Le prospettive future della terapia psicoanalitica

Signori, dato che ci siamo oggi riuniti per scopi prevalentemente pratici, sceglierò anch’io un argomento pratico per oggetto della mia conferenza introduttiva, facendo appello non al vostro interesse scientifico bensì a quello medico. Ho presente il modo in cui giudicate i successi della nostra terapia, e suppongo che la maggioranza di voi abbia ormai superato le due fasi attraverso cui passano tutti i principianti, la fase dell’entusiasmo per l’insospettato sviluppo della nostra attività terapeutica e quella della depressione per le grandi difficoltà che ostacolano i nostri sforzi. Ma, quale che sia il punto di questo processo evolutivo in cui ciascuno di voi si trova, è mia intenzione dimostrarvi oggi che siamo ben lontani dall’aver esaurito le nostre risorse per combattere le nevrosi e che possiamo ancora attenderci dal prossimo futuro un notevole miglioramento delle nostre prospettive terapeutiche.

Tale rafforzamento ci verrà, penso, da tre direzioni:

1) da un progresso interno,

2) da un aumento d’autorità,

3) dall’effetto generale del nostro lavoro.

1) Per “progresso interno” intendo il progresso: a) nel nostro sapere analitico, b) nella nostra tecnica.

a) A proposito del progresso nel nostro sapere: naturalmente, siamo per ora ben lontani dal sapere tutto ciò che ci occorre per comprendere l’inconscio dei nostri malati. Ora è chiaro che ogni progresso della nostra scienza significa un potenziamento della nostra terapia. Finché non abbiamo compreso nulla, nulla abbiamo concluso; quanto più impariamo a comprendere, tanto più riusciamo a fare. Al suo inizio la cura psicoanalitica era inesorabile ed estenuante. Il paziente doveva dire tutto da sé e l’attività del medico consisteva nel fare ininterrottamente pressione su di lui. Oggi i rapporti sono più amichevoli. La cura consiste in due parti: ciò che il medico arguisce e dice al malato, e l’elaborazione da parte del malato di ciò che ha udito. Il meccanismo del nostro intervento terapeutico è infatti facilmente intelligibile: forniamo al paziente la rappresentazione anticipatoria cosciente [l’idea di ciò ch’egli può aspettarsi di scoprire] e, sulla base dell’affinità con quest’ultima, egli scopre in sé la rappresentazione inconscia rimossa.240 Questo è l’aiuto intellettuale che gli facilita il superamento delle resistenze che si frappongono tra il conscio e l’inconscio. Vi faccio notare, incidentalmente, che questo non è il solo meccanismo utilizzato nella cura analitica; tutti voi infatti conoscete quello di gran lunga più potente che consiste nell’uso della “traslazione”. Tenterò prossimamente di trattare in una Allgemeine Methodik der Psychoanalyse [Metodologia generale della psicoanalisi]241 tutti questi diversi elementi la cui considerazione è così importante per la comprensione della cura. Inoltre, parlando con voi non ho nemmeno bisogno di rispondere all’obiezione secondo cui nell’odierna prassi terapeutica risulterebbe oscurata la forza dimostrativa dell’esattezza delle nostre ipotesi; non avete certamente dimenticato che queste prove devono essere trovate altrove e che un intervento terapeutico non può essere condotto con gli stessi criteri di un’indagine teorica.

