toccare la pelle di qualcuno, mi sono avvicinata al
lavandino per scaldarmele. Ho aperto il rubinetto. Niente. Mi ero
già scordata dell’avvertimento di Bradley e nell’ultima ora non
avevo avuto bisogno dell’acqua.
Mi sono sfregata di
nuovo le mani e le ho messe sullo scaldaolio sul bordo del
lavandino. Era un po’ troppo caldo ma è servito allo scopo. L’olio
sarebbe stato tiepido sulla sua pelle, e probabilmente non si
sarebbe accorto che mancava l’acqua. Era un sistema poco pratico ma
fattibile. Speravo che chiunque avesse fatto l’ultimo turno il
giorno precedente avesse messo gli asciugamani puliti nello
scaldasciugamani prima di andarsene.
«Ha qualche punto
contratto o dolente in particolare su cui vuole che mi concentri?»
ho chiesto.
Nessuna risposta. Si era
già addormentato?
Ho atteso qualche
istante prima di richiederglielo.
Ha scosso la testa
rasata nel foro per il viso e ha detto: «Non mi tocchi la gamba
destra. Per favore», ha aggiunto «per favore» alla fine, in un
secondo momento.
Ricevevo sempre
richieste di non toccare qualche parte del corpo per ragioni varie,
dai problemi di salute all’insicurezza. Non era compito mio fare
domande al riguardo. Lo era invece far star meglio il cliente.
Sembrava che ogni volta che non facevo compilare la cartella
personale, loro avessero delle richieste speciali. Mali mi avrebbe
sicuramente rimproverata per questo.
«Certo. Desidera un
massaggio lieve, medio o energico?» ho chiesto prendendo la
boccetta d’olio dallo scaffale dell’armadietto. All’esterno era
ancora molto calda, ma sapevo che la temperatura dell’olio sarebbe
stata perfetta a contatto con la pelle.
Ancora una volta nessuna
risposta. Forse non sentiva bene. Era un’altra cosa a cui ero
abituata, uno degli aspetti più duri della vita dei
soldati.
«Kael?» Senza sapere
perché l’ho chiamato per nome.
Ha sollevato la testa
così di scatto che ho pensato di averlo spaventato. Io stessa ho
sussultato lievemente.
«Scusi, volevo solo
sapere che intensità di massaggio desiderasse.»
«Va bene tutto.» Non
sembrava sapere cosa volesse. Probabilmente era la prima volta. Ha
rimesso la testa nel foro.
«Okay. Mi dica solo se
ho una mano troppo leggera o troppo pesante», gli ho
risposto.
Sapevo essere piuttosto
energica, e ai miei clienti piaceva, ma non avevo mai avuto a che
fare con quell’uomo prima.
Chi sapeva se sarebbe
tornato? Solo quattro nuovi clienti su dieci tornavano, e solo uno
o due diventavano abituali. Il nostro centro non era grande ma
avevamo una clientela fissa.
«Questo è un olio alla
menta», ho detto versandomene alcune gocce sull’indice. «Gliene
metterò un po’ sulle tempie. Favorisce…»
Ha sollevato la testa e
l’ha scossa leggermente. «No», ha esclamato. Il suo tono non era
sgarbato ma faceva intendere che non voleva assolutamente che
usassi l’olio alla menta.
«Okay…» Ho riavvitato il
tappo e aperto il rubinetto. Maledizione. L’acqua. Mi sono
inginocchiata e ho aperto lo scaldasciugamani. Vuoto.
Ovvio.
«Mmm, solo un secondo»,
ho detto. Ha rimesso la testa nel foro e io ho chiuso lo sportello
dello scaldasciugamani un po’ bruscamente. Mi sono augurata che non
avesse sentito il colpo sopra al rumore della musica. Non sarebbe
stato il trattamento più facile del mondo…