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CASA mia aveva un
disperato bisogno di un po’ di riparazioni. Era così da quando mi
ero trasferita, alcuni mesi prima. Ogni giorno mi esibivo in una
danza saltellando da un piede all’altro sulle piastrelle fredde,
completamente nuda, in attesa che l’acqua si scaldasse. E non era
neppure la cosa peggiore. Una volta calda, non restava tale, non a
lungo comunque.
Passava da calda a
fredda a calda. Non riuscivo quasi a sopportarlo. Amavo la mia
casetta un po’ trasandata, ma c’erano molte cose che andavano
sistemate e ci sarebbe voluto tempo per metterle a posto tutte. Ho
tentato di fare alcuni piccoli lavori da sola. Come le piastrelle
della doccia che ho comprato un sabato pomeriggio fin troppo
avventuroso da Home Depot. Ho preso latte di vernice, tubetti di
una pasta bianca per tappare i buchi nei muri del corridoio, alcune
maniglie per sostituire quelle degli armadietti della cucina e una
volta montate ho dovuto ammettere che li hanno davvero resi più
moderni, proprio come avevo visto alla tv. Fantastico!
Ho dipinto le pareti
della cucina. Fantastiche anche quelle. Poi sono passata alle
piastrelle della doccia. Ne ho tolte circa la metà e ne ho
sostituite forse… sei.
Le ho
contate.
Okay, otto.
Per quanto comodo fosse
usare la «ristrutturazione» per scoraggiare le visite imprevedibili
di mio padre, dovevo proprio smettere di rimandare. Quella casa era
il mio modo di dimostrare che potevo badare a me stessa. Non sapevo
a chi volessi dimostrarlo di più, se a me stessa o a papà. Ma aveva
davvero importanza?
L’acqua alla fine si è
scaldata abbastanza perché potessi lavarmi i capelli. Mi ha fatto
solo un paio di scherzi. Quando l’ho chiusa, la doccia ha
continuato a gocciolare alle mie spalle. Ho pensato di nuovo
all’amico di Elodie, allo sconosciuto in casa mia. Sembrava carino
ma era così silenzioso. Ho avvolto una salvietta attorno al
rubinetto che perdeva. Mi sono chiesta se Phillip fosse un uomo a
cui dava fastidio che il suo amico stesse con la moglie
incinta.
Mentre mi asciugavo le
punte dei capelli con il phon, ho cominciato ad agitarmi. Era
impossibile asciugarli in meno di trenta minuti e ne avevo solo
dieci prima di uscire. Me li sarei fatti bastare.
Dovevo fare il bucato… e
anche presto. Non c’era bisogno che mi mettessi troppo elegante per
papà e sua moglie, ma sapevo che il mio abbigliamento sarebbe stato
argomento di conversazione a tavola. A parte i commenti sugli abiti
e la classica domanda «Hai visto qualche film di recente?», la mia
matrigna non sapeva cosa dirmi. A essere onesta, io ancor di
meno.
Non avevo quasi più
niente nella cassettiera, perciò ho affondato la mano nella mia
borsa Forever 21 accanto al comodino. Avrei sempre avuto
ventun’anni? Lo avrei scoperto, penso, il mese successivo, il
giorno del mio compleanno. Nella borsa non c’era granché di utile:
un paio di jeans di una taglia troppo grande e una maglietta
marrone che mi andava bene ma aveva l’aria di darmi il
prurito.
Sentivo la voce di
Elodie mentre mi vestivo. Sembrava che stesse cercando di
spiegare Scandal al suo amico e mi veniva da ridere perché quando si
trattava di descrivere film o spettacoli, non c’era nessuno
peggiore di lei. Confondeva sempre i nomi di tutti e rovinava il
finale anche senza volerlo. Essendo una che odiava gli spoiler,
sapevo di non doverle chiedere niente di quello che aveva appena
visto.
Alla fine sono comparsa
in soggiorno con ancora circa cinque minuti di tempo. Kael era
seduto nello stesso posto con gli occhi quasi sul punto di
chiudersi e la t-shirt appiccicata alle spalle larghe. Buffo come la
poltrona sembrasse piccola quando c’era lui sopra.
Elodie è spuntata dalla
cucina con una grossa ciotola di popcorn. «Vai?» ha
esclamato.
Ho fatto segno di sì
infilando una mano nella ciotola. Stavo morendo di fame. «Arriverò
in ritardo.»
«Cosa accadrebbe se non
andassi?» Scherzavamo spesso sul mio appuntamento del martedì. Ogni
martedì, per essere precisa.
«Mi diserederebbero.» Ho
guardato Kael per vedere se stesse ascoltando. Non guardava nella
nostra direzione, ma per qualche ragione sapevo che stava
ascoltando. In fondo era un soldato.
«Allora non sarebbe
tanto male, no?» Si è pulita le dita unte di burro sugli shorts e
poi se le è leccate. Per sicurezza, immagino.
«Non lo sarebbe affatto.
Ehi.» Ho aperto il frigo per prendermi da bere. Elodie aveva un po’
esagerato con il sale nel popcorn. «Vuoi che ti porti il
dolce?»
Ha annuito sorridendo
con la bocca piena di popcorn.
«Tornerò verso le nove.
Forse dopo, ma spero di no», ho detto a entrambi i miei ospiti. Mi
sono ritrovata a chiedermi cosa avrebbero fatto quando me ne fossi
andata. Le immagini nella mia mente mi turbavano, ma non capivo
perché. Prima ancora che potessi rifletterci su, la voce di lui mi
ha colto di sorpresa mentre mi avvicinavo alla porta.