Consentitemi ora di sfiorare alcuni settori nei quali abbiamo cose nuove da imparare, e nei quali realmente facciamo ogni giorno nuove esperienze. Vi è in primo luogo il campo del simbolismo nel sogno e nell’inconscio. Un argomento duramente contestato, come sapete! Non è piccolo merito quello del nostro collega Wilhelm Stekel di essersi inoltrato, incurante di ogni sorta di obiezioni, nello studio dei simboli onirici. Effettivamente c’è ancora molto da imparare in questo campo: la mia Interpretazione dei sogni scritta nel 1899, attende importanti integrazioni dallo studio del simbolismo.242

Su uno di questi simboli, riconosciuti di recente, vorrei dirvi alcune parole. Tempo fa ho saputo che uno psicologo, abbastanza lontano dalle nostre posizioni, si è rivolto a uno di noi osservando che sicuramente noi sopravvalutiamo l’occulto significato sessuale dei sogni. Il suo sogno più frequente è quello di salire una scala, e certamente dietro ciò non vi è nulla di sessuale. Resi attenti da questa obiezione, abbiamo posto mente alla comparsa di scale, scalinate e scale a pioli nel sogno e abbiamo presto potuto costatare che la scala (e quel che è analogo alla scala) rappresenta un sicuro simbolo del coito. Il fondamento del paragone non è difficile da trovare: con pause ritmiche e respiro affannoso si giunge a un punto elevato, poi con un paio di rapidi salti si è di nuovo in basso. Così nell’atto di salire le scale si ritrova il ritmo del coito. Non dimentichiamoci di ricorrere all’uso linguistico. Esso ci insegna che “montare” viene senz’altro usato come definizione sostitutiva dell’atto sessuale. Si dice di solito che l’uomo è uno Steiger [“montatore”] e usiamo nachsteigen [correr dietro, letteralmente: salire, montare dietro]. In francese il gradino della scala si chiama marche, mentre un vieux marcheur corrisponde integralmente al tedesco ein alter Steiger [un vecchio donnaiuolo].243 Il materiale onirico, dal quale provengono questi simboli di recente acquisizione, vi sarà presentato a suo tempo dal comitato che stiamo costituendo per una ricerca collettiva sul simbolismo. Su un altro simbolo interessante, quello del “salvataggio”, e sul suo mutamento di significato troverete ragguagli nel secondo volume del nostro “Jahrbuch”.244 Ma qui devo interrompere, altrimenti non giungo agli altri punti.

Ciascuno di voi si convincerà per esperienza propria di come ci si atteggia diversamente di fronte a un caso patologico nuovo, se prima si è penetrata la struttura di alcuni casi tipici della malattia. Supponete ora che, analogamente a quanto siamo riusciti a fare per la formazione sintomatica dell’isteria, avessimo fissato in brevi formule ciò che è regolarmente insito nella costruzione delle varie forme di nevrosi: quale sicurezza ne verrebbe al nostro giudizio prognostico! Proprio come l’ostetrico apprende attraverso l’ispezione della placenta se essa è stata espulsa completamente o se sono rimasti nell’utero frammenti dannosi, così noi, indipendentemente dal risultato e dalla condizione di questo o quel malato, potremmo dire se il lavoro ci è riuscito definitivamente oppure se dobbiamo essere preparati a ricadute e a nuove recrudescenze del male.

b) Passo rapidamente alle innovazioni nel campo della tecnica, dove in realtà la maggior parte delle questioni attende ancora un accertamento definitivo e molte incominciano solo ora a divenire chiare. La tecnica psicoanalitica si pone adesso due mete diverse: risparmiare fatica al medico e dischiudere al malato il più ampio accesso al suo inconscio. Come sapete, nella nostra tecnica è stata operata una trasformazione fondamentale. All’epoca della cura catartica ci ponevamo come meta il chiarimento dei sintomi; indi ci distogliemmo dai sintomi e al loro posto ci ponemmo come meta la scoperta dei “complessi”, per usare un termine di Jung diventato indispensabile; ora invece indirizziamo lo sforzo direttamente verso il ritrovamento e il superamento delle “resistenze” e confidiamo giustamente che i complessi appariranno senza difficoltà appena le resistenze saranno riconosciute ed eliminate. Alcuni di voi hanno da allora manifestato l’esigenza di identificare e classificare queste resistenze. Vi pregherei ora di controllare in base al vostro materiale se vi è possibile confermare il riepilogo seguente: nei pazienti maschi le resistenze alla cura più rilevanti sembrano provenire dal complesso paterno e risolversi in paura del padre, in arroganza contro il padre e in incredulità verso il padre.

