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IO e Kael eravamo
spalmati l’uno sull’altra a un’estremità del divano. Non premuti.
Non schiacciati. Spalmati. Austin e un ragazzo che si era presentato come
Lawson erano su un cuscino; Kael e io sull’altro.
«Hai un’aria così
familiare», ha detto Lawson a Kael dopo qualche
minuto.
Kael ha snocciolato una
serie di frasi che sembravano gergo dell’esercito e Lawson ha
scosso la testa. «No, non è questo.»
«Lo dici a tutti», ha
osservato Austin. Poi ha preso un joystick da un cesto sotto la
televisione. «Chi gioca?»
«Io no», ha risposto
Lawson. «È ora che vada. Devo essere in piedi alle cinque per
prendere servizio.» Lui e Austin si sono alzati e si sono salutati
dandosi il cinque e il pugno, come fanno i ragazzi.
Essendoci più spazio sul
divano, mi sono spostata un po’. Non eravamo più spalmati l’uno
sull’altra, ma la mia coscia toccava ancora quella di
Kael.
«Vuoi giocare?» Austin
ha sollevato il joystick nella sua direzione ma lui ha fatto di no
con la testa.
«No, a dire il vero non
gioco.»
Oh, grazie a
Dio.
«Chi vuole giocare?» ha
chiesto di nuovo Austin alzando in aria il joystick per vedere se
qualcuno avrebbe accettato.
La porta d’ingresso si è
aperta ed è entrata una faccia familiare. Così su due piedi non
ricordavo il suo nome, ma sapevo che lui e Austin si erano
frequentati prima che si trasferisse da nostro zio per stare
lontano dai guai. Be’, l’idea aveva funzionato proprio alla
grande.
«Mendoza!» Austin è
corso alla porta per salutare il ragazzo con la maglietta dei
Raiders. Austin riusciva sempre a circondarsi di persone. In quello
era bravo.
Quel ragazzo,
presumibilmente Mendoza, lo ha abbracciato. Mentre lo fissavo, ha
posato lo sguardo su di me. Sono arrossita. Allora ha guardato
accanto a me, verso Kael.
«Martin!» ha esclamato
staccandosi da mio fratello. Si è avvicinato al divano e Kael ha
allungato la mano. Ho impiegato più del dovuto a capire che si
conoscevano e che Martin era il cognome di Kael.
«Pensavo che stasera
saresti rimasto a casa.» Gli occhi color miele di Mendoza erano
puntati su di me.
«Quella era
l’intenzione», ha risposto Kael.
Mendoza mi ha guardato
di nuovo, poi ha guardato Kael. «Certo», ha detto
sorridendo.
«Voi due vi conoscete?»
Austin li ha indicati a turno. Sono rimasta là seduta a osservare.
Ero perplessa. Austin era sorpreso quanto me.
«Sì, abbiamo fatto
l’addestramento di base insieme. E ci hanno mandato in
missione…»
«Mendoza, questa è
Karina.» Kael mi ha guardato.
«Mia sorella», ha
aggiunto Austin.
«Ci siamo già
incontrati. Non so se te ne ricordi», ho affermato. Il fatto che
Kael e quel tipo si conoscessero non avrebbe dovuto innervosirmi,
invece lo ha fatto. Le basi militari sembrano sempre così piccole,
ma in realtà sono città con centinaia di migliaia di persone.
Quando qualcuno dice, «Oh, tuo padre è nell’esercito, scommetto che
tu conosca mio cugino Jeff, anche lui è nell’esercito!», be’, in
realtà non funziona così. Quindi il fatto che Mendoza conoscesse
Kael, Austin, e in certo qual modo anche me, era a dir poco una
coincidenza.
«Sì. Ci siamo visti un
paio di volte.» Mendoza ha piegato la testa di lato. «Non siamo
andati al castello una sera? Cos’era, due estati fa?» Ho ripensato
alla fine dell’estate, al viaggio nella monovolume di papà fin
troppo piena degli amici di Austin. Premuta contro di
loro.
«Sì», gli ho risposto.
«Me ne ero scordata.» C’era anche Brien. Anzi ci eravamo appena
conosciuti. Mi sono ben guardata dal dirlo.
«Tuo fratello e quel
maledetto castello.» È scoppiato a ridere. Austin gli ha fatto il
dito medio.
Kael ci stava guardando
come se fossimo impazziti. «Ne hai sentito parlare? Del castello di
Dracula?» Detto a voce alta sembrava ridicolo.
Kael ha scosso la testa
e ho continuato a spiegare. «In realtà non è un castello, ma c’è
questa grande torre di pietra che tutti sostengono sia
stregata.»
«È stregata!» ha
replicato Austin.
«È stregata», mi sono
corretta alzando gli occhi al cielo. Da quando ci eravamo
trasferiti qui ero stata al castello di Dracula con Austin almeno
cinque volte. Non sapevo se la storia del ragazzino che era rimasto
fulminato in cima fosse vera, però la vecchia torre si era
guadagnata la reputazione d’essere infestata dai fantasmi. Da
fantasmi veri, così dicevano tutti. Circolavano storie d’ogni
genere.
«Comunque è una torre, e
la gente ci va la sera a bere cercando di non farsi beccare», ho
spiegato a Kael.
«Adesso fa la splendida,
ma era sempre la prima a tornare di corsa alla macchina.» Austin ha
sollevato il suo drink nella direzione di Kael e di Mendoza,
ridendo.
«Oh, vaffanculo.» Gli ho
lanciato un’occhiataccia seguita da una risata.
«Oooh.» Mendoza ha
cominciato a prendere in giro Austin. «Sembra che la sorellina sia
cresciuta dall’ultima volta che l’ho vista», ha esclamato prendendo
la bottiglia di tequila dal tavolo.
«Qualcuno vuole un
bicchierino?» ha chiesto alla sala.