Questa storia clinica Aus der Geschichte einer infantilen Neurose, conosciuta come il “caso dell’uomo dei lupi”, è forse la più importante e la più elaborata fra quelle pubblicate da Freud: anche se ha la caratteristica di riguardare una nevrosi infantile non direttamente osservata, ma ricostruita sui dati emersi nel corso del trattamento di una successiva nevrosi dell’età adulta. Quest’ultima non è descritta in ogni suo particolare, ma solo per le esigenze di quella ricostruzione.
Il caso si riferisce a un giovane russo di 23 anni, presentatosi a Freud nel febbraio 1910 dopo aver consultato psichiatri famosi come Ziehen di Berlino e Kraepelin di Monaco, e aver soggiornato in varie cliniche europee. Freud lo ebbe in cura per più di quattro anni. Per molto tempo l’analisi non aveva fatto progressi, quando all’inizio del 1914 Freud comunicò al paziente che in estate, e cioè all’epoca delle vacanze, qualunque fossero state le sue condizioni di salute, l’analisi avrebbe avuto termine (vedi oltre, Premessa). Il procedimento di fissare una scadenza all’analisi – procedimento a cui Freud dedicò un esame particolare nel lavoro sull’Analisi terminabile e interminabile (1937, in OSF, vol. 11) – ebbe efficacia. L’analisi dopo questo ultimatum si sviluppò rapidamente e alla fine di luglio, poco prima che scoppiasse la guerra mondiale, il paziente poté ritornare nel proprio paese, praticamente guarito.
Freud iniziò la stesura della presente relazione al principio dell’ottobre successivo, come comunicò ad Abraham (lettera del 18 ottobre 1914), e la finì ai primi di novembre (lettera a Ferenczi del 9 novembre 1914). Egli si proponeva di pubblicarla nello “Jahrbuch der Psychoanalyse”, ma questo dovette cessare le pubblicazioni a causa della guerra. Così Freud rinviò la pubblicazione, che avvenne solo nel 1918 nella quarta serie della Sammlung kleiner Schriften zur Neurosenlehre, pp. 578-717. Il lavoro fu riprodotto anche nella quinta serie (1922), pp. 1-140; apparve come monografia a sé presso l’Internationaler Psychoanalytischer Verlag (Vienna e Zurigo 1924), e ancora fu riprodotto in Gesammelte Schriften, vol. 8 (1924), pp. 439-567, in Schriften zur Neurosenlehre und zur psychoanalytischen Technik (1913-1926) (Vienna 1931), pp. 37-171, e in Gesammelte Werke, vol. 12 (1947), pp. 29-157. L’opera è stata tradotta per la prima volta in italiano da Mauro Lucentini, e pubblicata in: Freud, Casi clinici (Einaudi, Torino 1952). Tale traduzione è servita di base per la presente versione di Mauro Lucentini e Renata Colorni.
Il testo è quello originale scritto nel 1914, salvo due brani (qui riportati fra parentesi graffa nel par. 5, fine, e nel par. 8) aggiunti da Freud nel 1918 all’atto della pubblicazione. Essi riguardano il problema della realtà della “scena primaria” (e cioè del rapporto sessuale fra i genitori), che Freud nel frattempo aveva discusso nella lezione 23 dell’Introduzione alla psicoanalisi (1915-17, in OSF, vol. 8).
Il significato di quest’opera va veduto in relazione al particolare periodo in cui l’analisi ebbe luogo e al tempo in cui Freud ne stese la relazione.
C’era stata la defezione di Adler prima e di Jung poi, e, come Freud dice nel paragrafo 5, il nucleo centrale del dissenso, l’“oggetto della controversia”, era “l’importanza del fattore infantile”.
La possibilità offerta da questo caso, di rintracciare come fattore determinante della nevrosi infantile (una zoofobia) una situazione rivelata da un sogno risalente ai primi anni di vita, costituiva un elemento di fatto suscettibile, secondo Freud, di dirimere il contrasto. In questo caso il bambino avrebbe assistito a un coito dei genitori all’età di un anno e mezzo.