Altre innovazioni della tecnica riguardano la persona del medico stesso. Abbiamo acquisito la consapevolezza della “controtraslazione” che insorge nel medico per l’influsso del paziente sui suoi sentimenti inconsci, e non siamo lungi dal pretendere che il medico debba riconoscere in sé questa controtraslazione e padroneggiarla. Da quando è aumentato il numero delle persone che esercitano la psicoanalisi e si comunicano reciprocamente le proprie esperienze, abbiamo notato che ogni psicoanalista procede esattamente fin dove glielo consentono i suoi complessi e le sue resistenze interne e pretendiamo quindi che egli inizi la sua attività con un’autoanalisi e la approfondisca continuamente mentre compie le sue esperienze sui malati. Chi non riesca a concludere nulla in siffatta autoanalisi, può senz’altro abbandonare l’idea di essere capace di intraprendere un trattamento analitico sui malati.245

A questo punto ci avviciniamo anche alla convinzione che la tecnica analitica debba subire alcune precise modificazioni in rapporto alla forma della malattia e alle pulsioni predominanti nel paziente. Siamo partiti dalla terapia dell’isteria di conversione; nell’isteria d’angoscia (fobie) dobbiamo modificare un poco il nostro modo di procedere. Questi malati infatti non possono addurre il materiale decisivo per la risoluzione della fobia fintantoché si sentono protetti dall’adempimento della condizione fobica. Che essi rinuncino sin dall’inizio della cura alle misure protettive e lavorino sotto l’influsso dell’angoscia, non si riesce naturalmente a ottenere. Bisogna dunque aiutarli attraverso una traduzione del loro inconscio finché essi non siano in grado di decidersi a rinunciare alla protezione della fobia e a esporsi a un’angoscia che risulta ora molto mitigata. Una volta ottenuto questo, diventa accessibile il materiale la cui padronanza porta alla risoluzione della fobia. Altre modificazioni della tecnica, che non mi sembrano possano ancora costituire oggetto di discussione, saranno necessarie nel trattamento delle nevrosi ossessive. A questo proposito sorgono alcune questioni molto importanti e non ancora chiarite, e cioè fino a qual punto si debba concedere durante la cura una certa soddisfazione alle pulsioni che il malato combatte, e quale differenza derivi dal fatto che queste pulsioni siano di natura attiva (sadica) o passiva (masochistica).246

Spero proprio che abbiate ricavato l’impressione che quando sapremo con certezza tutto ciò che per ora è soltanto un’intuizione e quando avremo applicato tutti i perfezionamenti della tecnica ai quali deve condurci l’approfondita esperienza sui nostri malati, il nostro operare medico raggiungerà una precisione e una sicurezza di risultati quali non si trovano in tutti i settori specialistici della medicina.

2) Ho detto che molto dobbiamo attenderci dall’aumento dell’autorità che con l’andar del tempo non potrà mancarci. Non occorre che vi parli a lungo del significato dell’autorità. Sono ben poche le persone civili capaci di un’esistenza autonoma o anche soltanto di un giudizio indipendente. Tale è la smania di autorità e la mancanza di fermezza interiore degli uomini che è impossibile farsene un’idea adeguata. Una misura di ciò la può fornire lo straordinario moltiplicarsi delle nevrosi da quando è declinato il potere delle religioni.247 L’impoverimento dell’Io a causa del grande dispendio di energia per la rimozione che la civiltà esige da ogni individuo potrebbe essere una delle cause principali di questa situazione.

