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HO passato la giornata a leggere. Elodie era al lavoro e da là sarebbe andata direttamente a casa di una delle altre mogli. Invece di preoccuparmi per lei, ho cercato di fare le cose che mi piaceva fare prima di conoscere Kael. Non era passato molto. Per esempio leggere un intero libro di poesia hipster, quei volumi con copertina nera e titoli accattivanti. Quando si trattava di fare buoni acquisti ero un disastro, quindi ne avevo ordinati tre su Amazon. Ogni volta che ordinavo qualcosa online ricevevo dei punti che mi permettevano di fare altri acquisti. Dopo essere stata a lungo su Amazon ed essermi convinta a non comprare un’idropulitrice che sicuramente non avrei mai usato – quella che avevo adocchiato si chiamava The Clean Machine – sono entrata su Facebook. Una rapida occhiata era perfetta per distrarmi. Voglio dire, era molto più facile concentrarsi sui problemi degli altri che sui miei.
Mi sono sentita meglio – era orribile, lo so – quando ho visto che Melanie Pierson stava divorziando. Melanie era un anno avanti a me, e alla fine delle superiori aveva dormito con Austin. Aveva finto di trovarmi simpatica, senza dubbio per avvicinarsi a mio fratello. Finché un giorno, mentre nuotavamo, aveva visto delle piccole strisce bianche sulla parte alta delle mie cosce. Io non le avevo notate, non sapevo nemmeno cosa fossero le smagliature fino al momento in cui Melanie mi aveva chiamata «tigre». L’ennesima persona che cercava di migliorare la scarsa immagine che aveva di sé deridendo il prossimo.
Melanie aveva certamente pensato di poter fuggire da questa città sposando un soldato, e guardatela ora. Tornava a casa con la coda tra le gambe. Aggiornava tutti su tutto ciò che faceva, quindi sapevo che sarebbe tornata esattamente una settimana dopo.
Sono passata da lei a mio zio, che aveva postato immagini di rocce simili a persone. Ecco cosa la noia e la mancanza di motivazione potevano fare a un uomo. Mi sono chiesta come avrebbero reagito gli altri se avessi postato un emoji di un cuore spezzato. O un paragrafo interminabile sulle mie pene d’amore, su come mi stavano consumando da dentro, su come probabilmente meritavo di vivere ogni istante di quel tormento per essere stata così bisognosa di attenzioni da perdere il controllo di me stessa e della mia vita.
Mi sono domandata anche se, davanti alla mia sventura, Melanie avrebbe avuto la stessa reazione che avevo avuto io davanti alla sua. Mi vedeva come la sorella stronza di Austin, sempre al seguito, la ragazza che portava costumi da bagno che mostravano cose che trovava tanto ripugnanti da criticarmi davanti a tutti. Mi sono domandata se a Sammy, vedendo il mio post, sarebbe dispiaciuto per la sua migliore amica, o qualsiasi cosa fossimo. Non ci parlavamo quasi più, ma la consideravo sempre la mia migliore amica. Almeno quando qualcuno me lo chiedeva. Non che lo facessero. Era un’abitudine, presumo.
Ho chiuso Facebook prima di procedere con il mio esperimento sociale. Mi sono spostata sul portico. Fuori c’era la temperatura perfetta, faceva abbastanza caldo da non mettersi la giacca, ma non troppo da soffrire e sentirsi appiccicosi. Ho preso il libro di poesia e una birra che Kael aveva lasciato in frigo e ho passato l’ora seguente all’aria fresca. Ho bevuto un sorso di quella birra ambrata, scura e l’unico sapore che ho sentito è stato quello di Kael.
Lui era dappertutto. Era diventato tutto. Sfogliavo le pagine del volume e avevo l’impressione che ogni singola poesia venisse letta dalla sua voce. Saltavo di pagina in pagina.
La tua pelle è scura
come la notte di velluto
I tuoi occhi stellati
sono inquilini delle costellazioni
Ho chiuso il libro e l’ho lanciato sul portico. Il caos del desiderio era esattamente quello che stavo vivendo e volevo che quella raccolta si allontanasse da me il più possibile. Ho calciato quel libro rosa e l’ho guardato scomparire nella chiazza di erbacce accanto a portico.
Poi mi sono pentita. Non era colpa del poeta se il mio primo amore era durato solo una settimana. Sono strisciata a recuperarlo e ho infilato la mano nell’erba sottile. Era troppo alta, troppo ingestibile, cresceva in modo imprevedibile invadendo il giardino. Quella casa era l’unica cosa che non si sarebbe rivelata essere ciò che non era. Sapevo cosa stavo prendendo mentre firmavo per acquistare quell’abitazione sostanzialmente abbandonata alla fine di una strada di negozi. Lo sapevo. Certo, cadeva a pezzi ed era trascurata, ma era ciò per cui avevo firmato. Lavoravo per renderla bella. La mia casa. Per me. Eppure era diventata un’altra cosa, una cosa che mi ricordava Kael. Ho cominciato a strappare le erbacce in giardino. Avevo bisogno di svagarmi e avevo il resto della giornata per fare quello che volevo, a patto che Mali non passasse di lì e mi vedesse. I minuti passavano e dopo le erbacce mi sono messa a risistemare la ghiaia del vialetto. Aveva cominciato a invadere il giardino.
Ho pensato a Kael e al suo progetto di ristrutturazione della villetta bifamiliare. Era portato per quel genere di lavori e odiavo che mi avesse detto di asfaltare il vialetto. Adesso, vedendo quella ghiaia grigia, avrei sempre pensato a lui.
Non pensarci nemmeno, mi dissi. Forse a voce alta ma non ne ero certa. Non lasciare che ti metta contro questa casa. È tutto quello che hai.