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QUANDO mi sono
svegliata, il mattino dopo, la testa mi pulsava. Il corpo mi faceva
male. Il cuore era in pezzi. Tutto mi ha investita di nuovo, come
un’onda.
Kael.
Papà.
Il loro
passato.
L’accusa di papà,
secondo cui Kael mi stava usando come una pedina in una specie di
complotto per vendicarsi di quello che era successo in Afghanistan.
Quello che avevano fatto là. Quello che Kael aveva vissuto. Quello
che aveva coperto.
Una parte di me pensava
che papà stesse assolutamente delirando, che si fosse inventato
ossessivamente tutta quella faccenda nella sua testa. Era solo una
coincidenza che lui e Kael si conoscessero. Una coincidenza, come
imbattersi in un amico al cinema o pensare a qualcuno di cui da un
po’ non hai più notizie e vedere poi comparire il suo nome accanto
a un messaggio. Il fatto che mio padre e Kael fossero nella stessa
compagnia era così. Una circostanza decisamente straordinaria. Ma
il fatto che fossero entrati in contatto quando erano all’estero
nello stesso periodo, e il fatto che il marito di Elodie fosse,
guarda caso, l’amico più stretto di Kael… Anche volendoci credere,
era troppo. Mi tormentavo per tutta questa storia solo per non
pensare al supplizio che già vivevo.
Questo era proprio il
problema che avevo evitato con Kael.
Sapevo che prima o poi
si sarebbe rivelato per ciò che era davvero, quello che siamo
tutti, esseri egoisti. Non avrei dovuto ignorare la vocina
interiore che mi diceva che stavamo andando a gran velocità verso
il nulla ed eravamo quasi senza benzina. Lo avevo percepito, il
modo in cui si ritraeva da me quando eravamo vicini. Il fatto che
mi avesse aperto il cuore, trasformata in una specie di personaggio
della famiglia Blossom, mentre i miei pensieri più privati uscivano
e si riversavano in lui. Li aveva assorbiti tutti, ma quando si era
trattato di se stesso, aveva tenuto il rubinetto ben
chiuso.
Avevo colto qualche
informazione qua e là, una vaga immagine di quello che era prima,
steso sul mio letto nel cuore della notte mentre eravamo
avvinghiati l’un l’altra. Ora era tutto diverso, benché pensassi
sul serio che la nostra relazione non fosse stata premeditata. Me
lo aveva giurato più e più volte che voleva provarci, qualsiasi
cosa fosse questo nostro legame.
Qualsiasi cosa fosse
stata, mi sono ricordata.
Vestendomi mi sono
sforzata di pensare a qualcosa, a qualsiasi altra cosa che non
fosse Kael. O la sua mente profonda, brillante. Potevo passare
giorni chiusa in casa nutrendomi della sua luce. Era tutto quello
che un uomo doveva essere, il primo che avessi davvero amato, e si
era rivelato essere l’ennesimo modello di fabbrica.
Ciononostante, il mio
corpo si era aggrappato all’ondata di passione che era nella mia
vita. Poi ho ripensato al consiglio che avevo dato a Sammy dopo che
lei e Austin si erano lasciati per l’ennesima volta, cioè che lui
era soltanto una parte piccolissima della sua vita, che nel giro di
un anno non avrebbe più avuto importanza. Nel giro di cinque non
sarebbe quasi più esistito nei suoi ricordi. Lei aveva detto che
non se lo sarebbe mai scordato perché sarebbe sempre stata vicino a
me, e dove c’ero io, poco dopo arrivava anche lui. Però le cose
cambiano. Ovviamente. Andavo in giro per la stanza e a ogni passo
sentivo il dolore della sera prima. Ogni grammo di dolore mi si
ripercuoteva in tutto il corpo.
Tuttavia, il mio corpo
non aveva memorizzato il fatto che odiavamo Kael.
Volevo sentire le sue
mani. Avevo bisogno di percepirlo, pelle contro pelle. Non riuscivo
a togliermelo dalla testa, stava proprio a suo agio là dentro. Le
mie dita lo desideravano mentre frugavano nei cassetti in cerca di
qualcosa di sottile e di comodo. Cancellai gli appuntamenti di
lavoro ignorando le domande di Mali. Avevo riagganciato prima di
scoppiare in lacrime. Mi sono concentrata sull’obiettivo di
vestirmi. Normalmente quella sarebbe stata una giornata lavorativa
breve, e io e Kael avevamo in progetto di andare il più lontano
possibile dalla città. Avevamo preparato delle domande da
rivolgerci, raccolto un po’ di musica. Solo la sera prima Kael
stava progettando di unire le nostre vite.
O così
credevo.
Forse stava solo
progettando di vendicare qualsiasi cosa fosse successa durante
quella missione.
Come aveva fatto ad
andare tutto in pezzi così velocemente?
Ho pensato che se mi
fossi ripulita, se mi fossi fatta una doccia e lavata i denti,
forse mi sarei sentita un po’ meglio. Un po’ meno zombie, almeno.
Ma quando ho messo piede in bagno e ho notato il tubetto di
dentifricio alla cannella arrotolato in fondo, per poco non sono
soffocata. Odiavo sentirmi così. Era terribile. Era quasi più
brutto di quanto il bello fosse stato bello. Non sapevo se da
qualche punto di vista ne fosse valsa la pena. Non volevo più
sentirmi così. In quel momento decisi che non sarei mai più entrata
in quella zona pericolosa.
Ho afferrato il suo
schifoso dentifricio e l’ho buttato nel cestino dei rifiuti. L’ho
mancato e ho colpito il cartongesso, su di esso è comparsa una
crepa nera lunga almeno dieci centimetri. Stavo cominciando a
disprezzare questa casa e lei lo sapeva. Per questo stava cadendo a
pezzi insieme a me.