Questa autorità e l’enorme suggestione che da essa promana sono state finora contro di noi. Tutti i nostri successi terapeutici sono stati ottenuti a dispetto di tale suggestione; c’è da stupirsi che in simili condizioni sia stato comunque possibile ottenere qualche successo. Non voglio lasciarmi andare fino a descrivervi la piacevolezza dell’epoca in cui io solo rappresentavo la psicoanalisi. So che i malati ai quali assicuravo di saper portare rimedio duraturo alle loro sofferenze, si guardavano attorno nella mia modesta dimora, pensavano alla pochezza della mia fama e del mio titolo e mi consideravano pressappoco come colui che a un tavolo da gioco dichiara di possedere un sistema infallibile per vincere, al quale si obietta che se egli potesse fare davvero ciò che dice, il suo aspetto dovrebbe essere diverso. In realtà non era davvero facile effettuare operazioni psichiche mentre i colleghi che avrebbero avuto il dovere dell’assistenza trovavano un particolare piacere nello sputare nel campo operatorio e i parenti assumevano un atteggiamento minaccioso nei confronti di chi operava alla prima goccia di sangue o non appena i movimenti del malato rivelavano qualche inquietudine. Ogni operazione può infatti dar luogo a fenomeni reattivi; in chirurgia vi siamo abituati da tempo. Insomma, non mi si credeva, come ancor oggi si crede poco a tutti noi; in simili condizioni qualche intervento non poteva non fallire. Per valutare la crescita delle nostre prospettive terapeutiche quando la fiducia generale ci fosse concessa, pensate alla posizione del ginecologo in Turchia rispetto all’Occidente. In Turchia ciò che è permesso al ginecologo è di tastare il polso di un braccio che gli viene teso attraverso un buco nella parete. A tale insufficienza dell’oggetto corrisponde l’insufficienza della prestazione medica; i nostri oppositori in Occidente intendono consentirci una disponibilità pressappoco simile sulla vita psichica dei nostri malati. Per contro, da quando la suggestione della società spinge la donna malata dal ginecologo, questi è diventato il suo soccorritore e salvatore. Non dite ora che, se l’autorità della società ci viene in aiuto e accresce così tanto i nostri successi, questo non proverà per nulla l’esattezza delle nostre premesse. La suggestione, si dice, può tutto, e i nostri successi saranno quindi successi della suggestione e non della psicoanalisi. Bisogna dire tuttavia che la suggestione della società favorisce ora le cure idriche, dietetiche ed elettriche dei soggetti nervosi, senza che questi provvedimenti riescano a superare la nevrosi. Si vedrà se i trattamenti psicoanalitici riusciranno a fare di più.

Ora, però, devo di nuovo smorzare le vostre speranze. La società non avrà fretta di riconoscerci un’autorità. Essa è destinata a opporci resistenza perché noi abbiamo un atteggiamento critico nei suoi confronti; noi le dimostriamo ch’essa stessa svolge una importante funzione nella causazione delle nevrosi. Nello stesso modo in cui ci rendiamo nemico il singolo scoprendo ciò che in lui è rimosso, così anche la società non può rispondere con cortese accoglienza alla spregiudicata messa a nudo delle sue insufficienze e dei danni che essa stessa produce; poiché provochiamo il crollo delle illusioni, ci si rimprovera di mettere in pericolo gli ideali. Sembra dunque che la condizione dalla quale mi aspetto vantaggi così considerevoli per le nostre fortune terapeutiche non abbia mai a verificarsi. Eppure la situazione non è così disperata come si potrebbe pensare al momento attuale. Per quanto potenti possano essere gli affetti e gli interessi degli uomini, il fatto intellettuale è pur sempre anch’esso una potenza, non tale in verità da farsi valere a tutta prima, ma proprio perciò con tanta maggior certezza alla fine. Le verità più taglienti sono finalmente ascoltate e riconosciute, quando gli interessi da esse lesi e gli affetti da esse risvegliati si sono placati. Sinora le cose sono sempre andate in questo modo e le verità indesiderate che noi psicoanalisti abbiamo da dire al mondo subiranno la stessa sorte. Ma non succederà tanto presto; dobbiamo saper aspettare.

