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«SEI brava a
raccontare storie.»
Era una cosa gentile da
dire. A differenza di «Dio, tua madre pare una
pazza scatenata». Sono brava a raccontare storie. Mi piaceva come
suonava. E mi era piaciuto il tono sicuro con cui l’aveva
detto.
«Sì, be’, non so nemmeno
più di che cosa stessi parlando…» Capitava spesso, mi lanciavo in
lunghi racconti con molte deviazioni e altre mini storie nel
mezzo.
«Del fatto che non vuoi
arruolarti nell’esercito», mi ha ricordato Kael.
«Oh, sì.» Mi sono
ricomposta. «Voglio dire, è stata fondamentalmente colpa del fatto
che mio padre stava via tanto a lungo e del fatto che doveva
addestrarsi comunque tantissimo. Era sempre lontano da casa ed era
sempre molto infelice. Come mia madre, del resto. Quello stile di
vita in pratica l’ha fatta crollare, capisci?»
Ha annuito.
«Dunque, dopo
l’incendio, io e mio fratello ci siamo promessi che non avremmo
vissuto la nostra vita in quel modo.»
«È logico», ha detto
Kael, guardandosi attorno in giardino e poi tornando con gli occhi
su di me. «Ti va di ascoltare la mia versione dei
fatti?»
Ho scosso la testa per
prenderlo in giro. Lui ha sorriso.
«Capisco il tuo punto di
vista. Davvero, è così. Ma a me, un ragazzino nero di Riverdale, il
reclutamento nell’esercito ha cambiato la traiettoria della vita.
Ha cambiato la mia famiglia intera. Il bisnonno di mio padre era
uno schiavo, e guarda io dove sono arrivato. L’unico lavoro che io
abbia mai avuto è stato da Kroger, come addetto a imbustare la
spesa, mentre ora guido una bella macchina, posso aiutare mia
madre…» si è interrotto di colpo.
«Non fermarti», l’ho
incoraggiato.
Mi sono guadagnata un
gran sorriso. «Tutte cose così. È dura, sì. Dannatamente dura a
volte, ma è l’unico modo per riuscire ad andare al college. Vivo
per conto mio senza avere un’istruzione.»
Sono rimasta lì seduta a
metabolizzare la cosa. Aveva delle argomentazioni estremamente
valide, era pazzesco che la sua esperienza con l’esercito fosse
l’esatto opposto della mia.
«Ti capisco», gli ho
detto.
«Ogni medaglia ha due
facce, no?»
Ho annuito e
sussurrato:«Già, di sicuro almeno due».
«Tua mamma è fiera di
te, ora?» ho chiesto.
«Oh, ma certo. In chiesa
racconta a tutti, a chiunque la ascolti, che suo figlio è un
soldato. Nella mia città, è una cosa piuttosto importante.» Era in
imbarazzo. Assolutamente adorabile.
«Sei la celebrità
locale», l’ho preso in giro, appoggiandomi alla sua
spalla.
«Già.» Ha sorriso. «Mica
come Austin», ha scherzato mentre mio fratello ricominciava a
urlare.
«Uff, dovremmo
rientrare. Devo ricordargli che i poliziotti militari potrebbero
passare in qualunque momento e, per quanto ne so, nessuno lì dentro
ha ventun anni eccetto Mendoza.» Ho tolto il telefono dalla tasca e
ho controllato l’ora. Erano quasi le undici e mezza. «Non per la
prossima mezz’ora, almeno», ho detto scherzando.