La cosa rivestiva per Freud tale importanza da fargli inserire nel “Zentralblatt für Psychoanalyse” dell’autunno 1912 (vol. 2, p. 680) un invito ai colleghi analisti perché gli segnalassero eventuali casi di sogni di pazienti, dai quali potesse risultare che i pazienti stessi avevano assistito nel corso della loro infanzia a incontri sessuali. (Sembra da uno stelloncino firmato da Freud, apparso l’anno dopo nella “Internationale Zeitschrift für ärztliche Psychoanalyse” (vol. 1, p. 79) che ci sia stata soltanto la segnalazione di un caso da parte della dottoressa Mira Gincburg di Sciaffusa, segnalazione che Freud tuttavia non utilizzò).
Freud discute se un ricordo risalente a questa precoce età possa essersi fissato, con tutti gli elementi necessari per una interpretazione. Egli ritiene la cosa possibile, sulla base dell’esperienza analitica. Formula tuttavia anche l’ipotesi che l’osservazione abbia riguardato soltanto un coito animale, che sul piano della fantasia sarebbe poi stato trasferito sui genitori. Così pure prende in considerazione l’ipotesi che i fattori emotivi connessi a queste “esperienze infantili” derivino da una specie di trasmissione filogenetica, sulla base di esperienze sessuali accumulatesi nel corso della storia della specie umana.
È notevole il fatto che Freud, pur essendo andato alla ricerca – per l’esigenza della polemica condotta contro i suoi avversari – di un episodio traumatico riguardante la sfera sessuale (la scena primaria) risalente alla prima infanzia, abbia finito poi col concludere che anche se la scena primaria non fosse mai esistita nella realtà, ma fosse stata solo frutto della fantasia del bambino, il risultato, e cioè l’azione traumatica, sarebbe stato perfettamente lo stesso.
Freud aveva pubblicato elementi di questa analisi anche prima di stendere la presente relazione. Il “sogno dei lupi”, indubbiamente l’elemento centrale del caso, era stato narrato in Materiale fiabesco dei sogni (1913) (vedi sopra). Inoltre anche una allucinazione (taglio di un proprio dito), una falsa impressione di “aver già raccontato”, e un ricordo di copertura, riguardanti la storia di questo paziente, erano stati descritti in Falso riconoscimento (“già raccontato”) durante il lavoro psicoanalitico, pure del 1913 (vedi sopra).
Freud nelle sue opere ulteriori ha spesso ripreso gli argomenti qui trattati, a cominciare dal problema dei ricordi e delle fantasie primarie del bambino, riesaminato, come si è detto, nella lezione 23 dell’Introduzione alla psicoanalisi cit. Ma nello stesso ottobre 1914 mentre terminava la stesura del presente scritto, egli stava preparando la 3a edizione dei Tre saggi sulla teoria sessuale (la cui Prefazione è appunto datata ottobre 1914: in OSF, vol. 4): il sesto paragrafo del secondo saggio, allora aggiunto, introduce il concetto di una primitiva fase sessuale pregenitale orale o cannibalesca, descritta in funzione – oltre che dei dati riportati nel quarto capitolo di Totem e tabù (vedi sopra) anche delle risultanze cliniche qui esposte nel paragrafo 9. Il problema della identificazione con la persona amata, e di una sua incorporazione, verrà ripreso da Freud nel saggio metapsicologico Lutto e melanconia (in OSF, vol. 8), pubblicato nel 1917 ma scritto nel 1915 in seguito a una discussione sull’argomento avvenuta il 30 dicembre 1914 alla Società psicoanalitica di Vienna; il principio di una originaria bisessualità, e della corrispondente esistenza di un doppio complesso edipico, verrà invece ripreso in L’Io e l’Es (1922, in OSF, vol. 9), mentre il problema del sadomasochismo sarà riaffrontato nel saggio “Un bambino viene picchiato” (1919, ivi).
La storia psicoanalitica dell’“uomo dei lupi” non si è conclusa col luglio 1914. Essa ebbe un lunghissimo strascico. Vi accenna Freud in una nota, aggiunta alla fine del presente scritto per l’edizione del 1924. Ulteriori notizie vengono date in quella stessa nota (a cui si rimanda il lettore) dai curatori della presente edizione italiana.