3) Devo spiegarvi infine che cosa intendo per “effetto generale” del nostro lavoro e come giungo a riporre in esso le mie speranze. Si presenta qui una stranissima costellazione terapeutica che forse non ha riscontro altrove e che sulle prime apparirà sorprendente anche a voi, finché non avrete riconosciuto in essa qualcosa che conoscete da lungo tempo. Come ben sapete, le psiconevrosi sono soddisfacimenti sostitutivi e deformati di pulsioni la cui esistenza va negata di fronte a sé stessi e agli altri. La loro possibilità di esistere poggia su questa deformazione e su questo disconoscimento. Con la soluzione dell’enigma che esse presentano e con l’accettazione di questa soluzione da parte dei malati, tali situazioni morbose non possono continuare a sussistere. È difficile che si dia qualche cosa di analogo in medicina; nelle favole sentite parlare di spiriti maligni il cui potere si infrange non appena si sia in grado di pronunciarne il nome tenuto celato.

Ora, al posto del singolo malato ponete la società, che nel suo insieme soffre di nevrosi, sebbene sia composta di persone sane e di malati; al posto dell’accettazione della soluzione da parte dell’individuo nel primo caso, ammettiamo che qui il riconoscimento avvenga da parte della collettività: una breve riflessione vi dimostrerà che questa sostituzione non riesce a mutare per nulla il risultato. Il successo che la terapia può ottenere con il singolo, non può non verificarsi anche con la massa. I malati sono posti nell’impossibilità di manifestare le loro varie nevrosi, la loro ansiosa ipertenerezza destinata a celare l’odio, la loro agorafobia che parla di un’ambizione delusa, le loro azioni coatte che rappresentano insieme i rimproveri per le cattive intenzioni e le misure protettive contro di esse, se a tutti i parenti ed estranei dinanzi ai quali intendono nascondere i loro processi psichici è noto il significato generale dei sintomi e se essi stessi sanno che nei fenomeni morbosi nulla producono che gli altri non siano immediatamente in grado d’interpretare. Ma l’effetto non si limiterà all’occultamento – del resto spesso inattuabile – dei sintomi; infatti attraverso questo forzato occultamento lo stato di malattia diventa inutilizzabile. La comunicazione del segreto ha toccato l’“equazione etiologica”248 da cui provengono le nevrosi nel suo punto più delicato; ha reso illusorio il tornaconto della malattia; perciò l’esito finale della situazione che l’indiscrezione del medico ha trasformato non potrà essere che la sospensione della produzione patologica.

Se questa speranza vi sembra utopistica, permettetemi di rammentarvi che un’eliminazione di fenomeni nevrotici per questa via in realtà è già avvenuta, seppure in casi del tutto sporadici. Pensate con quanta frequenza avveniva nei tempi passati l’allucinazione della santa Vergine da parte di giovani ragazze del popolo. Fintantoché tale apparizione aveva per conseguenza un grande afflusso di credenti e in più, eventualmente, l’erezione di una cappella nel luogo del miracolo, lo stato visionario di queste ragazze era inaccessibile ad ogni influenza. Oggi persino il clero ha mutato la sua posizione di fronte a questi fenomeni; esso permette che il gendarme e il medico visitino la visionaria e da allora la Vergine appare solo molto di rado.

Ancora, permettete ch’io esamini con voi gli stessi processi che ho testé riferito al futuro, in una situazione analoga ma più modesta e quindi più facile da cogliere. Supponete che una brigata di signori e signore della buona società combini una scampagnata, scegliendo per meta una trattoria in mezzo al verde. Le signore si mettono d’accordo che se una di loro intende soddisfare un bisogno naturale, dirà ad alta voce che va a cogliere fiori; ma un tipo malizioso scopre il segreto e fa inserire la frase seguente nel programma a stampa inviato ai partecipanti: “Nel caso che le signore vogliano appartarsi, dicano che vanno a cogliere fiori.” Naturalmente nessuna delle signore vorrà più servirsi di questo pretesto floreale, e altrettanto difficilmente fruibili saranno altre formule analoghe concertate sul momento. Quale sarà la conseguenza? Le signore confesseranno senza timore i loro bisogni naturali e nessuno dei signori se ne scandalizzerà.

