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CASA mia è piccola, perciò quando entri ti trovi già in mezzo al soggiorno. Era una delle cose che mi erano piaciute; il fatto che fosse così calda e accogliente, dava l’idea che tutto fosse lì ad attenderti. Quando sono rientrata quella sera, le luci e la tv erano accese, la voce di Olivia Pope echeggiava in tutta la stanza. Elodie era sulla porta ad accogliermi con un sorriso nervoso. Stava succedendo qualcosa.
Non la conoscevo da molto, ma sentivo di capirla bene. Non so quanto avessimo in comune, a parte l’età. E nonostante questo, per qualche motivo mi sentivo più vecchia. E lo sembravo anche. Elodie aveva un modo di fare che la faceva apparire più giovane di quanto fosse, soprattutto quando sorrideva. E quand’era nervosa o triste dimostrava sedici anni. O anche meno. Tutto ciò suscitava il mio istinto protettivo.
Elodie faceva del suo meglio per essere la moglie perfetta di un soldato, ma era già al centro di tante chiacchiere malevole. Le mogli del plotone di Phillip scherzavano sul suo accento e la chiamavano la «moglie per corrispondenza». Non era affatto l’unica. Un sacco di soldati conoscevano le loro compagne online, ma per quelle donne la cosa non sembrava avere importanza. Forse dovrebbero parlare con Stewart. Scommetto che esiste qualche statistica sul numero di militari che conoscono la propria metà su siti come MilitaryCupid.
In ogni caso, quasi tutte le basi militari erano così: tutti che litigano e sgomitano per conquistarsi una posizione. Le vicine di Elodie erano delle stronze che passavano la giornata a diffondere schemi piramidali su Facebook e a trattarla male perché l’erba del suo giardino aveva un paio di centimetri di troppo. Non esagero. Ero con lei una volta quando la «presidentessa» del reparto alloggi si è fermata con un gran stridore di gomme e l’ha rimproverata perché aveva l’erba due centimetri troppo alta.
Sì, la «presidentessa» la misurava.
No, non aveva niente di meglio da fare.
Per questo Elodie preferiva passare le sere sul mio divano o sul mio letto, a seconda di dove si addormentava. Avevo l’impressione che preferisse il divano. Quando era lì, almeno, non si svegliava chiedendo di Phillip.
Volevo chiederle del ragazzo di prima. Ovviamente lo conosceva… ma come? Da quello che sapevo non aveva molti amici, e non dedicava tanto tempo ai rapporti sociali. Forse Phillip aveva amici all’esterno del plotone. Non era comune ma nemmeno impossibile.
Elodie si è seduta sul divano mettendo i piedi sotto di sé. Il suo corpo minuto stava cambiando, la pancia cominciava a vedersi. Mi sono chiesta dove avrebbe dormito il bambino nella mia minuscola casa.
Il suo programma preferito del momento era Scandal. Per la prima volta poteva farsene una scorpacciata.
«Adesso a che stagione sei?» le ho chiesto.
«Alla seconda», ha risposto piano.
Era così silenziosa. Mi sono tolta le scarpe ed è stato solo quando ne ho lasciata cadere una per terra e qualcosa si è mosso nel mio campo visivo periferico che mi sono resa conto che a casa mia c’era un’altra persona.
Un verso vagamente simile a un grido mi è sfuggito di bocca appena l’ho visto. Mi stava fissando, il cliente monosillabico di prima. Era seduto nella mia poltrona, quella rosa scuro, un tempo rossa, che la nonna mi aveva dato prima che ci trasferissimo in Georgia.
«Mmm, ehi?» ho esclamato quando il cuore ha smesso di sussultare per lo shock. Come avevo fatto a non vedere un intero essere umano nel mio soggiorno? Da qualche settimana mi sentivo un po’ distratta ma quella sera avevo superato me stessa.
«Com’è andato il lavoro?» ha chiesto Elodie guardando la tv e pizzicandosi con le dita il tessuto dei pantaloni prima di girarsi nuovamente verso di me.
«Bene…»
Ho fissato Kael e lui ha fissato me. Tempo dopo avrei ripensato alla scena, alla prima volta che ha messo piede nella mia casetta bianca, e il ricordo sarebbe cambiato ogni volta, da dolore feroce a pura beatitudine a dolore feroce di nuovo. Ma quando è accaduto nella vita vera, è accaduto in fretta. Prima che per me diventasse qualcosa, prima che diventasse tutto, era solo uno sconosciuto taciturno con un volto inespressivo e uno sguardo distante. C’era un non so che di indomito in lui, qualcosa di così riservato che non ero nemmeno riuscita a inventarmi la storia della sua vita. Odiava l’olio alla menta e non aveva voluto che gli toccassi la gamba: quelli erano gli unici indizi che avevo sul suo conto.
Ne ho sentito l’odore poco prima che iniziassero a scoppiettare. «Sto facendo i popcorn», ha annunciato Elodie. Era tesa. Cosa stava succedendo?
«Okay… Vado a farmi una doccia. Devo essere da mio padre alle sette.»
Mi sono incamminata in corridoio. Elodie mi ha seguito mordendosi il labbro inferiore.
«Be’?» ho detto.
«È tornato a casa ieri sera. Era con Phillip.» Aveva la voce bassa e ho capito che si stava preparando a chiedermi qualcosa. Anche mia mamma faceva così quando voleva qualcosa. «Può restare per un giorno finché non prenderà possesso della sua…» Si è interrotta per un attimo. «Finché non riuscirà a entrare a casa sua. Scusa se te lo chiedo così, io…»
Ho sollevato la mano. «Come lo hai conosciuto?» Volevo assicurarmi che fosse un tipo perbene.
«Oh… l’ho conosciuto poco prima che partissero. È una brava persona, Karina. Onesto. È l’amico più stretto di Phillip laggiù.»
«Che fa qui?»
Ha scosso la testa. «Non gliel’ho domandato. Dovrei?» Ha sbirciato in soggiorno.
«Io non lo farei», ho risposto. «Può restare ma se si comporta in modo viscido, se ne va di corsa. E anche tu», ho scherzato.
Ha sorriso alla mia battuta e mi ha toccato il braccio. Era sempre così affettuosa. Io non tanto.
«Grazie. Sei la…»
«Lo so, lo so. La migliore. Adesso devo farmi la doccia per non arrivare tardi da mio padre.»
Ha alzato gli occhi al cielo. «Sì, dovresti ringraziarmi.»
Siamo scoppiate tutte e due a ridere e le ho chiuso la porta del bagno in faccia.