Torniamo al nostro più serio caso. Molte persone, di fronte a conflitti la cui soluzione era per loro troppo difficile, si sono rifugiate nella nevrosi, ricavando in tal modo dalla malattia un innegabile tornaconto, sia pure troppo dispendioso a lungo andare. Che cosa dovranno fare questi uomini quando la fuga nella malattia sarà loro sbarrata dalle indiscrete spiegazioni della psicoanalisi? Essi dovranno essere onesti, confessare le pulsioni che si sono destate in loro, fronteggiare il conflitto, combattere o rinunciare; e la tolleranza della società, che certamente seguirà alla chiarificazione psicoanalitica, verrà loro in aiuto.

Ricordiamo però che non è lecito andar incontro alla vita in veste di fanatico igienista o terapeuta. Riconosciamolo, questa prevenzione ideale delle malattie nevrotiche non tornerà a vantaggio di tutti i singoli. Un buon numero di coloro che oggi si rifugiano nella malattia non riuscirebbe a superare il conflitto nelle condizioni da noi supposte, ma soccomberebbe rapidamente, oppure provocherebbe danni più gravi ancora della malattia nevrotica stessa. Le nevrosi hanno appunto la loro funzione biologica, come apparato di sicurezza, e la loro giustificazione sociale: il “tornaconto della malattia” che esse generano non è sempre puramente soggettivo. Chi di voi non ha gettato almeno una volta uno sguardo dietro le origini di una nevrosi, e non ha dovuto riconoscere in essa l’esito più blando tra tutte le possibilità che la situazione offriva? È davvero il caso di fare così grandi sacrifici proprio per debellare le nevrosi, quando in definitiva il mondo è pieno di altre ineluttabili miserie?

Dobbiamo dunque abbandonare i nostri sforzi per chiarire il significato segreto della nevrosi, perché in ultima analisi essi risultano pericolosi per il singolo e nocivi per il funzionamento della società? Dobbiamo rinunciare a trarre la conclusione pratica da un frammento di conoscenza scientifica? No; ritengo che il nostro dovere ci porti nella direzione opposta. Il tornaconto della malattia che si ricava dalle nevrosi è nell’insieme e alla fin fine un danno sia per i singoli sia per la società. L’infelicità che può risultare dal nostro lavoro di chiarificazione colpirà in fondo soltanto individui singoli. La conversione a uno stato più conforme al vero e più degno da parte della società non sarà pagato troppo caro con questi sacrifici. Ma soprattutto tutte le energie che oggi sono spese nella produzione di sintomi nevrotici, al servizio di un mondo fantastico isolato dalla realtà, quand’anche non potessero tornare a beneficio della vita, contribuiranno quantomeno a rafforzare il richiamo che invoca quei mutamenti della nostra civiltà, nei quali soltanto possiamo intravedere il benessere delle generazioni avvenire.

Vorrei dunque congedarmi da voi rassicurandovi che in più di un senso fate il vostro dovere quando trattate col metodo psicoanalitico i vostri malati. Sfruttando l’occasione unica e irripetibile di penetrare i segreti delle nevrosi, non lavorate soltanto al servizio della scienza; non fornite soltanto al vostro malato il trattamento più efficace, oggi a disposizione, contro le sue sofferenze; date anche il vostro contributo a quella illuminazione della massa, dalla quale, per la via indiretta dell’autorità sociale, ci attendiamo la profilassi più radicale delle affezioni nevrotiche.249

Opere complete
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